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Autore: waferkya    10/07/2011    0 recensioni
Il problema, quando decidi che per oggi hai studiato abbastanza ed è ora di andar fuori a prendere un po' d'aria, è che poi te ne penti.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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— ...questo capitolo non doveva accadere *ride*
— No, per davvero, non doveva! E' tutta colpa di Shari, che me l'ha chiesta ed è troppo bella perché le si possa negare qualcosa *piangiucchia*
— 26/xi/2010




Mene fugis? Per ego has lacrimas dextramque tuam te
(quando aliut mihi iam miserae nihil ipsa reliqui),
per conubia nostra, per inceptos hymaeneos,
si bene quid de te merui, fuit aut tibi quicquam
dulce meum, miserere domus labentis et istam,
oro, si quis adhuc precibus locus, exue mentem.

Eneide, IV, vv. 314-319

 

 

Ecco come ci si sente ad essere innamorati di qualcuno che proprio non ti vuole: imbecilli, imperfetti, inadeguati e, tanto per non insistere con l’elenco di aggettivi con la ‘i’, bistrattati dalla sorte, che poi è un sinonimo fine ed aristocratico per dire inculati dalla stessa. La conseguenza più brutta di una situazione così, peggiore anche del vedersi negata la felicità e tutte le stronzate, voglio dire, è che non puoi, neanche con tutta l’autostima di questo mondo, fare a meno di pensare che il problema sia tuo – che quell’altra persona, quella o quello che manco ti vuole, non è che non ti vuole per capriccio, per una genetica predisposizione al sadismo; non ti vuole, in realtà, perché ti vede addosso una qualche gravissima mancanza, un qualche intollerabile difetto di cui tu non ti sei mai reso conto perché lo specchio non lo riflette.

Davvero, poco a poco te ne convinci – anche perché, altrimenti, come sarebbe possibile che ti abbia rifiutato? Non capisco come si possa, ecco, rispedire al mittente una dichiarazione, fosse anche la più patetica e approssimativa del mondo. Fosse anche la mia. Non è che tu, di cui io tizio ipotetico sono innamorato, dopo che mi sono svuotato il cuore sotto i tuoi occhi e sono ridotto a poco più che un’ameba senza segreti, ecco, non è che tu puoi sorridermi e dire ‘grazie, non sono interessato, arrivederci’, come se ti avessi appena proposto un abbonamento vita natural durante a Fastweb; ma arrivederci cosa? Grazie cosa? Va bene che non lo so com’è che ci si sente a stare dall’altro lato di una dichiarazione, e sinceramente penso che, d’ora in poi, eviterò anche di accumulare altra esperienza di questa faccia della barricata, ma, per piacere, qualcuno mi illumini sull’inumanità di chi ti guarda e dice ‘no, mi spiace,’ magari anche sorridendo.

Tipo Giorgia.

Quanto è triste che tutto l’universo delle mie cose d’amore si arrotoli e si srotoli attorno a lei, comunque? Certe volte – Antonio è d’accordo – penso che dovrei andare e conoscere gente. Dovrei andare e rimorchiare ragazze a caso, dovunque le trovo, a scuola, in autobus, in mezzo al marciapiede, sul pianerottolo, dovunque, dovunque. Dovrei forse dare più spazio a quel me spensierato, quello che è capace di chiacchierare di cazzate, quello che si fa voler bene con niente ed ha collezionato tre-quattrocento amici su Facebook. Dovrei essere lui, dovrei annullarmi in quella scheggia socialmente brillante della mia personalità, dovrei davvero, penso sempre che dovrei. E dovrei anche farmi una ragazza diversa ogni sera, e magari, ogni tanto, trovare il coraggio di attaccare bottone con quelle due o tre che ne valgono la pena.

Dovrei proprio.

Dovrei.

Però poi penso che ho Giorgia, e con Giorgia succedono sempre così tante cose che sento potrebbero bastarmi per tre o quattro vite diverse. Quella ragazza mi tiene completamente, e sempre, e poi mi liquida con un gentilissimo ‘mi dispiace, davvero, ma no’.

È successo che mi sono dichiarato, alla fine, perché lei e il suo cazzo di uomo si sono lasciati. È successo che ho parlato con Leo, il suo cazzo di uomo, appunto; ci siamo guardati in faccia per un minuto intero e probabilmente ci siamo picchiati, in quel momento, nelle nostre teste – nella mia di certo, e le ho prese di santa ragione, però poi gli ho parlato, non mi ricordo più nemmeno di cosa, ma gli ho parlato, e poi lui mi ha salutato con una pacca terribilmente educata, e non so perché ma ho la sensazione che avesse capito ogni cosa, pure quello che non avevo capito neanche io, mentre, nella mia immaginazione, mi rintronava di cazzotti. È successo quest’estate, perché è sempre d’estate che succede tutto, no? È successo il grande annuncio («Mi so lasciata co’ Leo»), borbottato, su una panchina del parco, come se non fosse importante, come se non fosse una cosa più vitale dell’ossigeno, dell’acqua, della cioccolata calda d’inverno, del filone una volta al mese e di una sigaretta scroccata ogni tanto. È successo pure che ho sperato che Giorgia perdesse quell’ascendente su di me, ed è stata una cosa piuttosto piacevole in cui credere, un po’ come Dio e la vita dopo la morte; è successo che pensavo che saperla sola, single, che brutta parola, avrebbe spento il mio interesse. È successo che non è successo, è successo che ci vedevamo troppo spesso, e troppo soli, e io in lei vedevo cose, vedevo intenzioni che non c’erano. È successo che abbiamo guardato insieme troppi film della Disney e quella paccottiglia buonista mi ha messo in testa strane, assurde idee di amori impossibili resi possibili dalla buona volontà e addirittura corrisposti. E quindi è successo che mi sono dichiarato, anche se m’ero già tradito così tanto, secondo la mia povera opinione, che dirlo apertamente è sembrato quasi una formalità.

Sono inciampato sul concetto che volevo esprimerle, anche perché io stesso precisamente non so, non voglio definirla, la quantità del mio innamoramento per Giorgia, e so che è venuta fuori una confessione triste e piatta, lo so, ma mi consolo dicendomi che una serenata al chiaro di luna – che è quello che sognavo, Cristo, è quello che sogno da sempre, impazzire d’amore e rendermi ridicolo ed essere bellissimo mentre invento coreografie luccicanti spostando le stelle solo con la forza dei miei sentimenti, perché nessuno lo capisce? Perché a Giorgia comunque non piaccio, nella mia innegabile perfezione? – mi avrebbe rovinato il seguito. Perché Giorgia, adorabile Giorgia, ha sorriso giusto un po’, poco poco, colpevolmente. Ha detto di aver avuto un po’ di sospetti, ogni tanto, (ma va’?), ha detto di essersi arrovellata il cervello senza riuscire mai a capire quanto, della mia gentilezza, e quanto, della mia presenza al suo fianco, fosse amicizia, e quanto, invece, solo un maldestro tentativo di farla innamorare di me.

Ha detto, «Mi dispiace». Ha detto no senza neppure dirlo, ed è un talento, eh, ma mi piace pensare che sia stato talento anche quello che mi ha fatto sorridere quasi con indifferenza, e sollevare le mani, tranquillo, dicendo, «Non importa, lo capisco, lo so.»

E sono davvero un bugiardo coi controcazzi, comunque, perché no che non capisco, eppure l’ho convinta del contrario. Non capisco come si possa essere così spensierati e disattenti da sbarazzarsi di una cosa ingombrante e dolorosa come una dichiarazione d’amore solo dicendo, «Mi dispiace». Non capisco, poi, come si possa inscatolare e metter via, magari con un sorriso ma comunque archiviare il fatto che ci sia qualcuno, nel mondo, così tanto innamorato e affezionato e perso per te da definirti ‘spensierata’ e ‘disattenta’, quando gli aggettivi giusti, gli aggettivi precisi sarebbero ben altri. E, Giorgia, io ci ho pensato, a certe parole. È una delle poche cose che non ti confesserò mai, penso, ma ci ho pensato, che sei stata un’egoista crudele ed insensibile, a chiedermi di restare amici, a domandarmi per favore di non privarti della mia presenza bellissima nella tua vita, ma anche solo così, anche solo dandoti qualità che oggettivamente possiedi e non sono neanche troppo offensive, ecco, anche solo a queste piccole verità io mi rifiuto di credere. Mi rifiuto. Voglio prendermi le occhiatacce esasperate di Antonio, mi chiudo le orecchie quando comincia a dirtene dietro di tutti i colori, lui che mi vuole bene, perché sono proprio convinto che tu sia la persona più onesta del mondo, sono convinto che se mi hai detto che ti dispiace, allora ti dispiace davvero, allora passi le notti a fissare il soffitto e mangiarti le mani per il dolore che sai di avermi causato. Mi piace pensarlo, mi fa sentire un po’ meno coglione e broccolo e perdutamente innamorato.

Penso solo il meglio di te, Giorgi’. E tu perché non mi ami?

È perché non sono abbastanza? E che devo fare? Andiamo, guardaci, siamo così ridicolmente perfetti, insieme, che l’unica cosa che mi viene da pensare è che tu abbia paura di essere felice – il che non è vero, perché non è che hai smesso di cercarti un uomo, nel frattempo; non è che hai smesso di volere una storia, un amore, del sesso buono, nel frattempo, quindi non è che non vuoi in generale, è me che non vuoi, ma fammi capire, fammi capire perché – fammi capire se c’è un perché, anche, io non lo vedo.

E poi mi chiedo, ma arriverà, prima o poi, il giorno in cui l’avrò superata? Arriverà un momento in cui, come uno schiocco di dita, mi tireranno fuori da questo pozzo e potrò guardare il mondo e accorgermi che, toh, io non sono più innamorato di Giorgia? Ancora oggi io voglio sposarmela. Voglio ancora renderla felice come quell’ignobile elemento del suo ex non ha mai saputo fare. Voglio ancora regalarle tutto, proprio tutto, in un modo che nessun altro nel mondo potrebbe. Ho ancora una paura fottuta di dirglielo, pure, di prenderla da parte e ammettere ad alta voce che non mi va bene restare amici, così come non mi andava bene tre mesi fa: ho paura di dirle che questa farsa, pure bella, bellissima, mi soddisfa poco e niente, ho paura di dirle che sì, magari sono finiti quei momenti assurdi in cui la guardavo e tutto sembrava urlarmi ‘BACIALA!’, e magari sarei un po’ più calmo se dovessi dichiararmi a lei ora, ma questo non vuol dire nulla, non vuol dire nulla di positivo, non vuol dire, perché certe volte penso di amarla. Certe volte penso che se hanno smesso di tremarmi le ginocchia, se ho smesso d’incantarmi come un mentecatto a guardarla, non è perché è passato tutto, ma perché tutto è diventato molto peggio. In un modo immensamente triste e non ricambiato, fallimentare, praticamente, io penso sinceramente di amarla.

Dopodiché, poi, questi momenti passano – dico, i momenti in cui mi capita d’immergermi nel pensiero di lei e arrivare a conclusioni assolute quanto il sorgere del Sole. Mi occupo di altre cose, studio, faccio, e non penso. Magari penso ad altro. Non sono neppure triste, non sto neppure cercando di prendermi ancora per il culo: semplicemente sto tranquillo, senza essere quel tizio che è così disperatamente innamorato della sua migliore amica da avere tanto spesso voglia di spaccare cose, solo perché gli sembra ingiusto di essere l’unico a cadere a pezzi.

Sono momenti. Ogni cosa è un momento, lo so, ma va’; certe volte vorrei solo poterli percorrere a ritroso, vorrei essere capace di ricostruire al contrario la storia della mia vita e capire dov’è che le cose sono andate per il verso sbagliato, dov’è che sono diventato qualcuno che per Giorgia, agli occhi di Giorgia, proprio non va bene.

Perché è così tanto patetico il modo in cui sono perso per lei. Perché è così tanto patetico il modo in cui sono.

 

Forever,
the sickest Kid.

  
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