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Autore: Ksanral    29/07/2011    10 recensioni
Lily Evans, quindici anni, Prefetto di Grifondoro, studentesa impeccabile, abilissima pozionista, sta per cominciare il suo quinto anno ad Hogwarts (Ricordate...? Quello del peggior ricordo di Piton).
Ma siamo sicuri che sia solo questo? Siamo sicuri che la storia sia andata esattamente come la pensiamo?
Volete sapere come mai Lily Evans rifiutava continuamente gli inviti di James Potter? Forse non è solo perché lui è così tanto pieno di sé...
Dal ventottesimo capitolo:
«Neanche morta, Potter! Neanche morta!»
«Ma non sai neanche cosa stavo per chiederti!»
«E da quanto aspetto di ascoltarti prima di dirti di no? Tanto, Potter, sia che tu mi stia per chiedere di uscire, sia che tu mi stia per chiedere qualsiasi altra cosa, la risposta sarà comunque “no”.»
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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= Le Funzioni =

«Viene a stare da me per l’estate.»
La mia reazione a quella sua proposta fu bizzarra. Se una parte di me rifiutò senza neanche ascoltare la fine della frase, un’altra parte la accettò con la stessa velocità. Fu per questa lotta interiore che non riuscii a rispondere subito. Guardai James con un’espressione perplessa o forse un po’ ebete, mentre cercavo di capire quale monosillabo dire. Poi mi sovvenne che non sarei riuscita anche solo a entrare in quella casa senza crollare emotivamente e la risposta fu una soltanto.
Mi Smaterializzai in camera mia e, cercando di guardarmi intorno il meno possibile, raccolsi lo stretto necessario da portare con me: pochi vestiti, gli album di fotografie, qualche libro e gli oggetti più cari, come il mio peluche preferito o la spilla della nonna. Il resto poteva aspettare.
Tornai da James con i bagagli e solo allora gli risposi, anche se sul suo viso si era già delineato un piccolo sorriso.
«Sei sicuro?» gli domandai incerta. Lui annuì, agitò la bacchetta e i miei bagagli svanirono.
«Sei pronta?» mi chiese poi di rimando, tendendomi la mano per la Smaterializzazione congiunta.
«Vedi di non farmi Spaccare, eh Potter!» gli disse quella parte di me che riusciva ancora a scherzare.
«Sapevo Smaterializzarmi molto prima dell’esame, eh Evans!» mi scimmiottò.
Afferrai la sua mano e feci a tempo a stringerla che ci Smaterializzò.
Quando ripresi fiato e aprii gli occhi ci trovavamo in una zona di campagna. Davanti a noi, però, si ergeva un cancello sottile ma alto e una recinzione che ne seguiva lo stile. Non molto lontano, in mezzo a un giardino molto ben curato, una villa ci attendeva. Non servì che James agitasse la bacchetta alla volta del cancello, perché io capissi che si trattava di casa sua. Percorremmo il vialetto di ingresso, stando attenti a non calpestare l’erba appena tagliata. Una volta raggiunta la porta non ci fu bisogno di aprirla, evidentemente il nostro arrivo non era passato inosservato. L’interno della casa era arredato in modo lussuoso ma essenziale ed elegante.
James si stava togliendo le scarpe quando un uomo ci raggiunse. Non impiegai molto a capire di chi si trattasse, seppur con qualche differenza era decisamente simile a James. Finsi di non notare gli occhi arrossati e gonfi, ma comunque non appena James lo vide, lascio cadere le scarpe senza riguardo e si gettò tra le sue braccia in un modo talmente disarmante, intimo e disperato che fui costretta a voltarmi e cercai di farmi il più piccolo e insignificante possibile perché mi sentivo un’intrusa in quel dolore, mi sembrava di invadere il loro spazio personale, ma anche, lo ammetto, perché guardare quella scena sapendo che a me non sarebbe più capitato di essere abbracciata così, mi provocava dolore e riaccendeva quelle sensazioni che ero riuscita a rinchiudere in un cantuccio della mia mente, almeno per il momento.

Il momento però non durò a lungo, giusto il tempo di sistemare alcune foto sul comodino accanto a un letto a baldacchino che mi strinse il cuore per la somiglianza con quello di Hogwarts, mettere il peluche su lenzuola immacolate con tanto di copriletto ricamato, appendere i pochi abiti in una cabina armadio – una cabina armadio, per Godric! – talmente grande che sembrò ancora più vuota con solo quei quattro vestiti appesi e evitare accuratamente di incrociare lo sguardo con l’arzigogolata specchiera, onde evitare di vedere la mia figura riflessa nel timore di scorgere una Lily distrutta, o peggio ancora, la stessa Lily di qualche giorno prima. Poi giunse l’imbarazzante momento della cena, dalla quale mi congedai non appena ebbi la certezza di non offendere nessuno. E infine mi ritirai in camera a riflettere su come fosse possibile che in così poco tempo – soltanto un giorno – la mia vita si fosse completamente capovolta: ero sola, non avrei mai più rivisto i miei genitori, probabilmente neanche Petunia e avevo trovato rifugio, non a casa di una delle mie amiche, né di Remus, ma bensì di James Potter. Se me l’avessero detto soltanto un mese prima, avrei riso fino allo sfinimento!
Quando bussarono alla porta sussultai sorpresa e guardai perplessa il volto del signor Potter fare capolino dall’uscio. «Posso?»
«Sì, certo…» gli risposi incerta. Allora lui entrò, si avvicinò al letto e vi si sedette.
«James mi ha raccontato una cosa…» disse, lisciandosi le pieghe inesistenti della veste. Volevo chiedergli riguardo a cosa, ma avevo un brutto presentimento, perciò non dissi nulla e lasciai che prendesse tempo. «Non prendertela con lui… So che mio figlio può essere un po’ troppo esuberante a volte, ma lo fa solo quando ci tiene…» sospirò, e la sua frase mi fece arrossire, anche se non sapevo spiegarmi il perché. «Come in questo caso: lui è preoccupato per te.» sospirò di nuovo e solo allora alzò lo sguardo su di me. «Mi ha raccontato della lettera di tua sorella.»
Sapevo che sarebbe arrivato a quel punto e feci del mio meglio per non invitarlo poco gentilmente ad uscire dalla stanza. «Mi sembra sempre strano quando una persona ragiona in certi termini, è come se ancora non fossi abituato alla crudeltà…» disse sospirando e distogliendo lo sguardo da me. «Credo, però, che tu non debba rimanere ferma qui… James ti accompagnerà al funerale, è il minimo che tu possa fare, presenziare… Ma aspetta!» disse, quando vide che stavo per protestare. «Una persona accecata dal dolore e dall’invidia, se non dall’odio, può essere molto pericolosa, me ne rendo conto. Perciò, credo che voi possiate utilizzare il Mantello dell’Invisibilità di James o se pensi che ti faccia sentire più al sicuro, posso accompagnarti anch’io. Però, Lily, riflettici un momento… Non sarebbe pessimo sprecare l’occasione per un ultimo saluto?» poi mi accarezzò una caviglia – il punto più vicino a lui – si alzò e con un ultimo gentile sorriso uscì dalla stanza, che da quel momento iniziò a sembrarmi più stretta.

Il giorno dopo mi alzai all’alba, non essendo riuscita a dormire per quasi tutta la notte e non riuscendo più a restare a letto. Mi aspettavo di trovare la casa vuota, ma in sala da pranzo, Charlus Potter era intento a prendere un caffè fumante e a leggere l’edizione mattutina della Gazzetta del Profeta. Sentendomi arrivare, alzò gli occhi e mi sorrise stancamente; anche lui, evidentemente, non era riuscito a dormire molto.
«Se vuole torno dopo…» sussurrai, ferma sulla soglia.
«“Se vuoi”…» mi corresse, ma poi scosse il capo e mi fece cenno di avvicinarmi. Mi sedetti al suo fianco e, immediatamente, il piatto davanti a me si riempì di bacon e uova strapazzate e un altro piattino con fette di pane tostato e marmellata, mentre dalla tazza fumava del the. Fu impossibile non sorridere, ricordando Hogwarts.
«C’è qualche notizia interessante?» domandai incerta, dopo qualche boccone. Mio padre poteva essere interrotto mentre leggeva il giornale, ma sapevo che c’erano persone che lo odiavano.
Il signor Potter sospirò, poi abbasso la pagina e sollevò lo sguardo su di me. «No, ormai i giornali danno sempre le stesse notizie… Sempre e solo morti e feriti e attacchi di Mangiamorte…» disse sospirando «E poi, c’è un altro trafiletto su Dorea…» aggiunse in un borbottio.
Capii a chi si stava riferendo e immediatamente risposi, prima di potermi fermare. «L’hanno scritto sul giornale?»
«Sì, la dipartita di un mago Purosangue è quasi sempre menzionata sul Profeta…» disse, con un tono che era tutt’altro che contento «Ma non c’è nulla sui tuoi genitori… L’altro ieri c’era un resoconto frettoloso di quanto è successo, ma niente di più… Mi dispiace, bambina…» mi disse veramente addolorato. Io annuii appena e tornai a mangiare, nonostante non avessi mai avuto molta fame. Quando ormai avevo finito, James ci raggiunse. Alzai lo sguardo per salutarlo, ma invece scoppiai a ridere. I suoi capelli erano ancora più arruffati del solito, ma era l’espressione sul viso che faceva morire dal ridere: gli occhi semichiusi ancora nel mondo dei sogni, accompagnati dagli occhiali messi al contrario e il segno del cuscino su un lato del viso. Non potei trattenermi!

Finita la colazione – e James impiegò un tempo inestimabile a terminarla – tornai in camera riluttante per prepararmi. Ero appena uscita dalla doccia e stavo cercando qualcosa da indossare, quando dalla finestra aperta, entrò un gufo che lanciò un plico di lettere sul letto e se ne andò impettito, prima che potessi ringraziarlo. Con una scrollata di spalle, presi il plico in mano: erano lettere delle mie amiche. Sorrisi istintivamente e iniziai a leggerle velocemente. Tutte dicevano più o meno la stessa cosa… Mi chiedevano come stavo e dov’ero – non sapevano che avevo lasciato la scuola con James per stare da lui – e che, appena finita la scuola, potevo andare da loro, anzi dovevo. Sorridendo poggiai le lettere sul comodino e finii di vestirmi.
Una volta pronti, ci Materializzammo nei presi del cimitero della mia città. Sapevo che si sarebbe tenuta lì la funzione, perché era un desiderio dei miei e Petunia l’avrebbe esaudito.
«Vuoi usare il mantello? L’ho portato…» mi disse James, con una certa incertezza.
«Mi sentirei una vigliacca a farlo…» ammisi «Anche se, ho già causato abbastanza dolore a mia sorella…»
«Dovresti iniziare a pensare un po’ di più a te stessa, non credi? Con tutto quello che ti ha scritto tua sorella in quella lettera avete pareggiato i conti per i prossimi cinque secoli…» disse con rabbia.
«Non mi piace nascondermi come se fossi una ladra, sono anche i miei genitori!» risposi io, contagiata dallo stesso sentimenti.
«Brava Grifondoro! Ora andiamo…»
Mi pentii immediatamente di non aver usato il suo Mantello. La cerimonia era appena cominciata e nel momento stesso in cui ci fermammo, in un angolo remoto, gli occhi di Petunia mi furono addosso. E fu come se fossero gli occhi di Voldemort, come se il più potente Mago Oscuro, la più grande minaccia del Mondo Magico, avesse appena lanciato il suo Anatema che Uccide contro di me. Rabbrividii nonostante la giornata calda e distolsi lo sguardo da quello infuocato di mia sorella. James mi mise una mano sulla spalla e strinse leggermente, a farmi sapere che era lì e che non dovevo preoccuparmi di lei. O forse fui io che pensai tutte quelle cose, fatto sta che mi concentrai sulla cerimonia, ma fu peggio… Il prete e gli amici stessi dei miei dissero soltanto parole vuote. Raccontarono cose che non li descrivevano per nulla, cose superficiali, inutili che non dicevano assolutamente niente di loro… Scoppiai in lacrime di rabbia e dolore prima che me ne rendessi conto. James, vedendolo, mi abbracciò, dandomi forza.
Quando la funzione finì, iniziai ad avere paura di affrontare Petunia. Riuscii a ricompormi in tempo, che la vidi puntare a passo di carica verso di me, seguita da quel suo fidanzato panciuto che si era scelta, che, in sua difesa va detto, aveva tutta l’aria di voler evitar quel confronto. James aveva ancora le mani poggiate sulle mie spalle, perciò potei sentire la sua stessa tensione.
«Come osi? Come osi presentarti qui?» urlò a cinque passi di distanza, facendo voltare i perplessi invitati che si affrettarono ad andarsene.
«Erano anche i miei genitori…» dissi sorprendendo me stessa con il mio tono calmo.
«Hai perso il diritto di stare qui quando li hai uccisi!» urlò ancora, ora si era avvicinata ed era a pochi centimetri da me. Pur vedendola sconvolta e distrutta, non capii quello che stava per fare se non quando era ormai troppo tardi, perciò non potei evitare il suo schiaffo, che mi colpì talmente forte da farmi voltare il capo. James s’irrigidì maggiormente.
«Ti avevo detto che ti avrei ucciso con le mie stesse mani, se fossi venuta!» disse e mi schiaffeggiò di nuovo. E di nuovo fui così sorpresa da non poterlo evitare. James staccò una mano dalla mia spalla e capii che stava per estrarre la bacchetta, perciò spostai il braccio all’indietro e lo afferrai per il polso, bloccandolo.
«Vattene subito! Io non ti voglio più vedere! Ti odio! Ti odio!» urlò, cedendo alle lacrime e stringendo i pugni talmente tanto che le sue nocche sbiancarono. Questa volta capii che stava per sferrare un pugno, perciò riuscii a bloccarla prima che mi colpisse.
«Lasciami, mostro! Non mi toccare!» urlò, con espressione schifata, cercando di liberarsi dalla mia presa. Fui talmente shoccata che la lasciai andare, spalancando gli occhi. Non era mai stata così cattiva e intollerante, nemmeno nei momenti peggiori.
Vernon, il suo ragazzo, le si affiancò e cercò di calmarla. «Lascia perdere Tunia, non ne vale la pena… Lo dici sempre anche tu…»
«Non me ne frega niente, Vernon! Lei non deve essere qui! Lei non deve mai più presentarsi davanti a me! Io la uccido!» urlò e alzo di nuovo la mano per colpirmi, ma stavolta fu James a essere più veloce. Mi voltai e la sua espressione mi spaventò da quanto era arrabbiata.
«Erano anche i suoi genitori…» mormorò a denti stretti, come se stesse pronunciando la più letale delle maledizioni.
«E questo chi è, il tuo nuovo ragazzo?! Che fine ha fatto il mostro di prima? Ti ha lasciata, vero?» e se fino ad allora c’era stata solo rabbia, ora divenne cattiva, mentre un sorriso di spietato trionfo le arcuò le labbra «Si è finalmente reso conto di quanto tu sia insulsa e inutile e ti ha scaricata! Oppure ha aperto gli occhi e visto che sei soltanto feccia?! Tanto lo so che anche quelli della tua razza ti giudicano indegna di stare al mondo… Almeno su una cosa hanno ragione!»
Fu la cosa peggiore che chiunque mi avesse mai detto, peggio ancora di Severus che mi dà della sporca Nata Babbana, peggio di qualsiasi altro insulto di Petunia stessa o di qualunque altra persona, perché immediatamente pensai che fosse andata davvero così. Che Sirius si fosse fatto scoprire con quella, perché si era finalmente reso conto che non ero nient’altro che feccia, che non meritavo di stargli affianco. Rimasi immobilizzata, colta da quella folle verità e non potei evitare che James alzasse il pugno e tentasse di colpire mia sorella, solo per trovarsi a fare un occhio nero a Vernon che si era messo in mezzo. Vidi, come se osservassi la scena dall’esterno, un’immagine piuttosto buffa: Veron metteva le mani sulle spalle di Petunia e le sussurrava «Vieni, andiamo…» per poi girarla e accompagnarla quasi spingendola, mentre nello stesso identico modo e con le stesse esatte parole, James faceva lo stesso con me. Non mi resi neanche conto che, a un certo punto, mi strinse forte la mano e ci Smaterializzò, tornando a casa sua. Me ne accorsi quando ormai era sera inoltrata e io ero sdraiata nel letto della mia nuova camera, rimuginando sulle sconvolgenti parole di Petunia.
Non so come feci a superare la notte, ma il giorno dopo ebbi la certezza di non aver chiuso occhio. Non avrei voluto alzarmi, avrei preferito rimanere lì sdraiata e lasciare che il mondo intero mi scivolasse addosso, ma dovevo farlo, dovevo restituire il favore a James.
Proprio quando mi sedetti, qualcuno bussò alla porta e io mormorai un flebile invito a entrare, per poi seguire con lo sguardo James che entrava. «Pensavo avessi bisogno di un consiglio su cosa mettere…» disse, fermandosi in mezzo alla stanza e senza guardarmi.
«In effetti, non ne ho idea…» ammisi, capendo in quel momento che era la verità, non che me ne fossi preoccupata prima…
«Hai qualche veste oltre la divisa?» mi domandò. Sembrava imbarazzato, ma non saprei dire se dalla sua stessa domanda o da me in pigiama.
«Sì, qualcosa ho… È appeso nella cabina armadio…» e non riuscii a trattenermi dal ridere quando pronunciai quelle parole, anche se risultai piuttosto isterica. James mi guardò perplesso, poi scosse il capo e andò ad aprire le ante dell’armadio. Guardò con meticolosità tutti i miei abiti, poi scelse uno dei pochi abiti da cerimonia neri che possedevo. Era semplice, rispetto a tutti gli altri, non aveva particolari ricami o disegni, solo un bordino, altrettanto nero, intorno ai polsi e al collo. L’avevo usato solo una volta, in una particolare Lumafesta quando il professore aveva invitato un esponente del Ministero. James mi disse che sarebbe stato perfetto, lo adagiò sulla sedia e uscì con un’espressione triste, senza mai guardarmi una volta. Sospirai e iniziai a prepararmi. Quando scesi per colazione, trovai sia James che suo padre già pronti, vestiti con delle vesti belle, ma tristi che mi strinsero il cuore. O forse erano i loro volti a essere tristi…

Ci Smaterializzammo con la Materializzazione Congiunta e ci ritrovammo all’ingresso di una cappella in stile gotico che mi tolse il fiato dalla bellezza. Ci fermammo all’entrata, anche se inizialmente non capii perché, ma pian piano mi fu chiaro, con l’arrivo dei primi invitati. Charlus e James stringevano le mani e accoglievano gli altri maghi e li invitavano ad entrare, ringraziandoli per la loro presenza. Io rimasi leggermente in disparte, sentendomi di troppo. Vidi, però, i genitori di Alice, che mi abbracciarono senza dire una parola; dei maghi e delle streghe che sembravano considerarsi dei re e delle regine – e scoprii soltanto dopo essere i genitori di Sirius. E infine ci raggiunsero anche loro: Sirius, Remus e Peter, che si fermarono fuori con noi finché non arrivò più nessuno e fu ora di entrare. Fui ancora più stupita dall’interno della cappella, che forse era più sorprendente dell’esterno. Le panche erano imbottite di velluto rosso e le vetrate raffiguravano storie di maghi e streghe che non conoscevo. La prima fila era stata lasciata libera per noi, e quando ci sedemmo, un uomo magro con una lunga capigliatura, raggiunse il pulpito e diede inizio al funerale. Non era presente alcuna bara, ma un ritratto sorridente della mamma di James, salutava tutti gli invitati con un cenno del capo o della mano. Non avevo mai assistito ad alcuna funzione magica, di alcun tipo, perciò fui mio malgrado affascinata da tutto quanto e mi accorsi troppo tardi che James era in lacrime e che suo padre – anche lui piangente – lo stringeva forte a sé, cercando di calmarne i singhiozzi, mentre Sirius, Remus e Peter si guardavano impotenti. Allungai la mano e presi quella di James, cercando di dargli lo stesso conforto che lui aveva dato a me il giorno prima.
Quando la cerimonia finì, i presenti si alzarono in silenzio e fecero apparire, con la magia, una corona di fiori a circondare la foto. Fu una cosa spiazzante vedere tutti quei maghi muoversi con una sincronia perfetta e poi vederli uscire in silenzio e Smaterializzarsi poco appena fuori, per lasciar spazio ai due Potter. Solo i Malandrini rimasero, attendendo che James si ricomponesse, prima di chiedergli se voleva che venissero con noi. Ma lui scosse il capo – senza abbandonare mai la mia mano, anzi stringendola tanto da farmi male – e disse loro che voleva rimanere solo.
Quando rientrammo in casa, si chiuse in camera sua e non si fece vedere neanche per cena.
Era notte fonda ormai, e io non riuscivo a chiudere occhio, tornata di nuovo a quei pensieri che mi attanagliavano la mente dal giorno precedente, quando un urlò straziante ruppe la quiete della casa. Saltai in piedi talmente veloce da farmi girare la testa, la bacchetta stretta in mano senza che mi fossi resa conto di averla presa dal comodino e mi precipitai fuori, verso la fonte di quell’orribile suono: veniva dalla stanza di James. Anche suo padre si era precipitato lì, la bacchetta puntata e accesa dal Lumos. Mi lanciò uno sguardo e mi fece cenno di entrare dopo di lui, poi aprì la porta di scatto e si guardò intorno, pronto ad attaccare chiunque avesse tentato di far del male a suo figlio. Ma nessuno, tranne James, era in quella stanza. Era seduto sul letto, mordendo le lenzuola, il volto sconvolto rigato dalle lacrime. Abbassai la bacchetta e per la prima volta, mi sentii fortunata e non riuscire a dormire, almeno non avevo gli stessi incubi che assalivano lui. Charlus gettò la bacchetta a terra e si precipitò a stringere il figlio, piangendo dal sollievo. Anche io mi avvicinai, sedendomi ai piedi del letto e rimanendo in disparte, impotente.
Fu così per tutte le notti seguenti, finché dopo la terza, divenni l’unica ad alzarmi, entrare nella stanza di James e trovarlo sempre nelle medesime condizioni. Così mi avvicinavo, gli dicevo frasi senza senso, mentre cercavo di allargargli le dita per districarlo dalla presa sulle lenzuola, per poi far sì che smettesse anche di morderle. Poi lo stringevo a me, finché non si calmava e infine ci sdraiavamo, insonni, ad aspettare l’alba.


Note: questo capitolo mi ha impegnata precchio, penso che lo abbiate notato, ma alla fine mi ha soddisfatto particolarmente. Ci sono da notare un paio di cose... La prima, voglio che sappiate che non c'è nulla di romantico nel rapporto che si instaura tra Lily e James, che il legame che li unisce è di tutt'altra natura. La seconda è che ho dato fondo a quella teoria che vede Charlus Potter e Dorea Black essere i genitori di James, con tutte le congruenze e incongruenze del caso, perciò prendetelo come un dato di fatto, in questa ff è così! La terza è che non sono scema XD So che ho scritto nei capitoli precedenti che mancava ancora una settimana alla fine di Hogwarts, perciò in teoria gli studenti dovrebbero essere a scuola, ma secondo voi i Malandrini avrebbero lasciato James solo? No, perciò ecco perché sono presenti. Se avete altri dubbi o domande, sono qui per rispondere :P
Ringraziamenti: purtroppo vado un po' di fretta, perciò non posso ringraziare uno per uno tutti i 12 recensori del capitolo precedente, nè tutti quelli che in questo periodo hanno aspettato questo capitolo, sappiate solo che ve ne sono grata. Rimedierò nel prossimo capitolo ^^
Un grazie particolare, però va a Sara ♥

   
 
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