EPILOGO

“Resterai qui con me?”
La voce roca di Nami, ancora mezza addormentata accanto a lui, dopo la notte d’amore passata insieme, giunse come il dolce cinguettio di un uccellino. Le baciò la fronte. “Tu vuoi ch’io resti?”
“Non vivo, senza di te”
“Sei una regina…” le ricordò il guerriero, pur stringendola a sé e facendole dono di nuovi baci, premio per quella fiducia incondizionata che la legava a lui. “…ed io un poveraccio che conosce solo il linguaggio delle armi”
La principessa si levò sul fianco, appoggiandosi al suo corpo nudo e ricoperto di fasciature. “Linguaggio d’armi e d’amore: non ci sarà mai nessuno che potrà dimostrarmi la stessa dedizione. Sei l’eroe di questo regno: quel che possiedo, lo dono a te”
“Resterò, allora” accomodò Zoro, lisciandole il contorno del viso col dorso di un dito. “Sarò la tua guardia del corpo”
“Sarai mio marito”
Scosse il capo. “Non è possibile, lo sai”
Nami gli bloccò la mano per prenderla fra le sue. “Vuoi che sposi il Re dell’Est?”
Il mercenario trattenne a stento un’imprecazione, ma la smorfia che assunse il suo viso parlò per lui.
“Ti amo” ribadì il concetto la ragazza, nel caso Zoro non avesse afferrato quando glielo aveva urlato davanti a tutti e quattro di regni. “Tu o nessun altro”

Il ministro inviato dalla Regina dell’Ovest si inginocchiò e cominciò a discorrere di quanto la sua sovrana mandava ad annunciare riguardo ai problemi avuti nell’ultimo periodo ai confini tra le loro terre: un gregge di arieti dell’Ovest, durante un pascolo a cavallo fra i due reami, si era accoppiato con un gregge di pecore del Regno di Mezzo, e ora il proprietario degli arieti esigeva metà della figliolanza, visto che l’evento non era stato programmato né da lui né dall’altro pastore che invece continuava a rivendicarne la priorità.
Nami, annoiata da tutto quel ciarlare da parte di nobili e ministri, si alzò in piedi e, aiutata da Rosemary, scese i gradini del trono. “Vogliate perdonarmi, buon’uomo” cominciò con voce stanca, dopo due ore passate ad ascoltare quel che sudditi ed emissari avevano da dirle. “Non mi sento troppo bene, oggi, per cui vi sarei grata se poteste esporre la questione al Re, piuttosto che alla sottoscritta” spiegò, una mano al dolce peso che portava in grembo ormai da diversi mesi. “Rosemary, ti spiacerebbe andare a chiamare sua Maestà?”
La ragazza balbettò un attimo, prima di rispondere in un bisbiglio sommesso: “Maestà, vostro marito non è a palazzo, al momento…”
La regina aggrottò le sopracciglia. “Come?”
“L’avevamo già mandato a cercare prima che iniziaste l’udienza, ma…”
“‘Ma’, cosa? In nome del cielo, parla!”
“Maestà, pare che vostro marito si sia dato alla fuga ancora una volta per evitare di esser coinvolto in queste lunghe sedute… Lo sapete anche voi che non le sopporta e che fa di tutto per sfuggire le sue responsabilità di consorte reale… E, se posso permettermi, temo che si sia unito ancora una volta agli allenamenti delle guardie del castello…”
E un attimo dopo, il ministro del Regno dell’Ovest sobbalzò spaventato per il violento urlo poco umano che si levò nella sala del trono e che si spanse su tutta l’area circostante, entro un raggio di almeno venti chilometri dalla capitale: “ZOROOO!!!