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Autore: Ghen    01/08/2011    0 recensioni
Lui viveva con la sola madre, i due fratellini minori e la nonna malata. Lui aveva una migliore amica, due amici e una ragazza che le piaceva; piaceva, certo, non più da mesi. Lui ogni notte riceveva la visita di una voce che lo chiamava e lo invitava ad esprimere un desiderio: ma quanto può costare un desiderio?
[Partecipante al "[Original Concorso 11] La Sorgente e... Lui" di Eylis]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Numb
 
 
 
 
Sebastian… Sebastian… Il tuo desiderio è già realtà…
 
 
 
Capitolo 1… Il desiderio di Sebastian
 
 
PIP PIP PIP PIP
Si svegliò di soprassalto e nel tentativo di schiacciare la sveglia cadde dal letto, trascinato giù dalla coperta tutta in disordine. «Ahia! Ma porca…!», imprecò fregandosi il sedere sotto i pantaloncini corti, alzandosi e staccando la sveglia. Rimase immobile per qualche istante prima di scuotere la testa e sbuffare, ed ecco che subito i suoi pensieri furono interrotti dal chiasso al piano di sotto, con un neonato che piangeva e una donna che urlava. Sebastian non ci fece poi così caso, abituato com’era, tirò su le coperte e si mise a cercare la roba per vestirsi nella sedia accanto, tutta buttata sottosopra.
Scese le scale di corsa divincolandosi in scatoloni in mezzo al soggiorno, per poi entrare in cucina.
«Oh! Stavo per venire a buttarti giù dal letto!», tuonò la donna ai fornelli sotto una nuvola di vapore e frittura. «Ho già preparato anche il pranzo, così quando torni da scuola devi solo riscaldare tutto.», disse per poi avvicinarsi e mettere una frittella su un piatto.  
Sebastian iniziò a mangiare la sua colazione, immergendosi nel suo mondo, distante dalla madre che aveva appena urlato alla bambina che si stava per sedere accanto a lui di andarsi a lavare le mani e della voce di un’anziana che strepitò nell’altra stanza, o del lamento del neonato che continuava a strillare. Questa era la realtà, e ormai c’era cresciuto.
 
 
«Sebastiaaaan!».
Frenò piano la bici per guardarsi indietro: Mariel stava per raggiungerlo a bordo della sua bici e gli faceva la mano.
 
«Cosa? Di nuovo quel sogno?», rise Mariel. «Sarà la tua futura moglie che ti cerca!», riprese a ridere, per imitare poi la voce di un fantasma. «Sebaastian! Seebaaaaastian!».
«Smettila, scema!», arrossì un poco, senza darlo a vedere. «Mi ripete sempre le stesse parole… Di un desiderio… Ma io non ho desideri!».
«Tutti hanno un desiderio! Che cretinate dici?», battibeccò lei. «Perché non compare a me quella donna misteriosa?! Io sì che ho un desiderio da far realizzare!».
«Ah sì?», fece curioso. «Ovvero?».
«Un desiderio d’amore naturalmente, ma non sono fatti tuoi!», prese a pedalare più veloce, per seminarlo.
«Cosa? Ma io lo devo sapere, sono il tuo migliore amico o no? Fermati! Mariel!», prese a rincorrerla.
 
 
Le giornate erano tutte vagamente uguali per Sebastian, e la sua realtà era forse più dura di qualche altro ragazzino della sua età ma non si lamentava, non lo aveva mai fatto. Non rimpiangeva il fatto d’essere figlio di un padre che li aveva abbandonati, di una madre che non era abbastanza presente e lavorava fino a disossarsi per portare pochi soldi a casa, di una nonna che malata non sapeva più riconoscere i suoi nipoti, di due fratellini più piccoli che non sopportava perché lui aveva soli tredici anni e non voleva prendersi cura di loro. Forse, pensava Sebastian sul suo banco, lui un desiderio l’aveva.
«Finnigan!».
«Sì?», si alzò di scatto dalla sedia.
«Interrogato!».
 
 
«Hai beccato un’altra insufficienza?», rise Mariel con la bocca piena, appena morso il suo panino.
«Ugh… E dai, ingoia prima!», fece disgustato lui, aprendo il suo cestino del pranzo: ovviamente le due solite fette di pancarrè con un po’ di lattuga e una sottiletta.
«Vedi? Trovato un desiderio: farti diventare più bravo a scuola!», consigliò. «Dillo alla signorina la prossima volta che la sogni!».
«Uff… Lascia perdere…». Arrossì nel vederla guardarsi intorno; si atteggiava in modo buffo. Sebastian cominciò a pensare al fatto che forse un desiderio poteva essere quello di incoronare il suo sogno d’amore… Sorrise. Perché no? Magari lei provava la stessa cosa per lui.
«Già, tanto con te sarebbe un caso perso in partenza!», rise distogliendolo dai suoi pensieri, per poi alzarsi in piedi. «Seb, ti lascio un attimo, ci vediamo dopo!», corse verso un gruppo di ragazze.
La fissò attento, un po’ perplesso ma poi rise. «Ah, in fondo anche lei è una ragazza!». Minimo parleranno di rossetti… Pensò per poi scoppiare a ridere: maschiaccio com’era abituata ad essere era impossibile vederla con il rossetto sulle labbra.
«Tanto non ti si fila! Energia sprecata!», disse una voce.
Il ragazzino si voltò subito, con faccia schifata. «Oh, Melanie, sei tu! Dalla voce mi pareva una cornacchia!».
«Spiritoso!», gridò la ragazza, rigirandosi un boccolo biondo. «Sono solo raffreddata! Sai… anche una disadattata come Mariel capisce che con un poveraccio come te non avrebbe futuro, perché mai dovrebbe mettersi con te?!», rise. «Ma non l’hai ancora capito? Non-gli-interessi! Ti vede solo come il suo bamboccio personale quando non sa cosa fare!».
Restò serio un altro istante osservando dall’altro lato del cortile la sua migliore amica che parlava con un’altra ragazza, ridendo e scherzando, per poi sbuffare e rigirarsi verso Melanie. «Ma tu non l’hai una vita tua? Vai ad importunare qualcun altro, racchia!».
La ragazza corrugò le sopracciglia e offesa cominciò ad andarsene. «Scemo!».
Sebastian sbuffò ancora, rimettendo le sue fette di pancarrè appena a metà nel cestino del pranzo. Gli era passato l’appetito… Quella Melanie era la classica ragazzina di buona famiglia che si credeva la diva della scuola e quindi in dovere di prendersela con gli altri senza ragione. Quasi non poteva crederci che fino a pochi mesi fa aveva una cotta per quella.
I primi giorni di scuola quando si era appena trasferito gliel’avevano tutti etichettata come la più bella e perfida della scuola, compresa Mariel “stacci alla larga, Seb! Quella è una vipera!”, tuttavia un giorno mentre si dirigeva di corsa nel cortile per la palestra la vide piangere accartocciata su se stessa, in un angolo, e lì, come investito da quello che chiamano colpo di fulmine gli era entrata nella testa: quella era la vera Melanie, e aveva bisogno di qualcuno. Purtroppo il suo sogno svanì di giorno in giorno quando ebbe a che fare con lei e la sua linguaccia velenosa nei confronti delle persone che le stavano intorno, facendo la bella faccia davanti agli insegnanti, la spia spesso e volentieri contro tutti: quella era una vera strega… e decise di lasciarsela alle spalle. Quella volta che l’aveva vista piangere era stato solo un inganno.
Mariel invece era diversa, pensò Sebastian. Lei era schietta, particolare, pura e semplice, non come le altre ragazze: ecco perché aveva deciso di innamorarsi di lei.
Si conoscevano da sempre; la loro era un’amicizia incrollabile. Non sarebbe stato affatto male averla come sposa un giorno.
La sentì ridere e sorrise a sua volta, felice. Era la persona solare di cui aveva bisogno nella sua vita.
 
 
All’uscita della scuola prese la bici e aspettava poggiato ad una parete, guardando di tanto in tanto l’orologio: Mariel era stranamente in ritardo.
«Eddai, non posso tardare, lo sai…», mugugnò per sé, vedendo che tutta la scuola si apprestava a lasciare l’edificio.
«Ciao, Seb!», sorrise una ragazza, accompagnata alle sue spalle da un ragazzo un po’ più alto.
«Oh, ciao, Chelsea!», salutò in un sorriso. «Charlie!», salutò pure il ragazzo dietro, che gli fece solo la mano: sembrava un po’ giù. «Ma che succede?».
«Eh, si è arrabbiato perché nonostante abbia studiato come un forsennato tutta la notte ieri, oggi ha fatto schifo lo stesso al compito!», rise un po’ sulle sue la ragazza.
«Sì, ma cazzo!», sbottò incurvando le braccia. «Possibile che in un compito di venti domande, quindici includono gli argomenti che ho saltato? Ma l’ha fatto apposta!».
«Se ti può far sentire un po’ meglio, io stamattina sono stato interrogato a sorpresa e ho preso una F!», concluse Sebastian.
Charlie e Chelsea erano gemelli: avevano conosciuto Sebastian e Mariel ad un parco del quartiere, quando il primo atteggiandosi un po’ da bullo non voleva far giocare nessuno a pallacanestro, e dopo una sfida due contro due, vinta dai gemelli, fecero amicizia. Avevano solo un anno in più rispetto a loro, compagni di classe di Melanie.
«Che fine ha fatto Mariel?», chiese Chelsea di punto in bianco.
«Non lo so, sto aspettando lei! Se non si fa viva entro cinque minuti torno a casa! Mia madre deve andare a lavoro e non può lasciare i miei fratelli da soli!», guardò ancora una volta l’orologio.
«Non per fare il guastafeste, ragazzi, ma credo di aver visto Mariel passare in corridoio con uno sguardo molto spento! Non è che forse stava male?», fece ad un certo punto Charlie.
«Con sguardo spento? Ma quando?», chiese allarmata la sorella.
«Non è da lei! Alla ricreazione era con me e stava bene!», intervenne Sebastian.
«Quando stavo tornando dal bagno per rientrare in classe… L’ho chiamata ma sicuramente non mi ha sentito, poi è entrata in bagno! E io in quello delle donne…», storse un sorriso.
«Andiamo a controllare!», cominciò a passo spedito Chelsea, ma proprio quando i tre stavano per varcare il cancello, Mariel passò in mezzo a tanti altri ragazzi che uscivano da scuola, di corsa, e sembrava piangere.
«Mariel!», chiamò Sebastian, ma la ragazza inforcò la sua bici e corse via. Salì sul sellino per seguirla ma Chelsea lo bloccò al volante.
«La raggiungiamo noi, dopo ti facciamo sapere! Tu devi tornare a casa, è tardi!».
«Ok.», sbuffò. «Vado a casa, dopo chiamatemi!».
 
 
Appena varcò la porta di casa vide sua madre urlante, con il giubbotto indosso e la borsa sulla spalla; il suo fratellino piangeva nell’altra stanza e sentiva la sua sorellina in cucina che sbatteva una forchetta su un piatto. «Tua nonna si è addormentata, quindi vedi se riesci a farli stare in silenzio! Vado!». Non lo guardò neanche per un istante che veloce gli passò davanti, per poi aprire e chiudere la porta alle sue spalle.
Questa era sua madre.
Sebastian restò immobile sui suoi passi e poi sorridendo esclamò «Aaah! Basta baccano, Lilly, Seb è tornato da scuola!».
Per un momento tutto tacque tranne il pianto del neonato, poi il rumore della forchetta che veniva lasciata cadere e la sedia che si spostava, ed ecco a seguire i passi rumorosi di una piccola corsa.
«Seb!», urlò felice la bambina, prima di schiantarsi tra le sue braccia pronte ad accoglierla.
Questa era la realtà.
 
 
Sebastian… Vieni… Il tuo desiderio è già realtà…
 
Si svegliò di soprassalto, scoprendo che la sua sorellina lo stava punzecchiando al naso con una matita colorata.
«Ti eri addormentato…», sorrise poi, riprendendo a colorare vicino a lui.
Il ragazzino sbadigliò strofinandosi un occhio, per poi dare un’occhiata al telefono senza fili poggiato vicino a lui: aspettava una telefonata ma ancora niente. Diede uno sguardo al suo fratellino nel box: lo vide sorridere, scuotendo il suo ciuccio. Si alzò dalla tavola e dalla cucina, ignorando il soggiorno sottosopra spalancò la porta socchiusa della camera da letto della nonna. C’era uno strano silenzio. La vide sulla sua sedia a dondolo, sorridendo fissava fuori dalla finestra: era stranamente calma.
La donna sentì la sua presenza e si voltò, continuando a dondolare gli fece cenno di avvicinarsi.
«Dimmi, nonna… Cosa c’è?». Si accostò velocemente.  
La donna gli carezzò i capelli neri, in un sorriso. «Sei bello tu…», disse piano. «Sei proprio bello…».
Dopo poco lasciò la nonna alla sua finestra e socchiuse adagio la porta. Rientrò in cucina, e vide prima il sorriso del suo fratellino e poi quello della sua sorellina. Si tornò a sedere, prendendo la penna per continuare i suoi compiti.
Prese a guardarsi attorno un altro istante, pensieroso: ehi, lui lo aveva davvero un desiderio.


















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Primo capitolo di una nuova storiellina, molto corta (soli 4 capitoli) che, ad essere sincera, non mi piace più più di tanto, come quando la stavo scrivendo. Ora che è conclusa non la trovo nulla di aprticolare, scontata e banalotta. Ha partecipato all'undicesima edizione dei contest regolari di Eylis (qui il bando). Ecco la targhetta:


Qualche piccola nota:

Credo di aver messo davvero troppa fretta a questa storia. Ma davvero davvero. Avendo a disposizione più spazio l’avrei ampliata tantissimo ma ormai è andata e non la cambierò nemmeno in futuro. È come se avessi compresso tutti gli avvenimenti più importanti che dovevano accadere come più potevo e quello che, almeno secondo me, ci ha sofferto di più è il lato introspettivo dei personaggi ç_ç Colpa mia, la prossima volta cercherò di trovare trame meno complesse da sviluppare XD
Il titolo della storia è cambiato da uno troppo scemo (era davvero troppo scemo, quasi come le “traduzioni liberalmente interpretate” dei titoli dei film americani e compagnia quando arrivano in Italia) a Numb, che ammetto non mi piace granché, ma il suo significato, “intorpidito”, mi piaceva parecchio e un po’ mi ricordava il protagonista. Già… il protagonista: l’ho chiamato Sebastian. Sebastian senza farlo apposta. Questo è un nome molto usato nel mondo delle fan fiction ultimamente a causa di un manga ma GIURO che nemmeno ci pensavo a quello quando ho chiamato lui così. Ci ho pensato a storia già finita e non mi va di cambiargli nome per una cosa così sciocca ù_ù Comunque ci tenevo a far sapere che non ha nulla a che vedere con quel Sebastian.


Al prossimo capitolo ("La nuova realtà"),
ciao, ciao da Ghen =^_____^=


   
 
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