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Autore: Mary West    04/08/2011    2 recensioni
Harry, dal suo piccolo cantuccio, era pietrificato. Non riusciva a muoversi, a parlare, a fare niente che non fosse sbarrare gli occhi e tremare violentemente.
Il suo tremore aumentò ancor di più quando la mano del giovane Piton saettò sulla scapola di Lily, abbassandole la spallina del vestito.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO III: UOVA A SORPRESA

Un timido raggio di sole penetrava da un unico spiraglio della finestra accanto al suo letto, nella stanza che condivideva con Ron al numero dodici.

Entrambi erano profondamente addormentati, nonostante quel barlume luminoso cadesse proprio sul volto angelico di Harry.

Dalla porta chiusa non giungevano rumori, e un silenzio innaturale regnava nella stanza, rotto solo dai respiri dei due ragazzi.

Edvige e Leo erano entrambi svegli, e osservavano i propri padroni, ancora tra le braccia di Morfeo; la candida civetta scrutava quasi con espressione di rimprovero Harry (un’espressione che assomigliava paurosamente a quelle della McGranitt), mentre il piccolo uccellino tubava allegro, svolazzando da un trespolo all’altro.

La mano di Ron cadde sul pavimento, sfiorando con la punta delle dita il parquet lucido di cera, mentre Harry si rigirò nel letto, stringendo le braccia attorno al proprio cuscino, su cui era sparsa la sua chioma ribelle.

Un leggero cigolio accompagnò l’apertura della porta, dalla quale entrò, con passo felpato, un grosso cane nero.

L’animale si fermò sulla soglia, chiudendo la porta con la coda, e si avvicinò silenziosamente al letto più vicino, occupato da Harry, facendosi spazio fra le varie cianfrusaglie sparse alla rinfusa sul pavimento.

Si sporse sulle zampe anteriori, poggiandole sul materasso immacolato, e sfiorò la guancia del ragazzo con il naso, scodinzolando.

Harry sorrise nel dormiveglia, allungando una mano per accarezzare il cane dietro alle orecchie; Felpato guaì, chiudendo gli occhi.

Dopo pochi istanti, la porta si aprì di nuovo, e Remus entrò nella camera, inciampando in una bilancia d’ottone e un paio di scarpe da tennis firmate. Alzò gli occhi al cielo, spostando gli oggetti con la gamba, e si diresse verso l’ampia finestra, spalancando le imposte: la stanza fu investita dalla fioca luce del sole, parzialmente coperto da un minaccioso nuvolone grigio; Ron si lamentò nel sonno.

“No! Non è giusto!” disse, affondando la testa nel cuscino.

Remus sorrise, sedendosi ai piedi del letto di Harry, già sveglio da qualche minuto; Felpato si era accucciato accanto a lui, sotto le coperte.

“Sapete che ore sono?” replicò, spostando il piumone da dosso ai ragazzi; Harry gemette, affranto.

“Non lo so, e non m’importa” disse, riprendendosi la trapunta, e girandosi dall’altra parte, nel vano tentativo di riprendere sonno.

“Le dieci passate” rispose, incurante Remus. Aveva afferrato Sirius per la coda, son l’intenzione di trascinarlo via dal letto, ma quello rimase ancorato al suo figlioccio.

“Guarda che così non gli dai il buon esempio”

Harry si arrese e aprì gli occhi, mettendosi a sedere.

“Per favore, Remus: sono circondato da persone che fremono per darmi il buon esempio. Non ho bisogno di altri che contribuiscano alla causa”.

Ron, che aveva rinunciato a riprendersi il cuscino già da un po’, annuì vigorosamente alle parole dell’amico, e aggiunse: “Senza contare, che siamo in vacanza! Dobbiamo già svegliarci all’alba tutti i giorni per andare a scuola, almeno qui fateci dormire un po’ in più”.

Sirius, che aveva ripreso il suo aspetto umano, si era seduto al fianco del figlioccio, sorridendo comprensivo.

“Lascialo stare: è sempre stato così. Anche a scuola, non era contento se non ci alzavamo almeno mezz’ora prima della colazione”

Harry sbarrò gli occhi, ringraziando il Cielo che Dean si svegliasse solo al suono della sveglia che Ron e Seamus provvedevano a mettere ogni sera fuori uso.

Sbadigliò vistosamente, e gettò uno sguardo torvo al cielo fuori dalla finestra: era grigio e cupo, coperto da nuvole cariche di pioggia.

Ron intercettò il suo sguardo, e scosse la testa, scettico; sapeva cosa stava pensando.

Nel Surrey, dov’era cresciuto, il clima era completamente diverso; nonostante Londra non distasse poi così tanto da Little Whinging, nella capitale il tempo era più freddo e piovoso. Sebbene Harry odiasse trascorrere le sue estati dai Dursley, non poteva negare che gli mancassero il caldo e il sole di Privet Drive.

Sospirando, aprì il baule e ne estrasse una maglia a maniche lunghe e un paio di jeans scuri, e seguì Ron verso il bagno.

La porta era chiusa, ma anche da fuori si poteva sentire la voce di Ginny che canticchiava sotto la doccia. Ron lanciò uno sguardo esasperato all’amico ed entrambi si diressero al piano inferiore, per usare l’altra stanza da bagno.

“Buongiorno ragazzi” disse loro la signora Weasley, appena entrarono in cucina, finalmente lavati e vestiti.

“Buongiorno” replicò Harry, sedendosi tra Ron e Fred per fare colazione; mancavano solo loro.

“Come mai ci avete messo tutto questo tempo per prepararvi?” gli chiese Bill.

“Chiedilo a tua sorella; ha monopolizzato il bagno” rispose tetro Ron.

Hermione aprì la bocca, sicuramente per intraprendere un’ardua difesa a favore di Ginny, quando un tonfo sordo li fece trasalire tutti: Harry sentì il rumore di un oggetto pesante rotolare, dall’ingresso, e, nella luce soffusa che illuminava l’atrio del numero dodici, vide il portaombrelli a zampa di troll vagare per la stanza.

Tonks era arrivata.

“Buongiorno Ninfadora” disse George con un sorriso divertito.

Tonks, che era ancora parecchio indaffarata nel sistemare il portaombrelli al suo posto, si fermò e gli rivolse uno sguardo assassino.

Non chiamarmi Ninfadora!” sibilò minacciosa, e il tono sarebbe risultato senz’altro inquietante se non fosse inciampata sulla soglia della cucina.

La signora Weasley l’afferrò con agilità prima che toccasse terra, e la fece accomodare con gli altri per la colazione.

“No, Molly, non preoccuparti: ho già mangiato. Stavo cercando Charlie, veramente; Silente mi ha detto che dobbiamo anticipare il turno stanotte, perché Dedalus ed Hestia hanno ricevuto un altro incarico, e nessun altro può sostituirli”

Molly annuì, con espressione pensierosa, mentre metteva a tavola un altro piatto di uova strapazzate.

Harry si servì solo di pane tostato, e un bicchiere di spremuta d’arancia; nell’ultimo periodo si era accorto di avere sempre meno fame, e aveva sviluppato un forte amore per le spremute d’arancia.

“Harry, caro, gradisci un po’ di marmellata?” chiese la signora Weasley, agitando la bacchetta per girare la pancetta nella padella di rame.

Harry scosse la testa, ingoiando un boccone di pane.

“No, grazie signora Weasley. Sono a posto così” rispose, sorridendole rassicurante.
“Molly ha ragione; mangi così poco, ultimamente” aggiunse Remus, sedendosi di fronte a lui, circondato da pergamene.

Fred diede una sbirciatina ad uno dei fogli con cui stava trafficando Remus; la signora Weasley se ne accorse e si schiarì la voce.

“Avete da studiare stamattina?” chiese rivolta a tutti loro.

Hermione annuì vigorosamente, e bevve l’ultimo sorso di succo, prima di rispondere.

“Io e Ginny dobbiamo studiare insieme; le avevo promesso che le avrei dato una mano in Trasfigurazione” annunciò, prima di raggiungere l’amica su per le scale.

Harry, Ron, Fred e George si scambiarono un’occhiata eloquente, sotto l’espressione minacciosa della signora Weasley.

“Be’” cominciò Fred “Sirius ha sistemato il giardino sul retro; potremo farci una partitina a Quidditch”

Harry sorrise, al pensiero di sgranchirsi un po’ le gambe sulla Firebolt; lui e i gemelli erano riusciti a recuperare le loro scope la notte stessa che la Umbridge gliele aveva requisite, sostituendole con alcune finte sfornate dalla ditta Tiri Vispi.

“A me sembra un’ottima idea” concordò Ron, ingoiando un gigantesco pezzo di pancetta.

“Cosa?!” scosse la testa la signora Weasley “Tra pochi mesi avrete tutti gli esami, e avete intenzione di perdere tempo giocando a Quidditch? Non se ne parla proprio! Subito a studiare, e ognuno in camera propria altrimenti non si combina niente” ordinò con tono perentorio, indicando le scale.

I quattro sbuffarono, muovendosi uno alla volta verso le rispettive stanze.

Harry e Ron raggiunsero l’ultimo pianerottolo ed entrarono in camera.

Tirarono fuori i libri dai bauli e li gettarono sul letto di Ron, prima di sedersi su quello di Harry, iniziando a discutere di altro. Presi dai sensi di colpa, poi sistemarono sul pavimento un calderone e Harry si sedette accanto a questo, per preparare la pozione Rigeneratrice che Piton aveva assegnato per le vacanze, affiancandovi un tema per spiegare l’importanza della radice della Mandragola nella preparazione. Ron cercava di imitarlo, seduto alla scrivania.

Aveva appena versato due gocce di muco di vermicoli, che un buffo barbagianni dal fulvo pelo marrone si era posato sul davanzale e picchiettava con il becco sul vetro della finestra, chiedendo di entrare.

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo perplesso: la posta era sotto la stretta sorveglianza dell’Ordine, e nulla veniva recapitato al proprio destinatario se non dopo che Malocchio e Kingsley l’avessero controllato; quel gufo era arrivato proprio in quel momento, e Harry dubitava che fosse stato controllato dagli Auror.

Accigliato, si avvicinò alle imposte e le spalancò; il barbagianni planò con dolcezza sul suo materasso, tendendo la zampa alla quale era legato un grosso pacco color cremisi.

Harry slegò lo spago, e portò il gufo vicino all’abbeveratoio di Edvige, che arruffò le piume con aria di superiorità; il barbagianni affondò il becco nella vaschetta d’acqua, per poi spalancare di nuovo le ali e uscire attraverso la finestra.

Harry prese il pacco tra le mani, e lo analizzò da varie angolature, aggrottando le sopracciglia.

“Che cos’è?” chiese Ron, un filino d’ansia nella voce.

“Non lo so; non credo l’abbiano controllato, però”

“Forse non dovremmo aprirlo; chiamo qualcuno?”

Harry scosse la testa, con leggerezza; non sapeva perché, ma sentiva che quel pacco era qualcosa di molto personale, che non voleva condividere con nessuno; qualcosa dentro di lui gli diceva che non era pericoloso.

Fece per aprirlo, ma un rumore su per le scale lo fece trasalire, e il pacco scivolò sotto il letto.

“Che combinate?” disse Sirius, reggendo due bottiglie di Burrobirra.

Remus era dietro di lui: portava dei toast avvolti in dei tovaglioli.

“Ah” aggiunse, notando lo sguardo perplesso del figlioccio “questi ve li manda Molly” e posò le bibite e i toast sulla scrivania di fronte al letto.

“Pozione Rigeneratrice, eh?” disse Remus, annusando il liquido verde che bolliva veloce nel calderone. Sirius fece una smorfia disgustata e mormorò qualcosa che somigliava stranamente a “Mocciosus”.

Remus sospirò e lo colpì dietro la nuca “Dacci un taglio, Felpato”

“A proposito” continuò Sirius, ignorando completamente l’amico “Come vanno le lezioni di Occlumanzia con Mocciosus?” chiese, simulando un falso sorriso incantato.

A Harry andò di traverso la Burrobirra, e ne rigettò un po’ nella bottiglia.

“Bene” rispose un po’ troppo in fretta “cioè… bene non proprio” continuò, in risposta all’espressione scettica del padrino “Ma vanno avanti. Ne ho una il primo giorno di ritorno dalle vacanze” disse indifferente.

“Dev’essere uno spasso” replicò sarcastico.

Harry diede un morso al toast, evitando gli occhi del padrino; avvertiva lo sguardo penetrante di Remus perforargli la schiena.

Prima che uno dei due potesse parlare, però, Hermione entrò con Grattastinchi al seguito, per controllare che i suoi due amici avessero fatto i compiti con ordine e metodo, com’è giusto che sia; appena però, vide che Ron aveva fato bollire la sua pozione senza aggiungere l’ingrediente basilare, iniziò una lunga ramanzina contro di lui. Sirius intervenne prontamente a favore di Ron, e toccò a Remus cercare di calmare le acque.

Harry ingoiò l’ultimo pazzo di toast, e riversò un po’ del liquido verde in una fiala, per poi dirigersi in cucina con una pergamena e una boccetta d’inchiostro.

Era mattina tarda e di solito nessuno dell’Ordine si presentava al Quartier Generale prima dell’ora di pranzo, soprattutto in quei giorni. La cucina, infatti, era deserta.

Harry entrò e si sedette su un alto sgabello vicino al bancone che dava ai fornelli.

Aprì la boccetta d’inchiostro e vi intinse la penna; il tema di pozioni era una delle cose più logoranti dello studio della materia, secondo lui.

Mentre le parole scorrevano sulle pergamena da sole, quasi la mano fosse incantata, Harry pensò che non ci fosse niente di più stupido che assegnare temi sulle pozioni: la bravura di un pozionista stava nel sapere preparare correttamente le varie soluzioni, non nello scrivere quanto un ingrediente fosse importante.

Harry scosse la testa e continuò a scrivere; dopotutto, quando mai Piton faceva qualcosa di sensato?

Per la prima volta da giorni, il nome di Piton fece capolino tra i suoi pensieri; era da quando era arrivato a Grimmauld Place che aveva smesso di pensarci, a lui e a quello stupido ricordo.

Aveva bocciato all’istante l’idea di parlarne con Sirius: innanzitutto, si sarebbe arrabbiato con Piton, dicendo che non aveva avuto nessun riguardo nel terminare la lezione prima ancora che fosse iniziata, e poi Harry non era neppure certo che sapesse…forse Lily non l’aveva mai raccontato a James…

Probabilmente non l’avrebbe ammesso mai neanche a se stesso, ma per un unico, infinitesimale istante aveva provato un moto di compassione per il giovane Piton; era più forte di lui, ma non riusciva a liberarsi dell’immagine di quegli occhi dannatamente luminosi davanti al viso di lei.

“Ehy”

Harry trasalì e alzò di scatto lo sguardo dal tema; Remus era entrato in cucina e si era seduto di fronte a lui.

“Pensieri?”

Harry sospirò, soppesando le parole. “Qualcuno”

Remus annuì, versando del caffè in una grande tazza arancione.

Per alcuni minuti, l’unico rumore che si sentì era il grattare della penna sulla pergamena; Harry concluse il suo tema e arrotolò il foglio accanto alla fiala di pozione, sormontata da una piccola etichetta con la scritta ‘Potter’.

“Che hai alla mano?”

La domanda di Remus lo fece quasi sobbalzare; Harry nascose istintivamente il dorso dietro la schiena, cercando di minimizzare, ma era troppo chiedere che nessuno se ne accorgesse.

Remus era sempre stato fin troppo bravo a notare cose di cui gli altri si accorgevano a malapena dell’esistenza, e Harry era certo che avesse fatto caso più volte al fatto che, da quando era tornato, non aveva mai mostrato quella mano.

“Niente…è solo una piccola ferita…sai, mentre volavo…”

Ma prima che riuscisse ad elaborare una scusa credibile, Remus gli afferrò il braccio, proprio come aveva fatto Ron, e osservò attentamente il dorso della mano.

“Come te lo sei fatto?” sussurrò a mezza voce. Harry non l’aveva mai visto così pallido e stanco.

“Remus, sto bene. Sta tranquillo, non è niente”

“Come te lo sei fatto”’

“Remus…”

Come te lo sei fatto?

Il suo tono si era fatto troppo perentorio perché Harry potesse continuare a svincolare; sospirò e iniziò a raccontare.

Parlò della Umbridge, delle punizioni con lei, del dolore alla cicatrice alla prima lezione…gli raccontò tutto, parlando a ruota libera come non faceva da mesi, e ad ogni parola sembra che il macigno dentro di lui si alleggerisse un po’.

Quando ebbe finito, Remus lo osservò in tralice, con espressione profonda.

“Perché non ci hai detto niente, Harry?”

Harry sentì un rossore lieve colorargli la guance, abbassò lo sguardo.

“Perché?”

Sospirò, e prese coraggio.

“Remus, avete tutti già abbastanza casini senza che mi ci metta anch’io. Sirius è già sufficientemente frustrato per non poter uscire di casa o litigare con Piton per come mi tratta. Gli verrebbe un aneurisma se gli dicessi cosa mi stava facendo la Umbridge. Io non voglio crearvi altri guai”
Remus lo osservò ancora in tralice; un debole sorriso gli incurvò le labbra.

“Tu non sei un casino, Harry. È vero, io e Sirius abbiamo qualche problemino al momento, ma questo non deve trattenerti dal venire da noi, quando ne hai bisogno. Se tu hai qualche problema, io voglio che tu ce ne parli. Chiaro?”

Harry annuì, sorridendo debolmente in risposta.

Remus gli poggiò una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più, e lo avvicinò a sé, stringendolo in un abbraccio.

Harry rimase per un attimo perplesso, poi affondò di più la testa tra le braccia di Remus; sentiva qualcosa di caldo dalle parti dello stomaco, qualcosa di confortante-

Era come essere abbracciati da un genitore, ed era…bello.

“Interrompo un momento d’amore?”

Harry si districò dolcemente dall’abbraccio di Remus, ed entrambi guardarono sorridendo Sirius sulla soglia.
“Entra, scemo” replicò Remus.

Sirius ghignò in direzione dell’amico, e scompigliò i capelli a Harry, lanciando uno sguardo al tema sul bancone.

“Dovresti piantarla di studiare, o diventerai peggio di Lunastorta” disse con aria afflitta.
“E quale sarebbe il danno?” replicò Remus, alzando un sopracciglio.

“Ah, se non lo vedi tu”

Remus scosse la testa, cercando invano di trattenere un sorriso.

“Veramente, sei un caso disperato, Felpato. Non so proprio come faresti, se non ci fosse questo piccolo impiastro” continuò, dando un buffetto ad Harry.

“Ma stai scherzando, vero?! Sarebbe come pensare un Mocciosus che ride dopo che si è fatto lo shampoo!”

*

“Ehy Harry mamma è uscita a fare la spesa, che ne dici di una partitina a Quidditch?”

“Certo! Aspettami in giardino, arrivo subito”

Harry corse per le scale e raggiunse la sua stanza; afferrò la Firebolt dal baule e fece per aprire la porta, ma qualcosa da sotto al letto attirò la sua attenzione.

Posò di nuovo la scopa sul copriletto, e alzò il pesante strato di trapunta e lenzuola, per estrarre un informe pacco scarlatto.

Era il pacco che gli era arrivato quella mattina, con quel buffo barbagianni.

Lo guardò incuriosito, per alcuni minuti; poi, le sue mani si mossero quasi automaticamente, ad andare a scartarlo.

L’involucro colorato conteneva un grosso uovo di Pasqua babbano al cioccolato fondente con nocciole, il suo preferito.

Harry aprì la carta cangiante che conteneva l’uovo e sciolse il nastro che lo avvolgeva.

Osservando co più attenzione l’involucro, notò una scritta luminosa sul davanti, ‘Pumpkin Pie’.

Qualcosa gli si risvegliò nella memoria…aveva già sentito quel nome - era una marca babbana di cioccolata molto famosa - solo che non ricordava dove…

Staccò un altro pezzo di cioccolato e lo mangiò: era il più buono che avesse mai assaggiato.

Nel guscio vuoto dell’uovo, notò che c’era un altro pacchettino, accompagnato da un biglietto. Su un foglietto di carta, c’era scritto, in una grafia sottile ed elegante, un breve messaggio di auguri.

Spero che apprezzerai questo piccolo pensierino; buona Pasqua.

Harry osservò perplesso il biglietto, e scartò il pacchetto che accompagnava: conteneva una piccola macchina fotografica babbana, avvolta da una bustina trasparente.

“Wow” sussurrò colpito.

Aveva riconosciuto il modello: l’aveva visto quell’estate esposto in un negozio digitale vicino casa, nel Surrey. Ma chi poteva averglielo spedito?

Chi conosceva che comprasse aggeggi babbani?

Escluse a priori i Dursley; a parte che non avrebbero mai speso un euro in più del dovuto per lui, dubitava seriamente che gli spedissero qualcosa via gufo.

La signora Weasley gli aveva dato il suo uovo il giorno prima, e anche Sirius e Remus.

Si appoggiò con la schiena all’asse del letto, continuando a riflettere e mangiando il suo uovo con gusto; era veramente squisito.

Aveva appena provato a scattare una foto con la sua nuova macchinetta digitale che una voce proveniente dalle scale lo fece trasalire; sullo schermo apparve il volto spaventato di Leotordo accecato dal flash.

“Harry, ti dai una mossa? Stiamo aspettando te!”

Harry gettò di nuovo l’uovo, il biglietto e la macchina fotografica nel pacco originario, e fece scivolare tutto sotto al letto.

Non sapeva perché, ma voleva che, almeno per il momento, quel regalo rimasse una cosa sua, sua soltanto.

Quindi, senza esitare un attimo di più, afferrò la Firebolt dal copriletto e raggiunse gli altri in giardino.

*

“E mi raccomando, fate attenzione. Noi teniamo tutti gli occhi aperti, ma non bastano mai. Vigilanza costante! Non dimenticatelo in nessun momento”

Malocchio stava abbaiando le sue raccomandazioni a chiunque gli capitasse a tiro, mentre i ragazzi raggiungevano il camino del numero dodici.

La signora Weasley sembrava ancora più agitata di Alastor e parlava con voce stridula a Ginny ed Hermione, lanciandosi in una serie di buoni consigli.

Ron, approfittando della distrazione di Hermione, stava selvaggiamente litigando con Grattastinchi, che aveva passato la mattinata a rincorrere il povero Leotordo per le scale di Grimmauld Place, e adesso stava cercando di acchiapparlo da dentro la gabbia.

Harry trascinò il suo baule giù per le scale, con Edvige poggiata su una spalla. Posò il suo bagaglio accanto agli altri, all’ingresso nel salone dei Black, prima di venir travolto da uno degli abbracci stritolanti di mamma Weasley.

“Mi raccomando, Harry, fai attenzione. Non cacciarti nei guai e fai tutto quello che ti dice il professor Piton”

Harry annuì, cercando di ignorare con tutto se stesso l’ultima raccomandazione.

Fidarsi di Piton?! Tanto valeva consegnarsi direttamente a Voldemort…

Sirius sembrava pensarla allo stesso modo, per quanto tossì scettico, ascoltando i consigli di Molly. Remus sospirò e lo colpì dietro la nuca con forza.

“Ehy ragazzo”

Harry si rivolse a Malocchio, che finalmente aveva smesso di lamentarsi di Tonks e della sua goffaggine - la ragazza era di nuovo inciampata nel portaombrelli a zampa di troll - e adesso osservava lui dall’alto in basso, con entrambi gli occhi fissi sul suo volto.

Harry gli si avvicinò, infilandosi la felpa dei Grifondoro che la signora Weasley gli aveva lavato la sera precedente.

“Ascoltami bene, tu” ringhiò a bassa voce Malocchio, poggiandogli una mano sulla spalla “cerca di non cacciarti nei guai. Tieniti lontano da quell’Umbridge, e bada a te stesso. Se hai bisogno d’aiuto, dillo a Piton, e lui contatterà qualcuno dell’Ordine, chiaro? Ma non cacciarti in situazioni pericolose”

Harry annuì; ancora quell’assurdo consiglio di fidarsi di Piton. Ma c’era un’epidemia?!

“Ehy Harry” Remus gli si avvicinò, stringendolo in un breve abbraccio.

“Fai attenzione, mi raccomando. E se hai bisogno d’aiuto…”

“…corro da zio Sev, chiaro” concluse Harry, roteando gli occhi al cielo.

Hermione, dietro di lui, lo colpì alla nuca, esasperata. Sirius ridacchiò.

“Volevo dire, contatta me o Sirius, veramente” concluse Remus, alzando un sopracciglio.

“E come? Ha detto Malocchio che nelle lettere…”

“Oh, non per lettera” replicò Remus sorridendo. Harry lo vide scambiarsi un cenno d’intesa con Sirius; avevano entrambi un guizzo divertito negli occhi.

“Be’” intervenne il suo padrino “potresti sempre scartare il pacchetto che ti ho dato a Natale”.

Harry aprì la bocca, sorpreso, ma non disse nient‘altro. Salutò Sirius, lasciandosi abbracciare, e permettendo anche a lui di fare le sue raccomandazioni noiose ed inutili - come se non sapesse che Harry le avrebbe comunque ignorate.

Dopo un ultimo saluto collettivo, Harry, Ron, Hermione, Ginny e i gemelli entrarono uno dopo l’altro nel camino, atterrando nell’ufficio della professoressa McGranitt.

Harry, che si era aspettato di trovare la sua Capocasa seduta dietro la scrivania, rimase sorpreso nel trovare la stanza deserta. Si scambiò un’occhiata curiosa con Ron ed entrambi uscirono in gran fretta dall’ufficio, trainandosi dietro i bauli.

Arrivarono tutti insieme alla Sala Comune; stranamente, era deserta anche quella.

Chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo, portarono i propri bagagli nelle rispettive stanze e si diressero nella Sala Grande. All’entrata, Harry non potè fare a meno di notare la presenza di un altro avviso, affisso accanto agli altri.

PER ORDINE DELL’INQUISITORE SUPREMO DI HOGWARTS

 

Ogni allievo dovrà essere oggetto di un incontro privato con l’Inquisitore Supremo per dimostrare di avere diritto a frequentare la scuola in quanto discendente di famiglie di maghi.

 

Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico numero Ventinove

Firmato: Dolores Jane Umbridge, Inquisitore Supremo e Preside di Hogwarts

 

Harry avvertì uno strano peso alle parti dello stomaco; sentì le viscere contorcersi e si accorse di essere diventato pallido e tremante.

Hermione, al suo fianco, cadde sul freddo pavimento di pietra, priva di sensi.




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Sono onesta: questo capitolo non mi fa affatto impazzire, anzi: in realtà volevo avere più tempo per rivederlo, ma il tempo non c'è. Domani sera (veramente, domani notte) parto e sarò via fino al quattordici. Sinceramente, mi dispiaceva non postare nulla fino al mio ritorno e non lo trovavo corretto nei confronti di quelle dolcissime persone che stanno seguendo questa storiella :)
Dunque, a voi dedico questo capitolo: spero vi piaccia più che a me. Forse, avevo immaginato diversa la scena con Remus o, sarà che volevo rivelare subito il mistero dell'uovo anonimo, o forse lo trovo semplicemente troppo prolisso. Ditemi voi, aspetto i vostri responsi con ansia (e un po' di paura xD). Mi dispiace per il ritardo, ma l'ispirazione proprio non ne voleva sapere di venire.
Intanto voglio, come sempre, ringraziare Black_Dragoon, Destiel Doped, dragoo, Elasia, FlashDelirium, gwyn, ilion13, lurin, Lisa Piton, MartyNic, nine93, Phoebe76, pixel2, RapeChan, sasukinathebest, sasy:kaulitz e simmuse che hanno messo la storia tra le seguite, Nebula93 e Vale Lovegood che l'hanno messo tra le preferite e sempre Vale, Black_Dragoon e Unbreakable_Vow (non sai quanta gioia mi ha dato la tua recensione) che l'hanno recensita. Ah, e scusate la banalità del titolo, ma non sapevo proprio che metterci .____.
Un bacio a tutti, la vostra Mary xD :3 
   
 
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