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Autore: storyteller lover    12/08/2011    0 recensioni
"Ricordami, quando me ne sarò andata via,
via, lontano nella silente terra,
quando non potrai più tenermi per mano…
soltanto ricordami…
Tuttavia, se dovessi dimenticarmi a volte
e poi ricordami, non addolorarti:
perché se l’oscurità e la corruzione lasciassero
un segno dei pensieri che ebbi un tempo,
sarebbe meglio per te dimenticare e sorridere
che ricordare ed essere triste."

(Traduzione libera da Christina Rossetti, Remember, 1860)
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Cap. 8 Verità e Bugie

Quella sera Harry arrivò presto nella stanza delle necessità per l’ultima riunione dell’ES prima delle vacanze*  ed ebbe così il tempo di liberarsi delle quanto mai imbarazzanti decorazioni natalizie che Dobby aveva seminato per tutto l’ambiente. Era sicuro che fosse stato l’elfo. nessun altro avrebbe potuto appendere al soffitto cento medaglioni dorati, tutti con il ritratto di Harry e con la scritta. “BUON NATALE HARRY POTTER SIGNORE!”*.
Lasciò soltanto il vischio, sparso qua e là. Si addiceva bene al clima natalizio.
Sebbene fosse fisicamente ancora ad Hogwarts, nella sua mente già si vedeva proiettato al Quartier Generale, a trascorrere il suo primo, vero Natale in un luogo che non fosse Hogwarts e nemmeno la casa dei Dursley.
Ci sarebbero stati tutti e soprattutto, avrebbe finalmente trascorso un Natale con Sirius.
Sì, pensò, quell’anno si prospettava un Natale veramente felice per lui, per Sirius, per tutti.
Non voleva pensare più a nient’altro.
Immerso così nei suoi pensieri, Harry quasi non si accorse della presenza di Luna Lovegood, cosa che per altro accadeva di frequente. Non che lui fosse spesso sovrappensiero, ma chissà come Luna aveva la capacità di apparire sempre all’improvviso e senza mai annunciarsi. Piano, piano, poi, iniziarono ad arrivare sempre più persone e quindi Harry abbandonò totalmente i suoi pensieri per dedicarsi all’ultima riunione dell’ES prima di Natale. Avrebbero molto semplicemente ripassato tutto quello che avevano fatto fino a quel momento, a cominciare dall’expelliarmus fino agli schiantesimi. Non aveva senso fare qualcosa di nuovo proprio durante l’ultimo incontro. Inoltre, avrebbe potuto constatare i progressi ma anche le necessarie correzioni da segnalare. Per la verità erano tutti così migliorati che Harry dovette fare davvero molto poco. La cosa era quanto mai rassicurante e alla fine della lezione tutti erano ugualmente e profondamente soddisfatti di sé stessi.
Anche Nevill aveva fatto passi da gigante, aiutato da Harry ma anche sostenuto dagli altri, soprattutto da Hermione e da Ella. Alla fine dell’ora* si lasciarono tutti in perfetta armonia.

Si diffuse un mormorio eccitato. La stanza si svuotava a poco a poco; uscendo, quasi tutti augurarono a Harry buon natale.*
Insieme a Ron, Hermione ed Ella, Harry sistemò i cuscini e tutto l’occorrente che avevano usato in un angolo.  Ron e Hermione uscirono dalla stanza prima di lui.* Ella invece stava recuperando la borsa insieme ai libri che aveva lasciato in fondo alla stanza, perché non fossero d’intralcio. Allora Harry cercò di cogliere l’occasione all’istante.
“Ella” La chiamò “Ella, ho bisogno di parlarti. Puoi aspettare un momento prima di andare?”.
Sentendosi chiamare, Ella si voltò, puntando i suoi occhi verde smeraldo dritti in faccia a Harry. Non aveva l’aria arrabbiata, né sembrava essere in collera con lui. Era solo delusa, forse.
“Ecco, io volevo scusarmi con te per quello che è successo l’altro giorno. Cioè, non so esattamente cosa ho fatto, né tu cerchi in qualche modo di dirmelo o di farmelo capire, ma so che c’è qualcosa che non va e vorrei chiederti scusa, qualunque cosa sia.” Le disse, tutto d’un fiato.
Ella lo guardò sorpresa. Non se l’era aspettato. Harry le stava chiedendo scusa, e nemmeno sapeva per cosa, ma lo stava facendo. Ella non sapeva se essere contenta del fatto che Harry tenesse a riappacificarsi con lei o se dovesse tenere conto del fatto che per lui in realtà non era successo niente alla fine, o almeno, niente che fosse da imputare a lui. Ci teneva a restaurare nuovamente quel legame che si stava creando piano, piano tra loro, ma non sapeva nemmeno che cosa lo aveva scosso. In effetti, a ripensarci bene, tra tutti e due, era stato Harry quello a comportarsi in modo più strano. Le aveva parlato solo poche volte, cercava di non infastidirla per nessun motivo, anche se non ce n’era bisogno. E ora le chiedeva scusa per un qualcosa si cui non conosceva perfettamente l’entità ma ci teneva particolarmente a dirlo. Tutto questo portò Ella a fare una semplice ma chiara osservazione.
“Tu credi che io sia arrabbiata con te?” Gli chiese, suscitando per altro un’espressione sorpresa sul viso di Harry, che di certo non si aspettava di sentirsi porre una domanda al posto di un semplice “accetto le tue scuse, ma non ce n’era bisogno, davvero."
"Tu credi che io sia arrabbiata con te quindi pensi che basti chiedere scusa per qualcosa che per altro ignori e sistemare le cose. Harry, ti ho dato veramente quest’impressione?” Continuò Ella, pacatamente, ma il tono della sua voce tradiva un po’ di emozione. Mentre parlava Harry pensò di essersi comportato in maniera molto stupida.
“Non sono arrabbiata conte, Harry. Mi ha semplicemente dato fastidio il modo in cui lei ha trattato Neville e il fatto che ti abbia messo in mezzo. Davvero Harry, non c’è bisogno che ti scusi e mi dispiace se hai pensato di doverlo fare.” Gli disse Ella, profondamente dispiaciuta.
“Credevo di averti, insomma, credevo di averti offesa in qualche modo o di averti ferita.” Disse Harry, cercando di trovare un attenuante.
“Ma no, Harry!” Disse Ella, sorridendogli dolcemente, “Però non vorrei mai che qualcuno mi mettesse contro uno dei miei amici.” Queste parole colpirono Harry profondamente.
“Non era mia intenzione.” Le disse, allora. “Cercavo solo di fare la cosa giusta.”
“Lo so e ti ringrazio. Scusami ancora Harry.” Rispose Ella, sfiorandogli il braccio. “Vado a posare i libri. Ci vediamo nella sala comune… no, aspetta! Credo che andrò subito a dormire.” Disse Ella. “E’ stata una giornata lunga e faticosa. Domani però andrà meglio. Buonanotte, Harry.” Così dicendo, anche Ella lasciò la stanza delle necessità ed Harry rimase lì con un leggero senso di vuoto allo stomaco.
Riuscì a malapena a vederla uscire, tanto era stata svelta e il ragazzo aveva appena iniziato a maledirsi tra sé e sé per essere stato un completo e perfetto idiota quando la sua attenzione fu attirata da qualcos’altro.

“No, vai pure.” sentì che diceva alla sua amica…era sicuro che fossero soli e aspettò che lei parlasse.*
Le lacrime e il vischio sparso da Dobby qua e là fecero il resto.

 

Poco dopo, nella
Sala Comune dei Grifondoro

 

Harry era conscio, al suo rientro nella Sala Comune, di essere completamente sotto shock. L’espressione che gli si era dipinta sul viso tradiva e mostrava in maniera evidente l'ansia che si agitava dentro di lui.
Proprio per questo, Ron ed Hermione, che aveva trovati seduti nei posti migliori, vicino al fuoco*, non tardarono a intuire chi e che cosa avessero potuto trattenerlo. Istintivamente, Harry aveva tirato un sospiro di sollievo vedendo che Ella non era lì con loro. La cosa era già abbastanza imbarazzante così com’era.
Non lo disse apertamente ai due amici, ma confidava nel fatto che né Ron né Hermione aprissero il discorso con Ella in seguito.

“E allora?” domandò finalmente Ron…”Com’è stato?”*
Harry ci pensò un momento.*
“Umido” rispose con sincerità.*
Nei successivi dieci o quindici minuti, Harry descrisse tutto quanto. Lui e Cho, il vischio, i pianti della ragazza, tutto ciò che poteva venirgli in mente.   
Ron era eccitato, anche più del dovuto. Harry invece non sapeva come classificare la cosa. Non era stato piacevole ma nemmeno così orribile. Hermione al contempo gli suggeriva di pensare al futuro e a quando invitare Cho ad uscire. Quello era un altro problema. Non lo sapeva. Almeno per il momento.
“Harry, che cosa ti ha detto Ella quando ce ne siamo andati?” Gli chiese Ron poi, cambiando discorso.
“Ma non riesci proprio a farti i fatti tuoi, vero Ron?” Disse subito Hermione. “Non sono cose che ci riguardano. anche se Ella è tua cugina.”
“Stavo solo chiedendo, non c’è nulla di male. E poi proprio perché è mia cugina mi interessa.” Rispose Ron concitato. Hermione alzò gli occhi al cielo, rassegnata dalla totale mancanza di tatto e delicatezza da parte di Ron. Ma se Harry non si opponeva, lei poteva farci ben poco.
In effetti, Harry si sarebbe veramente astenuto dal parlare della cosa. Disse solo lo stretto necessario. Lui ed Ella avevano chiarito il malinteso che si era venuto a creare. Erano amici e lei non era risentita con lui ma era soltanto infastidita dalla situazione. Non voleva che qualcuno li mettesse l’uno contro l’altra.
“E’ normale. Purtroppo il messaggio che è arrivato a tutti è l’esatto contrario. E le voci, Harry, corrono anche qui ad Hogwarts.” Gli disse Hermione con sguardo allusivo.
“Voci? Quali voci? Ma di che messaggio stai parlando?” Chiese Ron che, come al solito non aveva inteso l’allusione insita nelle parole di Hermione. “Io non ho visto nulla di strano.”
“Questo perché non sei molto sveglio e non vedi quello che per tutti gli altri sembra essere più che evidente.” Gli rispose Hermione.
“Harry,” Disse Ron confuso “tu ci hai capito qualcosa? Oh, ma perché c’è sempre qualcosa che mi sfugge?”
“Oh, Ronald sei impossibile!” Sbottò Hermione. “Ma non capisci? Visto che Cho ha in maniera evidente coinvolto Harry nella sua discussione con Ella, e, perdonami Harry, il fatto che tu abbia accondisceso apertamente alla sua tacita richiesta ha peggiorato la situazione, a tutti è sembrato che il loro litigio fosse dovuto ad una rivalità fra Ella e Cho per Harry.” Spiegò Hermione. Ovviamente, Ron si era perso intorno alla metà del discorso, cioè al passaggio cruciale.
“Io non ci ho capito niente.” Disse.
Hermione sbuffò sonoramente all’ennesima dimostrazione della mancanza di comprensione da parte del ragazzo e cercò di rispiegarglielo.
“Cioè tu dici che a tutti quanti sembra che a Ella piaccia Harry? E perché mai qualcuno dovrebbe pensare una stupidaggine del genere?” Chiese in fine Ron.
“Sì, alla prima domanda, e non lo so ma non è così impensabile, alla seconda.” Rispose Hermione, contenta di avere perlomeno raggiunto questo piccolo risultato.
“E’ la cosa più stupida che abbia mai sentito!” Continuò Ron, incurante dell’imbarazzo sempre più crescente in cui si trovava Harry. Le sue vicissitudini sentimentali e quelle delle presunte ragazze che giravano intorno a lui venivano spiattellate e sminuite sia da Ron che da Hermione nello stesso momento, come se lui non potesse sentirli.
“Ma è assurdo! A Ella non piace Harry,” Disse Ron, ma subito fu colto dal dubbio. “giusto?”
“No, zucca vuota!” Gli disse Hermione. ”Ma non ci senti? Harry ha appena finito di dire che per Ella lui è un amico. Ma le persone questo non lo sanno e quindi  tendono a vedere le cose in modo distorto.”
“E perché, scusa? Io non ho mai pensato una cosa del genere e sto sempre con loro. Come possono pensarlo gli altri allora?” Disse Ron, incredulo.
“Sai, Ron” Disse Hermione, in evidente stato di esasperazione “quando un ragazzo e una ragazza che non sono fratelli, cugini o in qualsiasi altro modo imparentati fra loro, è difficile per le persone che li vedono da fuori pensare che possano essere solo amici.“
“Ma perché? Non potrebbero semplicemente evitare di pensarlo?” Ribatté Ron.
“Basta! Io ci rinuncio.” Disse Hermione, alzandosi dalla poltrona. “Vado a dormire. Tutto questo parlare mi ha fatto venire un gran mal di testa. Buona notte. Ci vediamo domani.”
E, in men che non si dica, era già scomparsa dietro la scala a chiocciola che portava al dormitorio delle ragazze.
Harry e Ron erano rimasti da soli. Gli ultimi tizzoni ardenti di quello che era stato un bel fuoco scoppiettante emanavano le loro ultime, fievoli scintille.

Ma il fuoco si spense a poco a poco, finché i tizzoni non crollavano inceneriti e Harry, guardandosi intorno, vide che ancora una volta erano gli ultimi rimasti nella sala comune*.
“E’ tardi. Forse sarebbe meglio che andassimo a dormire anche noi.” Suggerì Harry, per rompere il silenzio.
“Già.” Gli rispose Ron semplicemente. “Senti, Harry, a te piace Cho, giusto?”
La domanda di Ron era molto personale, ma a un amico Harry riusciva a rispondere sinceramente.
“Sì, anche da un bel po’ a dire il vero.”
Allora dovresti chiederle di uscire, credo.” Continuò Ron.
“Lo so, ma è più facile a dirsi che a farsi. Al momento non saprei cosa dire.” Confessò Harry.
“Ci riuscirai, ma forse è meglio dormirci un po’ su.” Disse Ron, sbadigliando sonoramente.
Senza dire altro, i due ragazzi salirono nella loro camera. Si spogliarono e si misero i pigiami in silenzio; Dean, Seamus e Neville erano già addormentati. Harry posò gli occhiali sul comodino e si infilò nel letto, ma non chiuse le tende; rimase a guardare la striscia di cielo stellato visibile dalla finestra vicino al letto di Neville*. Pensava che se qualcuno gli avesse detto ieri che avrebbe baciato Cho, non gli avrebbe creduto. Era al di fuori di ogni sua aspettativa. Il russare e i grugniti di Ron gli fecero capire subito che l’amico si era addormentato.
L’ultimo pensiero di Harry prima di abbandonarsi a un sonno profondo, agitato e tanto orribile quanto reale, furono che a differenza di Ron ed Hermione, per lui non era così assurdo che Ella potesse farsi piacere un tipo come lui. Forse, nel suo piccolo, non gli sarebbe dispiaciuto.

   

Quella notte, nell’ufficio del preside

Silente era seduto sulla scrivania, su una sedia dallo schienale alto; si chinò in avanti nel cerchio di luce della candela che illuminava le carte sparse davanti a lui… era perfettamente sveglio, e i suoi penetranti occhi azzurri** evitavano di posarsi su di Harry. Il vecchio preside si alzò. Cominciò a camminare per la stanza, a girare indisturbato tra i vari tavolini dello studio in cui vi erano molti strumenti dall’uso ignoto che tintinnavano flebilmente. Harry tremava e parlava. Raccontava quello che aveva visto, quello che credeva di aver visto nel sogno. Accanto a lui, Ron e la McGranitt ascoltavano in silenzio.
Come lo hai visto?… da quale posizione hai osservato l’attacco? Eri vicino alla vittima,  guardavi la scena dall’alto?**.
Perché non capivano? Perché nessuno faceva qualcosa? Dovevano trovarlo subito, dovevano rendersi conto che la situazione era grave.
Harry sentiva freddo e le ginocchia iniziavano a cedere sotto il suo peso. Sentiva ancora la sensazione di un corpo, il suo corpo, che strisciava su di una superficie liscia, fredda, marmorea e la percezione dei morsi, delle zanne che penetravano la carne. Il sangue sgorgava a fiotti, caldo e scuro.
Era stato orribile.

“Ho visto tutto dal punto di vista del serpente… il serpente ero io.**”

Silente continuava a andare su e giù per il suo studio parlando tra sé e sé. Ordinò a due dei ritratti dei vecchi presidi di Hogwarts di andare a cercare aiuto. Fanny, la fenice, avrebbe dato il segnale d’allarme.

“Minerva, ho bisogno che lei vada a svegliare gli altri ragazzi Weasley-“**
Disse Silente. In poco tempo sistemò ogni cosa. I ragazzi Weasley e Harry Potter sarebbero stati trasferiti al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice quella notte stessa. Avrebbero viaggiato tramite passaporta.
Sirius sarebbe stato avvertito da Phineas Nigellus, grazie al suo secondo ritratto che ancora si trovava in quella che era stata l’antica dimora dei Black,e quando George, Fred e Ginny entrarono nello studio d Silente, il preside li fece avvicinare alla sua scrivania.
In pochi secondi, furono tutti agganciati alla passaporta che li avrebbe portati lontano da Hogwarts, via dalle grinfie della Umbridge, più vicini al’ospedale San Mungo dove Arthur Weasley veniva trasportato proprio in quel momento. Non appena se ne furono andati, la professoressa McGranitt, che fino a quel momento non aveva proferito verbo, prese la parola, interrompendo i pensieri affollati e silenziosi di Silente.
“Albus…” Disse la McGranitt debolmente, consapevole di disturbarlo. “Che cosa devo dire a Dolores Umbridge? Farà sicuramente delle domande.”
Silente guardò la McGranitt a lungo prima di risponderle.

“Minerva, vada a distrarla,le racconti una storia qualunque…**”

In quello stesso istante, la porta dell’ufficio si aprì. Per un momento la McGranitt temette che si trattasse dell’Umbridge. Era soltanto Severus Piton.
“Credevo dovesse parlarmi in privato, signor preside.” Disse col suo solito tono tranquillo.
“Sì, Severus, ma purtroppo, si sono verificati degli avvenimenti tanto infausti quanto preoccupanti.” Gli rispose Silente. Brevemente, gli riferì quanto era appena accaduto. Harry Potter e i ragazzi Weasley avevano lasciato il castello. Arthur Weasley era in gravissime condizioni.
“La prego di scusarci, Minerva. Trattenga Dolores, per quanto ardua possa sembrare l’impresa.” Terminò Silente.
Ma la McGrannit aveva ancora un’altra domanda da porgergli.
“Albus, cosa crede dovremmo fare con la signorina Davies?” Chiese la professoressa.
“Ah, già, la signorina Davies.” Disse Silente. “Per il momento, lasciamola riposare tranquilla. Domani le spiegheremo tutta la faccenda, sperando che non ci sia altro da aggiungere a questo tragico avvenimento.”
“Albus, devo essere franca.” Disse la McGranitt, la quale si attendeva dal preside un altro tipo di soluzione. “La signorina Davies non ha nessun altro a parte i Weasley. Non può farla trasferire al Quartier Generale come gli altri ragazzi? Non è sicuro per lei…” Stava dicendo la McGranitt, ma Silente le fece segno di tacere.
“Non potevamo mandarla insieme agli altri ragazzi. Non è tra i parenti più prossimi di Arthur Weasley e non sarebbe saggio trasferirla ora. Sarà già difficile spiegare i motivi della partenza di Harry insieme ai ragazzi Weasley. Non dobbiamo far sorgere altri sospetti. La ragazza lascerà la scuola come tutti gli altri ragazzi domani sera, al termine delle lezioni.” Disse Silente, ma le sue parole ebbero come effetto quello di gettare la McGranitt ancora di più nello sgomento.
“Non voglio discutere i suoi ordini Albus, e mi fido ciecamente del suo giudizio, ma non può non vedere come lasciando partire la ragazza insieme agli altri, col treno, sola, la metteremo praticamente a rischio di chissà cosa. E’ l’unico membro della famiglia Weasley ancora vulnerabile e non al sicuro. Dopo quello che è successo sta notte Voi-Sapete-Chi, ma anche i suoi, sicuramente, indubbiamente si faranno vivi. Non può non vederlo.” Disse la McGRanitt. Istintivamente, gettò uno sguardo nella direzione di Piton. Non sospettava di lui, non finché Silente si fidava di lui, ma di certo, si muoveva tra i seguaci di Voldemort ed era a questi molto vicino.
“Molto nobile da parte tua, Minerva, interessarti della nostra signorina Davies.” Disse Silente. “E sicuramente, nemmeno io desidero mettere una dei miei allievi in pericolo. La signorina Davies lascerà la scuola domani sera. Su questo non posso essere transigente. In ogni caso, non c’è luogo in cui possa essere più al sicuro, se non ad Hogwarts e, mi si permetta la presunzione, il più possibile vicina a me.”
“Ma, Albus, io…” Stava per dire la McGranitt, ma Silente riprese quasi contemporaneamente a lei.
“Ma, nonostante tutto, lascerà il castello. Severus l’accompagnerà al Quartier Generale. Nessuno lo verrà a sapere. Con lui, la ragazza sarà al sicuro. E poi, il custode segreto sono io.” Continuò il preside, sfiorando uno dei suoi delicati strumenti d’argento. La McGranitt restò sorpresa.
“Non credere però, Minerva, che non ti ritenga allo stesso modo adatta. Severus doveva comunque andare al Quartier Generale.” Disse Silente, guardando Piton. Quest’ultimo fece segno d’assenso, quasi a voler confermare quanto diceva il preside. “Come direttrice della casa di Grifondoro, spetterebbe a te, questo è vero, ma al momento, né io e né tu potremo lasciare il castello. Prevedo che il nostro inquisitore supremo pretenderà di interrogarci dettagliatamente su tutta la faccenda.” Concluse.
“Ma certo.” Rispose la McGranitt, sollevata. ”Vado a trattenere Dolores. Grazie, Severus.” Disse la McGranitt e lasciò immediatamente l’ufficio.
La porta non aveva fatto in tempo a chiudersi che già Silente aveva ripreso a passeggiare su e giù, percorrendo l’ufficio a grandi ma lenti passi. Rifletteva sul da farsi, cercava la soluzione al problema, come Piton gli aveva visto fare spesso in momenti come quelli.
“Severus, avrò bisogno di te.” Disse e parlarono a lungo per quella notte.

 

Il giorno dopo,
a pranzo

 
Alla povera Ella saltò quasi il cuore in gola quando il mattino seguente non trovò nella sala comune i suoi cugini ed Harry. Lei ed Hermione non furono informate di quanto era successo se non dopo colazione, che per altro non gustarono per nulla, vista la loro preoccupazione. Sapevano soltanto quello che in poco tempo si era sparso per tutta la scuola: i ragazzi Weasley ed Harry Potter avevano lasciato la scuola nel cuore della notte.
“Non riesco a pensare a niente di quello che potrebbe essere successo.” Disse Hermione, giocando con le patate arrosto nel suo piatto, diventate ormai fredde. “Spero che stiano tutti bene.”
Ella era invece più taciturna. Pensava ma non riusciva a immaginare che cosa potesse spiegare quell’improvvisa e inaspettata assenza. Di certo non poteva essere nulla di buono. Cercava di trattenere qualche lacrima dovuta al nervosismo.
“Anche gli altri ragazzi nella sala comune questa mattina facevano domande.” Continuò Hermione, riferendosi a i compagni di dormitorio di Harry e Ron, Seamus, Dean e Neville.
Ella non rispose. Di certo erano stati portati via in fretta e furia, nel cuore della notte.
Rapidamente, gettò uno sguardo al tavolo degli insegnanti. Silente stava mangiando tranquillamente. Forse stava ascoltando qualcosa che il professor Vitious stava raccontando con estrema energia, evidente, nonostante la sua ridotta statura. La McGranitt non c’era. Forse era stata trattenuta dall’ennesimo interrogatorio della Umbridge, per la quale  il fatto che cinque studenti fossero riusciti a scavalcarla e a lasciare Hogwarts senza che lei lo sapesse era a dir poco inconcepibile.  “Qui c’è aria di complotto.” Aveva detto quella mattina, quando Ella era stata convocata nel suo ufficio. Per fortuna, c’erano prove evidenti del fatto che lei non poteva essere in alcun modo implicata nell’accaduto. La Mcgranitt aveva perorato il suo caso e la povera ragazza era stata lasciata andare senza troppe cerimonie o eccessive ritrosie.
Era ancora presa dall’osservare il gesticolare movimentato del professor Vitious che quasi non si accorse dell’occhiolino che Silente le rivolse, non visto. Un sorriso leggero sotto i baffi bianchi del preside, la rincuorarono. Qualunque cosa fosse successa, il peggio era passato. 
“Non riesco a mangiare!” sbottò Hermione, evidentemente frustrata e preoccupata. “Sono sicura che è stata colpa di Ron. Si mette sempre nei guai, e avrà trascinato Harry e i suoi fratelli in qualche disastro. Non può essere altrimenti. Si fosse trattato solo di Harry, a quest’ora gli altri sarebbero stati già qui.”
“Hermione, stai tranquilla.” Disse Ella. “Qualunque cosa sia, ci sarà già qualcuno che se ne sta occupando.”
“Come fai a saperlo?” Le chiese Hermione. Ella le disse che se nessuno le informava di qualcosa di grave, non dovevano perdere la calma.
“Ma tu stai per tornare da loro, tu saprai che cosa è successo, tu sarai tranquilla mentre io non potrò sapere niente, nulla di nulla.” Aveva ragione. Nemmeno volendo, Ella avrebbe potuto scriverle tutto quanto, dopo esserne venuta a conoscenza. Silente aveva detto che la posta poteva essere intercettata.
“Non pensare sempre al peggio. Senti, facciamo così.” Disse Ella, facendosi più vicina perché nessuno sentisse. “Quando sarò lì, con tutti gli altri, ti scriverò una lettera.”
“Ma non puoi scrivermi tutto in una lettera. Lo sappiamo che dobbiamo evitare di..” Stava dicendo Hermione, ma Ella le fece segno di non urlare e di ascoltarla.
“Lo so, non  potrò scriverti niente, niente di vero, niente che ti aiuti a rassicurarti, ma una cosa posso farla. Se saranno buone notizie, le manderò con Edvige. In caso contrario, userò Errold o Leotordo.”
Hermione non sembrava molto rassicurata.
“Non mi viene in mente nient’altro. Non lo so, dimmi tu, trovami una soluzione.” Disse Ella, ma un’eventuale risposta di Hermione fu interrotta sul nascere dall’arrivo di una terza persona dall’andatura e dal profilo autoritario.
“Buongiorno, signorine.” La voce della McGranitt era sempre affilata, qualunque fosse il momento della giornata.
“Buongiorno, professoressa.” Dissero una dopo l’altra Ella ed Hermione.
“Mi dispiace interrompervi, ma devo chiedere alla signorina Davies di venire con me.” Stranamente, il suo tono si addolcì leggermente verso la fine della frase.
“Forse sarebbe meglio che vi salutaste ora.” Continuò la McGranitt, sottovoce. “Non credo ci sarà tempo poi per scambiarvi gli auguri. Se avete qualcosa da dirvi, questo è il momento.”
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo di tacita intesa. Si salutarono, cercando di sembrare meno tese di quanto non fossero in realtà.
Ella si alzò, scoprendosi in quel momento un po’ riluttante. Una sensazione di vuoto allo stomaco l’attanagliò, mentre seguiva la McGranitt fuori dalle accoglienti mura della sala grande.
Molti sguardi si voltarono verso di loro, mentre percorrevano la lunga sala, fra cui vi erano quelli di molti serpeverde. Uscendo dalla sala, Ella quasi non andò a sbattere contro un studente biondo, alto e dinoccolato.
“Scusami, non volevo.” Disse, voltandosi subito indietro per raggiungere la McGranitt. Era stata così distratta, da non accorgersi neanche che quel ragazzo, con cui per poco non si era scontrata, era Draco Malfoy.

Ella seguì così la professoressa McGranitt in silenzio, mentre percorrevano i tortuosi corridoi del castello. Sentì le voci allegre degli studenti di Hogwarts, eccitati per l’imminente ritorno a casa, affievolirsi sempre di più, mentre si allontanavano dalla sala grande. Il fatto di avere lasciato Hermione sola proprio l’ultimo giorno, la rattristò. Non era colpa sua, questo lo sapeva, ma era comunque un pensiero triste.
Si ricordò di quando, il primo giorno di scuola, aveva vissuto una scena piuttosto simile. La McGranitt avanti ed Ella poco dietro di lei, tutte e due dirette verso l’ufficio della professoressa. Le mura e i corridoi del castello non le erano più sconosciuti. Ora li vedeva con sguardo diverso, non ne era più intimorita.
La destinazione, tuttavia, era ora diversa.
La professoressa McGranitt infatti non la guidò verso il suo ufficio, ma continuò ancora, più in alto, al settimo piano, fino a quando non giunsero di fronte alla statua di un gargoyle. 
“Bonbon esplosivi.” Recitò la professoressa McGranitt, ed Ella intuì che, per quanto strano le potesse sembrare, bonbon esplosivi doveva senza dubbio essere la parola d’ordine. Subito, infatti, il gargoyle si spostò, liberando il passaggio attraverso una tortuosa scala a chiocciola.
“Puoi andare, signorina Davies.” Le disse la McGranitt, indicandole gli scalini.
Ella fece come aveva detto, e  poco dopo, si ritrovò di fronte un’ampia porta di legno scuro, finemente lavorata. Era un po’ incerta sul da farsi. Non che ci fossero molte opzioni: bussare ed entrare, bussare, attendere una risposta ed entrare, bussare e fuggire. Avrebbe bussato, sicuramente era da lì che avrebbe necessariamente dovuto iniziare. Si avvicinò silenziosamente, col braccio sollevato e la mano chiusa in un pugno. Stava per bussare alla porta quando, con sua grande sorpresa, questa si aprì con un cigolio silenzioso, di fronte a lei. 
Un ambiente diverso da tutti quelli che aveva visto nel resto del castello le si presentò dinnanzi. Si trattava di una stanza ovale molto grande, molto luminosa, con grandi finestre che permettevano al sole di entrarvi facilmente. Era arredata con mobili in legno di ciliegio sopra i quali vi erano molti oggetti strani dall’aria fragile.
Ella vi entrò piano, piano, in punta di piedi.
Era davvero una bella stanza, pensò. Le sarebbe piaciuto venirci più spesso. In particolare, erano quei delicati strumenti d’argento ad attrarre maggiormente la sua attenzione. Si muovevano continuamente, emettendo dei sibili molto flebili, come fruscii. In particolare uno di questi, la incuriosiva.
Aveva l’aspetto di un’antenna televisiva dorata decisamente arzigogolata*** . Non era bello a vedersi e sicuramente doveva essere molto delicato.
“È un sensore segreto.” Disse una voce, rispondendo ai suoi dubbi.
Ella si voltò appena, il giusto per vedere il volto sorridente di Silente che la osservava da dietro la sua scrivania. Non l’aveva neanche notato.
“Mi scusi, professore.” Si affrettò a dire Ella. “Non l’avevo vista.”
“Non c’è bisogno di scusarsi. La curiosità non è un peccato, signorina Davies.” Le rispose Silente, notando l’imbarazzo della sua studentessa. “Per altro, lo strumento che stavi osservando, è sicuramente degno di attenzione. È un detector oscuro che vibra quando capta dissimulazioni e bugie***. Mi è stato molto utile.” Continuò. “Ma vieni a sederti, signorina Davies. Non c’è bisogno che resti all’in piedi.”
Ella obbedì, senza dire una parola. L’aura di rispetto e timore reverenziale che le suscitava Silente, la intimidiva.
Non appena si fu seduta di fronte a lui, Silente riprese.
“Ti stai chiedendo, suppongo, signorina Davies, che cosa ci fai nel mio ufficio. E, anche, ora che sai che questo è il mio ufficio, se avrai buone notizie del signor Potter e dei tuoi cugini.”
Ella annuì appena, mentre sosteneva lo sguardo luminoso del vecchio preside. I suoi occhi sembravano così vivi, così giovani, brillavano di una luce piena di energia. Da ultimo, si decise  a rispondere.
“Sì.” Rispose. Istintivamente guardò verso il sensore segreto come se questo avesse dovuto vibrare per una sua eventuale bugia.
“So riconoscere un bugiardo da una persona onesta, signorina Davies e tu non mi stai mentendo.” Le disse Silente, con dolcezza. “Quello che è successo sta notte, lo saprai quando raggiungerai il Quartier Generale questa sera. Stanno tutti bene, in caso te lo stessi chiedendo.”
“Grazie, professore. L’avevo immaginato.” Rispose Ella, e Silente capì, e fu allora che sorrise, che la ragazza si riferiva a quanto era successo poco prima nella sala grande.
“Sono contento di vedere che possiamo intenderci, signorina Davies. La parola, non è l’unico linguaggio di cui possiamo disporre fortunatamente.” Le disse Silente, piacevolmente sorpreso. “Ora, come dicevo prima, dovrai tornare al Quartier Generale, a Londra, ma non possiamo lasciare che tu vada con i mezzi tradizionali di cui dispongono gli altri studenti. Capisci quello che voglio dire, signorina Davies?”
“Sì.” Rispose Ella, pensando che certamente, il professore doveva aver pianificato già tutto. Le stava parlando, per metterla al corrente della sua decisione. Doveva lasciare Hogwarts e raggiungere il Quartier Generale incolume.
Ebbe la strana sensazione che il preside potesse leggerle nella mente, perché le sorrise di nuovo, e annuì con espressione soddisfatta.
“Quando uscirai da qui, vai nei sotterranei, nell'ufficio del professor Piton. Non preoccuparti dei tuoi effetti personali, sono già stati mandati al Quartier Generale. Aspetta che il professore arrivi e poi, sperando che la professoressa Umbridge sia abbastanza occupata, partirete.”
Quindi, pensò Ella, sarebbe stato Piton ad accompagnarla fino a Londra.
“Sarebbe dovuto toccare alla professoressa McGranitt, ma la sua presenza è purtroppo richiesta qui. Anche se non sei della sua casa, il professor Piton saprà cosa fare.” Continuò Silente, che ben sapeva come Piton non fosse particolarmente apprezzato dagli studenti, soprattutto da quelli di Grifondoro.
"Hai qualche dubbio?” Le chiese, da ultimo, Silente.
“No.” Rispose Ella.
“Va bene. Ti prego solo, signorina Davies,” Riprese Silente, con fare molto serio. “ascolta quanto ti dice il professor Piton e fai quanto ti chiede.”
“Lo farò, professore.” Disse Ella. Stava quasi per non dire più nulla, quando, inaspettatamente si sentì dire “Io mi fido del professor Piton.”
Si vergognò un po’ di quanto aveva detto. Arrossì un po’, ma, in fondo, era la verità. Poteva non piacere a nessuno, e di certo non si faceva ben volere dagli studenti, ma non le sembrava una persona malvagia né così viscida come erano solito dipingerlo gli altri. Era Piton, prendere o lasciare, e lei, in questo caso non poteva lasciare.
Silente aveva finito di darle le direttive. La congedò, raccomandandole di non farsi notare mentre scendeva giù per i sotterranei, e finalmente, Ella uscì dal suo ufficio.
Non appena la porta dell’ufficio si chiuse dietro di lei, Silente si alzò e, con fare silenzioso, si avvicinò al tavolino su cui era appoggiato il sensore segreto. Lo tastò, quasi a voler essere sicuro di ciò che stava pensando. Sotto la sua barba bianca, si poteva intravedere un sorriso divertito. Alle sue spalle, qualcuno si fece avanti, qualcuno che era rimasto fino a quel momento non visto.  
“Il detector non vibra, Severus.”

 

 

 

To be continued…
 

E si, ce l’ho fatta^^. Da non credere ma ci sono riuscita. Non credevo di farcela. Solo all’ultimo momento sono riuscita a capire come doveva finire la storia. Non è stato per niente facile, lo devo ammettere. Il capitolo è un po’ lunghetto, ma spero che vi piaccia e che sia scritto bene.
Come al solito, ci sono le varie citazioni tratte dalla saga e contrassegnate dagli asterischi:

 

*Cap 21 L’occhio del Serpente;

**Cap22 L’ospedale San Mungo per malattie e ferite magiche;

***Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Oggetti_magici_di_Harry_Potter#Sensore_segreto per quanto riguarda le informazioni sul sensore segreto.
 

Ringrazio la mia mora, che come al solito è stata gentilissima a commentare l’ultimo capitolo.

Aya88: mora hai visto che ci sono gli intrallazzi? Vabbè che avevi letto in anteprima, ma comunque, il triangolo c’è sempre, o quasi. Ihihihih per quello che riguarda Piton, non te lo so dire. Forse ha visto che non c’era nessuno e allora ha tirato fuori un po’ del buonismo che si trova davvero nel fondo del suo carattere burbero. Poi magari c’è dell’altro ;) devo chiedere, e chiederò. Grazie delle annotazioni. Rileggerò con attenzione gli altri capitoli per vedere gli errori immani che mi sono sfuggiti. Che dire di più, mora, grazie davvero di tutto. Un bacione enorme, grazie.

Anche a chi non ha avuto tempo di recensire. Purtroppo capita. Quindi un saluto anche a Laila (cara, speor che la scuola non ti abbia inghiottita!!!) e a Hotaru_Tomoe ;).

Un grazie anche a chi ha messo la storia tra le preferite:

1 - Elasia 
2 - giada2000 
3 - Jaden96 
4 - L a i l a 
5 - lucre 

Grazie anche a chi segue la storia: ma la mia moraaaaaaaaaaa, Aya88 ^^

E a chi la segue:

1 - Charme 
2 - Engels 
3 - Frenci_ 
4 - Hotaru_Tomoe 
5 - Jaden96 
6 - L a i l a 
7 - Ladyhawke25 
8 - mapize 
9 - Mary_House

Grazie ai vecchi e ai nuovi^^. Alla prossima, sperando in un aggiornamento più rapido.^^ Anche per oggi è tutto

storyteller lover: 

   
 
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