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Autore: _blackapple    11/08/2011    5 recensioni
«Pensa se avessi perso veramente la memoria!» disse ad un tratto Sirius con un ghignetto, poco prima di infilarsi a letto «Avresti finalmente dato pace alla Evans. »
«Evans? » domando James con un sopracciglio alzato «E chi è la Evans?»
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XVI

 
«Ho detto no! NO.»
«James per favore, smettila» sbuffò Lily «Hai la testa di più dura di un Erumpent. Ti mancano solo le esplosioni improvvise.»
«Fidati, ci sono anche quelle» borbottò Sirius rassegnato.

L’espresso di Hogwarts sbuffava e si snodava allegramente attraverso i campi verdissimi della Scozia, lungo il suo viaggio di ritorno per Londra. L’aria di vacanze si sentiva eccome, anche grazie al sole splendente e all’aria piacevolmente frizzante.
Il passaggio alla bella stagione sembrava influire particolarmente sugli studenti che stavano ritornando a casa per Pasqua e i prefetti avevano il loro bel daffare a tenere tutti quanti a bada.
Lily ogni due minuti balzava in piedi e sbucava nel corridoio, per sgridare qualche studente del primo anno che, in barba ad ogni raccomandazione, correva avanti ed indietro magari urlando o ridendo.

«Ouff, di nuovo quel Paciock! Ormai ci rinuncio a dirgli di starsene seduto nel suo scompartimento, non fa altro che quel che gli pare.»
«Lascia perdere, dai» le consigliò Remus
«Voglio dire, fa il sesto anno, non il secondo.» borbottò Lily. Dopo aver rinunciato a svolgere i suoi compiti da caposcuola sul treno, era passata a fare un saluto ai quattro Malandrini, prima di andare a sedersi con le sue amiche.
Aveva trovato la situazione piuttosto degenerata, ma non le era parso strano che i quattro fossero immersi nelle carte delle cioccorane, pacchetti vuoti di piperille e altri oggetti vari, visto il caos che in brevissimo tempo sembravano essere capaci di creare.
Scostò con una mano un cumulo di libri, pergamene e calzini (calzini?) che erano ammonticchiati su un sedile e prese posto pesantemente.
Pochi secondi dopo già discuteva con James.

«Te l’ho già detto, piuttosto che permettere a Sirius di trasformarsi in te, bevendo la pozione polisucco, rinuncio al duello.»
Una serie di suoni disgustati e di proteste eruppe indistintamente dai suoi quattro amici.
«Non puoi, è da vigliacco!» «E darla vinta ai Serpeverde? Nemmeno per sogno!» «Dov’è finito il tuo onore?»
«Posso almeno dire che sei ridicolo? Anzi, le tue motivazioni lo sono.» ribatté Lily
James si incupì, ma non rispose.
Aveva fin da subito opposto una fiera resistenza all’idea di Peter – un’altra delle sue insolite idee geniali ed improvvise – di utilizzare la pozione polisucco per far combattere Sirius al posto di Lily.
A tutti gli altri era parsa un’idea geniale –nonostante infatti Lily avesse una sbalorditiva predisposizione per la magia e una capacità non da meno di gestire e dominare gli incantesimi*, di certo il ragazzo era più ferrato di lei nei duelli, inoltre non solo avrebbero risolto il problema di gelosia di Sirius, ma anche le apparenze sarebbero state salve - e persino Lily aveva rinunciato a fare tante storie e riconosciuto che si trattava di un buon compromesso.
Soltanto dopo molte discussioni ed insistenze erano riusciti a far ammettere a James cosa fosse quello che lo turbava tanto.

                «Dovresti mettere i suoi vestiti.» aveva borbottato a voce bassa
                «E quindi?» aveva domandato Sirius, sbigottito «Avrei il suo corpo, non sarebbe come se mi               travestissi da donna ora. » storse il naso al solo pensiero.
                «Appunto. Appunto. Avresti il suo corpo.»

Remus era scoppiato a ridere a quel punto «Oh dio, James! Non mi dirai che sei geloso!»
Beh, a quanto pareva sì, era geloso. 

Il treno costeggiò un lago e proseguì sferragliando costeggiando una recinzione, dovevano essere circa a metà strada.
«Senti, mi svestirò ad occhi chiusi d’accordo? Anzi, mi svestirà Lily e mi rivestirà!» sbottò Sirius, ormai pressoché al limite dell’esasperazione.
«Col cavolo che Lily ti toglierà i vestiti!»
«Ma sarò lei, dannazione! Non avrò il mio corpo» Sirius quasi urlò e se non fosse stato così pigro sarebbe balzato in piedi. Invece si limitò a infilarsi le mani tra i capelli lunghi e a gemere, disperato.
«Potter. » sibilò a quel punto Lily, decisa a dare un taglio a tutta la faccenda. «Sorvolando sul fatto che tu  non hai proprio alcun diritto di decidere chi io possa o non possa svestire…» - James si ritrasse, vagamente imbarazzato, sul sedile - «…questo mi sembra un ottimo metodo per gestire la situazione. Quindi faremo così e basta. Sirius berrà la pozione bendato, si trasformerà e io lo vestirò con una mia vecchia divisa. Probabilmente gli sarà un po’ corta, ma non dovrebbe sicuramente accorgersene nessuno. Non osare lamentarti, visto che già ci tocca fare tutto questo teatrino solo per far star tranquillo te.»
James tentò di giocare un’ultima carta «So che ci vuole molto tempo per preparare la pozione. Di sicuro non faremmo in tempo per quando dobbiamo tornare a scuola.»
Ma Lily lo mise a tacere anche stavolta, con un ghigno «Non preoccuparti, credo di averne sgraffignata a sufficienza l’anno scorso, da sotto il naso di Lumacorno. »
«Tu? Sgraffignata?»
«Non per vantarmi Potter, ma diciamo che a Pozioni me la cavo. Quando il vecchio Luma ci ha dato quel progetto sulle pozioni mutaforma ho lavorato per più di un mese per produrre una pozione polisucco perfetta. E… ecco… mi sarebbe  proprio dispiaciuto buttar via tutto il paiolo dopo aver preso il mio voto. Dunque…»
«Questa ragazza mi intimorisce sempre di più. » borbottò James, poi cedette le armi e si rassegnò.
«Sicura che sia venuta bene, vero? » domandò invece inquieto Sirius «Non vorrei rimanere poi una rossa perfettina per sempre, o qualcosa del genere, solo perché tu hai messo qualche ingrediente di troppo.»
Lily lo guardò minacciosa «Black, fai un’altra insinuazione così e scoprirai quanto me la cavo anche con le fatture.»

«… James, amico mio. Per questa volta mi devo dichiarare totalmente d’accordo con te. »


~
 
Quando Lily aprì gli occhi si trovò immersa in un colore a cui non era affatto abituata. Le tende verde salvia della finestra della sua cameretta, a Cokeworth, erano sempre le stesse della sua infanzia. Man mano che gli anni passavano, quelle diventavano più sbiadite, dal sole e dal tempo, ma non perdevano mai la sfumatura che Lily tanto amava. I mobili bianchi della stanza riflettevano la luce e illuminavano a pieno la camera. La ragazza si lamentò mugugnando: la sera prima aveva scordato di chiudere le persiane di legno e la luce l’aveva svegliata.
Sbadigliando, si alzò dal letto e scese per fare colazione. Sua sorella Petunia era già in salotto, sdraiata a pancia in giù sul divano e stava leggendo una rivista, tamburellando leggermente sulle pagine con le unghie perfettamente in ordine. Lily le notò e abbassò lo sguardo sulle sue mani.
Le sue, di unghie, erano corte e insignificanti, con qualche macchia bianca sulla punta. Quelle di sua sorella erano più lunghe e curate, perfettamente ovali e sembravano lucide, probabilmente di smalto.
Le unghie di una donna.
Lily sospirò, nel guardare la sorella. Aveva già vent’anni, era praticamente un’adulta, curata e ordinata. Lei invece continuava a sembrare una ragazzina sbadata e fuori dal mondo, del tutto incapace di calarsi nel ruolo di una donna di casa, magari fidanzata o madre.
Per carità, certo era presto per pensare a quelle cose, ma quell’anno avrebbe finito la scuola e lei davvero in quel ruolo non ci si vedeva. Forse, in un mondo migliore, in un mondo senza Voldemort, allora avrebbe poi potuto pensare al suo futuro famigliare. In quel momento non riusciva a vedere altro che la guerra, sempre più vicina ed incombente e le scelte e le rinunce che quella l’avrebbe sicuramente indotta a fare. Ripensò alle parole di James, sul fatto che sarebbe stata un’ottima Auror, e si ritrovò a considerare l’idea con interesse. Si era ripromessa di non combattere mai più, per quanto avrebbe potuto evitarlo, ma ora si rendeva conto di quanto l’idea fosse ridicola. Non combattere era da codardi, da timorosi, non faceva per lei.
Ci avrebbe fatto l’abitudine – pensò – si sarebbe fatta la pelle.
«Hai finito di fissarmi?» la voce acida di sua sorella la riportò alla realtà, ricordandole che era stata imbambolata a riflettere per almeno due minuti buoni.
«Buongiorno anche a te» rispose con voce fintamente gentile, per poi dirigersi in cucina. Si domandò quando Petunia avrebbe smesso finalmente di fare la bambina. Altro che donna adulta, in quei momenti sembrava di nuovo la tredicenne gelosa di sette anni prima.
Si versò i cereali – niente succo di zucca quando era a casa, non che le dispiacesse in realtà – e salutò i suoi genitori quando entrarono in cucina.
«…e viene anche la signora Johnson questo pomeriggio, quindi ne dobbiamo fare qualcuna in più.» Lily si incantò a guardare sua madre, solare ed allegra come sempre, chiacchierare delle vicine di casa e di quello che avrebbero fatto insieme quel pomeriggio. Era come essere in famiglia.
«Non devi fare compiti o studiare vero? » le chiese suo padre, mettendo da parte il giornale di quella mattina.
«In realtà quest’anno ci sono gli esami più importanti, ma almeno per un paio di giorni posso lasciar perdere la scuola.» sorrise Lily.
«Ottimo! Allora puoi aiutarmi a decorare le uova oggi pomeriggio.» sorrise Evanna, sua madre.

Era una tradizione della loro famiglia che Lily amava, quella che preferiva in assoluto, più dei pacchetti natalizi, più dell’addobbare l’albero. Ogni anno, durante le vacanze di Pasqua, la famiglia Evans faceva tanti pacchettini di uova di cioccolato fatte in casa, pacchettini che poi distribuiva ad amici, parenti e vicini di casa.

Quel pomeriggio, rimboccandosi le maniche, le due donne tornarono in cucina e Lily con un tocco di bacchetta sgombrò completamente il tavolo. La madre la guardò con la bocca aperta e poi scoppiò in una risata cristallina, da bambina
«Sai che dopo tutti questi anni mi fa ancora tanto effetto vederti fare queste cose? È come se fossi precipitata dentro una fiaba. » Lily rise con lei e annuì, ma dentro di sé pensò a quanto le sarebbe piaciuto se tutto fosse stato così idilliaco come appariva da fuori.
Stesero sul tavolo tutti gli ingredienti necessari e cominciarono.
Chiunque fosse passato lungo la stradina di fronte alla casa in quel momento, avrebbe intravisto tra le tendine una scena perfettamente normale di armonia famigliare, e difficilmente avrebbe prestato tanta attenzione da notare il cucchiaio che rimescolava da solo il cioccolato in una ciotola, o il composto che in tutta libertà si versava negli stampini per le uova senza che nessuno lo guidasse.
«Dài, Lils, raccontami qualcosa di questi mesi. Cos’è successo a scuola? Niente di interessante?»
«Non so mamma, cosa potrei raccontarti?» Sono stata rapita mamma, mi hanno torturata, ho ucciso una persona, ho partecipato ad una festa illegale e sono uscita con il ragazzo che mi ha tormentata per due anni. «Niente di che, sai, solita routine. Sta diventando tutto molto più duro però, i M.A.G.O. si avvicinano in fretta. »
«Sei ancora la più brava in pozioni?»
Lily rise e arrossì leggermente «Più o meno. Diciamo che Severus se la cava forse più di me.»
Evanna non fece altre domande su Piton, sapendo che era un argomento davvero delicato e non voleva turbare l’atmosfera festiva.
«E nelle altre materie invece? Hai ancora problemi in Antiche Rune?»
Lily sospirò «Non sono problemi gravi,  mamma, solo faccio un po’ più fatica che ad Incantesimi, ad esempio. Credo di essere più portata per la praticità. Le traduzioni dopo un po’ mi annoiano.»
Per un momento tacquero entrambe
«E di quel ragazzo di cui mi hai parlato la scorsa estate?» Lily non arrossì, di solito non si sentiva in imbarazzo a parlare di questi argomenti con sua madre. Con suo padre era diverso, si sarebbe tagliata la lingua piuttosto che dirgli qualsiasi cosa a proposito dei ragazzi che le piacevano o che l’avevano notata a scuola.
«Intendi dire James?»
«Non mi ricordo il nome, ma so che continuava a perseguitarti» ridacchiò
«Oh sì beh… diciamo che va un po’ meglio.» tacque un secondo «Sai, mi ha invitata ad andare a vedere una partita di Quidditch con lui, durante queste vacanze.»
«Ma davvero? E tu cosa gli hai detto?»
Lily si morse il labbro e per una volta cedette all’imbarazzo «Beh, gli ho detto di sì… credo ci sentiremo ancora, ma comunque dovrebbe poi passare a prendermi qua a casa.»
«Oh, oh! Addirittura!» esclamò Evanna «Non vedo l’ora di conoscerlo. E aspetta che lo venga a sapere tuo padre.»
Ormai il volto di Lily non si distingueva più dai capelli.
 
Quando le uova furono pronte, Lily era più che euforica. Era il momento di sfoggiare a casa ciò che sapeva fare. Le piacevano queste piccole magie domestiche, le sembrava di poter far comprendere più facilmente ai suoi genitori che cosa sapeva fare, di condividere con loro parte del suo mondo.
«Che ne dici se un po’ li facciamo azzurri?» prese la bacchetta e la agitò leggermente, facendo sì che cinque piccole uova si alzassero a mezz’aria, per poi depositarsi in fila e perfettamente in equilibrio di fronte a lei.
Con un altro piccolo movimento della bacchetta il cioccolato diventò immediatamente di un turchese brillante.
«Oh cielo!» esclamò la madre gioiosa.
Poi, con piccoli tocchi, Lily cominciò a decorare le uova con delicati decori dorati. Festoni e stelline in miniatura uscivano dalla punta della bacchetta, si srotolavano con dei fruscii leggerissimi e piano si adagiavano sulla cioccolata azzurra, trapuntandola di decori.
«Sono stupendi Lils»
«Potrebbero andar meglio, non sono ancora molto pratica.» disse la ragazza con tono critico, raddrizzando a fatica e a colpettini un decoro tutto storto.

«Non preoccuparti, sorellina perfettina, ti adoriamo tutti comunque anche se gli ovetti non sono perfetti.» la voce acida di Petunia la interruppe e la fece infuriare.
«Quando la smetterai di comportarti come una bambina una buona volta?» disse, forse a voce un po’ troppo alta.
«Lily. » soffiò la voce di sua madre, terribilmente seria. Così la rossa abbassò la testa  e mentre Petunia usciva dalla cucina sbattendo la porta, la decorazione delle uova aveva improvvisamente perso ogni interesse.
 
Due giorni più tardi Lily apprese che sua sorella aveva un fidanzato. E che la loro storia andava avanti da oltre sei mesi, anche se non gliel’avevano mai detto.
Scoprì anche che per quella sera il suddetto fidanzato era invitato a cena, per fare ufficialmente conoscenza con la famiglia.

Probabilmente fino ad un mese prima, avrebbe accolto l’informazione con uno sbuffo annoiato. Ora invece era con un ghigno sadico che accoglieva l’occasione per infastidire sua sorella, senza contare che era sinceramente curiosa di conoscere chi si era accollato una lagna come Petunia.
Quando il campanello suonò, intorno alle cinque di pomeriggio, fu Lily ad aprire la porta, perché Petunia era ancora in bagno al piano di sopra che si stava preparando.
Sull’uscio stava un giovane – non doveva avere più di venticinque anni – con un’espressione molto stupita.
Era di corporatura media e capelli castano scuro; non sarebbe stato di aspetto particolarmente sgradevole, non fosse stato per gli occhi porcini, il velo di sudore sopra al labbro superiore e soprattutto la spiazzante mancanza di un collo.
Tese una mano e si piantò un sorriso mieloso sul viso, che però pareva sincero.
«Molto piacere signorina, sono Vernon Dursley.»
Lily cercò di non ridergli in faccia e con un notevole sforzo dei muscoli del viso, piegò la bocca in quello che tentò di far somigliare ad un sorriso cortese.
«Piacere, Lily. Non fa bisogno di chiamarmi signorina comunque» aggiunse
Lui si affrettò a ringraziarla e a porgerle i fiori che teneva in mano insieme ad una scatola, che però non le diede.
Lily si fece da parte per farlo entrare e lo accolse in salotto.  
«Credo che mia sorella sarà qui tra pochi minuti» sorrise e si sedette sul divano di fronte a lui. Ci fu un momento di quieto imbarazzo.
«Vi conoscete da molto?»  domandò, nonostante lo sapesse già
«Sono un po’ di mesi, sì. Ci siamo conosciuti durante un colloquio di lavoro.»
«Ma davvero?» chiese Lily, stavolta sinceramente incuriosita «E dove?»
«Mio padre possiede una fabbrica di trapani, la Grunnings» cominciò, con tono abbastanza esaltato «E Petunia era venuta per un colloquio da segretaria. »
Lily inclinò lievemente il capo, piegando le labbra in un sorriso cortese, mentre la sua mente lavorava rapida. Nessuno le aveva detto che Petunia ora avesse un lavoro e soprattutto non l’aveva mai vista uscire di casa.
«Poi, ovviamente, abbiamo raggiunto l’accordo che lavorare non sarebbe affatto stato necessario.»
«In che senso?»
«Beh… » abbassò la voce, guardandosi intorno «Credo che questa sera a cena le sarà più chiaro tutto, signorina.» le confidò con un tono complice.
In quel momento Petunia fece irruzione nella stanza e Lily, fulminata dal suo sguardo disgustato, si affrettò a dileguarsi in cucina, con la scusa di cercare un vaso per i fiori.
Sarebbe stata una lunga serata.
~
 
«E così alla fine abbiamo convenuto che il mercato non era ancora pronto per un nuovo modello. Capite, c’è molta concorrenza, è meglio lanciare i prodotti al momento giusto.» esclamò Vernon, infilandosi in bocca una forchettata di patate al forno.
Lily lo guardò con disgusto malcelato, mentre piccoli pezzi di cibo gli cadevano dalla bocca e finivano sulla tovaglia e sul piatto.
Se a prima vista le era sembrato un personaggio se non piacevole, almeno accettabile, ora aveva per forza dovuto ricredersi. Era mortalmente noioso, terribilmente petulante e ripetitivo. Oltretutto non sembrava avere molti argomenti di conversazione che non fossero la sua azienda, i trapani, il lavoro.
Scoccò uno sguardo ai suoi genitori. Sua madre stava giocherellando con la forchetta e lanciava spesso occhiate annoiate all’orologio, suo padre invece si stava davvero impegnando per fingersi interessato, ma lo tradivano gli sbadigli che si faceva sfuggire troppo spesso.

«Che ne dite se ci spostiamo in salotto?» propose Evanna, appena tutti ebbero svuotato i piattini del dolce.
«Lily, cara, che ne dici di preparare il caffè per tutti?» Lily annuì con entusiasmo e guardò i quattro allontanarsi in direzione del salotto. Si appoggiò sul bancone della cucina e finse di sbattere piano la testa contro la mensola.
Sentì la risatina di sua madre e si voltò «Ti prego, se mai dovessi tornare a casa con un tizio del genere, fermami.»
«So che a Petunia piace molto» ribatté la donna quietamente «Evidentemente ha delle noti nascoste.»
Lily le lanciò un’occhiata maliziosa e scoppiò a ridere, soffocando il rumore tra le braccia incrociate.

Si dilungò in cucina il più possibile, sparecchiando e pulendo, ma dopo mezz’ora capì che non era più possibile procrastinare; fece il caffè e si diresse verso il salotto.
Fece girare le tazzine e di malavoglia si costrinse a sedersi tra suo padre e sua sorella.

Vernon giocherellò per un po’ con il manico della tazzina e poi la posò sul tavolino.
Si sfregò le mani sui pantaloni e chinò la testa.
«Io… sono venuto qui per porgerle una richiesta, signor Evans.» cominciò, rivolgendosi esclusivamente all’uomo, ma guardando Petunia.
«Io e Petunia ormai ci conosciamo bene e abbiamo pensato di poter fare un passo avanti nella nostra relazione. Sono qui anche per questo. Vorrei chiederle il permesso di sposarla.»
CRACK. Tutte le tazzine vuote che erano appoggiate sul tavolino esplosero contemporaneamente, spargendo cocci e gocce di caffè da ogni parte.

Petunia aveva smesso di fissare il suo fidanzato e piantato gli occhi furiosi su sua sorella, Evanna si portò le mani alla bocca ed emise un suono soffocato, Robert Evans invece rimase immobile, a fissare il ragazzo. Vernon ora guardava le tazzine rotte con la bocca spalancata e un’espressione completamente ebete.
«Err...»
Lily fece per balzare in piedi e fare qualcosa, quando, nel giro di pochi secondi, un ticchettio improvviso e molto rumoroso al vetro della finestra li fece sobbalzare tutti quanti.
Un grosso gufo grigio se ne stava appollaiato sul davanzale e becchettava contro il vetro, distendendo una gamba per mostrare la grossa lettera bianca che vi era legata.
Il silenzio nella stanza ora era assordante.

~


«TU. TU!» urlò Petunia fuori di se, rientrando in salotto dopo aver accompagnato Vernon alla porta, un quarto d’ora più tardi. Era violacea in viso, a chiazze. Sembrava sul punto di saltare addosso a Lily.
«LO HAI FATTO APPOSTA, LO SO CHE LO HAI FATTO APPOSTA. SEI DIGUSTOSA, SEI SOLTANTO INVIDIOSA CHE IO HO UNA VITA NORMALE. SEI UN MOSTRO, TI ODIO. » Urlava e batteva i piedi per terra, in preda ad una scenata isterica di tutto punto. Sarebbe andata avanti a riversare insulti su sua sorella, se Evanna non fosse corsa a fermarla e non l’avesse trascinata via in cucina.
Si sentì il suono di due schiaffi e il silenzio che ne seguì.
Era successo il putiferio, il putiferio. Vernon era rimasto sconvolto e aveva dovuto bere un po’ di brandy per calmarsi, la situazione ai suoi occhi era semplicemente assurda.
Non c’era più stato il tempo per parlare del matrimonio, anzi, avevano accennato leggermente alla “condizione” di Lily e alle sue abilità. Il tutto mentre Petunia stringeva con forza il suo vestito, senza avere la forza di aprire bocca, con il viso di una leggera sfumatura verdastra.
Le spiegazioni, le parole, i discorsi, le riempivano la testa. Sentiva gli echi delle loro voci risuonarle nelle orecchie.
Lily aveva una certa nausea. Stringeva ancora tra le mani la lettera – di James – e la liberò in fretta dalla busta.

Cara Lily,
                spero tu stia bene. Io e Sirius siamo ok, anche se un po’ ammaccati. Ha una certa ossessione per i mezzi di trasporto babbani e così in questi giorni ci siamo messi a riparare una vecchia motocicletta – credo si chiami così no?- che un amico nato babbano dei miei genitori ci ha regalato.  Beh, oggi l’abbiamo provata ed è davvero fantastica, quasi più veloce della mia scopa, però devo ammettere che è più comoda.
Siamo andati a fare un giro nei campi non lontano da casa mia, per provarla, e abbiamo avuto qualche difficoltà a capire come manovrarla, per questo ora non siamo proprio in forma. L’albero però sta peggio di noi.
Ti racconterò meglio quando ci vedremo. Ancora d’accordo per andare a vedere la partita di Quidditch? Se per te va bene rispondimi presto, rimanda indietro il gufo.
Passerò a prenderti per le tre di giovedì, scrivimi anche l’indirizzo di casa tua per piacere.
Spero di sentirti presto,

con affetto,
James.
Rialzò gli occhi dal foglio giusto per vedere sua sorella che veniva amorevolmente scortata da sua madre al piano di sopra. Si voltò per non vedere il suo sguardo carico d’odio e uscì in giardino. Sarebbero state delle vacanze molto lunghe.

 
 
 















 
* Non è una mary-suata, lo dice la Rowling stessa che Lily era una strega molto potente ed abile per la sua età. 

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Gente MI DISPIACE. Un altro capitolo dove non succede nulla! Però dovevo per forza metterlo! In realtà questa è metà di un capitolo più lungo, ma mettere tutto insieme sarebbe diventato eterno D:

Santa pazienza e scusatemi. 
   
 
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