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Autore: SusanTheGentle    18/07/2011    4 recensioni
Ed ora era davanti a lui. Christine era lì, sulla soglia della casa di suo padre, con uno sguardo di assoluto smarrimento negli occhi castani, gli stessi della madre. Lo stesso colore l’avevano i lunghi capelli , molto mossi, che teneva sempre sciolti.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa è la mia prima fanfic che viene pubblicata su questo sito. Dovrei doverosamente dire che i personaggi usati sono di prorpietà degli auotri e che non ho nessun diritto su di loro, giuto?
Comunque, spero che possa piacervi o almeno interessarvi. L'ho scritta quando ho letto il sesto libro di Harry Potter, ma è ambientata a cavallo tra il quarto e il quinto.
Il personaggio della protagonista è ispirato alla bellissima e bravissima Emmy Rossum ne "Il Fantasma dell'Opera" film che adoro!
Buona lettura e siate clementi! ^^ By Usagi

 




L’Angelo dell’Oscurità



Prologo:
      Essere padre

 

 
           

 

Quando aprì la porta della sua modesta casa in Spinners End e la vide, non riuscì ancora a capacitarsi di avere una figlia.
L’unica donna che avesse mai amato nella sua vita, la ragazza più bella e elegante che avesse mai visto e conosciuto sedici anni prima gli aveva dato una figlia. Si erano conosciuti quando Severus Piton era un Mangiamorte al servizio di Lord Voldemort quando era nel pieno delle sue forze.
Lui era un giovane sconsiderato, desideroso solo di diventare più potente possibile, cosa che il suo signore gli aveva promesso.
Piton era pronto per la sua prima missione, che l’aveva portato nei paesi del nord Europa, più precisamente in Svezia. Si era dovuto confondere con i babbani, gente che lui odiava con tutto se stesso, benché nella sua famiglia scorresse sangue di quel genere. Ma Severus voleva dimenticare quella parte della sua vita e voleva divenire un mago degno di portare questo appellativo. Aveva appena diciannove anni all’epoca.
E là, in un paesino piccolo e sconosciuto nel quale era stato costretto a nascondersi per via di una grave ferita, conseguenza di un contrattempo nella sua missione, l’aveva conosciuta.
Elisabet Christine Anders, la figlia unica di un contadino, che l’aveva trovato sul ciglio del fiume. L’aveva portato a casa semi incosciente, con grande sconcerto del padre, ma entrambi se erano dati da fare per curare quello sconosciuto come meglio potevano.
Severus era stato in stato di incoscienza per tre giorni e tre notti e quando si era finalmente svegliato, la prima cosa che vide fu un angelo dai capelli biondi. Credeva di aver visto proprio una di quelle meravigliose creature celesti, venute a portarlo in paradiso nonostante fosse un Mangiamorte. Davanti ai suoi occhi, l’angelo si alzò e andò da lui con un sorriso che gli fece battere il cuore più forte di quanto avesse mai provato, e allora seppe che era ancora vivo, perché si sentì bruciare il volto quando lei gli tolse la pezza bagnata dalla fronte ancora calda per la febbre.
La bella fanciulla, Elisabet, viveva sola con il padre nella loro piccola fattoria nella campagna svedese. Erano una famiglia modesta, la madre di Elisabet era morta di malattia quando lei aveva dieci anni, ma suo padre non le aveva fatto mancare mai nulla, allevandola con tutto l’amore possibile.
Severus rimase a casa loro per due mesi, i quali gli servirono per riprendere del tutto l’uso di entrambe le gambe, rimaste lese a causa di un incantesimo molto potente opera degli Auror.
Più di una, volta la ragazza mentì ad alcuni starni uomini venuti a cercare un giovane dai capelli neri, e questo perché lei si era già innamorata di lui. Provava un forte sentimento per quel giovane misterioso di cui sapeva solo il nome, ma che accudiva con tutto l’amore possibile sotto tutti i punti di vista. Capì che lui aveva un segreto inconfessabile, che forse aveva a che fare con lo strano tatuaggio sul suo braccio.
L’estate dei suoi diciannove anni, Severus la passò con lei, passeggiando, ridendo come mai aveva riso in vita sua, confidandosi segreti, problemi e sogni per il futuro…il loro futuro. Lui le rivelò anche il suo di segreto, perché orami non poteva più tenerglielo nascosto e si fidava di lei ciecamente. Elisabet non ebbe starne reazioni quando seppe che il suo Severus era un mago, perché aveva intuito già da tempo che era una persona speciale, del tuto fuori dal comune.
Fu in quel periodo che Piton cominciò ad avere dei tentennamenti riguardo a Voldemort. Come poteva il mondo in cui viveva una creatura così meravigliosa come Elisabet essere così orribile come lui lo descriveva? Non voleva che lei ne avesse a soffrire per lui.
Quando ormai si fu rimesso completamente, l’amore aveva già preso il sopravvento nei loro cuori, e i due ragazzi avevano già vissuto quel sentimento in modo completo.
Lui l’aveva lasciata con la promessa che un giorno sarebbe tornato a prenderla. Lei gli disse che l’avrebbe aspettato e sancirono con un bacio quella promessa…mai mantenuta.
Il villaggio di Elisabet venne bruciato poco tempo dopo dai Mangiamorte. Severus apprese la notizia che la sua missione, non portata a termine da lui a causa delle sue gravi ferite, fu adempiuta da qualcun altro dei suoi compagni. In quel luogo si nascondeva uno dei maghi più potenti d’Europa, che con il suo intervento avrebbe potuto rovesciare l’ascesa di Lord Voldemort, per questo bisognava eliminare il problema alla radice. E così fu.
Se fosse stato lui a uccidere quel mago, forse il villaggio non sarebbe stato bruciato, perché lui avrebbe risparmiato tutta quella gente…avrebbe almeno risparmiato Elisabet e suo padre.
Pensò che lei era stata uccisa per colpa sua, che tutte le cos che toccava prima o poi svanivano. Si sentì svuotato, il suo cuore, quel cuore che aveva scoperto da poco di possedere, si era come spento.
Non seppe mai che Elisabet era ancora viva, con lei il padre e pochi altri abitanti del villaggio, che erano riusciti a fuggire la notte dell’incendio.
La ragazza lo cercò, ma non aveva nessun indizio su di lui. Severus le aveva rivelato qualcosa sulla sua vita, ma senza entrare mai troppo in dettagli, perché era troppo pericolosa e spietata per lei che era così pura e innocente. Ma a Elisabet non importava, e concentrandosi anima e corpo sulla sua ricerca. Si recò in Inghilterra, ma non riuscì mai a incontrarlo. Ormai, lì la prima guerra del mondo magico infuriava e lei era totalmente impotente davanti a ciò, perché non possedeva alcun potere magico. Fu costretta a tornare a casa, in Svezia, poiché ne andava della sua salute. Rischiava di perdere il bambino che portava in grembo.
Per nove mesi fu costretta a letto, sempre con il pensiero costante del suo Severus in pericolo. Doveva dirgli che era padre, che la bambina che nacque sana e forte era il frutto del loro amore di quell’unica notte…Ma non poté mai confessaglielo. Rimase molto cagionevole dopo la nascita della bambina, non poté mai più viaggiare e nessuno, oltre a suo padre, conosceva l’esistenza di quel giovane mago.
La madre e la bimba, dopo la morte del padre della prima, andarono a vivere con una parente, un’anziana zia, e fu a lei che la ragazza, ormai donna di trentatré anni, rivelò tutta la storia prima di morire.
Elisabet Christine Anders morì nel dicembre del 1994, lasciando una figlia di quindici anni e senza mai aver rivisto Severus.
La zia della bambina pensò che la cosa migliore da fare era far vivere la ragazzina con il padre. Ci vollero due anni di ricerche e alla fine riuscirono a trovarlo.
Ed ora era davanti a lui. Christine era lì, sulla soglia della casa di suo padre, con uno sguardo di assoluto smarrimento negli occhi castani, gli stessi della madre. Lo stesso colore l’avevano i lunghi capelli , molto mossi, che teneva sempre sciolti.
Se ne stava lì e osservava quell’uomo sconosciuto al quale era stata affidata, che sapeva essere suo padre, ma che non conosceva per niente. La zia le aveva detto che era giusto che lui la conoscesse. Solo due mesi, luglio e agosto, se poi avesse voluto sarebbe potuta tornare a casa in Svezia.
Piton la osservava, cercando il lei delle somiglianze con lui. Ma più la osservava più vedeva Elisabet. I lineamenti morbidi, lo sguardo dolce, il corpo esile e flessuoso, ma non troppo magro.
Non sapeva cosa fare, cosa dire, era stato avvertito all’improvviso due giorni prima da una lettera firmata Karin Anders. Il nome della zia di Christine, sorella del padre di Elisabet.
Quel nome aveva ridestato in lui tutti i ricordi, tutte le sensazioni e apprendere di avere una figlia era stata la parte che più l’aveva lasciato sconcertato.
Non sapeva come, ma giurò a se stesso di poter fare tutto il possibile per quella ragazza che cominciava ad arrossire per l’imbarazzo. L’avrebbe aiutata a superare il dolore che attanagliava il cuore di entrambi. L’avrebbe accudita, protetta e cresciuta, recuperando,  almeno provandoci, tutti gli anni che avevano perso. Sperò con tutto il cuore che lei non glielo rimproverasse. Certo, non sarebbe stato facile, ma era un padre ed era suo dovere farlo. E poi, le voleva già bene solo a guardarla. Severus Piton si concesse lo sguardo più dolce della sua vita insieme a un sorriso che mai avrebbe rivolto ai suoi studenti. Una nuova vita stava per iniziare. Un nuovo futuro pieno di sorprese si apriva davanti a lui.
“Ciao” la salutò, in modo stentato, con la voce roca.
Lei allora alzò lo sguardo che aveva improvvisamente fissato sui gradini e gli sorrise lievemente a sua volta.
“Ciao, papà”.
  

 

   
 
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