Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Ronnie02    03/08/2011    1 recensioni
Edward è un insegnante di piano nel liceo di Chicago e vive con la sorella Alice, medico di fama mondiale, e sua figlia Nessie.
Il suo problema? Si perde spesso nel passato, nella vita che aveva avuto con la sua... Bella. Ma dove si trova ora, il suo amore più grande?
Spero di avervi incuriositi!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao gente! Come state? 
E dopo una settimana sono ancora qui, con Take it Or Leave it! Che bello <3
News del momento: ho creato un blog dove posterò news, info e spoiler delle mie storie. si chiama
Welcome to The Universe, se vi interessa *.*

Sono felicissima delle precedenti 3 recensioni e delle numerose persone che hanno inserito la storia nelle preferite/seguite/da ricordare. Mi fa sempre piacere <3

Ora vi lascio alla buona lettura!




Capitolo 2- Sinapsi



Appena tornò Alice, alle sei di pomeriggio, Nessie cominciò a giocare con lei, mentre io andai a sistemare un po’ la camera di mia figlia.
Era un totale caos!
Il letto era disfatto, torturato dalle mille giravolte che Nessie faceva prima di addormentarsi, le bambole erano un po’ a posto e un po’ sparse per il pavimento, il microfono era sul letto, insieme ad un quaderno.
Sistemai tutto e poi presi quel libretto che non mi sembrava di aver mai visto.
 
Renesmèe’s memory.
 -Oggi papà è rimasto con me tutto il giorno, siamo andati al parco e ci siamo divertiti a vedere le farfalle. Papà conosce un sacco di specie di insetti e me li ha insegnati!
È il migliore!
-Sono stata con Josh a giocare a nascondino ieri. Ci siamo divertiti tanto, anche se vinceva sempre lui. I maschi sono molto competitivi.
-Ieri sono stata con Alice nel suo ufficio e l’ho aiutata a sistemare tutte le scartoffie che c’erano in giro. A quanto pare ha conosciuto un certo Jasper…
-Zia Alice no torna più sull’argomento maschida quando mi ha fatto il discorso. Sono felice che non l’abbia fatto papà… si sarebbe vergognato da morire!
 
Chiusi di botto il quadernetto, ringraziando e maledicendo allo stesso tempo mia sorella per quello che aveva fatto.
Insomma, l’età era arrivata ed io mi ero complicato la vita a pensarci su, mentre la mia dolce sorellina aveva già sistemato tutto. E poi era un medico, meglio di così!
Lasciai il quaderno sul letto e tornai di sotto. Alice aveva portato Nessie in cucina e stavano cominciando a cucinare.
“Alì, ti posso parlare?”, chiesi entrando e notando i loro sorrisi. Mia sorella diede un bacio sulla guancia a mia figlia e le disse di chiamarla se sarebbe successo qualcosa.
“Che succede?”, mi chiese quando ci sedemmo sul divano.
“Ho letto per caso il diario di Nessie e ho saputo che…”.
“Oh, non ti preoccupare. Non ci sono andata pesante e sapevo che prima dei sedici anni tu ne avresti fatto un tabù. Ti conosco Edward”, disse ridendo e abbracciando le mie spalle.
“Già”, sorrisi. Poi ricordai un’altra nota di Nessie. “Chi è Jasper?”.
“Cosa?”, chiese spaventata.
“Nessie ne ha scritto sul libretto. Ha scritto «A quanto pare ha conosciuto un certo Jasper»”, dissi ripetendo testuali parole.
“Edward… io… ecco”, balbettò.
“Alice, non ti voglio costringere, ma da come lo escludi dal discorso sembra che hai paura”, sussurrai guardandola negli occhi.
“E’ un nuovo dottore, è arrivato da poco”, mi cominciò a raccontare. “Io stavo facendo il turno di notte ed ero andata a prendere un caffè. È arrivato anche lui e in mano aveva un giornaletto con l’immagine di lei. Ho quasi ringhiato vedendola, anche se mi faceva male, e lui…”.
“E lui?”.
“E’ il figlio del suo manager, Edward”, confessò. “E’ il figlio di Martin Withlock!”. Si interruppe in attimo, facendomi ingoiare la notizia. piangeva, quasi nervosa. “Mi sono imposta il divieto di rincontrarlo, ho cambiato i suoi orari di lavoro facendo in modo che la maggior parte non coincidessero con i miei… ma sa che sono una Cullen e ho paura che lo dica a suo padre e che lui lo dica a Bella!”.
Cavolo, merda!
“Non… non puoi… licenziarlo?”.
“Edward non funziona così. Non puoi licenziare un medico, così qualificato poi, solo perché è il figlio del manager della tua ex migliore amica che se n’è andata lasciando tuo fratello da solo con la loro bambina”, mi fece capire.
“E in più ti piace”, conclusi per lei.
“Cosa? Io non ho mai detto che…”.
“Alice… così qualificato. Lo dicono già soltanto i tuoi occhi e mi sento uno schifo pensando che lo stai evitando solo per me”.
“Edward, è già un miracolo che non sia ancora arrivata. E’ già un miracolo che nessuno abbia notato Nessie con la loro somiglianza. E’ già un miracolo che tua figlia non voglia scappare da lei”, mi disse con voce convinta. “Non manderò tutto all’aria perché un dottore sexy mi piace”.
La guardai, mimando un grazie, per poi scoppiare con lei a ridere a causa della sua ultima frase.
Era la migliore. L’avevo sempre saputo.
“Alice… qui si sta bruciando tutto”, ci interruppe Nessie con la sua vocina. Alice la guardò, cercando di capire che diavolo stava dicendo e poi arrivò alla giusta conclusione: la cena!
“Oddio, è vero!”, disse ridendo. “Arrivo!”.
Ma alla fine si era davvero bruciato tutto, perché Nessie non voleva chiamarci mentre ciarlavamo, e Alice decise di ordinare la pizza.
E figurarsi se Renesmèe diceva di no alla pizza!
 
Camminare nel corridoi durante le pause delle lezioni è un inferno. Ci sono ragazzi ovunque e tutti appiccicati agli armadietti grigi.
“Oh, professor Cullen!”, mi chiamò una voce. Maggie.
“Buongiorno  signorina Byer. Cosa c’è?”.
“Ho deciso la sinfonia per il provino che avrò a luglio per la Julliard. Volevo che lo sentisse per sapere cosa ne pensava”, mi rispose con gli occhi luccicanti. Li avevo anche io quando mi ero deciso per la composizione da presentare al provino, alla mia età.
“Certo… facciamo dopo pranzo nell’aula di musica, prima dell’ora successiva?”, chiesi.
“Va benissimo”, disse per poi tornare al suo gruppo di amiche. Maggie aveva i capelli rossi, ma più scuri dei miei, gli occhi azzurro oceano e una pelle davvero pallida e leggera. Le sue mani, lunghe e affusolate, erano una benedizione per il pianoforte.
La lasciai andare e mi diressi verso la sala insegnanti, dove presi un caffè. C’era Victoria.
“Ehi Edward!”, mi salutò alzando il viso verso di me. “Come stai oggi?”.
“Bene, che stai facendo?”, notando un foglio dai mille tratti rossi e dai pochi schizzi neri.
“Correggo questo schifo. Fa davvero così pena la letteratura?”, mi chiese tornando a guardare il compito.
Io le sorrisi e mi sedetti di fianco a lei. Victoria era la donna più vicina a me oltre a mia sorella e mia figlia.
Aveva divorziato dal suo precedente marito, James Stone, ed ora viveva sola nella periferia di Chicago e insegnava Inglese dove insegnavo io. Non so esattamente se fosse la mia fidanzata. Uscivamo spesso insieme da qualche mese, l’avevo già baciata e se non fosse per Nessie a casa, saremmo già andati oltre. Quindi lo era? Non ce lo eravamo mai detti, ma credo di sì.
“Oggi che fai?”, mi chiese buttando i compiti dall’altra parte della scrivania e mi guardò negli occhi. Un blu mare mi colpì in pieno.
“Nessie è da Alice, perciò ho casa libera fino alle sei. Ieri è stata male ed è finita all’ospedale”.
“O mio dio! Che ha avuto? Sta bene?”, mi chiese preoccupata. Non aveva ancora visto Nessie, ma aveva uno strano sguardo materno quando ne parlavo.
Non poteva avere figli e perciò quando io le raccontavo di mia figlia lei aveva sempre gli occhi a cuoricino.
Mille volte mi aveva chiesto chi fosse la madre, e mille volte le avevo detto che era un segreto che mi sarei portato nella tomba. Nessuno doveva saperlo. All’inizio si era arrabbiata, molte volte ancora si imbronciava, ma aveva capito che non avrei mai ceduto.
“Sì, solo un incidente da bambini, mentre giocavano. Sta benissimo ma Alice voleva tenersela all’ospedale per coccolarsela un po’ con la scusa di tenerla d’occhio”.
“Tua sorella dev’essere davvero un mito. Insomma, con Renesmèe, con te e con la sua vita propria”, mi disse carezzandomi il viso. “ E tu non sei da meno”.
“Grazie Victoria”, le risposi baciandole dolcemente le labbra.
“Allora, visto che sei solo, stasera dobbiamo festeggiare”, disse ritraendosi dopo qualche secondo.
Prese la borsetta, frugò tra i mille congegni che tutte le donne nascondono nelle borse e ne tirò fuori due biglietti.
“Al cinema vicino a casa mia danno ancora quel film, Dark Night, con Bella Swan. L’ho adorato e visto che tu non l’hai ancora visto ho preso l’occasione al volo”, disse sorridente. “Insomma, non hai mai visto un suo film! È la mia attrice preferita!”.
Merda.
“Vic… pensavo di restare a casa. Cioè, non ho proprio voglia di vedere un film stasera”, dissi baciandola ancora, cercando di far capire il messaggio.
“Potremmo concludere in bellezza dopo il film. Sono certa che ti piacerà”, rispose convinta ancora con le labbra attaccate alle mie.
“Nessie potrebbe arrivare prima”, sussurrai prendendole dal fondo la camicetta.
“Edward”, si staccò. “Mi vuole dire che diavolo succede? L’altra volta abbiamo visto un film e non hai fiatato. E tua figlia non era in casa!”.
“Mi dispiace, è che non ho voglia di vedere un film stasera”, cercai una scusa. Poi, un lampo di genio. “In fondo ogni volta che ci vediamo guardiamo un film, per poi salutarci e tornare alle proprie case quando finisce. Non vuoi salire di livello?”.
“No. No, io non voglio salire di livello. L’ultima volta ho avuto un falso positivo e mi sono dovuta sposare James e poi, scoperto che in verità non ero incinta dopo tre mesi, abbiamo divorziato”, mi ricordò. “Io non voglio farlo”.
“Io non sono James, e non succederà di nuovo”.
“Non mi importa”, disse mettendo una certa distanza da noi, per poi andare via quando la campanella suonò.
Cazzo! Ora rischiavo di perdere pure Victoria. L’unica fortuna è che non aveva incontrato la mia piccola o Nessie non ci avrebbe più capito niente della figura femminile in casa nostra.
Guardai la porta chiusa, sapendo che dovrei essere a lezione.
Io non amavo Victoria, non ancora almeno. Ma volevo dare una madre a mia figlia, qualcuno che le volesse bene, che la crescesse, che le desse consigli quando diventerà grande. Soprattutto qualcuno che non fosse sua zia.
Scossi la testa, prendendo le mie cose e andando in classe.
I venti ragazzi del terzo anno mi guardarono stupiti controllando l’orologio e mi scusai del ritardo prendendo come scusa le fotocopie che avrei dovuto fare a quelli del quarto anno.
“Ragazzi, oggi volevo proporvi una cosa. Un piccolo compito teorico, visto che ne do sempre pochissimi”, dissi portandomi dietro i lamenti degli alunni. “Dovrete scegliere uno specifico compositore e portarmi un saggio sulle sue opere e del perché, secondo voi, le ha scelte e le ha scritte in quel determinato modo. Non è difficile”.
“Quando tempo abbiamo?”, chiese Joe Fieldlight.
“Avete a disposizione ben tre settimane perciò voglio dei capolavori”, decretai facendo scemare i lamenti. Avere più tempo li rendeva più tranquilli.
“Bene, ora torniamo al lavoro”.
Si sistemarono ognuno al proprio pianoforte, anche se qualcuno si scambiava ogni tot tempo visto che non ce n’erano abbastanza, e cominciarono a ripetere la composizione che li aveva assegnato la scorsa volta.
Al suono della campanella si alzarono, mi salutarono e uscirono dalla classe e, prima che arrivassero quelli del quarto anno, corsi a fare quelle fotocopie che mi avevano salvato il ritardo di prima.
Tornato indietro i ragazzi non erano ancora al completo, perciò nessuno disse nulla.
Appena tutti fossero al loro posto consegnai la nuova opera e loro cominciarono a strimpellare.
Era la classe di Liam e Maggie e loro erano più concentrati che mai. Era molto importante saper suonare qualsiasi cosa, perché non era detto che ti facessero suonare solo quello che avevi scelto, per il provino alla Julliard.
Suonò di nuovo la campanella prima che io me ne rendessi conto e così in fretta passarono le altre ore prima della pausa pranzo. Dio, oggi avevo proprio la testa per aria.
I ragazzini del primo anno se ne andarono dopo che diedi loro il permesso e sfilarono uno ad uno fuori dalla classe, prima che entrasse la chioma rossastra di Victoria.
“Edward…”, cominciò, con voce di scusa.
“Devo andare a pranzo di fretta, la signorina Byre deve suonarmi qualcosa per il provino”, andai di fretta, prendendo la mia borsa e uscendo dalla classe.
“Edward…”, mi chiamò di nuovo, ma ormai ero lontano.
Non avevo voglia di sentirla parlare di quanto lei fosse brava, bella e buona o di come recitava bene. E sapevo che Victoria ne avrebbe parlato per convincermi ad andare al cinema con lei.
Uscii dalla scuola e andai al bar di Emmett per sgranocchiare qualcosa mentre Maggie mangiava alla mensa con le sue compagne.
Quando entrai mi stupii: non c’era nessuno, tranne Emmett.
“Ehi, che succede?”, dissi sedendomi al mio solito posto. Emmett alzò lo sguardo e poggiò i gomiti sul bancone.
“E’ pranzo Edward. Non tutti fuggono da ogni essere umano a pranzo”, sorrise gentile, spostando lo sguardo e prendendomi qualche snack. “Che succede?”.
“Victoria mi ha invitato a vedere un film”.
“E…?”.
“Ti dice niente Dark Night? Con…”, lascia in sospeso la frase guardando in basso.
“Cavolo”, rispose Emmett.
“Ovviamente non potevo dirle la verità, quindi ho preferito metterla sul piano c’è casa vuota e lei si è arrabbiata tirando fuori il divorzio con il suo ex”, raccontai. “E ora non volevo risentirla parlare delle meravigliose abilità di…”.
“Bella?”.
“Non dire il suo nome”, ringhiai.
“Edward è ridicolo! Non puoi continuare a pensarla senza dire il suo nome”, mi rimproverò Emmett. “Lo so che ti ha fatto e ti fa soffrire anche oggi, ma non puoi nemmeno ancora odiarla. Tu l’amavi. Ci hai fatto una figlia con lei!”.
“Una figlia che per lei poteva morire grazie all’aborto!”.
“Che cosa?”, si stupì il mio amico.
“Chi credi che abbia lottato fin dall’inizio? Chi credi che l’abbia convinta a mandare avanti la gravidanza dopo il provino a New York, dopo che l’hanno presa?”, gli domandai urlando. “Io! Sempre io! Solo io mi sono fatto il mazzo fin dall’inizio per Nessie. Io l’amavo, è vero, ma lei se n’è andata”.
“E questo ha cambiato i tuoi sentimenti?”, mi chiese lui di conseguenza.
“Che intendi dire?”.
“Intendo dire che non vuoi… tu non riesci a dire il suo nome, non riesci a guardare negli occhi tua figlia senza vedere i suoi, nuoti negli spettri dei ricordi di quando stavate insieme. Edward, tu l’ami ancora”, mi disse cercando di convincermi.
Io amavo ancora Bella. No,no, no.
“No! Io la odio. La odio per quello che mi ha fatto, la odio per come si è comportata. La odio, Emmett. E non riesco a fare quelle cose perché mi ha fatto male, perché credevo di amarla… invece mi ha sempre e solo usato. Non ricordi Emmett? Non ricordi come ci siamo conosciuti?”.
Io sì, io lo ricordavo…
 
Era il ballo di Halloween organizzato dal liceo e tutti erano vestiti nei modi più orripilanti possibili. La musica era forte e il cibo anche. Avevano fatto le cose in grande stavolta.
Ma la cosa divertente è che potevi notare benissimo chi fossero i single, le coppie e persino i ricchi e i semplici ragazzi comuni.
I single erano in piedi, ballavano sfrenati, cercando di fare colpo su tutti. Le coppie erano ballavano lentamente, abbracciate, e non si toglievano ma lo sguardo di dosso, se non per sorridere imbarazzati.
I ricchi avevano i vestiti decorati nel modo più sfarzoso possibile e rovinati nello stesso modo. Erano dei capolavori della moda horror.
I ragazzi comuni avevano di certo vestiti usati, o fatti in casa con qualunque cosa avessero trovato.
Io ed Alice eravamo seduti su una panchina, al lato della sala da ballo dove avevano organizzato il tutto. Noi eravamo i single ricchi.
Carlisle ed Esme, i nostri genitori, ci avevano comprato dei fantastici abiti. Erano il massimo.
Io avevo uno smoking nero, elegante, con la camicia bianca, aperta. Ma lo smoking era stracciato in modo perfetto sui polpacci, sul torace, sulla schiena e ai piedi, ed anche la camicia non era da meno.
Alice invece aveva un vestito nero con strascichi mezzi distrutti di pizzo rosa. Aveva il corpetto stretto e la gonna lunga, con degli stivali con il tacco a spillo ai piedi. In testa invece aveva un piccolo cappello nero.
“Edward, andiamo a ballare!”, mi invitò mia sorella alzandosi con entusiasmante equilibrio.
Mi porse la mano e decisi di farla ballare un po’. Tanto dopo trenta secondi un ragazzo con degli occhi funzionanti l’avrebbe invitata a fare lo stesso. Alice non era affatto brutta, anzi.
Ci addentrammo nella pista e cominciai a farla danzare. Sapevamo ballare entrambi; Esme ce lo aveva insegnato qualche mese fa.
“Mi concede questo ballo, Mary Alice?”, sentimmo una voce decisa dietro di noi. Era Emmett che voleva fare lo spiritoso.
Avevamo fatto una scommessa e aveva intenzione di vincerla: non sarei dovuto stare con mia sorella ma fare colpo su qualcuna.
Da quando avevo mollato Jessica Stanley e lei si era messa con quell’imbecille di Mike Newton, io ed Emmett eravamo delle anime libere, perciò voleva che rimorchiassi un po’. Solito Emm.
Andai verso le casse e il dj, che stava mettendo una nuova canzone, più movimentata, ma sentii delle voci.
“Provaci, che ti costa?”, diceva una ragazza.
“Dite sul serio? Ma mi dispiace”, rispose una voce melodiosa.
“Vedrai che funzionerà. Tanto non è importante quando David”, disse ancora la prima voce.
“E va bene, va bene”.
Continuai a sentire la musica, lasciando stare le ragazze alla loro conversazione, mentre fissavo Emmett che lasciava Alice ad un ragazzino del secondo anno. Wow, Alice si faceva sempre più tollerante!
“Ehi, bello smoking”, mi sentii chiamare dalla stessa voce melodiosa di prima.
Mi voltai e due occhi color del cioccolato al latte si posizionarono davanti a me e un ciuffo scuro copriva la pelle chiara che attorniava gli occhi. Un sorriso smagliante si aprì sul viso della ragazza.
“Ciao”, la salutai.
“Sono Bella Swan, ma credo che tu lo sappia già”, mi disse con un po’ di superbia. Certo che lo sapevo, era la ex caposquadra delle cheerleader che ora stava mollando per entrare nel corso di teatro. Ma non essendo del tutto fuori era ancora la ragazza più sexy e popolare della scuola. Io, per lei, ero uno sconosciuto, anche se per gli altri io e mia sorella eravamo abbastanza popolari.
“Edward Cullen”, mi presentai porgendole la mano.
“Oh, niente strette di mano, non siamo nel medioevo, Edward Cullen. Ti va di ballare?”, mi chiese prendendo la mia mano e portandomi in centro pista. Vidi Emmett che strabuzzava gli occhi.
“Ecco, qui è perfetto”, disse per poi abbracciare il mio collo e stringersi a me, mettendo la testa sulla mia spalla. Mille facce cominciarono a fissarci, ma tra quelle vidi soprattutto quella del capitano della squadra di football, David Loon. Era davvero così banale?
Ma anche se forse non voleva davvero ballare con me, almeno avevo la famosa Bella Swan tra le braccia, e facevo felici Emm e Alice anche solo per una sera.
 
“Professore? Professore si sente bene?”, mi chiese una voce portandomi via dalla sala di ballo del più bel hotel di Chicago.
Era Maggie, che si era fermata dal suonare vedendomi bianco come un lenzuolo mentre le dicevo che aveva sbagliato una nota.
Come ci ero finito lì? Dov’era Emmett?
“Professore?”.
“Sì, sì signorina Byre. Devo andare un attimo, lei resti qui e continui a suonare”, dissi poggiandole una mano sulla spalla, per poi alzarmi e dirigermi verso il bagno.
Perché continuavo a ricordare? Soprattutto quella sera… e il motivo per cui lei mi aveva parlato.
No, no, fermi spettri. Non potevo andare in trance un’altra volta. Magari dopo, non ora.
Maggie mi aspettava e non potevo deluderla mettendomi a piangere come una bambina perché la mamma non le prendeva il gelato.
La mamma… no, basta!
Tornai indietro, sorrisi a Maggie e la invitai a continuare. Aveva scelto una melodia stupenda ma anche un po’ complessa: una delle musiche dell’opera teatrale Le nozze di Figaro di Mozart.
La suonava in maniera impeccabile, anche se sbagliava sempre un pezzo, ma corretto quello ero certo che la Julliard l’avrebbe accolta a braccia aperte.
La campanella suonò, lei si alzò ringraziandomi e io la invitai a tornare anche domani alla stessa ora. Accettò.
E mentre lei se ne andava, un'altra classe entrò nell’aula. Il secondo anno, birbante e menefreghista, aveva lezione. Sospirai e passai dalle note di Le nozze di Figaro alle filastrocche dai più complessi accordi.
Era giovedì e quindi, appena suonò anche questa campanella, uscii per tornare a casa, essendo il mio orario terminato.
Ma anche quello di Victoria finiva adesso e la vidi uscire dalla sua classe nel mio stesso momento. Cazzo!
“Edward, ti prego ascoltami”.
“Che vuoi, Victoria?”, la pregai esasperando la situazione.
“Dammi solo un motivo perché non vuoi venire con me a vedere Bella Swan. Ti prego, solo uno. E’ così brava!”.
E me ne andai.
Jasper Withlock che faceva la corte ad Alice, Victoria che adorava lei, Emmett che mi convinceva del fatto che fossi ancora innamorato di lei… erano sinapsi troppo forti per il mio cervello.
Se continuavo non avrei retto. 



*le sinapsi sono dei collegamenti celebrali e volevo inserirle per la sensazione quasi elettrica, e forse per lui dolorosa, che Edward prova ad ogni collegamento  con Bella. In più mio cugino ha una band che si chiama così =D  *

Piaciuto? 
VampireMusic
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Ronnie02