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Autore: Writer96    03/08/2011    8 recensioni
"Potter e l’essere interrotta mentre scriveva e la sua pergamena sbaffata..ma soprattutto (e questa era la cosa che la faceva imbestialire di più) il fatto che avesse riconosciuto la mano di Potter nell’esatto momento in cui l’aveva toccata. Pessima, pessima combinazione."
DALL'ULTIMO CAPITOLO:
"-Buffo, mi aspettavo un’accoglienza più in stile urla melodrammatiche...- commentò Lily, mentre il calore ormai familiare di James la calmava, rendendo tutta quella luce meno accecante. Aprire gli occhi non era stato troppo difficile, si rese conto. La parte difficile era stata capire perché voleva farlo.
Una risatina isterica le ricordò che l’essere che stava abbracciando era Potter e che effettivamente aveva fatto qualcosa di un po’ melodrammatico.
-Scusa, la parte alla Romeo e Giulietta me la riservo per la prossima volta...- commentò lui staccandosi piano da lei. La guardò negli occhi e per la prima volta si rese conto di quanto avevano rischiato. Aveva rischiato di non vederla più. Aveva rischiato di non esserci più una Lily da abbinare alla perfezione al suo cognome.
Rise anche lei, sollevata. Ci sarebbe stato un altro momento per pensare al dolore, si rese conto. La gioia di essere viva era talmente soffocante da minacciare di ucciderla. Ogni respiro era una conquista, qualcosa di imperdibile. E Potter era con lei."
Ecco qui... la prima long che pubblico, nel senso vero e proprio di storia a capitoli. Mi pare ovvio che si tratti di una James/Lily. Ma questa parte da un punto un po' più strano.. che ne direste voi se vi dicessi che Lily è già leggermente innamorata di James? Chissà come andrà a finire.. per ora.. un bacione, Writ
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Combinazioni'
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Non aveva mai disprezzato il calore, mai. Le piaceva starsene la sera accanto al caminetto, stringendo la mano del marito con una tazza di cioccolata calda in mano a parlare del più e del meno. Le piaceva farsi abbracciare quando faceva freddo e sentire i respiri caldi di Mark sulla sua pelle.

Lei amava il caldo.

Ma in quel momento era troppo, era soffocante. La stringeva con troppa forza, come un serpente e non la lasciava andare, inondando di fumo la sua gola. Sentì delle lacrime uscire e scivolare sulle sue guance, terribilmente fredde in tutto quel calore.

-Sarah?- la voce di Mark la scosse, facendole venire i brividi. Era bello vedere come lui le facesse ancora quell’effetto dopo tanti anni di matrimonio. La donna si girò, prendendo teneramente la mano del marito tra le proprie. Si sedette sul letto, con uno sguardo afflitto ma dolce e lo guardò negli occhi, perdendosi in quel verde che tante volte l’aveva ospitata ed amata.

Il fumo inondava la stanza, ma Sarah sentiva che non era per quello che continuava a piangere, come una bambina triste dopo aver rotto il suo giocattolo preferito. Piangeva perché sapeva che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto e si odiava per non essere riuscita a fare tutto ciò che voleva. Avrebbe voluto potare la siepe in giardino ed appenderci quelle deliziose decorazioni natalizie che aveva comprato a Londra. Avrebbe voluto mangiare uno dei biscotti di Lily e farle i complimenti, dicendole che ormai la superava come cuoca. Avrebbe voluto rimettere in ordine l’album di foto per farlo rivedere alla zia Elizabeth e tirare fuori dall’armadio il giacchetto nero che le piaceva tanto.

Avrebbe voluto la sua famiglia riunita per il pranzo di Natale.

Si stese accanto a Mark, poggiandogli la testa contro il collo e cercando di sentire il suo odore nonostante quel maledetto fumo. Sincronizzò il suo respiro al suo e cominciò a contare ogni respiro, ogni boccata di quell’aria sporca e maledetta.

Uno. Lily, spero che tu ti salvi.

Due. Petunia, corri e non incolpare nessuno.

Tre. Lily, non è colpa tua.

Quattro. Petunia, sii felice.

Cinque. Lily, vivi una vita bellissima con il tuo ragazzo.

Sei. Mark, ti amo.

Sette....


 
 
                                                                            ****
 

 
Le ore passavano in maniera interminabile, scandite solo dal respiro irregolare di Lily. Spesso, passando, Dorea vedeva James intrecciare le dita con quelle della ragazza e sussurrarle qualcosa in tono convinto.

Sirius e Remus ogni tanto lo affiancavano, così come Alice e Mary, corse subito lì appena saputo della disgrazia. Frank e Peter spesso rimanevano in silenzio, il primo perché per abitudine parlava solo se c’era qualcosa di davvero importante da dire e in quel momento avrebbe solo voluto che tutto il mondo tacesse per permettere a Lily di non sentirsi sola nel suo silenzio forzato, il secondo perché sentiva il dolore di James crescere e diventare un muro insuperabile per lui così piccolo e timido.

L’ora di cena arrivò, trascinandosi dietro i minuti zoppicanti. Ognuno di loro mangiò qualcosa più perché intimorito dalle occhiate della signora Potter che per fame, tranne James che sedeva in maniera silenziosa accanto a Lily, come una vecchia sentinella che si rifiutava di abbandonare il proprio posto.

A mezzanotte andarono tutti a letto, dopo essere passati a salutare Lily e James, con le teste basse e le bocche già aperte, pronte ad uno scambio sussurrato di pareri ed opinioni su quanto era accaduto. Solo James rimase lì, le gambe piegate in maniera rigida e lo sguardo stanco, con un paio di tagli ancora leggermente sanguinanti sulla guancia. Dorea si avvicinò a lui e prese una sedia, alzandola per non fare rumore e si sedette, poggiandogli un braccio sulle spalle e attirando il capo del ragazzo sulla sua spalla, cominciando a carezzargli i capelli.

James chiuse gli occhi e stese una mano fino al braccio di Lily, dove cominciò a tracciare piccoli disegni invisibili sulla manica logora del maglioncino.

-Lily, ti prego, svegliati...-

Lo disse con tono disperato, senza preoccuparsi di sussurrare. James avrebbe voluto urlare, tanto era grande la sua frustrazione in quel momento. Avrebbe voluto scrollare quel corpicino inerme, sperando di ottenere una qualche reazione. Avrebbe voluto farsi insultare da lei, sentire le sue urla e le sue frasi spezzettate. Avrebbe voluto la sua Lily, quella Lily sempre in movimento con il sorriso sulle labbra.

L’avrebbe voluta sveglia.

-James, si sveglierà quando penserà che sarà giusto farlo...- disse Dorea, continuando ad accarezzargli ritmicamente i capelli con una mano e sospirando. Quel comportamento teneramente infantile sembrava volerle ricordare come suo figlio, a discapito di tutto il dolore provato, tutta l’angoscia fosse in realtà solo un ragazzo. Un ragazzo di diciassette anni che avrebbe dovuto vivere la sua vita senza preoccupazioni, senza ansie.

-Mamma...-
-Tesoro mio...-

Quello scambio di battute, sussurrato e intrappolato nel loro improvviso abbraccio riportò James alla realtà. Mentre sua madre gli accarezzava la testa, era riuscito a pensare che tutto si sarebbe sistemato. Ma il dolore era tornato a colpirlo, veloce, fugace.

Lily gli mancava da morire.

-Va, mamma, resto io...- Lo disse con convinzione, vedendo l’espressione distrutta della madre che sicuramente rifletteva la sua. Dorea sorrise, tristemente, staccandosi da lui per guardarlo negli occhi. Occhi di un uomo. Occhi di un uomo posati sul volto di un uomo che si comportava come un uomo.

Un uomo che in realtà era un bambino, pensò, ricordando la pila di lettere mandate da un’esasperata professoressa McGranitt.
Il posto di James era lì, accanto alla sua Lily.

-Non la tormentare troppo, povera ragazza...- gli rispose, alzandosi e spostando la sedia con un tocco di bacchetta. Lui le sorrise, mentre un po’ della sua aria malandrina si riaffacciava sul suo volto. Avrebbe continuato a lottare, James. Lo avrebbe fatto sempre, perché era giusto. Lo avrebbe fatto perché ci credeva, esattamente come lui.

Charles.

Un sospiro sfuggì dalle labbra di Dorea, mentre si sedeva stancamente sul letto.

Charles.

Una foto sorrise di fronte alla sua muta richiesta di salvezza.


 
                                                                                     ****


 

-Lils,ti prego, svegliati. Anche se solo per picchiarmi perché ti ho chiamata così, anche se solo per dirmi di smetterla di blaterale, anche se solo per dirmi che sono un tremendo mammone...- cominciò a dire, ridendo e sbuffando mentre cercava di auto- convincersi che tutto era perfettamente normale. Lily aveva bisogno di normalità. Aveva bisogno di sentire che quello a fianco a lei era il solito Potter, lo sbruffone che si divertiva a farla arrabbiare.

James ne era sicuro, Lily doveva averlo sentito. Non poteva spiegare altrimenti il movimento infinitesimale del suo naso, che si era storto come faceva ogni volta che lei capiva che lui la prendeva in giro.

Se ci fosse qua Sirius, mi prenderebbe in giro lui. Cagnaccio traditore, starà nel suo letto a poltrire come al solito... Borbottò, lieto che almeno Sirius riuscisse a dormire. Lieto che suo fratello non dovesse avere anche una parte troppo grande di questo peso sulle spalle.

Domani mangeremo pollo allo spiedo, Lils. Anzi no, domani è Vigilia. Va bene, allora mangeremo un po’ di merluzzo, ti va? Però mia mamma tende ad esagerare con l’aglio, quindi occorre stare attenti. Oh, diamine, ho bisogno di un dentifricio nuovo. Ho lasciato il mio ad Hogwarts.

Chiacchiere senza senso, destinate solo a lui. E a lei, certo. Avrebbe voluto sentire lo sbuffo di Lily ancora una volta, anche una sola. Avrebbe voluto che lei si muovesse, che facesse qualcosa di più che storcere il naso.

La rabbia lo prese, investendolo e prosciugandolo. Si prese la testa tra le mani, mentre vedeva il mondo cadere in frantumi, sgretolarsi, sfasciarsi. Gli stupidi scherzi fatti ai Serpeverde. La Mappa del Malandrino. Le tavolette portate via dai bagni di Hogwarts. Tutto perdeva un senso, mentre si mescolava ad altri detriti della sua vita. Charles che rideva, James che rompeva i piatti cercando di trasportarli con la magia. Tutti pezzi di vita che si smarrivano tra gli altri, momenti e secondi lanciati da qualche parte in quel guazzabuglio di vite che sembrava destinato a finire troppo presto.

-Potter, tu c’entri sempre...- la sua voce ruppe il silenzio all’improvviso, mentre le immagini cupe e scure che si celavano dietro alle palpebre di James si trasformavano in un’esplosione di colori senza più fine.

Alzò lo sguardo su di lei, desiderando di essersi almeno dato una ripulita perché così era davvero impresentabile. Lo guardava sorridendo leggermente, con espressione confusa.

Viva.

All’improvviso quella loro fuga così pericolosa, così dolorosa sembrò perdersi nel sorriso di Lily. James non disse nulla, limitandosi a guardarla.

Verde, la vita era verde. Non rossa, non bianca, non blu. Era verde, ne era sicuro. Verde come la speranza. Verde come le foglie primaverili. Verde come Lily.

Scese dalla sua sedia, cadendo in ginocchio sul pavimento. Le sue mani raggiunsero il corpo di Lily, aggrappandosi a lei con forza mentre le lacrime scendevano cancellando un po’ di sporco dal suo volto. In quel momento, mentre il corpo di Lily respirava sotto il suo abbraccio, James comprese che era giunto il momento di respirare anche per lui.

-Buffo, mi aspettavo un’accoglienza più in stile urla melodrammatiche...- commentò Lily, mentre il calore ormai familiare di James la calmava, rendendo tutta quella luce meno accecante. Aprire gli occhi non era stato troppo difficile, si rese conto. La parte difficile era stata capire perché voleva farlo.

Una risatina isterica le ricordò che l’essere che stava abbracciando era Potter e che effettivamente aveva fatto qualcosa di un po’ melodrammatico.

-Scusa, la parte alla Romeo e Giulietta me la riservo per la prossima volta...- commentò lui staccandosi piano da lei. La guardò negli occhi e per la prima volta si rese conto di quanto avevano rischiato. Aveva rischiato di non vederla più. Aveva rischiato di non esserci più una Lily da abbinare alla perfezione al suo cognome.

Rise anche lei, sollevata. Ci sarebbe stato un altro momento per pensare al dolore, si rese conto. La gioia di essere viva era talmente soffocante da minacciare di ucciderla. Ogni respiro era una conquista, qualcosa di imperdibile. E Potter era con lei.

Provò ad alzarsi, ma il ragazzo la spinse di nuovo giù, sorridendo a mo’ di scusa. Sapeva che non sarebbe riuscita a rimanere in piedi, non dopo tutto quello.
Le risparmiava l’umiliazione di dover cadere davanti a lui.

James cercò di convincersi di ciò, ma la verità era che toccarla, anche se solo per pochi secondi, gli faceva capire che lei era lì. Non un’immagine prodotta dalla sua mente. Lily, Lily Evans era lì.

E lui avrebbe dovuto dirlo a tutti.

Non voleva, ma sapeva che era necessario. Non era stato l’unico a soffrire così tanto.

-Mamma... Mamma! Si è svegliata!-

Lily sorrise, cercando di non pensare al fatto che lei, una cosa del genere, non avrebbe più potuto urlarla.
 


 
                                                                            ****
 

Sirius non ricordava quando si fosse addormentato. Probabilmente, era stato quando Mary aveva smesso di piangere nel sonno, aggrappata istericamente ad Alice da un lato, ma con l’altro braccio che sfiorava il suo.

Remus e Peter avevano ceduto al sonno poco dopo le ragazze, seguiti a ruota da Frank. Il fatto che dormisse era confermato solo dal suo lieve russare scomposto.

Sirius, invece, era rimasto sveglio a pensare. Dopo tutte le congetture che avevano fatto, le sole parole che erano riuscite a trovare un posto in quella scomposta accozzaglia di eventi erano morte, Mangiamorte, Lily, Mezzosangue.

James non aveva detto niente, si era rifiutato di parlare con loro. Chiuso nel suo silenzio, aveva resistito stoicamente. E loro, lui, non avevano fatto domande.

Mary ed Alice si erano arrabbiate, ma solo perché era l’unica cosa che riuscivano a fare con chiarezza, senza bisogno di spiegazioni. I Malandrini avevano cercato di aiutare James nell’unico modo che conoscevano: con la loro ironia.

Ma non era servito. Lily si era mossa poco, troppo poco. E James aveva cominciato a fare altrettanto. Per come la vedeva Sirius, ciò che faceva Lily faceva anche James.

E no, non era decisamente una bella cosa.

Si stava affezionando a Lily, a quelle sue occhiate strane lanciate da sopra le sopracciglia sollevate. Si stava affezionando a quei capelli rossi che prendevano tutto a pugni, risaltando nel mondo come poche altre cose.

Si stava affezionando alla Lily di James.

E ora rischiava di perderli entrambi. Fu quest’ansia che lo spinse a svegliarsi e a liberarsi dei pochi momenti di pace ottenuti con il sonno. La Guerra infiammava intorno a loro e lui stava lì a dormire?

Patetico.

Sarebbe voluto diventare Felpato e dimenticarsi di tutto per un po’.

-Mamma.... Mamma! Si è svegliata!- urlò qualcuno dal piano inferiore.

La speranza si riaccese sul volto di Sirius, mentre un ghigno affiorava spontaneamente sul suo volto.

Tipico di James omettere il soggetto della frase.
Tipico di James pensare che la vita di tutti sia focalizzata sul Lily Evans Channel.
Tipico di James dare per scontato che io sappia qualcosa e non avvertirmi per primo.

Ma per fortuna che esisteva, qualcosa tipico di James...


 
                                                                                              ****
 
Una donna si precipitò per le scale, la veste sgualcita e i capelli leggermente in disordine. Lily era certa di sapere chi fosse. Nessuno, tranne la madre di James, poteva sorridere in quella maniera così simile a lui.

Lily si girò verso il ragazzo che, dopo lo slancio d’affetto di poco prima, stava seduto sul bordo del divano, quasi timoroso di farle male. Si era aspettata che lui la ricoprisse di chiacchiere, invece no. Lui era stato zitto, a guardarla, senza compassione, senza pena, senza pietà nello sguardo.

La ragazza non era mai stata più grata a qualcuno come in quel momento. Non avrebbe retto lacrime, pianti o sguardi compassionevoli. Deglutì, mentre con lentezza calcolata cercava di sollevare un po’ il busto, cercando di non farsi vedere da Potter.

-Cosa stai cercando di fare, Evans?- mormorò lui, chinandosi ancora verso di lei. La ragazza aprì la bocca per rispondere, quando la donna che aveva visto prima si avvicinò a loro, sorridente e con aria... sollevata.

Per la prima volta Lily si chiese quanto diamine fosse durato quel viaggio all’interno della sua testa.

-Lily... tu sei Lily, giusto cara? Sono contenta che tu ti sia svegliata. Hai sete?- le domandò la donna, mentre James si spostava all’indietro, le guance leggermente arrossate.

La ragazza si ritrovò ad annuire, mentre un groppo che non si era ancora accorta di avere le bloccava la gola, rendendole difficile anche il più semplice respiro.

Eccolo.

Accolse il dolore come se si trattasse di un vecchio amico. Si manifestò con una stretta sempre più forte attorno alla sua gola, che scese fino ad arrivare al torace. Aveva bisogno d’aria, aveva bisogno di liberarsi da quelle catene invisibili.

Aveva bisogno di sentirsi dire che era tutto a posto.

Dorea non disse nulla, bloccando il figlio sul punto di parlare. Si limitarono a guardare la ragazza che si era immobilizzata, a metà del suo annuire. Apriva la bocca, alla disperata ricerca d’aria, ma loro sapevano che non era aria ciò che Lily voleva.

Loro sapevano che era dell’altro. Conoscevano quella sensazione di vuoto assoluto, quel bisogno spasmodico di vedere, di fare, di toccare qualcosa.
Conoscevano quel bisogno di rassicurazioni.

-Nessuno ci ha invitati alla festa? Lily Evans si sveglia e nessuno ci dice niente? Perlomeno qualcuno fosse accorso al nostro, di letto!-

La voce di Sirius risuonò con prepotenza nella casa dove regnava il silenzio, passando come un soffio di vento sulla polvere.
Sorrisero tutti, Lily compresa. Forse non erano le parole più delicate o azzeccate da dire, ma erano parole vere.

-Scusami, Black, ho avuto da fare. La prossima volta spedisco un biglietto ai Mangiamorte chiedendogli di rimandare, ti va?- rispose Lily, mentre la pressione scivolava dalle sue spalle come una cascata d’acqua.

Ci sarebbe stato tempo per il dolore lancinante che le impediva di respirare, decisamente.

Adesso, voleva solo ingurgitare più aria possibile, più aria che la facesse sentire leggera e che scorresse nel suo corpo facendola sentire viva.
 


 
                                                                                                                            ****
 
-Vernon...-

Il ragazzo aprì la porta, stringendosi addosso la giacca e borbottando contro coloro che rompevano le scatole a mezzanotte passata del 23 Dicembre. Il suo sguardo si posò sulla figura rannicchiata contro lo stipite della porta, le guance rigate da lacrime luccicanti.

-Petunia? Cosa ci fai qui fuori?- domandò, la voce sorpresa mentre si faceva di lato per far passare la fidanzata.

-Sono morti. Morti, Vernon, morti! È stata tutta colpa sua, tutta colpa sua...- esclamò Petunia, buttandosi tra le braccia di Vernon, mentre lui le batteva una mano sulla schiena con aria preoccupata. Odiava consolare le persone.

Vendeva trapani, lui, mica frasette sdolcinate.

Ma lei era Petunia e piangeva, aggrappata a lui.

-Loro chi, Tuney?- domandò, mentre lei tirava su con il naso e non staccava il volto dal suo petto. Lei sembrò farsi più piccola, cominciando a tremare.

Cominciò a respirare affannosamente, sempre più in fretta.

-Posso restare qui?- disse lei, senza dargli una risposta. Non ce l’avrebbe fatta. Lo sapeva, lo sentiva che non era colpa sua. Non era colpa di Lily, non fino in fondo.

Ma loro, i mostri, avevano distrutto tutto, la sua vita e la sua casa.

-Ti preparo il letto, aspettami qui...- disse Vernon, mentre si dirigeva in camera da letto. Forse, la mattina dopo con calma lei sarebbe riuscita a spiegargli meglio la situazione. Una buona dormita riesce sempre a sistemare i nervi, si disse lui.

Ma Petunia dubitava che sarebbe riuscita a dormire.

 







OMG! Ce l'ho fatta! Merlino, ho postato! Non ci credevo neppure io... sì, lo so, è un capitolo orripilante. Perdonatemi, sono un po' depressa. Cose che capitano, insomma. Sono contenta di aver pubblicato di nuovo. Non questo, ma in generale, ecco. Tanto epr sapere, c'è qualcuno che legge il mio spaxio autrice?! O.O Vabbè, dicevamo...

Capitolo strano, sia come inizio che come fine. Amo i personaggi secondari ma non troppo. Volevo dire qualcosa di più sulla morte di Sarah. Non so perchè, ma mi sono affezionata a lei. Anche la parte di Petunia è strana, soprattutto eprchè non era prevista. Ma chi mi conosce sa che quando mi viene in mente un'immagine la devo per forza tradurre in parole. E così è successo. Vedevo Petunia davanti a casa di Vernon. E la sua confusione. Per ilr esto, non mando molto avanti la storia. Solo qualche battuta, qualche pensiero. Il prossimo capitolo sarà più attivo, prometto! Non so quando lo posterò, però non vi preoccupate, arriverà un messaggio che vi avviserà... ora devo scappare, miei cari.

Un abbraccio, vostra Writ <3



 
   
 
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