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Autore: etienne86    11/08/2011    7 recensioni
La storia comincia dall'incidente a Saont Antoine e procede abbastanza fedele all'anime, ma una scelta determinante di Andrè e la presenza di nuovi personaggi cambieranno il corso degli eventi
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Questo capitolo è melassa pura, perdonate l'eccesso zuccherino...ma si inizia ad accennare a qualcosa che Andrè ha in mente.

CAPITOLO 3

Il colonnello D'Agoult entrò educatamente nell'ufficio di Oscar.
“Lieto di vedervi così presto tra noi, comandante. Non vi aspettavo per oggi e ho quindi provveduto personalmente alle consegne dei turni e delle ronde”
“Parigi è diventata davvero una polveriera... raccomandate agli uomini la massima prudenza”
“Certamente, comandante. Ah, a proposito: il soldato Grandier è rientrato 3 giorni fa, ho firmato al vostro posto la sua riammissione, ma ho preferito assegnarlo a servizi interni, mi è sembrato ancora debilitato dall'incidente” Tacque in attesa di un commento, infine concluse “Si è offerto di occuparsi dei cavalli”
“Avete adempiuto a tutto perfettamente, colonnello, vi ringrazio per il vostro impeccabile servizio”
“Credo fareste meglio a non uscire di ronda per oggi, comandante”
Oscar lo guardò e gli sorrise. Il colonnello D'Agoult aveva dei modi quasi paterni nei suoi confronti, più di quanti ne avesse  il suo vero padre.
“Grazie, colonnello -lo rassicurò-  seguirò il vostro consiglio”.
Si salutarono velocemente e Oscar fu di nuovo sola.
Avrebbe di gran lunga preferito uscire per le strade di Parigi, dove la sua attenzione sarebbe stata occupata a perlustrare la situazione, piuttosto che rimanere in caserma a far niente. Dopo aver firmato gli ultimi documenti che il colonnello le aveva lasciato sulla scrivania, si avviò con lo sguardo diritto a fare un giro all'armeria e ai posti di sentinella. Al suo arrivo i soldati si irrigidivano nel saluto militare.
Era una giornata tiepida, con un sole caldo ed una leggera brezza, tipica della stagione primaverile. 
Oscar chiuse gli occhi e respirò profondamente. 
Sentiva il vento sospingerle dolcemente i capelli, l'aria era fresca e pulita, dopo le prolungate piogge dei giorni precedenti, e si sentiva, quasi impercettibile, il profumo dei fiori di lillà provenire dai piccoli cespugli selvatici, cresciuti negli angoli più trascurati della caserma . 
Il silenzio di quel momento, l'aria tra i capelli e il delicato profumo dei fiori la portarono con la mente lontano da Parigi, ai giorni spensierati in cui si prendeva una pausa e con il suo attendente raggiungeva la sua tenuta di Arras. Ricordò la sua risata sincera ed allegra, era così reale, le sembrava di sentirla veramente...
Spalancò gli occhi. Udiva davvero la risata di un uomo, ed era quella di Andrè, mescolata ad un vociare infantile. Dio, da quanto non sentiva Andrè ridere così! Non potè resistere alla curiosità di capire cosa lo divertisse e seguì quei suoni.
Davanti alle stalle della caserma c'era un'ampia fontana, non elegante come quella di Palazzo Jarjayes, una grossolana vasca rettangolare, scrostata. Andrè si trovava lì dentro con un cavallo dal pelo scuro, e lo spazzolava ritmicamente, dandole le spalle. 
Ma non era solo. Cinque o sei ragazzini dall'età indecifrabile, tutti di piccola statura, dall'aria smunta ed emaciata, coperti di vestiti logori, gli stavano attorno, imitando i suoi gesti. Il più piccolo era sulle sue spalle, anche lui con una spazzola, e strigliava goffamente la criniera del cavallo.
Andrè dava indicazioni su come compiere il lavoro e i ragazzini lo seguivano con attenzione. Dovevano essere i figli dei soldati, venuti insieme alle madri a trovare i genitori.
Ad un certo punto Andrè condusse fuori dalla vasca il cavallo e lo riportò nella stalla. Tornò con la sua borsa ed estrasse alcune mele rosse. Oscar immaginò le avesse portate lì dopo il suo breve rientro a Palazzo. I bambini gridarono di gioia come di fronte al più inestimabile dei tesori. Andrè calcolò che non ne aveva una per tutti e per evitare discussioni, estrasse un piccolo coltello e le tagliò a metà. Adesso erano tutti seduti attorno a lui, sul bordo della vasca, e si godevano un piccolo momento di felicità, nella loro vita fatta di stenti.
Oscar guardava la scena seminascosta all'ombra di una colonna. Si sentiva una ladra colta a spiare qualcuno, ma ne era come rapita e non riusciva ad allontanarsi. Senza accorgersene, stava sorridendo. Andrè era così dolce, sembrava perfettamente a suo agio con quei bambini e lei era estasiata a guardarlo in un ruolo che non aveva mai immaginato per lui. Era bellissimo, questo le disse il suo cuore. E lei non lo mise a tacere, ascoltò le dolci parole che le sussurrava e guardò l'uomo che conosceva da sempre, con la camicia bagnata aderente alla pelle, i capelli arruffati e quella meravigliosa risata, in mezzo ad un nugolo di mocciosi adoranti. Allora il suo cuore la condusse più lontano, altrove, in un'immagine dove c'era anche lei, e i bambini erano bellissimi, con i capelli scuri e profondi occhi verdi, come i suoi...
“Ciao, Oscar” la sua voce la risvegliò come uno schiaffo e la riportò alla realtà. I bambini si stavano allontanando con le madri verso l'uscita della caserma e lui si stava asciugando le mani, mentre le si era avvicinato di qualche passo.
Oscar si sentì avvampare le guance, come se lui le avesse letto nel pensiero. Gli sorrise, quasi timidamente. 
Andrè pensò che era incantevole, che non la vedeva così serena e dolce con lui da tanto tempo. Ricambiò il suo sorriso, poi considerò che probabilmente era felice per la visita di Fersen, forse il loro era stato un incontro di riconciliazione, magari con buone prospettive per il futuro. E lui, lui era solo un povero illuso, destinato alla miseria e alla cecità, inabile ormai anche a fare il soldato semplice. Ma questa era la realtà, inutile continuare a negarlo. Era giunto il momento di affrontarla e anche di mantenere la sua promessa. In fondo, pensare che potesse essere felice almeno lei, era quasi una consolazione.
Con un passo si fece più vicino. Adesso, nonostante le pessime condizioni del suo occhio destro, poteva vederla nitidamente, in pieno sole. I riflessi dorati dei suoi capelli, mossi dal vento, il blu trasparente dei suoi occhi, la sua pelle diafana, con le guance lievemente arrossate...Riconobbe in quei lineamenti la sua Oscar, quella che era sempre stata, fin da quando l'aveva conosciuta, bambina. E controllando un dolore sordo ma profondo, suo compagno ormai da una vita, le disse piano “Rientro nei miei alloggi, per sistemarmi...”
Oscar teneva i suoi occhi inchiodati nello sguardo profondo di Andrè, quasi ipnotizzata. L'uomo esitò un istante, poi, con un movimento leggero della mano, le sistemò una ciocca sfuggita alla sua chioma e trattenuta sulle sue labbra e le sussurrò
“Sii felice, Oscar”
Rimase sconcertata da quelle parole, ma non fece in tempo a replicare che Andrè si era già diretto alla sua camerata. 
Nonostante l'intensità di quel breve incontro, Oscar percepiva un fondo di definitiva tristezza nelle parole dell'amico e una stretta allo stomaco che aveva il sapore di un addio.


  
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