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Autore: xNewYorker__    13/08/2011    1 recensioni
La detective Nikki Heat alle prese con un altro caso, uno dei più normali negli ultimi mesi. La relazione con Rook sembra andare a gonfie vele. Il lavoro non è più sopportabile come una volta, però, per lei. Scoprirà di dover dare una notizia al giornalista, una notizia che gli sconvolgerà la vita, nell'incertezza del loro rapporto e della responsabilità di Rook.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Per le strade di New York si percepiva qualcosa di strano. Una sorta di aria di cambiamento.
La detective Heat se ne accorse subito mentre, con Rook, si recava sulla scena del crimine per una “visitina di cortesia”, come la chiamava ironicamente il giornalista.
Mentre tenevano tutto segreto con i loro colleghi, e non ce la facevano più.
Quelle bugie dette per giustificare il ritardo la mattina o le telefonate mancate di sera/notte li stavano sfiancando.
«Pronta?» Chiese, svegliandola per la terza volta durante la giornata.
«Eh?» , «Che ti sta succedendo? Non sei la solita Nikki Heat che conosco. Sei…distratta, non connetti con la realtà, non…non reggi più i tuoi stessi ritmi…»
Lei sospirò rumorosamente e prese aria a pieni polmoni. «Rook, mettitelo in testa: sto.bene.» Scandì le parole come a dargli modo di capire meglio.
«Non stai bene. E non mi importa se proverai a zittirmi o evitarmi, continuerò a chiederti cosa ti succede» , «Rook…» guardò in basso, quel piccolo ritaglio di asfalto che li separava. «Ti prego, dimmi cosa succede, non…non ce la faccio a vederti così. Cosa mi nascondi?»
Portò la mano al mento della donna, e la costrinse a guardarlo nei suoi occhi azzurri. «…Io n-non…non ho niente, Rook, davvero» , «…Per qualsiasi cosa, io sono qui, per te» , «Rook, non c’è niente per cui dovresti esserci. Stai tranquillo e basta, e andiamo, per favore.»

E da lì iniziò un lungo silenzio.
 
Lauren Parry non si dava pace.
Dopo quello che aveva immaginato, non riusciva a pensare ad altro. Era in pausa caffè, ferma al tavolino, in attesa di Ochoa.
Al suo arrivo avrebbero parlato un po’ del più e del meno. Naturalmente non si sarebbe mai lasciata scappare una cosa del genere, questo era chiaro.
Neanche con Rook, che secondo lei poteva essere interessato alla vicenda. Al momento neanche Nikki sembrava a conoscenza del fatto.
Beh, Lauren non ne era neanche sicura. Era un sospetto, e poi lei aveva esperienza con i morti, non con i vivi.

 
Ad ora di pranzo, si resero conto che la mattinata era stata fiacca e assolutamente priva di risultati.
Heat e Rook stavano appoggiati alla macchina della detective ad osservare da lontano l’abitazione della vittima che non aveva dato loro alcuna risposta.
Tra di loro rimaneva quel silenzio incerto, che sembrava volesse dire qualcosa.
Entrambi, probabilmente, avrebbero voluto parlare, ma temevano di non dire la cosa giusta.
Il silenzio s’interruppe al rumore dello sportello che si apriva e della detective che entrava al suo posto e inseriva le chiavi nel quadrante.
Il partner la seguì con aria ancora più preoccupata di prima, ma lei sembrava quasi ignorarlo.
Partì lentamente, immettendosi nel traffico di New York alle tredici come non aveva mai fatto.
Solitamente andava a tutta birra per sbrigarsi e giungere sul posto prima che altri avessero la possibilità di contaminare le prove.

Rook sospirò in modo che l’altra sentisse. Lo guardò dallo specchietto, senza voltarsi minimamente.
«Uh?» Fu il suono emesso da lei, che stava concentrata praticamente solo sulla guida. Gli aveva risposto solo per non farlo sentire totalmente ignorato. «Nikki…» Lei svoltò a destra per cambiare strada.
«Che c’è?» , «A cosa pensi?» Questa volta aveva evitato la domanda “cosa c’è che non va?” per paura che gli fosse staccato un braccio.
«Non stavo pensando, veramente» , «D’accordo…solitamente dici almeno tre parole quando siamo in macchina. Certo, due sono “zitto, Rook”, ma è sempre meglio di niente»
Lei fece una specie di mezzo sorriso e non rispose.
«E’ stata una giornata…vuota, Rook. E’ per questo che non parlo…voglio riuscire a combinare qualcosa. E’ il nervosismo…e mi gira un po’ la testa» , «Vuoi che guidi io?» , «No, ce la faccio» , «Accosta»
Questa volta, forse per la prima volta, il tono del giornalista era serio e intransigente.
Heat accostò e scese nervosamente, per girare passando di fronte alla macchina e sedersi al posto del passeggero.
Rook le diede il cambio alla guida e ripartirono in modo più tranquillo. Lui andava decisamente più veloce, e dall’esterno non sembrava più fossero mezzi ubriachi, e questa era una cosa buona.
«Ti va di pranzare da me?» Chiese, dopo, per alleggerire la tensione che si stava venendo a creare.

Sospirò. «…Non mi va di mangiare» Rispose, secca.
Non riusciva veramente a comprendere perché da un paio di giorni Heat fosse diventata così strana con lui. Non lo prendeva neanche più in giro.
Più che altro lo ignorava e lo evitava. Non l’avrebbe mai capita, questo era certo.
Però non l’aveva mai vista così giù, e sicuramente non l’aveva mai vista non concludere nulla sul lavoro, non concentrarsi abbastanza, non reggere i ritmi… avvertiva dei cambiamenti nell’aria, e non gli piacevano.

«D’accordo. Ma…non ti va, o non te la senti?» La domanda urtò un po’ i nervi di Nikki, che si voltò a guardarlo per la prima volta dopo ore.
«Sono affari miei» , «Va bene…scusa…»
Non riusciva davvero più a vederla così. Gli si spezzava il cuore. Anche per come era trattato, perché gli sembrava che non le importasse più nulla di lui.
Decise di parlare. Certo, si sarebbe potuto beccare qualcosa in testa, ma ne valeva la pena. Con Nikki Heat si rischiava di continuo.
«C’è qualcosa di sbagliato che ho detto o fatto? Non sei più la stessa con me» , «Rook, tu non c’entri, smettila di fare domande»
Con questa frase iniziò l’ennesimo silenzio. Durò per tutto il tragitto fino all’appartamento di Nikki.
Anche se lei non aveva parlato, sentiva di doverla accompagnare lì, aveva bisogno di riposare.
Accostò. «Vuoi…che ti accompagni?» , «No, grazie, ce la faccio»
Scese dalla macchina e, senza voltarsi un secondo verso di lui, andò verso le scale e le salì, sparendo all’ingresso del condominio.
Lui restò ad osservare, per assicurarsi che non le succedesse nulla. Poi scese dall’auto, togliendo le chiavi dal quadrante. Gliele avrebbe ridate nel pomeriggio, probabilmente.
Chiuse la macchina e andò a piedi. Prima di arrivare a casa sua ce ne avrebbe messo, di tempo.

 
Quando Rook si svegliò sul divano di casa sua era già sera.
Si sedette di scatto. «Cavolo! Mi sono perso l’azione» Disse, a voce bassa.
Era buio, in casa. Erano solo le sette, ma a quanto pare aveva chiuso le tendine per stare tranquillo.
Aveva dormito per un bel pezzo, e si sentiva rinvigorito.
Accanto al divano, a terra, vide appoggiato il suo iPhone.
Lo prese con la mano destra, sbadigliò e tolse il blocco, notando tre avvisi di chiamata da parte di Nikki. Inarcò un sopracciglio. Non aveva detto di non volergli parlare? Non lo evitava da tre giorni come se fosse normale? Non stava in silenzio ogni volta che era presente, come se non fossero neppure amici?
Trovò anche un messaggio, sempre della detective. Lo aprì e lesse “apri la porta, devo…apri la porta e basta”.
Sospirò e si alzò dal divano, specchiandosi. Aveva i capelli scompigliati e non era affatto presentabile, ma non gli interessava. Rimase in silenzio.
Il messaggio era di un paio di minuti prima, fortunatamente, quindi era sicuro che Nikki non se ne fosse andata.
Si diresse alla porta senza darsi alcuna sistemata. Abbassò la maniglia e se la ritrovò davanti.
«Che stavi facendo?» Gli chiese, con un tono meno rude di quello assunto in precedenza.
«Non è evidente?» Indicò la sua capigliatura. «Oh, Rook, dormivi? Mi dispiace…ti ho svegliato io?» , «No no, mi sono svegliato e ho trovato le chiamate e i messaggi» , «La prima chiamata era delle quattro, da quanto tempo dormi?» , «Dalle due e mezza»
Un sorriso da bambino comparve sul suo volto, e suscitò quello di Nikki.
«I - io ho impiegato queste ore in modo più…p-produttivo»
Su qualche parola balbettava, come se avesse paura.
«Accomodati e dimmi pure.» La fece entrare e richiuse la porta, dirigendosi verso il divano.
Tolse in fretta e furia la coperta appallottolata e la gettò su una sedia, dandole modo di sedersi accanto a lui.

«I - io…ehm…ricordi il “colloquio” con Lauren di stamattina?»
Rook fece mente locale e annuì. «B-bene… quando mi ha chiesto dei “sintomi” che avevo avuto…?» Annuì nuovamente.
«E - ecco…vedi…» Fece una pausa per riprendere fiato.
Deciditi, Nikki. Pensò. Sei forte, puoi dargliela una notizia del genere.
«Dimmi, tranquilla…» Le rivolse un sorriso incoraggiante.
Di certo Nikki Heat che balbettava non era nella norma. La notizia doveva davvero essere importante.
«Rook, sono…» questa volta la pausa gli provocò un brivido, ma non disse nulla, per non interromperla. «…frustrata»
Un’espressione da “ma che diamine…?” le apparve sul volto per qualche istante.
Il giornalista, intanto, non la seguiva neppure. «Frustrata? E vieni fino a casa mia balbettando perché sei FRUSTRATA?» Non riusciva veramente a capirla.
Lei si alzò di scatto dal divano, senza però dirigersi verso la porta. «Dove vai, ora?» , «Sono qui, mi sembra»
Perché non riesco ad avere il coraggio? Pensò.
Aveva da sempre avuto la paura dell’abbandono.
Forse era per questo che non aveva il coraggio di dirglielo. Aveva paura che l’avrebbe abbandonata al suo destino, lasciandola sola…così.
Si sentiva come se invece di trentatré anni compiuti ne avesse avuti solo quindici.
Sia lei che Rook, infondo, erano adulti e lavoravano. Ed entrambi sarebbero riusciti a prendersi la responsabilità.
Solo che…Rook sarebbe stato disponibile a prendersi la sua responsabilità? Queste domande frullavano nella mente di Nikki senza darle tregua.
Tacque e rimase a guardarlo per qualche istante, ferma.
«Ti prego, non abbandonarmi» è la frase che uscì dalla sua bocca pochi istanti dopo, e si risedette sul divano, avvicinandosi a Rook come per cercare protezione.

La abbracciò, istintivamente, accarezzandole i capelli.
«Hey…adesso ti va di parlare? Cosa c’è? Perché mai dovrei abbandonarti?» Non era una persona molto brava nel consolare gli altri, ma decise che ci avrebbe provato, per lei.
Rimase in silenzio attendendo una risposta, per darle modo di “prepararsi”.
«Sono incinta» La risposta arrivò qualche secondo dopo, facendolo sussultare.
Cercò però di nasconderlo rimanendo fermo, per poi, lentamente, sciogliere l’abbraccio e sorriderle.
«E pensi che potrei abbandonarti per questo?» , «I - io…beh, non dovrei pensarlo?» , «No! Non sono quel genere di persona»
Finalmente la fece sorridere. «Grazie…» «Non sono uno che non si prende le proprie responsabilità. Non sarà neanche qualcosa di pesante, ti starò vicino. E poi…» fece una pausa, per mostrare il suo sorrisetto ironico che faceva venire voglia a Nikki di prenderlo a pugni «ci sposeremo e vivremo per sempre felici e contenti»

Rise. «Vai a quel paese» disse.
Il sorriso rimasto sul volto però le conferiva qualsiasi cosa tranne un’aria seria.
«Naaah, andremo a Londra in viaggio di nozze, ci stai? Meglio di quel paese!»
Certo, non avrebbe dovuto scherzare in quel momento, ma aveva senz’altro alleggerito l’atmosfera.

Nikki lo abbracciò. «Grazie» disse. 
   
 
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