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Autore: essie    02/08/2011    8 recensioni
Raccolta di one-shot relative alla mia fanfiction 'Invisibile'.
"Si sentiva legata a lui in modo indissolubile, come se avesse trovato la sua metà perfetta. Adesso che era lì con lei, non sarebbe più riuscita a separarsi da Edward, perché le era indispensabile. Essenziale."
E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'L'essenziale è invisibile agli occhi'
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Secondo extra, un po' più corto del primo, ma spero vi piaccia lo stesso :)

Ci 'vediamo' in fondo per le note finali, e c'è un piccolo avviso che credo dovreste leggere tutte. Vorrei ringraziarvi davvero per le recensioni che avete lasciato nel primo extra *-* Come sempre, se ne avete voglia, lasciate un commento, mi fa piacere leggere le vostre impressioni :)

Buona lettura!

 

Secondo extra

 

We are beautiful
No matter what they say
Yes, words won't bring us down

We are beautiful
In every single way
Yes, words can't bring us down

 

Beautiful – Christina Aguilera

 

Quella mattina tutti gli studenti che avevano concluso il loro percorso alla Forks High School si svegliarono presto, emozionati da ciò che stava per accadere nelle loro vite.

Emmett si svegliò di soprassalto e strizzò gli occhi nel buio della sua stanza, il corpo immobile e rigido, sommerso da milioni di emozioni e sensazioni differenti.

Alice simulò la calma per tutta la mattinata, ma dentro sé si sentiva… esplodere! Aveva voglia di urlare, di piangere, di ridere, di correre a perdifiato nel bosco dietro casa sua. Aveva voglia di volare.

Edward rimane nel suo letto – seduto, i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa tra le mani, gli occhi persi nel vuoto – per quasi un’ora. Non poteva crederci. Il liceo era finito definitivamente. Era un pensiero assurdo per lui, impossibile.

Bella si svegliò tranquillissima e andò subito in bagno a farsi una doccia, si vestì e scese in cucina per fare colazione. Solo quando posò gli occhi sul calendario si bloccò, impietrita, smettendo di respirare all’istante.

Allora realizzò che era arrivato il giorno. Era una fine? No, era un inizio per lei.

Tutti e quattro pensarono la stessa cosa: oggi comincia la vita vera.

Quel giorno si sarebbero diplomati. L’università e poi… poi il mondo affascinante e intimidatorio degli adulti. Dei lavoratori.

 

Isabella non impiegò molto tempo per prepararsi; ringraziò se stessa per aver speso mezzora davanti all’armadio aperto selezionando con una certa fatica i vestiti che avrebbe indossato per la cerimonia della consegna dei diplomi la sera prima. Era un’occasione speciale, ed era un giorno molto importante.

Si vestì con la gonna nera sopra il ginocchio e la camicetta leggera che aveva scelto e cercò di sistemare i capelli in un’acconciatura complicata.

‹‹Bella, sei pronta?›› urlò suo padre dal piano di sotto, e lei sorrise quando sentì pronunciare il suo nome. Erano anni che Charlie non la chiamava così.

‹‹Quasi, metto le scarpe e arrivo›› disse in risposta, a voce alta.

Volse lo sguardo su quelle scarpe mai indossate e sospirò, rassegnata, mentre i suoi occhi si focalizzavano sugli otto centimetri di tacco. Le infilò e inizialmente traballò un po’… ma ce la fece. Raggiunse indenne il soggiorno e prese la toga giallo acceso dalla sedia, sistemandola sulle spalle sotto lo sguardo strano di Charlie.

Suo padre aveva insistito perché andassero a scuola con l’auto della polizia e Bella non aveva potuto dire nulla: i genitori avevano dei diritti, il giorno della cerimonia.

‹‹Renèe non viene, vero?›› sussurrò Bella quando entrarono nel parcheggio.

Charlie sospirò. ‹‹Dice che Phil è molto impegnato›› rispose solamente, cercando un posto vuoto. Ne trovò uno accanto a una Mercedes nera molto elegante, e lo occupò con una manovra rapida, come se avesse paura che quello sparisse.

Bella si diresse alla porta secondaria della palestra – l’ingresso riservato a loro – e vide che Emmett la stava aspettando con un gran sorriso sul volto.

‹‹Bella›› la accolse con un abbraccio e la strinse forte.

‹‹Come ti senti?›› chiese lei mentre entravano in palestra, e cercò Edward con lo sguardo.

Emmett batté le palpebre, come per mettere a fuoco qualcosa. ‹‹Diciamo che… devo ancora realizzare ciò che sta succedendo››.

‹‹E’ strano›› convenne Isabella annuendo.

I professori Banner e Jefferson iniziarono a disporre gli studenti in ordine alfabetico ed Emmett fu chiamato tra quelli con la lettera M. Bella si sedette al suo posto e si sporse in avanti in cerca di Edward, senza risultati.

Lo vedrai più tardi, si disse in apprensione.

Il preside Greene iniziò a parlare, poi chiamò Alice Cullen sul palco, che in qualità di presidentessa del comitato scolastico avrebbe pronunciato il discorso, e nella palestra calò il silenzio per la ragazza più bella e popolare della scuola.

‹‹All’età di cinque anni ci chiedevano cosa volessimo fare da grandi, e noi rispondevamo cose tipo astronauta, presidente o, nel mio caso, principessa›› iniziò con un sorriso, la voce alta. Bella vide molti genitori ridacchiare al ricordo. ‹‹Quando ce lo richiedevano a dieci anni, noi rispondevamo: rockstar, cowboy o, nel mio caso, medaglia d'oro olimpica. Ma ora siamo cresciuti, perciò ci chiedono una risposta seria. Quindi noi rispondiamo: e chi cavolo lo sa?››.

Tutti risero e gli studenti gridarono il loro assenso, battendo forte le mani.

‹‹Questo non è il momento di prendere decisioni definitive, adesso è il momento di sbagliare! Di prendere il treno sbagliato per arrivare chissà dove… di innamorarsi… di prendere filosofia – perché nessuno fa mai carriera con filosofia –, di cambiare idea e poi ricambiarla perché niente è immutabile. Perciò, fate più sbagli che potete, così quando ci chiederanno cosa vogliamo fare non tireremo più ad indovinare: lo sapremo!›› concluse Alice, l’espressione fiera e trionfante, e la sala esplose in un applauso assordante che durò più di un minuto. La ragazza fece scherzosamente un inchino, disinvolta, e si risedette, camminando aggraziata sui suoi tacchi di almeno dodici centimetri, se non di più.

Il preside iniziò a chiamare gli studenti in ordine alfabetico con tono solenne, e Bella finalmente lo vide.

Quel giorno Edward sembrava ancora più bello, ancora più adulto… ancora più lui. Mentre lo osservava alzarsi dalla sedia e sfilare davanti a tutti per salire sul palco, sentì i suoi occhi pizzicare. Stavano crescendo, stavano diventando grandi.

Edward prese il diploma e i suoi occhi localizzarono i suoi genitori emozionati, a cui sorrise, ma il suo sguardo percorse le file di gente, trovando finalmente quello che cercava. Bella era lì, che lo osservava emozionata, gli occhi lucidi e intensi, meravigliosa nei suoi abiti semplici ma eleganti, con i capelli raccolti che evidenziavano la bellezza del suo viso.

Quanto la amava. Si stupiva ancora di ciò che provava ogni volta che incontrava i suoi occhi.

“Ti amo” mimò con le labbra, ridacchiando quando la vide arrossire e guardarsi intorno imbarazzata.

E quando Bella salì sul palco e prese in mano il diploma, ringraziando il preside Greene, Edward venne invaso da un’emozione fortissima. Bella aveva ottenuto ottimi voti agli esami, sarebbe andata in una delle università più prestigiose del mondo e avrebbe avuto un futuro d’oro.

Perso nei suoi pensieri, si accorse a stento che lei si univa al gruppo.

Il preside consegnò il diploma agli ultimi studenti, poi disse qualcosa che, nel vociare generale, Bella non riuscì a capire; tutti intorno a lei risero e lanciarono in aria il cappello – Bella lo lanciò in ritardo –, poi i ragazzi si dispersero per congratularsi tra loro e per raggiungere i genitori.

‹‹Congratulazioni!›› disse Emmett, raggiante, stringendola forte.

‹‹Anche a te›› Bella ricambiò l’abbraccio ‹‹non posso credere che è finita davvero››.

Si separarono sorridenti, poi lui si allontanò e Bella iniziò a guardarsi in giro.

Qualcuno che riconobbe subito le cinse i fianchi da dietro. ‹‹Congratulazioni›› le sussurrò una voce all’orecchio.

Isabella si voltò con un sorriso, specchiandosi negli occhi limpidi e profondi di Edward. ‹‹Congratulazioni›› mormorò vicino alle sue labbra, lasciandovi un bacio dolce.

Edward la abbracciò, premendo il piccolo corpo di Bella contro il suo, ignorando i brividi che correvano sulla sua pelle. ‹‹Sono orgoglioso di te››.

La ragazza strofinò il naso sul suo collo, felice di essere lì tra le sue braccia, e vi pose un lieve bacio. ‹‹E tu sei davvero stupendo›› bisbigliò arrossendo.

‹‹Mai quanto te›› replicò lui dolcemente, stringendola con vigore. ‹‹Allora stasera ti porto fuori?›› domandò ammiccando.

Bella si illuminò. ‹‹Dove andiamo?››.

‹‹Che ne dici di Seattle? Ci vuole un po’ per arrivare, ma merita davvero›› propose Edward. ‹‹E poi dobbiamo festeggiare…››.

Qualcuno si schiarì la voce e i due si separarono, spaesati, notando Charlie, Esme e Carlisle che li osservavano divertiti.

Esme andò subito ad abbracciare Edward, commossa, mentre il marito si congratulava con un’imbarazzata Bella. Charlie le strinse la mano un po’ titubante, poi fece lo stesso con Edward.

Alice li raggiunse qualche minuto dopo, lamentandosi della loro calma. Tutti più tardi sarebbero andati alla festa organizzata da Lauren a casa sua, e lei non voleva arrivare con più di dieci minuti di ritardo.

‹‹Papà›› approfittò Bella ‹‹stasera Edward e io vorremmo uscire, dopo cena… non ci sono problemi, vero?››.

Charlie la osservò con sospetto. ‹‹Andate a quella festa a cui vanno tutti?››.

‹‹No, vorremmo andare a Seattle… sai, è il nostro…›› qui arrossì terribilmente ‹‹è il nostro primo appuntamento››.

‹‹Non tornare a casa troppo tardi›› suo padre pose la sua unica condizione, e lei si affrettò ad annuire, felice.

‹‹Ci vediamo più tardi, ti vengo a prendere quando finiamo di cenare›› mormorò Edward, abbracciandola ancora, poi si separò, le sorrise, e si allontanò con la sua famiglia, lasciando Isabella a guardarlo, imbambolata.

 

La cena con Charlie fu tranquilla, non parlarono molto, limitandosi a qualche commento sulla cerimonia e sul futuro di Bella alla Cornell.

Dovrei cambiarmi?, rimuginò lei, una volta in camera sua. Forse era troppo elegante… o forse…

Prima che potesse anche solo fare un passo, il campanello di sotto suonò. Edward era arrivato. Lo sentì salutare Charlie, poi chiedere di lei.

‹‹Sono qui!›› esclamò Isabella, scendendo di fretta le scale, ansiosa di rivederlo, ormai dimentica delle trappole mortali che aveva ai piedi. Recuperò la borsa, infilò la giacca e gli sorrise, raggiante.

‹‹Non tornate troppo tardi›› ripeté Charlie, burbero.

‹‹Porterò Bella a casa presto›› lo rassicurò Edward annuendo.

Salirono in macchina e partirono, diretti a Seattle, liberi e bellissimi come solo loro potevano essere.

 

 

‹‹Hai freddo?›› sussurrò Edward al suo orecchio, investendola con la dolcezza del suo respiro, stringendola più forte nel suo abbraccio.

Dalla seconda avenue svoltarono in Broad Street; Bella lanciò uno strillo eccitato quando vide lo Space Needle in lontananza e lui rise.

‹‹Non sapevo che ti emozionasse così tanto, se me lo dicevi ti ci avrei portato molto prima›› le sorrise.

Bella continuò a leccare il suo gelato, troppo concentrata a fermare i rivoli di cioccolato che scendevano sul cono per prestargli attenzione. Quando Edward ne aveva comprato uno per entrambi si era lasciata distrarre dalle attrazioni di Seattle per prestare attenzione al gelato che si scioglieva, inesorabile, e adesso doveva affrontare le conseguenze.

‹‹Ti do una mano?›› le chiese Edward.

‹‹Ce la faccio›› bisbigliò Bella ‹‹e se mi aiuti il gelato si prenderà la rivincita e mi sporcherà tutta, quindi meglio di no›› continuò, facendolo scoppiare a ridere.

A Seattle c’era poca gente in giro, nonostante il periodo e, in generale, l’aria serale lievemente più calda dei giorni passati.

Lei alzò lo sguardo e spalancò la bocca, trovandosi lo Space Needle più vicino di quanto si aspettava. ‹‹Ci saliamo, vero?›› chiese a Edward, facendogli gli occhi dolci.

‹‹Solo se mi dai un bacio››

Isabella si sporse e gli scoccò un bacio sulla guancia, sorridendo divertita a causa della sua espressione.

‹‹Non hai specificato dove›› spiegò con aria furba.

‹‹Ma guarda›› mormorò Edward tra sé ‹‹adesso mi frego anche con le mie stesse mani›› Scosse la testa, incredulo.

Bella iniziò a mangiare il cono, fissando lo Space Needle davanti ai suoi occhi, mentre si avvicinavano sempre di più, camminando sul marciapiede. Attraversarono la strada con cautela e continuarono.

‹‹Che ore sono?›› domandò, lasciandosi scappare uno sbadiglio.

‹‹Quasi mezzanotte›› rispose Edward ‹‹sei stanca?››.

‹‹Un po’››. Si strinse maggiormente al suo corpo, sospirando, tranquilla e felice di essere lì con lui, da soli, tra le sue braccia.

‹‹Saliamo all’osservatorio e torniamo a casa, ci vorrà un bel po’ per arrivare a Forks››

Costeggiarono un parco giochi e Bella sorrise, ricordando i momenti passati in quello di Forks da bambina.

‹‹Mio padre mi portava sempre al parco, quando ero piccola›› raccontò ‹‹al tramonto mi sembrava un posto magico. Restavo lì fino a tardi, sperando che le fatine che vivevano sugli alberi arrivassero e che facessero tornare la mia mamma›› sorrise con amarezza e lui la abbracciò con più forza, rimanendo in silenzio ‹‹naturalmente non arrivò mai nessuno, quindi decisi che, se lei non veniva da me, allora io dovevo andare da lei. E poi, dopo anni, fu proprio lei a mandarmi via. Una madre che scaccia la figlia, come si fa con una mosca fastidiosa››.

Il silenzio durò per tutto il resto del tragitto verso l’entrata dello Space Needle, fino alla fontana davanti all’entrata. C’erano alcune persone fuori, nel piazzale, che li osservarono sfilare lentamente davanti a loro.

‹‹Eccoci qui›› sospirò Edward infine, accarezzandole il viso con dolcezza. Al suo tocco Bella sorrise, rilassandosi istantaneamente.

‹‹Andiamo?›› chiese con entusiasmo.

Lui le prese la mano, e, insieme, entrarono.

 

‹‹Oddio! Edward, è… è… non trovo le parole!››

‹‹E’ bellissimo›› sussurrò lui, abbracciandola da dietro. Appoggiò il mento sulla sua spalla e sorrise, sereno, respirando il suo profumo.

La città era davanti a loro, illuminata in tutta la sua grandezza, e dall’altro sembrava ancora più enorme e maestosa. Era uno spettacolo che toglieva il fiato.

Isabella si girò nel suo abbraccio e posò le labbra su quelle di Edward, in un bacio dolce che gli trasmise tutto l’amore che provava per lui.

‹‹Ti amo tanto, mia piccola Bella. Così tanto che a volte ciò che provo per te si manifesta con tale grandezza dentro di me da impedirmi di respirare››

Lei appoggiò il capo sul suo petto, chiudendo gli occhi. Il cuore di Edward batteva veloce. ‹‹Sono così felice›› disse, la voce che le tremava ‹‹dimmi che non è un sogno, Edward, ti prego. Dimmi che tutto questo è reale…››

Il ragazzo sorrise con tenerezza, accarezzandole piano la schiena. ‹‹Sono qui. Siamo qui. Sempre›› bisbigliò al suo orecchio.

‹‹Sempre›› ripeté Bella, e si lasciò cullare dolcemente. ‹‹Ti amo››.

Per sempre.

 

Dal 5 agosto fino ad una settimana prima della fine del mese, non ci sarò: vado in vacanza ;) Quindi ovviamente non potrò aggiornare nessuna delle mie storie.

Il discorso che fa Alice è quello di Jessica nel film 'Eclipse' (e qui ringrazio vanderbit per avermelo suggerito), e il capitolo contiene alcune citazioni prese dal libro.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

A presto :***

S.

   
 
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