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Autore: LadyMorgan    15/08/2011    4 recensioni
Ogni storia, grande o piccola che sia, ha un inizio. Un inizio a volte dimenticato, confuso, perduto. Ma non per questo meno importante. Questa è la storia di Lily Evans e del suo Inizio.
Dal Capitolo I:
"Non so quali pianeti si fossero messi d’accordo per rendere la mia nascita così difficile, ma fu così: trentasei ore di travaglio piene, in cui mia madre fece del suo meglio e del suo peggio per dare vita ad un essere di tre chili e mezzo che come primo ringraziamento la fissò con due occhi grandi come metà faccia."

Questa storia parla della vita di Lily Evans, raccontata da lei stessa in prima persona.
In particolare del suo primo anno ad Hogwarts e di come mano a mano si forma la sua brillante personalità.
Dal 3° Capitolo
"La cosa più irritante in assoluto, invece, erano Black e Potter, non necessariamente in quest’ordine: Remus aveva ragione, dovevano conoscersi già da prima, perché non passava momento senza che stessero insieme, normalmente al centro dell’attenzione. Erano diversi, però: Black più facilmente sogghignava invece di ridere, ed uno strano sguardo che ogni tanto gli spuntava negli occhi mi dava da riflettere, sembrava stesse cercando di trattenersi dall’urlare; Potter invece aveva sempre un sorriso che gli inghiottiva metà faccia, non uno di quei sorrisi che ti rendono spontaneo ricambiarlo, ma un sorriso che sembrava avvisarti che da un momento all’altro il soffitto ti sarebbe caduto addosso e lui avrebbe potuto sghignazzare in santa pace mentre tu ti liberavi delle macerie."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Lucius Malfoy, Petunia Dursley, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Prima Parte, I Anno

Capitolo 16 – Imbarazzo e Rimorso

La mattina dopo mi risvegliai tranquillamente nel mio letto. Mi sentivo stranamente riposata, e ci volle qualche momento perché comprendessi le ragioni di tale benessere: la sera prima, la cioccolata calda, quella strana dichiarazione… tu non sei inferiore… curiosa la nitidezza con cui quella frase si era impressa nella mia mente, considerando che stavo praticamente dormendo quando me l’aveva detta.

E pensare che era stato Potter a dirmelo… curioso. Davvero curioso.

Tirai su la testa e mi guardai attorno: tutti i letti, compreso quello di Alice, erano già vuoti. Un po’ stupita, guardai il mio orologio. Le dodici e mezzo.

Strabuzzai gli occhi e guardai meglio, ma erano incontestabilmente le dodici e mezzo. Come mai nessuno mi era venuto a svegliare?

Mi vestii in fretta e furia e mi precipitai fuori dal dormitorio in Sala Comune, praticamente deserta, fino alla Sala Grande, dove il pranzo stava per cominciare.

Cercai Severus con gli occhi: la mattina prima mi aveva detto che il pomeriggio sarebbe dovuto restare in dormitorio, non avevo capito bene a fare cosa, e quindi non sapeva del mio quasi-congelamento. Non che avessi intenzione di andare a piangere da lui, stavo sorprendentemente meglio, ma di domenica ci incontravamo sempre la mattina e volevo rassicurarlo. Tuttavia non era al tavolo dei Serpeverde, né da nessun’altra parte. Perciò mi diressi al tavolo dei Grifondoro e mi sedetti vicina ad Alice.

«Buongiorno, dormigliona» mi salutò con un sorriso. «Le serate in Guferia mettono sonno, eh?»

La guardai un secondo, sorpresa che lo sapesse, prima di ricordarmi che Potter aveva detto a Black della mia piccola disavventura e probabilmente lui l’aveva riferito a Remus e Alice.

«Già» commentai soltanto attirando verso di me il piatto del passato di verdure e servendomi. «Non mi ero accorta di avere tanto sonno…» Gettai un’occhiata veloce lungo il tavolo: riuscii a scorgere Potter, Black e Minus un po’ lontani da noi, ma non riuscivo a trovare… «Dov’è Remus?» chiesi immergendo il cucchiaio nel passato.

«In Infermeria» mi comunicò con un sospiro. «Malato. Influenza o qualcosa del genere, già ieri sembrava star male, in realtà…»

Remus malato. Di nuovo. Sembrava non passasse mese senza che Remus cadesse malato.

«Ma come fa a prenderle tutte lui?» chiesi un po’ a lei e un po’ a me stessa.

Lei si strinse nelle spalle. «Forse è sensibile al freddo… in fondo è del Kent, può darsi che il salto di temperatura gli faccia male…»

Come teoria non mi convinceva un gran che, in realtà. Dopotutto Remus non era l’unico ragazzo del sud della Gran Bretagna…

In quel momento, Frank Paciock si sedette accanto ad Alice. «Ciao ragazze» ci salutò con un sorriso avvicinandosi un piatto. «Passato una bella mattinata?»

«Lily ha dormito fin’ora» commentò Alice con una risatina.

Io le feci una discreta linguaccia. «Avevo sonno ed è domenica» dissi soltanto in tono sostenuto.

«E le cioccolate calde con James stancano, vero?» chiese Frank con un sorrisetto.

Quasi mi strozzai con l’acqua. «C-come, scusa?» chiesi asciugandomi la bocca.

Frank guardò verso l’Ancora Per Poco Vivente Potter e sorrise. «È tutta la mattina che James ne parla a Sirius… siete andati nelle cucine a prendere una cioccolata, vero?»

Anche Alice, ora, mi guardava interessata. Io ero estremamente imbarazzata e non sapevo cosa dire. Furiosamente, mi accorsi di arrossire. «Ero stanca, Frank, ed ero infreddolita» dissi controllando la voce. «E siccome sapevo dove erano le cucine, ho pensato che fosse una buona idea…»

«Con James?» mi chiese lui, malizioso.

D’accordo, da quando il buono, tranquillo Frank Paciock si divertiva a mettermi in imbarazzo?

«Be’, è lui che mi ha… mi ha trovata, o insomma…»

«Ah, meglio ancora» commentò lui masticando un boccone di roast beef. «Salvataggio e cioccolata, secondo le migliori tradizioni…»

Alice ridacchiò. Io ero probabilmente viola. «Non è stato niente del genere» dissi tuttavia, complimentandomi con me stessa per il tono disinvolto. «Io avevo freddo e lui si è offerto di aiutarmi, tutto qui.»

«Esattamente quello che ho detto io» rispose lui divertito. «Salvataggio e cioccolata, niente di meno…»

«Frank, basta, dai…» Per un secondo benedissi Alice in tutte le lingue che conoscevo. «Non vedi che la stai mettendo in imbarazzo?»

Mi guardavano entrambi con un sorriso. Mi stavano solo prendendo bonariamente in giro, lo sapevo, ma mi sentivo comunque incandescente: una cosa che non avevo mai potuto tollerare erano i pettegolezzi, soprattutto se riguardavano me e un ragazzo. Cercavo di muovermi il più cautamente possibile anche per quello.

«Lily, tranquilla, ti stavo solo prendendo in giro» mi disse infatti Frank con un gran sorriso. «Lo so che non è stato niente di più…»

Ciò nonostante, non riuscii a tranquillizzarmi e rimasi sul chi vive fino alla fine del pranzo.

Corsi subito da Severus.

Mi stava aspettando con un piccolo sorriso, che mi fece sospettare che non sapesse niente di quello che era successo la sera prima. Vigliaccamente, perché sapevo che poteva diventare più apprensivo di mio padre, preferii non raccontarglielo.

Ma ovviamente mi conosceva troppo bene per non notare la differenza. «Va tutto bene?» mi chiese mentre salivamo verso la sala degli scacchi per la sua solita vittoria.

Annuii appena.

Mi guardò, una smorfia insoddisfatta sulle labbra. «Lily, non sono stupido» mi informò. «Sei… strana.»

«Strana in che senso?» chiesi rimandandogli la domanda.

Dette la parola d’ordine al quadro e lo oltrepassò. «Be’, tanto per cominciare stai andando in giro con la testa piegata» disse sedendosi. «E poi ogni tanto la alzi e se fossi qualcun altro ti metteresti ad imprecare.» Mi guardò con un pallido sorriso. «E nonostante questo il tuo sguardo è diverso rispetto a ieri e i giorni prima.» Piegò leggermente la testa. «Non sei più terrorizzata. Pedone in E4. Sembri più rilassata rispetto a… alla settimana scorsa.»

Finsi di osservare con molta attenzione la scacchiera. «Pedone in E5» ordinai alla fine, nonostante fosse una mossa talmente scontata da non giustificare il mio precedente mutismo. «Forse sono riuscita a… a superarlo, ecco.»

«Sarebbe la cosa migliore, credo. Alfiere in C4.» Mi guardò attentamente mentre il suo alfiere bianco si muoveva.

«Pedone in D6» mormorai distratta, senza concentrarmi realmente sul gioco. Stavo continuando a riflettere sul fatto che qualcosa dentro di me che mi bloccava e terrorizzava si era spezzato. Ero ancora spaventata, certo, ma non più terrorizzata. E stando a Sev, si notava.

«Cavallo in C3. Cos’è cambiato?» chiese, continuando a cercare i miei occhi. «Ieri sembravi più abbattuta del solito…»

Sussultai e mi morsi un labbro. «Stavo pensando ai miei genitori» confessai portandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie. «Cavallo in C6.» Sospirai pesantemente e alzai la testa. «Sai, al fatto che… che non sono qui, e non possono capire fino in fondo il mondo di qui…» Affondai nuovamente i denti nel labbro per impedirmi di piangere. «Loro non sono di qui, Sev, e questo li può spaventare… non posso spaventarli ancora di più io…»

Lui rimase in un silenzio cogitabondo riflettendo sulle mie parole. «Cavallo in F3» disse alla fine. «Be’, penso sia abbastanza normale, Lily» commentò. «Dopotutto significa solo che stai crescendo.» Sorrise appena. «Non potrai appoggiarti per sempre ai tuoi genitori…»

«Lo so, ma anche loro… sono preoccupati» confessai. «E io ho solo undici anni, Sev, e gli voglio bene, e non voglio che arrivino a non capirmi più…» Sbiancai mentre pensavo ai miei genitori, fermi accanto a Tunia e con lo stesso sguardo disgustato, a dirmi “Mostro”. «Non posso essere contemporaneamente un mostro e una Sanguesporco, Sev, non ce la faccio!» dissi muovendo l’alfiere bianco.

Lui annuì. «Lily, puoi essere quello che ti pare, ma sei perfetta per entrambi i mondi.» Mi guardò quasi timidamente. «Insomma, pensa alla faccia che ha fatto Lumacorno quando ha visto i tuoi genitori!»

Mi venne quasi da ridere mentre ripensavo alla scena: era apparso misteriosamente in Infermeria quando i miei genitori stavano ancora tentennando sul ritirarmi o meno per vedere come stavo e complimentarsi personalmente con loro per i miei risultati, spettacolo già buffo di suo, ma quando poi aveva capito che i miei genitori erano entrambi Babbani e che il professor Silente gli chiedeva di controllare che non entrassero in contatto con nessuno studente era rimasto talmente sorpreso che non era stato in grado di rispondere subito. Si era ovviamente ripreso in fretta, ma alla lezione successiva mi aveva guardato in modo strano per tutto il tempo e alla fine della lezione mi aveva chiesto, incredulo: «Ma erano i tuoi veri genitori quelli che erano in Infermeria la scorsa domenica?»

Ero rimasta un po’ stupita e avevo annuito.

«E… e sono tutti e due Babbani?» mi aveva chiesto sempre più incredulo.

Mi ero sentita sprofondare: avrebbe cominciato anche lui a detestarmi perché ero figlia di Babbani? Non ero decisamente nelle condizioni mentali per sopportarlo, ed avevo risposto in modo forse un po’ sgarbato: «Sì, sono Babbani, e sono stati dei genitori molto migliori di tutti quei maghi Purosangue che insegnano ai figli a odiare tutti quelli diversi!»

Era rimasto stupito dal mio sfogo ed aveva subito specificato: «Lily, lo dicevo perché ero sorpreso, non per altro! Non ho pregiudizi io, figurati!» Mi aveva rivolto un grasso sorriso di incoraggiamento e mi ero un po’ rassicurata. «Merlino, ho visto io stesso i tuoi risultati… per questo ero sorpreso! Ero convinta provenissi dagli Evans del Galles, Gisbert Jen Evans è il fondatore della Società per il Catalogo e la Ricerca di Filtri, Infusi e Pozioni, e Louisa Kristin Haefs-Evans è l’inventrice della pozione contro l’ipnosi dei vampiri, pensavo foste imparentati… con un talento come il tuo, sembrava lampante che provenissi da una rispettabile famiglia di maghi…»

«E invece vengo da una rispettabile famiglia di Babbani, signore» avevo detto io con un piccolo sorriso.

«In ogni caso, Lily, resto convinto che saresti dovuta venire a Serpeverde» mi aveva risposto lui guardandomi con una smorfia. «Con un cervello come il tuo e una tale abilità nelle pozioni sei proprio sprecava a Grifondoro…»

Ero rimasta per un attimo a bocca aperta: nel corso di cinque mesi ero stata aggredita tre volte dai Serpeverde e lui mi veniva a dire che sarei stata bene con loro? «Grazie, signore, ma sto bene dove sto» avevo detto alla fine optando per la diplomazia.

«Continua a dirmi che dovrei stare a Serpeverde» dissi con una smorfia mentre spostavo l’alfiere che lui aveva appena minacciato col suo pedone.

«L’avrei voluto anch’io» mormorò, ma talmente piano che quasi non lo sentii. Rimanemmo in silenzio per un po’, mentre io continuavo a riflettere sulla mia situazione.

«Ma non mi hai ancora detto cos’è cambiato, Lily» mi fece osservare, riscuotendomi.

Ebbi un attimo di panico: mi sentivo ingiustamente colpevole verso di lui, anche se in realtà non avevo fatto niente… «Cosa ti fa pensare che sia cambiato qualcosa, Sev?» chiesi in extremis, prendendo tempo.

Lui sospirò e mi guardò con una punta di esasperazione. «Dal fatto che in circostanze normali non ti saresti mai fatta battere da uno scacco tanto palese» mi disse indicandomi la scacchiera. Come al solito, aveva vinto.

Abbassai le spalle e sospirai. «Devo essere distratta» mormorai. «Scusa.»

Rise appena. «Tu perdi e ti scusi con me?» Mi guardò con un mezzo sogghigno. «Lily, sei ancora più illogica di quanto tu non sia già normalmente.»

Gli feci una linguaccia.

«E se c’è una cosa che ho notato in questa settimana in cui eri completamente fuori di te è che non sei mai arrivata così vicina a battermi a scacchi» riprese appoggiandosi allo schienale.

Mi dedicai un attimo di raccoglimento prima di alzare la testa. «Sev… ora non ti arrabbiare, ma ieri pomeriggio ero davvero fuori di testa… sai, tutta la storia dei miei genitori,  quella specie di marchio sulla spalla, la sensazione di… la sensazione di…» Feci un respiro profondo e inghiottii. «La sensazione di non appartenere a nessun mondo» conclusi a bassissima voce. Lui si limitava ad osservarmi, attento. «Ecco… credevo di aver bisogno di stare sola. Volevo stare sola, tu non c’eri, e non avevo voglia di parlare con nessuno.» Gli rivolsi uno sguardo interrogativo: era sembrato sul punto di parlare, ma poi aveva scosso la testa ed era tornato immobile. «Solo che dall’incidente non… non sono più stata lasciata sola, quindi mi… mi sono liberata di Alice e Remus e sono andata in Guferia.» Lo guardai di sottecchi.

Ci fu una pausa di silenzio.

«E fin qui mi sembra che non ci sia niente di così sconvolgente» disse alla fine invitandomi a proseguire.

Sospirai. «Credo di essere rimasta lì più tempo di quanto non credessi, perché Remus e Alice si sono preoccupati e… e hanno cominciato a cercarmi.» Non cambiò espressione. «Con Potter e Black» precisai. Osservai la sua mascella irrigidirsi. «È finita che… che mi ha trovato Potter.» L’ansia mi fece parlare a raffica. «Io mi ero quasi addormentata in Guferia, ma sai com’è, lì fa freddo, è sempre aperta, e mi stavo congelando, anche se non me ne ero accorta, Potter mi ha detto che dovevo tornare dentro, e poi mi ha detto che era già passata l’ora di cena e che quindi i portoni erano chiusi, quindi siamo entrati da un passaggio segreto e siccome io avevo freddo siamo andati nelle cucine e gli Elfi mi hanno portato una cioccolata calda per riscaldarmi.» Respirai profondamente, avevo parlato tutto d’un fiato. «E poi mi sono addormentata in Cucina e quando mi sono risvegliata ero in camera ed era mezzogiorno.»

Era di una rigidità innaturale, non aveva mosso un muscolo per tutta la durata del mio racconto. Il suo sguardo era fisso sul vuoto, la bocca contratta in una piega amara.

«E quindi, cos’è cambiato tanto da riscuoterti?» chiese alla fine. Quasi sobbalzai dal suo tono aspro.

Guardai con molta attenzione fuori dalla finestra. «Mentre mi stavo addormentando… ero congelata, Sev, ero rimasta fuori tutto il tempo e fuori nevicava, ero stanchissima… Potter ha detto una cosa che… che credo che siccome era stata l’ultima cosa che avevo sentito prima di cadere in catalessi mi abbia un po’ suggestionato.» Osai incrociare i suoi occhi. «Non ero del tutto in me, vedi, avevo addosso una stanchezza terrificante, e credo che…»

«Cosa ti ha detto, Lily?» mi interruppe lui senza cambiare espressione.

«Solo… solo che non ero inferiore» dissi in un soffio. «E che non dovevo permettere agli altri di farmelo credere. E mi ha fatto promettere di non andare nuovamente a cercare di congelarmi.»

Stavolta il silenzio si prolungò per parecchi minuti. Io non osavo dire altro, e lui dal canto suo si era rifugiato in quella quasi ostentata immobilità.

Alla fine emise un ringhio esasperato ed esclamò: «Mi spieghi perché non posso voltare un attimo le spalle senza che tu vada a ficcarti in qualche altro pasticcio?»

Abbassai la testa. «Non ho fatto apposta, Sev, ero solo stanca e volevo stare sola e…»

«Mi spieghi perché non riesci a stare tranquilla cinque minuti?» Si alzò di scatto e mi venne praticamente addosso, girando verso di lui la poltrona su cui mi trovavo. «Lily, come faccio a impedirti di farti male? Tu…» Si allontanò di scatto, esasperato.

Mi alzai e gli andai incontro, poggiandogli una mano sulla spalla. «Sev, io sto benissimo, non mi è successo niente…»

«Lily, ti rendi conto che è dovuto intervenire Potter per salvarti?» ringhiò velenoso. «Potter! Hai idea di come questo mi faccia…?»

«Sev, l’unica differenza è stata che tu non sapevi che stavo male!» esclamai, interrompendolo. «Lo so perfettamente che saresti venuto anche tu, prima tu, perché mi conosci meglio, e…»

«Lily, è una settimana che provo a consolarti» mi fece notare sempre con quel tono basso e ringhiante. «E ci è voluta una sola serata con Potter perché tu stessi meglio?»

Mi impietrii, non avevo valutato quell’aspetto della situazione. «È… è stato solo il misto di stanchezza, freddo e suggestione, Sev!» esclamai aggrappandomi al suo braccio. «Sev, sai perfettamente cosa penso di Potter! Lo sai! Ci sei anche tu quando litighiamo, sai cosa…»

«Sì, Lily, lo so. O almeno dovrei…» Si portò una mano alla fronte, chiudendo gli occhi.

Io ero immobile. «Sev… Sev, ti giuro che mi dispiace, è che ero depressa, e confusa, e non capivo cosa volevo, e quindi non ho pensato prima di…»

«È proprio questo il problema, Lily: non hai pensato prima di agire!» Si voltò verso di me, esasperato. «Tu non pensi mai prima di agire, ti butti e conti sul fatto che atterrerai in piedi! È un atteggiamento che hai sempre avuto, sempre! Da quando ti conosco…»

Mi sentii in colpa perché effettivamente era così: di solito mi buttavo perché ero abituata ad atterrare in piedi. Ero sempre atterrata in piedi, sia fisicamente che psicologicamente.

«Sev, io ci provo, ma stavo male, e non volevo che gli altri… che gli altri mi vedessero in quello stato, e non sapevo cosa… fare…»

Sospirò pesantemente e andò a sedersi nel vano della finestra, portandosi le ginocchia al petto.

«Sev?» Mi avvicinai lentamente a lui, cercando i suoi occhi, ostinatamente rivolti verso il panorama fuori. Mi sedetti anch’io. «È possibile che entro la prossima era geologica tu mi perdoni?»

Sbuffò di nuovo e affondò la testa nelle ginocchia, prima di alzarla di nuovo. «Lily, sei una cosa impossibile!»

Lo guardai interrogativa.

«Non solo commetti le peggio idiozie come se fossero normali» cominciò guardandomi scontento. «Ma poi metti anche su quella faccia mortificata che mi fa sentire un verme finché non ti ho scusato. Non è giusto!»

Sorrisi, più rilassata. «Se mi dici quale faccia devo fare per farti più contento ci provo, Sev, solo che… davvero, mi dispiace, scusami, non volevo…»

Ispirò a fondo ed espirò ancora più lentamente. «È ovvio che ti scuso, testa di Grifondoro che non sei altro» borbottò alla fine, distogliendo lo sguardo. «Ma vorrei davvero capire cosa devo fare con te. Avevo promesso a tuo padre che ti avrei impedito di farti ancora del male…»

«Sì, ma come hai detto tu non puoi passare tutta la vita appiccicato a me» gli dissi in tono incoraggiante. «Non è colpa tua se ogni volta che ti allontani io vengo presa dallo sconforto e agisco senza usare la testa…»

Sorrise suo malgrado, tornando a incrociare i miei occhi. «La prossima volta compro un guinzaglio da cani babbano e quando me ne vado ti lego da qualche parte e ti ci lascio fino a quando non torno» mi informò. «Oppure uso un qualche incantesimo per introdurmi nella tua testa vuota e ficcarci dentro un po’ di buon senso…»

«Quando vuoi» risposi, felice che fosse tornato a sorridere. «E in ogni caso è stato solo un episodio, Sev, di solito non vado a ficcarmi nei guai…»

Mi guardò estremamente scettico.

«D’accordo, ogni tanto mi ficco nei guai, ma raramente…»

Inarcò un sopracciglio.

«Va bene, sono nei guai un giorno sì e uno no, ma non lo faccio mai apposta!»

«No, infatti» confermò lui storcendo le labbra. «Ed è esattamente di questo che mi lamento. Se almeno lo facessi apposta sapresti anche come evitarli, invece lo sei perché non pensi, e quindi vai avanti confidando solo in qualche magia che ti impedisca di farti del male. E per quanto tu abbia una discreta fortuna, quella non dura per sempre.»

«La fortuna è cieca» commentai io.

Fece una smorfia. «Forse, ma la sfiga ci vede benissimo» disse tetro facendomi ridere. «Non c’è niente da ridere, ragazzina spudorata!» Ma non mi ingannava, anche lui stava sorridendo.

«Che dovevi fare ieri pomeriggio, comunque?» chiesi abbracciandomi le ginocchia.

Si strinse nelle spalle con aria noncurante, ma i suoi occhi erano improvvisamente vigili. «Un… una specie di… gruppo di studio, direi» disse alla fine. «Una riunione fra compagni in cui abbiamo discusso del più e del meno…»

«Hai aiutato tutti a fare i compiti?» chiesi con un sorriso: se c’era una cosa di cui Severus non aveva bisogno era aiuto per la scuola.

«Non proprio» disse ostentando un tono tranquillo. «Più che altro abbiamo parlato, sai come capita…»

Annuii: anche io e Remus e Alice quando ci mettevamo lì per studiare passavamo prima parecchio tempo a chiacchierare, fino a quando il più diligente della situazione, alias Remus, non ci richiamava all’ordine.

«Ti sei divertito?»

Annuì, guardando fuori. «Il tempo non promette bene, vero?»

Mi strinsi nelle spalle. «Magari appena smette di nevicare possiamo fare una battaglia a palle di neve» proposi, infiammandomi all’idea. «Oppure possiamo pattinare sul lago, credo che la scuola metta a disposizione dei pattini, io non sono molto brava ma Tunia una volta mi ha accompagnato e non era troppo…»

«Lily, se c’è una cosa che non farò di sicuro è pattinare sul lago» mi disse lui con fermezza. Notando il mio sguardo deluso, aggiunse nello stesso tono: «Per la battaglia a palle di neve vedremo.»

«Grazie!» esclamai balzando in piedi e scoccandogli un velocissimo bacio sulla fronte. «E ora combattiamo!» conclusi tirando fuori la bacchetta e cominciando a spostare le scacchiere.

Lui non parlava: era impietrito al suo posto con lo sguardo fisso, esattamente com’era quando lo avevo lasciato.

«Sev?» chiesi incerta guardando i suoi occhi vitrei.

Si girò verso di me lentamente, senza perdere l’espressione sgranata.

«Sev, su! Sono quasi le quattro, ormai!»

Si alzò sciogliendo un muscolo dopo l’altro e mi aiutò a spostare le ultime scacchiere.

 

 

Angolo Autrice

Lo so, anche io mi sono odiata per questo capitolo e visto che appena lettolo mia sorella ha commentato solo “Povero Severus!” immagino che il mio non fosse solo un parere di parte.

 A volte il tentativo di restare il più possibile IC ti porta più in là di dove uno vorrebbe andare, senza nemmeno avere la garanzia di esserci riuscito… però era una conseguenza logica di quello che era successo nel precedente capitolo, mi dispiace ma è così. Sì. Ecco. Almeno è quello che mi vado ripetendo da un po’ di tempo a questa parte…

Però poi fanno pace, no? *sorride in modo incoraggiante*

Ditemi almeno che non state odiando Lily per quello che ha fatto, anche se temo che sia così… ma diamine, gente, ha undici anni, è piccola! È piccola ed ha subito una cosa malvagia, non può già tenere tutto sotto controllo… credo. A parer mio, almeno.

Quindi basta, mi sto lasciando una recensione da sola e non è questo il motivo per cui mi pagate. Ah no, dimenticavo l’assenza di fini lucrosi. Vabbè, dev’essere che sto scrivendo all’una e mezzo di notte e quindi ho una certa tendenza al discorso indiretto libero. E poi il caldo di giugno soffoca…

 

Perciò ringraziamenti a chiunque ci sia, se c’è ancora qualcuno, e lascio campo libero a chi avrà la responsabilità di scusare i miei scritti ^^

Angolo Autrice Bis

Questo era l’ultmio capitolo in cui esistevano delle noti da autrice assente, dal prossimo quindi, se deciderò di continuare a metterle, saranno direttamente della me dell’attuale presente e non della me del presente di, ormai, più di un anno fa.

Pare assurdo che sia passato già un anno… vuol dire che questa storia compie più o meno due anni xD Mi fa sentire assurdamente vecchia, specie con la crisi scrittoria che mi ha presa da quando sono tornata dalla Virginia… Oh, be’, con un po’ di fortuna mi riprenderò.

Intanto sono qui solo per ringraziare chi continua a seguirmi nonostante gli aggiornamenti discontinui e la schizofrenia delle note, in particolare i 27 che preferiscono questa storia, i 5 che la ricordano e i 54 che la seguono.

Inutile aggiungere altro, vero?

  
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