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Autore: bice_94    18/07/2011    9 recensioni
Uscirono dall’ufficio e si diressero verso le rispettive scrivanie con uno sguardo torvo, mentre Castle li seguiva eccitato come non mai. C: felice di andare alla Hawaii Kate?
La donna lo guardò male, suscitando la risata cristallina dello scrittore.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ryan, Esposito, Castle e Beckett avevano così lasciato il distretto in tarda serata, dopo aver sbrigato le ultime pratiche prima dell’improvvisa partenza.
Il piano era semplice: si sarebbero incontrati all’aeroporto alle 10.00 spaccate così da avere abbastanza tempo per fare il check in e tutti gli ultimi preparativi.
Esposito sarebbe passato a prendere Ryan e immancabilmente Castle si sarebbe occupato della detective.
Non che Beckett ne fosse entusiasta, o almeno questo voleva far credere agli altri.
Lasciò Castle sotto casa sua, prima di precipitarsi a fare i bagagli.
C: allora siamo d’accordo. Domani alle 9 passo a casa tua.
Beckett sospirò.
B: non ho ancora capito perché sei tu a dover prendere la macchina.
C: perché sono di strada. Invece tu dovresti solamente allungare il percorso. Quindi, mia cara detective, domani ti affiderai alla mia sublime guida.
La donna roteò gli occhi.
B: me lo immagino. Ringrazierò se saremo in aereoporto tutti interi.
C: ehy, io sono bravissimo.
La donna sorrise, vedendo Castle imbronciato come un bambino.
B: buona serata Castle. A domani. E puntuale mi raccomando.
Castle la salutò con un sorriso a dir poco abbagliante.
Uno di quei sorrisi che illuminava il viso dello scrittore e che lo rendeva irrimediabilmente affascinante.
Uno di quei sorrisi innegabilmente rivolti solo alla detective.
C: buona serata a te Beckett.
 
La casa quella sera era più vuota del solito.
Martha era uscita, probabilmente con il suo nuovo pseudo-fidanzato, perciò l’unica che avrebbe potuto accoglerlo era il suo piccolo angelo.
C: tesoro, ci sei?
Si sentirono dei passi leggerissimi e veloci per le scale e Castle sorrise automaticamente.
Adorava quel rumore.
Sapeva di casa.
A: papà! Finalmente! Sei tornato tardi stasera.
Castle abbracciò delicatamente la figlia, assaporando quella tenerezza che ogni volta riscaldava il suo cuore.
C: lo so, ma sai com’è Beckett.. è una donna malvagia, una dittatrice instancabile.
Alexis si staccò per un momento, guardandolo di traverso.
A: si, papà. Non sei credibile. Come minimo sarai stato anche oggi a giocare in ufficio.
C: ehy, stai insinuando che tuo padre è uno scansafatiche?
Alexis fece finta di pensarci.
A: eeeeem.. si, assolutamente.
La ragazza si staccò velocemente dal padre, facendogli una linguaccia.
Castle rise e rincorse la figlia.
Alexis era ormai qualcosa di molto simile a ciò che potrebbe essere definito come donna.
Eppure questi momenti di scherzo, di gioco erano qualcosa a cui sembrava non voler rinunciare.
Suo padre era stato per lei il primo amore, il primo idolo, il primo eroe e, in fondo, lo sarebbe sempre stato.
Seduti sul divano, ancora con il fiatone, guardavano il soffitto.
C: sai, domani parto.
Alexis si mise a sedere più dritta, incrociando le gambe e facendosi interessata.
A: e dove vai?
C: alle Hawaii.
L’espressione della ragazza fu piuttosto curiosa.
A: alle Hawaii? A fare? Con chi?
C: lo sai, quando fai così sembri quasi tua nonna.
Alexis gli diede una pacca sul petto.
C: ok, ok. Parto con gli altri del distretto per un corso di addestramento. Due settimane.
La ragazza scoppiò a ridere.
C: che c’è?
A: tu.. che fai addestramento..? o mio dio.. perché devo sempre perdermi queste scene epiche?
Lo scrittore la guardò male.
A: va bene, scusa. E dimmi. Ci sarà anche Beckett?
La sua faccia divenne maliziosa come non mai.
C: certo. E tu-non-fare-quella-faccia!
A: che faccia?
C: su hai capito… Quella!
Alexis si fece improvvisamente più seria.
A: gliel’hai detto?
Castle abbassò gli occhi.
C: detto cosa?
A: ora chi è che fa il finto tonto? Gliel’hai detto di Gina?
C: no, e non credo le interessi.
A: ma su papà. La sai anche tu che non è cos-..
Castle si alzò di scatto.
C: vieni a darmi una mano con le valigie?
Alexis sospirò.
A: è più testardo di un mulo.
Disse sottovoce.
A: arrivo.
 
Appena aveva lasciato Castle sotto casa, Beckett aveva pensato di chiamare Lanie per farsi dare una mano con le valigie.
La dottoressa era diventata il suo punto fermo.
Era l’unica in grado di dargli una scrollata, di metterla davanti alla situazione cruda e semplice.
Era la sua fedele confidente e la persona che forse meglio la conosceva.
La passò a prendere e arrivarono all’appartamento nel giro di pochi minuti.
L: sai tesoro, ho una fame!
Beckett lasciò le chiavi distrattamente sul piccolo tavolo alla sua destra, prima di richiudere la porta dietro di sé.
B: anche io, ma credo dovremmo ordinare un bel po’ di pizza. Nel mio frigorifero non c’è più niente. Se apri e parli, potresti sentire l’eco.
Lanie si fermò e fece una faccia quasi sconvolta.
Beckett si bloccò sotto quello sguardo.
B: che c’è?
Lanie mise le mani sui fianchi e poi scosse la testa.
L: ti sei sentita? Questa è l’influenza dello scrittore.. non c’è niente da fare, quell’uomo ti fa un brutto effetto.
B: ma che dici? Solo perché ho fatto una battuta.
L: si, si va bene. Farò finta di crederci solo per evitare che tu debba dire a te e a me un’altra marea di balle.
B: sei una rompiscatole.
Lanie alzò le spalle, e si diresse in camera da letto.
Ci fu qualche minuto di silenzio, mentre la detective finiva di sistemare qualcosa in soggiorno.
Quando Lanie era in casa sua e c’era silenzio, questo poteva significare solo una cosa: stava praticamente distruggendo qualche stanza.
Poco dopo, si affacciò la dottoressa dalla camera della detective con in mano un abito lungo, molto elegante, che Beckett si era anche dimenticato di avere.
L: dolcezza, dove la tieni la valigia? Devo iniziare a metterci questo.
Beckett sgranò gli occhi.
B: Lanie, ma dove lo hai trovato quello? E che ci dovrei fare? Dai, rimettilo dov’era.
L: non ci provare. Non ci credo che in due settimane quello scrittore da strapazzo non ti chiederà di uscire. Per di più alle Hawaii. Il che significa che dovrai essere bellissima.
B: Lanieeeeeeee. Lascia quell’abito. Non lo porterò via mai e poi mai.
 
Due ore dopo, quando la valigia era già quasi a metà, il vestito elegante si trovava beatamente sul fondo del bagaglio.
Era impossibile dire di no a Lanie Parish.
L: quindi spiegami per bene. Andate lì e tu dovresti fare da maestrina a degli aitanti aspiranti deteective.
Beckett alzò gli occhi dalla maglietta che stava piegando.
B: già, niente di speciale.
La dottoressa scoppiò a ridere.
B: e ora che c’è?
L: oh, niente niente. Mi stavo solo immaginando la faccia di Castle. Ahahaha.. o mio dio.. impazzirà. Quasta volta impazzisce veramente.
Beckett la guardava confusa.
L: ma si! Vederti tutto il giorno in mezzo a giovani uomini di cui la metà ti farà gli occhi dolci. Tutti molto probabilmente dieci volte più muscolosi di quel pappamolle! Sarà geloso fradicio! O che spettacolo. Per favore fagli una foto!
Beckett lo guardò di traverso e sospirando.
B: Lanie, non è vero.
L: si, come no. Ti muore dietro da quanto? Tre anni?
B: ma che dici? E poi ora sta anche con la sua bella editrice, no?
Lanie la guardò curiosa.
L: dolcezza, tu sei innamorata cotta. Quello è il tono di una-grandissima-falsissima-donna-gelosa.
Le guance di Kate divennero rosso fuoco.
B: ma non è vero.
L: si, si, come ci credo bella mia. Fammi capire. Gliel’hai detto del dottorino?
B: no. E non vedo perché avrei dovuto dirglielo!
Lanie mise una mano sulla fronte.
L: siete le persone più idiote che abbia mai conosciuto. Lui è cotto, tu sei cotta e non gli dici del dottorino?
Beckett abbassò gli occhi.
B: finiamo la valigia?
L: e va bene. Tanto con te è una causa persa! 

   
 
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