Capitolo
2: Emarginata
Il
giorno, ormai, stava per terminare. Gli ultimi raggi di sole
filtravano dalla finestra, creando nella mia stanza una rilassante
penombra.
Avevo letto tutto il pomeriggio, aspettando con trepidazione l'arrivo
di Jake,
ma il tempo sembrava non voler passare mai. Mi affacciai alla finestra,
cercando di rimanere calma nell’attesa. Il sole ormai era
nascosto dietro gli
alberi e le montagne e il cielo appariva color rosso sangue. Quella
analogia mi
fece venire una certa sete e, senza che me ne accorgessi, la mia mano
destra si
fece strada tra le labbra, fino ad arrivare a sfiorare i canini. Dovevo
andare
a caccia, o trovare qualcosa da mangiare. Continuai ad osservare il
cielo:
c'erano molte nuvole che, grazie al sole, si accendevano di rosso o di
rosa.
L'apparente disordine del cielo mi fece ricordare le condizioni della
mia
stanza. Mi girai dando le spalle alla finestra e guardai la mia camera.
Rendendomi conto delle pessime condizioni in cui si trovava, mi
rimboccai le
maniche e cominciai a mettere a posto. Raccolsi i vari libri sparsi per
la
camera e li riposi nella libreria, senza un ordine preciso. Poi presi
gli
stivali e li misi nella scarpiera a muro e, infine, mi dedicai alla
scrivania.
Era piena di braccialetti e cianfrusaglie varie che non avevano mai
avuto una
collocazione precisa. Mentre li riponevo in un piccolo portagioie
notai,
nell'angolo adiacente alla scrivania, qualcosa che brillava. Posai
tutto quello
che avevo tra le mani e mi chinai per raccoglierlo. Infilai la mano tra
la
scrivania e il muro, che correvano paralleli, e ne estrassi fuori una
collana.
La sollevai fino a farla arrivare di fronte al mio viso per osservarla
meglio
ma non riuscivo a ricordare dove l'avessi già vista. Avevo
solo qualche vago
ricordo. La esaminai ancora per qualche minuto quando, improvvisamente,
nella
mia mente fecero capolino due grandi occhi rossi: Aro. Era la collana
che quel
vampiro spietato aveva regalato a mia madre in occasione del suo
matrimonio. In
un attimo ebbi l’impulso di prendere quella collana e farla
in mille pezzi,
pensando a tutto quello che avevamo passato a causa dei Volturi e di
come mi
sentissi tremendamente in colpa, essendo perfettamente consapevole del
fatto
che era tutta colpa mia. Rimasi sola con i miei ricordi e con la
collana che
ancora penzolava davanti ai miei occhi. Non potevo lasciarmi prendere
dalla
malinconia di quei pensieri, ma cosa potevo farne di quella collana? In
quel
momento non mi vennero idee per liberarmene, così la riposi
dove l'avevo
trovata e mi stesi sul letto, in attesa che il mio lupo facesse la sua
comparsa. A interrompere il mio flusso di pensieri, fu l'entrata di mio
padre.
Mi alzai dal letto e corsi ad abbracciarlo. Lui mi sorrise, divertito.
Poi i
suoi occhi si spensero e vidi chiaramente che quello che stava per dire
non lo
rendeva affatto felice.
“Stasera
io e tua madre andremo a trovare Charlie” disse
guardandomi negli occhi. “Tu e Jacob cercate di non fare
troppi danni”
continuò, senza neanche un po' d'entusiasmo.
“Non
ti preoccupare” sbuffai. “Non faremo niente di
male” finii la
frase con tutta la convinzione possibile.
“Sta
arrivando” mormorò improvvisamente mio padre. Io
lo guardai
sbalordita.
“Cosa?”
gli chiesi. Avevo paura di non aver capito.
“Jacob
sta arrivando” disse mio padre, scandendo le parole una ad
una come se stesse parlando con una bambina.
“Come
fai a...?” dissi, biascicando un po' le parole. A volte mi
stupivo dei poteri della mia famiglia, non solo di quello di mio padre.
“Segnalatore
radar incorporato” mi rispose lui, sorridendo. Non
afferrai il motivo del suo improvviso cambio d’umore: era
passato dalla noia
per il fatto che Jacob stesse arrivando ad un sorriso improvviso. Senza
aggiungere altro, andammo in salotto. Non feci neanche in tempo a
sedermi sul
divano, che mia madre cominciò con la sua predica.
“Mi
raccomando...”. La solita frase che ci si aspetta da una
madre
ma, visto che avevo già parlato con mio padre, non avevo
alcuna voglia di
sorbirmi anche lei.
“Non
temere, mamma” la interruppi incrociando il suo sguardo.
“Papà
mi ha già fatto la predica. Non faremo nulla”
conclusi con un po' di amarezza.
Mia madre, per niente scoraggiata, mi sorrise e non potei fare altro
che
ricambiare. Dopo pochissimi secondi avvertii la presenza di Jacob oltre
la
soglia della mia casetta. Anche i miei genitori lo percepirono.
“Vi
lasciamo soli, allora” disse per concludere la breve
conversazione. Li salutai con la mano e li seguii con lo sguardo. Mia
madre si
alzò elegantemente, prese mio padre per mano e insieme si
avviarono all'uscita.
Mio padre, passando al fianco di Jacob, non perse occasione di
lanciargli
un'occhiata di avvertimento, che lui neanche notò. Il suo
sguardo era incollato
a me.
“Ciao,
Nessie” mi salutò sorridente.
“Ciao,
lupo” gli risposi ricambiando il sorriso.
“Come
te la passi?” chiese noncurante,
accomodandosi al mio
fianco sul divano.
“Bene,
tu?” risposi di rimando.
“Non
mi lamento” mi disse lui.
“Cosa
hai fatto oggi?” domandai curiosa ma soprattutto per portare
avanti la conversazione.
“Ho
fatto un giro in spiaggia da solo e poi ho accompagnato in
ricognizione Quil” disse, distrattamente. “E
tu?” mi chiese, mostrando un po'
più di interesse.
“Niente,
ho sfogliato qualche libro e poi ho rimesso a posto la
mia stanza” gli risposi, poco convinta.
“Le
solite cose da Cullen” sbuffò.
“Non
capisco proprio queste vostre avversità” ammisi,
guardandolo
negli occhi.
Lui
rise. “I vampiri sono ripugnanti!” mi rispose,
continuando a
ridere.
“Non
sono così male” contestai io.
“Lo
sei anche tu,” disse lui “per
metà” precisò, enfatizzando
l'ultima parola.
“Quindi
sono ripugnante anche io?”.
“Per
metà” specificò, scoppiando a ridere.
“Ah!
E' così, lupo?” dissi, dandogli un pugno e
unendomi alla sua
risata. Piano piano le risate si spensero, lasciando spazio solo ad un
sorriso
e poi a un vuoto di parole che sembrava incolmabile. Ci guardavamo in
attesa
che qualcuno dei due spezzasse quel silenzio insopportabile, ma non
successe.
Spostai lo sguardo sul tavolino di fronte al tavolo: sopra non c'era
niente di
speciale o che non avessi già visto un miliardo di volte. La
casa era silenziosa
e la foresta che la circondava stava andando a dormire. La penombra si
stava
trasformando in buio, così mi alzai ed andai ad accendere la
luce. Mi accorsi
degli occhi di Jake, confusi, che mi seguivano in ogni movimento.
“Che
c’è? I vampiri non vedono al buio?”
chiese, scettico.
“Si”
gli risposi. “Ma preferisco la luce” continuai,
sorridendo.
Poi tornai a sedermi accanto a lui. Il silenzio si faceva sempre
più pesante e
l'imbarazzo cresceva ancora più velocemente.
“Hai
fame?” domandai, improvvisamente, facendolo sobbalzare.
“Si”
mi rispose, sorridendo. Come sempre.
“Bene,
vediamo cosa trovo” mormorai, alzandomi e dirigendomi in
cucina.
“Niente
di rosso e liquido!” mi urlò Jacob, dal salotto.
Aprii il
frigorifero: c'era un po' di tutto ma non sapevo proprio cosa
scegliere, così
lo richiusi. Aprii la dispensa e presi un pacco di patatine fritte e le
portai
sul divano.
“Stiamo
attenti a non sporcare” mi raccomandai.
Lui
mi guardò: “Niente ketchup?” si
lamentò.
“Hai
detto che non volevi niente di rosso e di liquido” gli
risposi, ridendo. Tornai in cucina e gli presi il ketchup, poi tornai
in
salotto e mi accomodai di fianco a lui, che aveva già
iniziato a mangiare.
“Ehy!”
mi lamentai. “Lasciane un po' anche a me” dissi,
prendendogli la busta dalle mani.
“Da
quand'è che i succhiasangue mangiano?” chiese
cercando di
riafferrare la busta.
“I
vampiri, no” precisai
mettendo molta enfasi nella parola “vampiro”.
“Ma gli umani, si” continuai. “E'
il bello di essere metà uno e metà
l'altro” conclusi, ridendo. Lui desistette e
mi lasciò la busta, continuammo a mangiare mentre io
guardavo insistentemente
l'orologio: ogni secondo passava lento e le grandi lancette nere
sembravano
immobili. Parevano volermi prendere in giro e io, stupida, continuavo a
fissarle.
“Cosa
metterai al matrimonio?” chiese Jake, cercando di uccidere
il silenzio.
“Non
lo so e anche se lo sapessi, probabilmente, non piacerebbe ad
Alice. E tu?”.
“Siamo
sulla stessa barca, Nessie” mi rispose, con un po'
d'amarezza nella voce.
“Staresti
bene in smoking” dissi, ridendo.
“E
a te sta benissimo quella gonna scozzese” mi
canzonò lui.
“Che
fai, mi prendi in giro?” domandai.
“Anche
se fosse?” mi sfidò con aria superiore.
“Vuoi
rifarti per stamattina?”.
“Può
darsi”.
“Non
ce la faresti” decretai.
“E
perché?” mi chiese.
“Perché
una battuta non vale quanto una palla di neve in faccia”
dissi, con aria severa.
“Te
lo concedo” rispose lui, sarcastico. “Ma devi
ammettere che le
mie battute valgono molto di più delle tue”
continuò.
“E
in base a cosa?” gli chiesi, scettica.
“Sei
solo una
bambina, non puoi capire certe cose”. Gli diedi un pugno
sulla spalla. “Non è
colpa mia, se la tua testolina non ci arriva, Nessie!” si
lamentò lui. Entrambi
scoppiammo a ridere, ma, come era successo prima, le risate morirono
velocemente
e il silenzio tornò a far da padrone. Ormai le patatine
erano finite e, con
loro, anche gli argomenti di cui discutere. Non avevo niente da dire e
sapevo
perché: cosa pretendevo? Non ero mai uscita di casa, non
avevo amici, a parte i
licantropi. Ignoravo il mondo che si estendeva ai confini della
foresta. Gli
unici motivi per cui avevo il permesso di uscire erano andare a fare
shopping
con Alice, cosa che odiavo, o andare a trovare mio nonno
Charlie. Durante gli anni, la mia reclusione mi era sempre un po'
pesata, ma ci
avevo fatto l'abitudine. Ogni tanto però tornava e si faceva
sentire. Era
meglio quando c'erano i miei genitori: anche se litigavamo, almeno
avevamo
qualcosa da fare.
“Oggi
ci siamo presi una bella sgridata” constatai.
“Già”
disse, con molta amarezza nella voce.
“Che
c'è?” gli chiesi.
“Se
non mi avessi fatto fare quella stupida promessa, ora tuo padre sarebbe
in
mille pezzi!” urlò, arrabbiato.
“Beh,
allora è stato meglio così”.
“Preferisci
lui a me” mi accusò.
“Jake,
tu sei il mio migliore amico e lui è mio padre”.
“E
allora?”.
“Non
posso mettervi a confronto”. Lui distolse lo sguardo
sussurrando qualcosa di
incomprensibile ed io tornai a
guardare le lancette.
Erano passate due ore e i miei stavano per tornare. Non potevo lasciare
che
la conversazione finisse
così.
“Jake...?”
lo chiamai incerta.
“Si?”
chiese lui tornando a guardarmi.
“Sei
arrabbiato?” mormorai.
“No.
Non potrei mai arrabbiarmi con te, Nessie”. Fece uno dei suoi
migliori sorrisi jacobini.
“Ti
voglio bene, Jake” dissi, abbracciandolo.
“Anche
io, Nessie” rispose, ricambiando l'abbraccio. Restammo a
fissarci per qualche minuto, poi lo scatto della serratura ci fece
sobbalzare e
i nostri occhi caddero sulla porta che si aprì velocemente.
I miei genitori
fecero la loro comparsa. Improvvisamente vidi gli occhi di Jake
riempirsi di
rabbia, si alzò noncurante e, dirigendosi verso la porta,
disse: “Vabbè, io
vado”.
“Ciao,
Jake” dissi, un po' triste.
“A
domani” aggiunse mia madre.
“Perché?”
chiese Jacob, sorpreso.
“Alice
mi ha chiamato” si lamentò. “Andiamo a
fare shopping!” aggiunse, cercando di
mettere un po' di entusiasmo nella voce ma ,come sempre,
era una frana quando mentiva.
“Non
vedo l'ora” rispose Jake, alzando gli occhi al cielo e poi se
ne andò. Lo guardai chiudersi la porta alle spalle e rimasi
a fissare la porta
chiusa per un
po'.
“Che
ore sono?” chiesi, improvvisamente.
“Le
dieci” rispose mio padre, per nulla sorpreso.
“Vabbè,
io vado a letto” dissi alquanto scocciata. Avevo voglia di
stare un po' da sola
prima che qualcuno mi facesse domande che non volevo sentire riguardo
la
serata.
“Buona
notte, tesoro” mi augurò mio padre, dandomi un
bacio sulla fronte.
“'Notte”
risposi assonnata. Mi diressi in camera mia, lentamente, e sentii i
passi di
mia madre che mi seguivano. Ero stata una stupida a pensare che sarebbe
potuta
finire così, feci un sospiro ed entrai in camera mia,
lasciando la porta aperta
per mia madre.
“Come
è andata? Cosa avete fatto?” chiese lei, entrando
ed accomodandosi sul letto.
“Bene”
risposi, senza entusiasmo.
“Che
c'è, amore?” domandò, cercando i miei
occhi. “Avete litigato?” continuò quando
incrociò il mio sguardo
triste.
“Magari” esclamai
alzando un po' troppo la voce. “Avremmo detto
qualcosa” mi lamentai. Poi la
guardai con aria smarrita e le chiesi. “Mamma,
perché io e Jake non abbiamo
argomenti? Voi di cosa parlavate?”.
“Amore...”
disse mia madre, comprensiva. “Tu vivi in segreto da
sei anni: non vai a scuola, ne esci” continuò,
spedita. “E' normale
che tu e Jacob non sappiate di cosa parlare”. Quella
era la verità, lo avevo pensato anche io prima, ma
sentirmelo dire mi aveva
fatto più male di quanto pensassi. Non volevo che le persone
mi compatissero,
anche se non lo facevano di proposito. Mi faceva sentire una vittima ed
io non
lo ero.
“Ma
Jake è il tuo migliore amico” constatai.
“Che cosa facevate... “prima”?”
chiesi, curiosa.
“Beh,
all'inizio decidemmo di aggiustare due moto” disse mia madre.
Che cosa stupida.
Cosa ci avrei fatto con una moto? Non potevo neanche farmi vedere in
giro. “Per
poi usarle per divertirci”
aggiunse.
“Non
ci pensare nemmeno” urlò mio padre, dal salone.
“Non
ci stavo pensando, dovresti saperlo!” gli urlai di rimando.
“Ma
più che altro ci raccontavamo della scuola, degli amici...
degli amori” continuò mia madre. Avrebbe potuto
evitarmi quella lista, mi fece
sentire ancora più esclusa dal mondo. “E poi,
molto spesso, litigavamo” ammise.
Mi guardò in attesa che dicessi qualcosa, ma l'unica cosa
costruttiva che mi
venne in mente fu: “Ma io non vado a scuola”.
“Lo
so, amore. Tra poco, se vuoi, potrai andarci”
assicurò mia
madre, con tantissima pena negli occhi. Questo mi fece rabbia.
“Ma devi
aspettare che la tua crescita termini”. Come se non lo
sapessi già. Quello
voleva dire un altro anno da rinnegata, senza amici, senza scuola,
rinchiusa
tra la mia casa, la foresta e la casa dei miei nonni. “E
questo significa
almeno altri sei mesi” dissi, con quanta più
acidità potevo.
“Già”
mi rispose mia madre. Poi aggiunse, sorridendo: “Dai, che
domani ci rifacciamo con una bella giornata di shopping”.
Fece finta di
tremare. Ma non faceva ridere, anzi. Avrei preferito restare in casa,
che
andare in giro per la città a farmi trattare come un
burattino da Alice. E poi,
con quell'umore che mi
ritrovavo, non sarei stata la solita
ragazza gentile e accondiscendente. Purtroppo, non potei fare altro che
annuire, tristemente. “Vieni qui” disse mia madre,
e mi strinse tra le sue
braccia. Per quanto fosse dura e fredda, con quel gesto mi diede
tantissimo
calore. “Tutto si sistemerà”
proseguì. Avrei voluto tanto crederci. “E tu e
Jake potrete stare insieme con tranquillità”.
“Lo
spero” dissi, e ci speravo davvero. “Io gli voglio
molto bene,mamma”. Questa
frase mi riscaldò il cuore più del suo abbraccio.
“Benvenuta
nel club” mi rispose, cercando di alleggerire la situazione,
ma solo un
miracolo ci sarebbe riuscito. “Cerca di dormire” si
raccomandò, assumendo la
voce di una madre molto protettiva. “Ti voglio
bene” disse, alzandosi.
“Anch'io, mamma” le risposi, mentre usciva. Quando mia madre uscì, il buio si impadronì della stanza. Non era buio per me, anzi, ci vedevo bene. Forse il buio era solo dentro di me. Così mi alzai dal letto e mi affacciai alla finestra. Intravedevo la luna da dietro le folte chiome degli alberi: quella sera non c'erano nuvole e il cielo si estendeva infinito. Per un attimo, mi sentii infinitamente piccola in confronto, ma poi spostai il mio sguardo più in alto, dove il cielo era dominato dalle stelle. Erano tutte uguali: piccoli punti di luce in un nero sconfinato. Dopo un po' scorsi la stella polare, al centro esatto del cielo. Era lì, bellissima, un punto di riferimento, una guida. Era uguale alle altre ma la sua luce brillava di più. Distolsi il mio sguardo dal cielo e mi stesi sul letto, il mio sguardo cadde subito sulla foto della mia famiglia posta sul comodino. Chiusi gli occhi, chiudendomi in me stessa e lasciai che i sogni, più belli della realtà, mi cullassero e mi trascinassero in un limbo dorato, almeno per una notte.
NDA:
Questo è il secondo capitolo di Pole Star ^^ spero
vi sia piaciuto e sarei felice di conoscere i vostri pareri... Se
volete leggere questa storia anche dal punto di vista di Bella trovate
il link della storia nel primo capitolo ^^ inoltre nel primo capitolo
potete trovare anche la copertina (creata da me) per la storia!! Buona
lettura :D