Bene, rieccomi finalmente ad aggiornare questa mini raccolta, con un
prompt che mi sembrava decisamente adatto per la coppia Szayel/Nemu.
Coppia questa che non mi ispira ne allegria ne romanticismo, ma solo
tonnellate di angst e gore che alle volte non fa poi così
male
all'umore.
Ovviamente si allaccia alle mie precedenti oneshot soprattutto a
“Vendetta” e a tutte le altre dove appare Szayel
Aporro Grantz,
oltre che al capitolo scorso. Può essere letto anche senza
aver dato
una occhiata ai miei precedenti lavori.
A differenza del capitolo scorso questo è molto
più dark e più che
contenere lime direi che è sull'erotico.
Ad ogni modo, buona lettura!
4° Indossi il vuoto con classe
Nell'ombra ignota di una
ricca e spartana stanza, qualcosa si muoveva con pigrizia verso un
soffitto tinto di nera pece notturna.
Un suono sottile e
delicato si librò nell'aria già viziata, simile
ad uno sbuffo
appagato di chi si concede una sigaretta come minuto di relax,
catturando quasi senza volerlo l'attenzione di un paio di occhi verde
scuro.
Nella pesante ombra della
stanza da letto di Szayel Aporro Grantz – rischiarata solo da
una
tenue luce di un mattino malato proveniente in volo dalle veneziane
abbassate – un intenso aroma di tabacco si riversò
nella zona
circoscritta del letto matrimoniale allo sbuffo del suo padrone
appagato.
Sottili fili grigi, simili
all'incenso esotico, rapirono per un istante l'attenzione di una
imperturbabile Nemu Kurotsuchi prima che
quest'ultima se ne
tornasse a fissare il soffitto buio con la solita espressione che la
caratterizzava.
Un gesto timido e
apparentemente disinteressato, che non sfuggì all'attenzione
di un
brillante scienziato che ben pensò di aspirare maggiormente
il
filtro della candida sigaretta con fare soddisfatto.
“Uff...”
quasi come stesse gustando
un dessert, dalle labbra sottili partì un altro docile
sbuffo di
fumo, cercando poi con sguardo appannato – a causa della
carenza
degli occhiali da vista situati al momento su di un comodino in
compagnia di un reggiseno – una compagna che si muoveva
appena
sotto quelle lenzuola di seta nera. Profumate di lavanda e di sesso,
parlavano ancora degli audaci movimenti che li avevano colti neanche
dieci minuti prima.
“Siamo insolitamente
loquaci a quanto vedo...” lo sguardo
ambrato del dottore
pareva crudele mentre letteralmente mangiava la pallida figura
avvolta nelle lenzuola.
Quelle parole gli uscirono
fuori così all'improvviso dopo un lungo silenzio senza
però
riuscire, in qualche modo, a destare la sua deliziosa ospite.
Non era la prima volta che
Aporro riusciva a trascinarsi nel letto la figlia del suo peggior
nemico.
Quel Mayuri Kurotsuchi che
ormai aveva fatto il suo tempo ma che però, con l'insistenza
di una
pianta infestante, ancora continuava a dirigere il suo reparto
scientifico anche se ormai era bravo solo a stendere
con la
macchina i cani altrui.
Oh, il paparino sapeva
quello che la figlia combinava nel letto del suo acerrimo rivale,
solo che... Non gliene fregava nulla?!
A Mayuri non importava se
Aporro si portasse a letto sua figlia – questo il giovane
scienziato lo sapeva benissimo – quanto era infastidito da
ciò che
lui avrebbe potuto scoprire su sua figlia. Ma forse
era da
considerare il fatto che vi era un lato affascinante se Nemu finisse
spesso e volentieri nelle mani del giovane Grantz.
Magari il dottor
Kurotsuchi poteva scoprire su di lei cosa quello stupido ragazzino
stava architettando, su questo c'era da scommetterci parecchi sacchi.
Eppure era un destino così
ridicolo quello della giovane Nemu, la quale pareva non volersi
staccare in nessun modo da due uomini che altro non facevano, in
tutti i sensi possibili, che sfruttarla come una mera cavia da
laboratorio.
Ma dopo quel breve giro di
pensieri tutt'altro che puliti, la calma nell'ambiente che li
circondava vene spezzata da piccoli gesti.
Alle parole quasi
sussurrate del Grantz, nonostante il velo di strafottenza che le
circondava, gli occhi della giovane donna si indirizzarono nuovamente
sul padrone di casa con la stessa agghiacciante
tranquillità
di prima.
A differenza dello
spietato amante – con la schiena appoggiata sul cuscino
– lei se
ne rimaneva sdraiata totalmente su di un materasso ancora umido,
limitandosi a fissarlo in silenzio senza accennare ne un sorriso ne
una qualsiasi smorfia.
E questo a Szayel Aporro
piaceva quasi da morire. Anche il suo gesto inconsueto di allungare
il braccio destro verso di lui – un gesto in apparenza
automatico –
e prendergli dalle labbra la sigaretta per poter pure lei usufruire
di quella velenosa nicotina, erano atteggiamenti che stranamente lo
soddisfavano.
Perchè era come averla in
pugno ogni volta.
Ed era come avere in pugno
lo stesso Mayuri, per quanto fosse certo che approfittasse pure lui
di quei post appuntamenti per fare un check up completo alla
maggiore delle sue figlie. In un circolo vizioso di esperimenti e
sevizie, dove la sua figura “umana” veniva
cancellata dal
vocabolario dei due uomini. Divenendo qualcosa di incredibilmente
speciale.
“Cara mia... Tu decisamente indossi il vuoto con classe”
Non era nell'essere amici
intimi che risiedeva la loro specialità. Anzi, persino lo
stesso
scienziato avrebbe detto che loro due non erano affatto degli amici.
Aporro non aveva amici,
erano delle seccature e con il lavoro che faceva
“amici” era
sinonimo di “nemici”.
No, lui Nemu l'aveva
conosciuta molto tempo prima, e non l'aveva mai considerata
lontanamente una amica e neppure una amante accondiscendente. Ma un
interessante soggetto di studio quello
si.
Vi era stato un anno di
università in cui era stato praticamente costretto a fare
uno stage
presso l'ospedale cittadino. Un luogo a dir poco penoso fin troppo
pieno di casi umani, odiosi in tutti i sensi, e di ben altrettanta
inefficienza e poca preparazione da parte di medici ben più
–
sulla carta almeno – preparati di lui.
Fu in quel luogo infernale
– un posto in cui qualcuno, berciandogli addosso, aveva
esplicitamente detto che se lo meritava assai
– che vide per
la prima volta Nemu Kurotsuchi.
All'epoca Szayel non era
nessuno. Non era uno scienziato di fama internazionale come lo
spudorato Kurotsuchi, ma solo uno studentello con la puzza sotto il
naso.
Eppure, non poteva non
pensare di aver ricevuto un aiuto dal cielo quando vide quella
sfortunata ragazza su di un letto anonimo in una stanza altrettanto
anonima e piena di macchinari medici.
Non poteva credere ai suoi
occhi che la giovane pallida e piena di ecchimosi che riposava oltre
la vetrata che li separava, fosse la chiave del suo futuro successo e
carta vincente per battere quel folle – quanto geniale
–
scienziato pazzo.
Fu con un sorriso che si
ampliava maggiormente in volto – quasi tremando da tante
erano le
emozioni che lo sovrastavano – che entrò nella
stanza della
giovane per osservarla più da vicino.
In quella macchia bianca
qual era la stanza di un trafficato ospedale di città, la
giovane
Nemu aprì debolmente gli occhi lividi e mostrò ad
un inquietante
novizio le sue iridi verde scuro.
Due pozzi profondi e
letteralmente spenti, in cui l'ambra del Grantz
cadde a
precipizio rapito da una incommensurabile fonte di informazioni
vivente.
Cinque anni passarono da
allora.
Cinque lunghi anni da quel
primo e silenzioso incontro avuto dai due.
I piccoli sospetti del neo
scienziato si rivelarono poi fondati quando riuscì ad
entrare più
in “intimità” con quella ragazza,
dandosi in automatico del
genio per aver intuito come quella figlia non fosse altro che la
cavia degli esperimenti più pericolosi
del padre.
Che cosa avesse portato il
prode Mayuri a sfruttare una delle sue figlie come un topo da
laboratorio, questo il Grantz non lo sapeva e neanche ci teneva a
saperlo.
Forse la sfruttava poiché,
dopo una vita spesa a fare esperimenti sulla propria pelle, il corpo
di uno scienziato si degrada allo stesso passo di quello di un essere
umano comune, senza tener conto che a fare esperimenti su se stessi
poi c'è un degrado ben più maggiore.
Ma Nemu era sangue del suo
sangue, quindi perfetta – ad una mente brillante e folle di
scienziato – per assorbire quante più sostanze
possibili nel
silenzio più assoluto, che inevitabilmente finivano in
contrasto tra
loro con effetti collaterali disastrosi.
E ovviamente, tra le cause
della sua salute precaria c'erano anche i suoi di esperimenti, oltre
che a quelli del padre. Si poteva perfettamente dire che la guerra
tra i due passava attraverso il corpo di quella ragazza.
Ma lo stesso Szayel Aporro
trovava strano il suo comportamento. Un carattere che invece di
portarla lontano da due autentici aguzzini, altro non faceva che
buttarsi volontariamente nelle fauci del drago ogni santissima volta.
Magari faceva tutto ciò per proteggere la sorellina minore
– copia
sputata di Nemu e ignara di che razza di persona senza scrupoli fosse
il padre – oppure la sua devozione al proprio creatore
era
così ampia che ben volentieri lasciava che il Grantz le
somministrasse varie sostanze per studiare quelle di Mayuri che, per
ovvie ragioni, entravano in reazione tra loro dando non pochi
problemi alla giovane donna.
Eppure c'era qualcosa che
non quadrava, se lo sentiva.
Già quel pomeriggio Nemu
si era presentata a Las Noches – il suo attuale e splendente
luogo
di lavoro – per fare una cosa che lo aveva lasciato
totalmente
stupefatto. Pur non lasciando trasparire nulla all'infuori della
buona educazione che le era stata imposta da un'invisibile madre,
furono le sue parole a sorprenderlo in modo assai curioso.
“Vorrei
chiederti
scusa per l'incidente della volta scorsa”
Ci impiegò non poco per
capire cosa quella ragazza dai semplici abiti neri cercasse di
dirgli. Scrutandola da oltre la propria scrivania, per il dottore
Nemu Kurotsuchi non dava modo di capire a quale fatto si riferisse
nel modo più assoluto. Seduta rigidamente sulla poltroncina
di pelle
sintetica e con le mani conserte in grembo – tanto da dare
l'idea
di essere di fronte ad una severa dama borghese in un dipinto di fine
ottocento – il Grantz dovette scrutare attentamente in quegli
occhi
verde scuro per capire a cosa si stesse riferendo.
La morte di quel piccolo
cane di nome Verona, ad opera di Mayuri Kurotsuchi che allegramente
lo aveva investito per fargli un dispetto, Aporro se la ricordava
perfettamente – da allora il superstite Lumina, un pechinese
di tre
anni, non faceva altro che lamentarsi per la mancanza del compagno
–
quindi appena capito cosa quella piccola e falsa educanda stesse
cercando di comunicare, un piccolo e perfido sorriso affiorò
dalle
sue labbra sottili e in precedenza imbronciate per quella visita a
sorpresa.
Lesto ed elegante,
distolse lo sguardo dalla propria ospite quel tanto che bastava per
indirizzare gli occhi color ambra verso la propria sinistra.
Frugò poi circa qualche
secondo dentro un cassetto della lucida scrivania di marmo nero, fino
a trovare – tra gli ordinati documenti e le scatole di
medicinale
in ordine perfetto in un piccolo cestino di vimini –
ciò che
avrebbe fatto decisamente al caso suo.
Una boccettina di vetro
ambrato si posò con delicata decisione sul freddo marmo
dell'ufficio
– con un suono timido che però ebbe il peso di un
macigno nel
cuore della donna – accompagnato da un sorriso fin troppo
descrittivo da parte del giovane dottore.
“Un
piccolo prezzo
che puoi accettare...”
La boccettina ancora non
etichettata e quindi fuori commercio – in cerca di un tester
per le
prove che ne dessero il via libera alla vendita – di un
medicinale
a lei sconosciuto era il prezzo da pagare per lo strano, forse
sincero, gesto di umiltà nel chiedere scusa per la follia di
un
padre che comunque amava indissolubilmente.
Anche se di poche parole
lo scienziato si era fatto capire benissimo dalla pallida donna, che
subito chinò il capo per non dare a vedere il lieve tremito
del
labbro inferiore in un istintivo stato di
sconforto. Aporro
sospettava che fosse strano che Nemu si presentasse da lui con il
solo scopo di chiedere scusa per colpe non sue, ma non stette li ad
indagare oltre sul fatto del perchè lei si trovasse li a
chiedere il
suo perdono dopo qualche mese dall'incidente.
Era una cavia di
laboratorio. Doveva semplicemente lasciarsi studiare e vedere cosa il
dolce paparino stesse architettando questa volta.
“Io...
Prendo già
troppi medicinali...”
Una semplice riluttanza
che poteva apparire inconsueta per il soggetto presente –
succube
all'inverosimile di un padre e di un altro scienziato privi di
scrupoli – portò una lieve espressione imbronciata
all'uomo che
ancora giocava a passare il dito indice attorno al tappo cromato
della boccettina anonima.
Era strano vedere
Nemu così improvvisamente reticente nel farsi ispezionare,
magari
pure tagliare, oppure nell'assumere farmaci ancora non testati come
in quel caso. Di solito rimaneva silenziosa e si limitava unicamente
a eclissare lo sguardo verso il basso, pur rimanendo rigida e tenace
come il padre le aveva duramente insegnato.
In questo caso invece,
oltre a dargli una immagine più sofferente del solito
– quasi
rannicchiata nella poltrona con quelle sue spalle così
incassate –
nonostante fosse ancora ferma nella sua nobile postura, era quella
sua disobbedienza a far storcere il naso ad un dottore che, se non
era per scopi scientifici paterni, non capiva il perchè
della sua
visita.
Che cosa dunque l'aveva
spinta nella bocca del drago in un modo così poco discreto?
Erano domande a cui il
Grantz non prestò la doverosa attenzione al caso, non
calcolandolo
come l'inconsueto atteggiamento – ma poi neanche tanto
– di una
cavia in disperata e istintiva ricerca di una via d'uscita da un
incubo senza fine. Una speranzosa salvezza
inconscia che per
lei non sarebbe mai arrivata, dato che ad attenderla prima o poi
sarebbe sopraggiunta solo una morte con tutta probabilità
lenta e
dolorosa.
Per lui erano solo
capricci e basta, avvalorati dalla sua aspra
educazione di chi
non voleva sentirsi dire un “no” e neppure frasi
senza senso
alcuno. Almeno per Szayel stesso.
E visto che se non era
stato il padre a mandarla da lui con scuse così banali da
apparire
ridicole e derisorie agli occhi di tutti – non solo i suoi
–
forse erano appetiti ben più malsani che spronavano la
pallida
figura a concedersi a lui.
In tutti i sensi
possibili. Portandolo per questo, a sorridere con una perfidia che
avrebbe congelato persino un morto.
Se una qualunque creatura
cercava salvezza in Szayel Aporro Grantz, andava prima o poi incontro
ad un destino ben più peggiore.
Neppure lo stesso
scienziato avrebbe detto chi tra lui e Mayuri fosse il peggio del
peggio per quella povera ragazza, ma era ugualmente interessante
notare i risvolti di quella loro relazione che non
si fermava
unicamente all'imbottitura di farmaci e smembramenti vari.
Relazione... Magari
la si poteva definire anche così.
Di certo Nemu Kurotsuchi
era un delle poche donne che con regolarità –
almeno parziale –
passava dalla sua camera da letto e a volte anche a cena fuori o nel
suo stesso appartamento lussuoso.
Accidentalmente l'aveva
pure presentata a suo fratello Yylfort e alla sua attuale ragazza
–
nonché amante occasionale dello stesso scienziato
– Cirucci
Tunderwitch.
E nonostante per quei due
imbecilli dei suoi coinquilini la presenza della giovane Kurotsuchi
era un evento alquanto insolito e curioso, stranamente per Szayel era
stato un momento piuttosto divertente.
Il che era strano, visto
che normalmente avrebbe vissuto una simile situazione come la
più
profonda delle seccature esistenti. Ma anche per quel giorno, Nemu
passò nuovamente nelle sue stanze con la stessa indifferenza
apparente delle volte scorse. E forse era questo a divertirlo per
davvero.
Venendo consumata ogni
volta con un'ardore che faceva quasi paura data la follia del suo
amante, che più che amarla ogni volta – sotto
quelle lenzuola che
lasciavano il posto del profumo di lavanda con quello di corpi
aggrovigliati tra loro – era come se la divorasse
tutte le
volte possibili.
Sapeva di essere affamato
di carne così come della conoscenza in campo scientifico.
Per lui
che si trattasse del sesso più sfrenato o arrivare all'apice
di aver
compreso le funzionalità di un farmaco appena inventato,
equivaleva
all'orgasmo più assoluto.
Spesso e volentieri, sulla
pelle della ragazza sua schiava lasciava segni tangibili di morsi
fatti quasi a sangue, lasciati li apposta dall'impeto di una passione
che esigeva a volte che quasi quel rosso fluido vitale sgorgasse
fuori dalle sue sventurate prede.
Ma cosa ancor più
sbalorditiva era vedere la sua indifferenza che andava a farsi
benedire, in favore di un malsano piacere verso quei morsi e quelle
carezze passionali non certo dettate da sentimenti puri, da credere
che forse – alla fine della corsa – a Nemu magari
non dispiaceva
poi così tanto essere trattata a quel modo. Vivendo giorno
per
giorno in una perenne sindrome di Stoccolma, tanto da portarla a
sgranare gli occhi terrorizzata per ogni morso –
apparentemente –
letale, stemperato solo dalla sua stessa voce che non mostrava
affatto nessun tipo di terrore.
E anche questo a Szayel
Aporro Grantz, piaceva da morire.
“Sai che vorrei farti
una domanda?!”
Contro tutte le sue ben
calcolate aspettative, dovette per forza notare come quella ragazza
fosse per davvero più loquace del solito.
Lo scienziato sbatté
ripetutamente le stanche palpebre per mettere a fuoco una figura
femminile non meno disastrata di lui, cercando di capire cosa volesse
dire con “domanda”.
“Che tipo di domanda?”
nel mentre che pronunciò
quelle parole un po' perplesse, uno sbuffo di fumo fuoriuscì
dalle
sue labbra portandolo quasi a tossire per non aver calcolato bene il
tempo di espirazione della nicotina.
Pertanto, irritato per
quella sua stupida distrazione, decise di spegnere la sigaretta
precedentemente sfilata dalle dita della ragazza sul posacenere nero
posto sul comodino di fianco al letto.
Ad infastidirlo
ulteriormente in quelle scarse tenebre mattutine – con una
luce
spettrale che ancora filtrava dalle veneziane abbassate – ci
fu la
titubanza della sua ospite che deglutì prima di rispondergli
con
coraggio.
Non riuscendo comunque a
guardarlo negli occhi, fissando ancora una volta il soffitto anonimo.
“Se
io rimanessi
incinta... Tu mi sposeresti?”
Era una domanda strana.
Molto strana.
Tanto che lo stesso Aporro
dovette assorbirla con qualche secondo di ritardo data l'assoluta
scarsa consuetudine del quesito posto.
Si ritrovò per questo a
sbattere maggiormente le palpebre, puntellando i gomiti sull'umido
materasso e alzandosi un poco a sedere.
Sforzandosi quasi
inutilmente di mettere a fuoco la donna che ancora riposava nel suo
letto, cercò con stizza gli occhiali sul comodino alla
propria
sinistra per capire cosa quella cretina volesse
dirgli con
quelle parole assurde.
Una volta posti i candidi
occhiali sul naso – senza un certo tremore –
l'immagine di Nemu
venne finalmente messa a fuoco in tutto il suo splendore
mattutino.
Un livido nero come le
ombre che li circondavano spiccava circolare e fresco appena sopra il
seno destro della giovane, giusto nascosto lievemente dalle lenzuola
costose e stropicciate. Altri segni di morsi oltre a quello le
segnavano le spalle e pure il collo, non notati dalla giovane seppur
estremamente dolorosi.
“Che cosa? Scusa ma...
Credo che sia particolarmente poco fattibile –
iniziò a parlare
con una lieve nevrosi che lo portò ad arricciare gli angoli
della
bocca in un ghigno ironico, prima di continuare – imbottita
di
farmaci come sei dubito fortemente che tu abbia ancora
possibilità
di essere fertile.... Inoltre, non ho nessuna intenzione di
commettere l'errore di mio padre”
Nelle sue parole
lievemente aspre c'era un fondo di verità non indifferente
– che
portarono la donna ad abbassare lo sguardo quasi mortificata
–
oltre che ribadire un concetto base per lui fondamentalmente
importante.
Per quanto fosse poco
educato parlare male dei propri genitori, per lo scienziato non
esistevano limiti data la sua nota insofferenza verso la madre e il
peggio compatimento verso l'estinto padre.
Pertanto, rassicurato
dalle proprie ferme parole, il padrone di casa volle alzarsi a sedere
del tutto su di un letto sfatto e ormai non più umido,
lasciando che
le lenzuola scivolassero via dal suo torso snello fluide come
l'acqua.
Ma nel mentre che si
passava una mano tra i capelli delicati ancora tinti di un pallido
rosa acceso – un segno tangibile di voler apparire a tutti i
costi
“diverso” dagli altri – Nemu volle ancora
esprimere il proprio
pensiero personale.
Cocciuta e speranzosa,
sfidò ancora la pazienza dello scienziato suo signore ed
amante.
“Ma metti che io abbia
dei bambini da te, tu mi sposeresti per evitare uno scandalo?”
stavolta Szayel Aporro si
voltò con più intensità verso una Nemu
che guardava un soffitto
ora grigio a causa dei raggi solari mattutini, irritato per la
difficile comprensione di quelle parole per lui incomprensibili.
Non che odiasse i bambini,
solo che gli erano indifferenti e – cosa non da meno
– si sentiva
inadeguato a prestare loro attenzione.
Neppure quindici giorni fa
aveva aiutato una donna a partorire su di una lurida metropolitana,
ma ciò che pensava – ossia quasi la solita routine
del medico
improvvisato e unico capace di tirare fuori un ragno dal buco
–
andò in frantumi nell'esatto momento in cui la creatura se
la trovò
tra le braccia.
Si era sentito inadeguato
e sbagliato, per quanto quel semplice contatto avesse tirato fuori
qualcosa in lui che mai si sarebbe immaginato di provare.
Timore di sbagliare
qualcosa, paura di rompere quel bambolotto di carne, inadeguatezza di
stare accanto al prossimo. Tutte cose poi buttate giù con
una stizza
tipicamente sua, ma capaci di riaffiorare potenti a quelle domande
dettate con una piuma di ingenuità dalle creature meno pure
della
terra.
Per tanto, scostò con
rabbia le lenzuola dalle proprie gambe, deciso ad alzarsi dal letto
per darsi una sistemata nel bagno vicino al corridoio. Bastava il suo
silenzio per far capire alla Kurotsuchi che non vi erano risposte per
quella sua stupida domanda.
“Tra breve dovrò andare
al lavoro... Se vuoi puoi restare, ma non voglio vederti qui al mio
ritorno”
non stette li a scrutare
una donna dallo sguardo spento e disilluso, dandole unicamente le
spalle duro come la roccia e freddo nel timbro vocale come una
stalattite di ghiaccio.
Si diresse nudo come un
verme nel bagno poco distante la sua camera da letto, mentre una
donna sospirava piano portandosi quasi inconsciamente le mani su di
un grembo sterile e vuoto.
Il suono della seta che si
aggrovigliava tra le sue pallide dita, si perdeva e veniva a momenti
soppresso dallo scroscio incensante della doccia di un bagno con la
porta lasciata distrattamente aperta.
Un pensiero sottile il suo
– disperato senza capirne il motivo – che aveva
decisamente fatto
partire male la giornata ad uno scienziato che, a differenza della
sua deliziosa ospite, aveva fin troppi pensieri nella testa lucida di
spietate idee.
Ma che per almeno quel
giorno, videro una lenta progressione nel suo cervello a causa di
pensieri ben più inadeguati che neppure l'acqua fredda della
doccia
riuscì a mandare via.