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Autore: _Any    31/07/2011    6 recensioni
Quando mi trovavo alla The Wammy's House giravano strane leggende e tutte quante avevano come protagonista uno di noi, un assassino per l'appunto. Uno di noi che gli altri temevano, uno di quelli che nessuno avrebbe mai voluto incontrare sul proprio cammino. Persino il suo aspetto era spaventoso. Occhi rosso sangue, capaci di infondere il terrore con un solo sguardo. Malvagio, malvagio tanto da uccidere anche una ragazzina.
Devo ammettere che anche io, che mi reputo una persona alquanto razionale e non troppo timorosa, ho creduto a quelle leggende e mi sono permesso di giudicare quella persona in maniera perfida e meschina. Nessuno conosceva il suo nome, per noi era solo una lettera: B.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, L, Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Quando mi alzai la mattina del giorno successivo ero pronto per il viaggio. Uscii di casa e raggiunsi il luogo dell'appuntamento con gli uomini che mi avrebbero accompagnato in America, a Los Angeles. Nel solito albergo, erano seduti sempre allo stesso tavolo del bar interno. Li salutai e senza troppe parole uscimmo di lì per dirigerci alla loro auto che ci avrebbe portati all'aeroporto di Heathrow a Londra.

Il viaggio non fu molto lungo, ma fu pesante a causa della costante puzza di fumo da sigaro che ristagnava nell'auto. Non seguivo i discorsi delle persone che mi erano vicine, ma se mi chiedevano qualcosa mi limitavo a rispondere “sì” o “no” in base a ciò che riuscivo a capire dalle loro espressioni sul volto.

Non avevo mai visto Londra e vederla dal finestrino di un'auto non è il massimo, ma il capo, un uomo che si chiamava Dwhite Godon, ma che si faceva chiamare Rodd Los mi fece scendere dall'auto proprio sotto il Big Ben: disse che forse non avrei più rivisto l'Inghilterra e che siccome il volo sarebbe partito dopo ore ed io ero solo un ragazzo voleva farmi questo favore, farmi visitare quella città. In effetti me lo sono sempre chiesto: come mai i peggiori criminali di questo mondo si mostrano poi tanto gentili di fronte a certe persone? È come se cercassero un perdono, un capro espiatorio per i loro crimini e infatti molti si rifugiano nella religione, hanno una Bibbia in casa, la leggono ogni sera, pregano con costanza...

Visitai Londra, vidi il Big Ben e mi lasciai andare per quel giorno. Quei criminali furono quasi affettuosi con me, si comportarono da amici nei miei confronti, cosa che non mi aspettavo minimamente.

Quando venne l'ora finalmente ripartimmo per l'aeroporto di Heathrow, ma con due ore di anticipo per via del check-in. La fila sembrava essere sempre ferma, non scorrere mai e per passare il tempo parlavo con i miei “amici”. Improvvisamente Rodd mi diede in mano un foglietto: “È un passaporto falso, dovrai fingere di essere mio figlio o qui non ti faranno imbarcare.”. Senza stupirmi troppo lo aprii, secondo quel documento il mio nome sarebbe stato Bevis Bryant e mio padre sarebbe stato Roddy Bryant. La foto che si trovava su quel documento me l'aveva fatta scattare qualche giorno prima e mi aveva accennato che serviva a qualcosa per il viaggio. Guardandola vidi il mio nome galleggiare su di essa, se solo le persone addette ai controlli avessero avuto i miei occhi il piano sarebbe saltato... Un tempo il nome che sarebbe comparso non sarebbe stato “Beyond Birthday”, ma quello era solo il nome che mi ero scelto, il nome sulla mia testa era mutato nell'istante della morte dei miei genitori ed era per quello che avevo dimenticato quello vero: quel nome era apparso all'improvviso come un'ammonizione a ricordare che cosa sono e a cosa sono condannato.

Finalmente riuscimmo ad imbarcarci sull'aereo e mi potetti sistemare su una poltroncina morbida come non ne sentivo da tempo. Avvertii dietro di me una voce potente: “Ehi Beyond! Perché non ci dici se questo volo arriverà a destinazione o precipiterà prima?”. A queste parole sentii un coro di risate ed esausto mi voltai verso Rodd. “Anche se dovesse accadere si salveranno tutti i passeggeri.” sussurrai. Potevo anche rimanere tranquillo per il momento.

Per non avere problemi col fuso orario mi obbligai a dormire per buona parte del viaggio anche se mi risultava difficile. Quando ci avvicinammo alla destinazione rimasi incantato da come Los Angeles potesse essere luminosa.

Eh già, mio caro lettore, all'epoca ero ancora “umano” potrei dire, ancora facevo attenzione a queste cose e ancora mi ostinavo a sentirmi un ragazzo normale, ma ben presto avrei perso del tutto quell'attaccamento alle cose riguardanti la vita come le luci, i colori.

Una volta sceso dall'aereo trovammo ad attenderci un'auto nera dall'aria molto elegante e costosa. Una volta a bordo cominciammo a percorrere delle strade che più andavamo avanti, più si facevano buie e minacciose, finché non giungemmo al “covo”, una casa che sembrava abbandonata da tempo, con le finestre sbarrate e il giardino totalmente incolto.

Quando entrammo trovai un interno che sembrava l'esatto opposto dell'esterno: l'arredamento non era per nulla spartano a giudicare dai divani costosissimi, il tavolino di legno e cristallo...

Benvenuto Beyond! Qui è dove noi lavoriamo, questa è la nostra casa...” disse Rodd.

Casa. Un termine che per me aveva perso quasi totalmente significato: non mi serviva un rifugio fisso, mi bastava di essere sicuro, anche cambiando abitazione ogni giorno se necessario, che senso aveva legarsi a un posto se poi lo si sarebbe dovuto abbandonare? Nessuno! Perciò non mi interessava nemmeno più se il luogo fosse accogliente o meno, l'importante era compiere il mio dovere.

Mi furono presentate altre persone: Zakk Irius, Gurren Hangfreeze (il cui vero nome era Ralph Bay), Rushuall Bid (vero nome Al Meem) e Marvin Hayes (vero nome Haru Harada). Nessuna di quelle persone sembrava essere molto socievole e tutti mi davano una sensazione di diffidenza al primo sguardo.

Quella sera la passai a sistemarmi un angolino dove poter stare con la mia roba, anche se era talmente poca che non avevo bisogno di troppo spazio. Presi il quaderno nero e lo sfiorai con la mano. Avevo voglia di scriverci, ma alla fine pensai che non era il caso di sprecarlo così dato che non avevo idea di come utilizzarlo e non avevo certo voglia di strappare via delle pagine inutili: quel quaderno doveva essere perfetto, senza nemmeno errori o cancellature: niente di niente.

La mattina seguente mi alzai di buon'ora come al solito, ma tutti gli altri dormivano ancora, così mi preparai qualcosa da mangiare e dopo, giusto per ingannare il tempo, diedi un'occhiata all'arredamento e notai un mobiletto di legno chiuso. Non essendo chiuso a chiave non ci doveva essere nulla di importante, così lo aprii e fui alquanto sorpreso di trovare delle cose che sembravano libri, ma che erano molto più colorate, con copertine tutte uguali e dei numeri. Presi il primo e vidi sul lato frontale della copertina il disegno di una bambina vestita di rosso, con i capelli dorati e degli occhi castani decisamente sproporzionati rispetto al resto del volto. La strana figura si trovava su una scopa volante e vicino aveva una sottospecie di volpe azzurra, e dietro ancora un altro bambino con i capelli neri e vestito di nero. Anche lui con occhi enormi sempre neri e anche lui a cavallo di una scopa. Lo sfondo era una campagna alberata. C'era anche una scritta su quel disegno, ma era scritta in caratteri a me sconosciuti, doveva essere qualcosa di orientale di sicuro, così riposi quello strano “libro” al suo posto.

Poco dopo si svegliarono gli altri e chiesi che cosa fossero quegli oggetti. Fu Marvin a rispondermi: disse di essere Giapponese e che quelli erano manga che leggeva nel tempo libero, poi prese il primo e mi disse che la scritta in alto si leggeva “Akazukin Chacha” e poi ancora mi disse che se avessi voluto mi avrebbe insegnato a leggere quegli strani ideogrammi chiamati “kanji”.

Mi interessavano molto le culture straniere e la mentalità di chi ha vissuto in un luogo diverso, perciò accettai l'idea di imparare quella lingua e quelle strane tradizioni a me sconosciute. La mattina mi alzavo sempre prima di altri e cercavo di leggere quei manga, ma non essendo molto abile ero costretto a tentare molte volte prima di trovare la traduzione corretta, ma Marvin era comunque soddisfatto: diceva che pochi sarebbero stati capaci di imparare così in fretta quella lingua.

Sempre al primo giorno, Rodd mi mise subito all'opera, chiedendomi di vedere la data di morte di uno dei suoi uomini: questo avrebbe teso una trappola al capo di un clan rivale e inevitabilmente sarebbe seguito uno scontro con armi da fuoco, ma si sarebbe salvato: la sua durata vitale era ancora lunga. Devo dire che quel ruolo non mi piaceva per niente, avrei avuto costantemente a che fare con la morte di persone che nemmeno conoscevo. Ogni giorno mi facevano passare sotto agli occhi decine di foto di persone la cui morte era molto vicina: dovevano essere sicuri che le loro azioni sarebbero andate a buon fine e in cambio ottenevo vitto e alloggio.

Uno di quei giorni mi fu presentato un ragazzino: dall'aspetto doveva avere circa 11 anni, se non di meno. Dissero che voleva entrare nel clan e che era molto motivato a farlo, perciò non glielo avrebbero impedito, eppure era fin troppo giovane. Rodd mi chiese di vedere la sua durata vitale, già avevo visto che aveva poco più di un mese di tempo, ma quando aprii la bocca per dirlo fui interrotto e portato nella stanza vicina dall'uomo.

Non ti azzardare a dire la verità.” “Come?” “Quel ragazzino ci serve, se gli dici che ha poco da vivere non vorrà più collaborare. Quanto ha ancora?” “Poco più di un mese.”. L'uomo si fermò un attimo a riflettere. “Dagli un motivo per restare con noi.” concluse riportandomi nella stanza dove si trovava quell'esserino così gracile. Era magrissimo, aveva la pelle pallida e i capelli biondi sporchi.

Quella che dovevo dire era una delle peggiori menzogne possibili.


Voltai la pagina del diario automaticamente, senza quasi rendermene conto, ma immediatamente notai qualcosa di strano, qualcosa che non andava: al posto del solito spazio bianco che Beyond aveva lasciato sotto ogni pagina c'era un'insolita macchia di inchiostro blu. Che a B fosse caduto dell'inchiostro non era impossibile, certo, a chiunque può scoppiare una penna, soprattutto dopo aver scritto tante pagine, ma ciò che mi aveva stupito non era questo.

La macchia era di un colore diverso dal solito nero di Beyond, ma soprattutto era recente.

L'inchiostro che si trovava su quella pagina di quaderno era lì da circa un giorno, non di più, tanto che toccandolo mi trovai le dita leggermente colorate di blu scuro.

Come era possibile una cosa simile?

La risposta poteva essere una sola: qualcuno aveva preso quel quadernetto poco prima di me e per errore aveva lasciato cadere dell'inchiostro, quindi qualcuno che stava maneggiando una penna, magari prendendo appunti sulla storia del nostro predecessore.

Dovevo assolutamente scoprire di chi si trattasse, ma come farlo? Se avessi chiesto a qualcuno se fosse mai entrato in quella stanza ovviamente mi avrebbe risposto di no, in fin dei conti chiunque sarebbe finito in guai seri se si fosse venuta a sapere una cosa simile e meno persone ne fossero state a conoscenza meglio sarebbe stato.

Forse avrei potuto giungere a quella persona tramite domande vaghe su B, oppure avrei potuto tendere una sottospecie di trappola?

Ma come?

Forse l'idea più scontata sarebbe stata quella di appostarsi attendendo l'altro lettore, ma sarebbe potuto arrivare anche dopo giorni per quel che ne sapevo. No, non era una buona idea.

Presi un fazzoletto che avevo con me e raccolsi un po' dell'inchiostro che lo sconosciuto aveva lasciato sulla pagina, poi lo richiusi.

Purtroppo non era raro trovare nella The Wammy's House persone con una penna di un colore simile, in fin dei conti quello era forse il più utilizzato per scrivere e per prendere appunti per lo studio.

Mi decisi a tornare nella mia stanza, quindi riposi il diario di Beyond Birthday, anche se stavolta ero decisamente in anticipo per la sveglia.

Una volta in camera mia con mia grande sorpresa trovai Mello sveglio, intento a mordicchiare una tavoletta di cioccolato mentre scriveva qualcosa in un quaderno. Sembrava nervoso come al solito. Piano spinsi la porta ed entrai, al minimo rumore si voltò. “Dove diavolo sei finito?” mi chiese. “Niente di importante, avevo dimenticato questo robot in una stanza.” dissi indicando il piccolo giocattolo che usavo come chiave. “Ma oramai è distrutto...” obiettò Mello voltandosi nuovamente verso la scrivania dove stava scrivendo.

Certo che sei davvero bravo a mentire, Near.”

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Authoress' words

Oggi partirò e tra tre giorni sarò in Grecia. Cercherò in tutti i modi di continuare ad essere puntuale con gli aggiornamenti, ma non garantisco nulla, purtroppo non è sicuro che avrò la connessione a Internet...

Comunque proprio per essere puntuale mi sono alzata alle 6:00 quando tutti quanti dormono ancora solo per pubblicare questo capitolo.

Forse voglio troppo bene a questa storia?

In fin dei conti ci sono parecchio affezionata...

Any

   
 
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