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Autore: Lhea    17/08/2011    2 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XXXXV

Capitolo XLIV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.00 – Mosca, Appartamento di William

 

“Inizio a pensare che la Lince si sia dimenticata di me…”

 

Irina guardò lo schermo del cellulare, inesorabilmente spento, poi spostò i suoi occhi sul cielo grigio fuori dalla finestra, pensierosa. Forse avrebbe dovuto preoccuparsi prima della cosa, ma solo ora si rendeva conto che ormai erano passate quattro settimane dall’incontro che era saltato, e la Lince non si era fatta vedere né sentire.

 

La prima cosa che avrebbe dovuto pensare era che forse la Lince aveva capito che collaborava con la polizia, ma qualcosa le diceva che in realtà lei non aveva commesso nessun errore, se non vedere Xander di nascosto quando lui si era presentato alla gara, quattro giorni prima. Inoltre, l’incontro era stato piuttosto breve, ed erano stati attenti…

 

Era come se un sesto senso le dicesse che in realtà doveva solo aspettare. Che attendere era solo un’altra prova a cui la stava sottoponendo la Lince. Non poteva essersi dimenticata di lei, ne era sicura. Aveva vinto la Mosca-Cherepova, nonostante avesse tutti contro, e solo quello doveva convincerla che faceva sul serio…

 

Gettò un’occhiata verso la camera da letto, dove William dormiva ancora, e si domandò se lui potesse essere il motivo per il quale la Lince non si faceva viva. In fondo non lo conosceva davvero, visto che lo Scorpione aveva concluso degli affari in passato con qualcuno che era un impostore… Forse non si fidava di lui, e perciò non avrebbe incontrato neanche lei…

 

Lasciò vagare lo sguardo per la stanza, e sospirò.

 

Da quando aveva fatto pace con Xander, la missione le sembrava meno difficile del previsto. Era come se una parte della sua mente si fosse liberata, e ora riuscisse a pensare con vera lucidità a quello che doveva fare. Tutto le sembrava incredibilmente più fattibile; non facile, ma possibile. Gli ostacoli rimanevano, ma apparivano meno alti di quanto lei li aveva creduti.

 

Se però voleva essere sicura di arrivare da qualche parte, non poteva stare proprio con le mani in mano.

 

Prima di tutto, doveva accertarsi che la Lince si ricordasse ancora di lei, e per farlo doveva parlare con uno dei Referenti. Sicuramente qualcuno di loro avrebbe saputo dirle qualcosa.

 

Prese il cellulare e cercò il numero di Boris nella rubrica, esitando un momento. Faceva bene a farsi sentire, oppure no?

 

“Almeno provo a sondare il terreno… Rimanere ad aspettare mi fa sentire in colpa…”.

 

Iniziò la telefonata, e prima di sentire la voce di qualcuno dovette aspettare parecchi secondi. Quando ormai stava per mettere giù, Boris rispose.

 

<< Fenice? >> disse solo.

 

<< Sì, sono io >> rispose lei, << Ho bisogno di parlare con te un momento >>.

 

<< Che c’è? Problemi con la gara dell’altra sera? >> domandò il russo, con una nota di fastidio nella voce.

 

<< No, non riguarda le corse. Riguarda la Lince. Dovevo incontrarla, ma da quando è saltato l’incontro non ho sentito più nessuno. Non posso continuare ad aspettare senza sapere niente >>.

 

Ci fu un momento di silenzio dall’altra parte, poi Boris rispose, la voce stranamente neutra: << Aspettare è l’unica alternativa che hai. La Lince non dimentica mai, e se non si è fatta sentire un motivo ci sarà. In più, l’arrivo di Challagher non ti ha messo in buona luce >>.

 

<< Che vuoi dire? >>.

 

<< Stavi con Dimitri, prima che lui arrivasse. E Dimitri è uno di noi, forse il più rispettato. La Lince dubita di te per questo, forse, e vuole sondare il terreno, accertarsi che tu sia effettivamente affidabile. Molti di noi ti considerano una traditrice >>.

 

<< Io non stavo con Dimitri, avevo solo chiesto il suo aiuto… >>.

 

<< Non importa. Ti sei accompagnata a lui, e ciò significa che ti ha offerto la sua protezione. Gli hai voltato le spalle quando è ritornato Challagher, e ai nostri occhi questo è un tradimento >>.

 

Irina tacque. Sapeva che niente avrebbe fatto cambiare opinione ai russi, perciò non insistette su quel punto.

 

<< Devo almeno sapere se ha intenzione di incontrarmi oppure no >> disse, << E’ inutile che rimanga qui ad aspettare, se tanto non la vedrò mai >>.

 

<< Non dipende da me >> rispose Boris, << La Lince non accetta pressioni da nessuno. Ma posso chiedergli di farti sapere se non ti vuole più incontrare >>.

 

“Spero non sia questa la sua idea”.

 

<< D’accordo, è meglio di niente >> disse Irina, << Alla prossima gara, allora >>.

 

Chiuse la telefonata e guardò il cellulare: sperava di arrivare a qualcosa nel giro di qualche giorno, perché capiva di non poterla tirare ancora per le lunghe… Prima o poi William avrebbe deciso di tornare a Los Angeles, o lasciare Mosca, e lei a quel punto non avrebbe potuto opporsi, per non destare sospetti…

 

Forse doveva parlarne con Dimitri: era sicura che lui sapesse cosa stava succedendo. Le avrebbe dato il consiglio giusto.

 

Per il momento, però, non poteva fissare nessun appuntamento: non poteva continuare a uscire da sola senza William e non attirare le sue domande. E il frigo era pieno, quindi non aveva a disposizione la scusa della spesa.

 

Improvvisamente, vide William sbucare dalla camera da letto, vestito con una camicia elegante e l’aria vagamente compita. La guardò rivolgendole un sorriso stranamente dolce e disse: << Buongiorno, bambolina. Già al lavoro? Ti ho sentita parlare al telefono… >>.

 

Si sedette di fianco a lei, sistemandosi le maniche della camicia.

 

<< Dove stai andando? >> domandò Irina, notando che sembrava pronto per uscire.

 

William ammiccò.

 

<< Ho una piccola commissione da svolgere >> rispose lo Scorpione, << Forse mi porterà via tutta la mattinata… Ti da fastidio se mi assento per un po’? >>.

 

Irina rimase perplessa, ma cercò di non farlo vedere.

 

<< No, va bene… Ma non mi avevi detto niente, ieri >> disse lei.

 

<< E’ una cosa dell’ultimo minuto >> spiegò William, << Non ho intenzione di uccidere nessuno, comunque, se è questo che ti preoccupa >>.

 

Sorrise sornione, sfiorandole il mento con le dita. Irina rimase immobile, senza sapere bene come comportarsi.

 

<< Ok… Posso chiederti… cosa devi fare? >> sussurrò.

 

<< No, bambolina >> rispose lo Scorpione, << E’ un piccolo segreto… Almeno per il momento >>.

 

Suggellò la sua frase scoccandole un bacio, poi si alzò e si diresse verso la porta, l’aria misteriosa.

 

Irina rimase di sasso. Quel comportamento era piuttosto strano, e le ipotesi erano solo due: o William tramava qualcosa, oppure stava davvero uscendo di senno.

 

L’unica cosa di cui era certa, era che aveva la possibilità per vedere Dimitri e Xander, e doveva assolutamente sfruttarla.

 

Afferrò il telefono, e per un momento rimase a pensare: a chi doveva mandare il suo messaggio? A Xander o a Dimitri?

 

Le ci volle un momento per ragionare: Xander aveva ancora bisogno di una lezione, e poi era con Dimitri che voleva parlare maggiormente. E forse, gli doveva anche delle scuse.

 

“Ho bisogno di incontrarvi… Fra mezz’ora, stesso posto dell’altra volta?”. Dimitri avrebbe capito che si riferiva al bar nella periferia di Mosca, dove si erano visti un po’ di tempo prima.

 

Attese qualche minuto, poi il display del cellulare si illuminò di nuovo.

 

“Fra qualche minuto sono lì. Avverti Went”.

 

Qualche minuto? Dimitri doveva essere fuori casa, allora…

 

Scrisse lo stesso messaggio a Xander, e dopo poco ottenne la risposta: “Ok, ci vediamo lì”.

 

Irina si alzò di scatto, si diede un’ultima occhiata allo specchio e scese di sotto, sperando che non stesse commettendo un errore e improvvisamente William tornasse indietro… O peggio, che la sua fosse una finta per incastrarla.

 

Saltò sulla Punto, e quindici minuti dopo raggiungeva il piccolo bar dove aveva incontrato Dimitri un po’ di tempo fa, abbastanza tranquillo da potergli permettere di lasciare la macchina in strada. Trovò posto in una via laterale e si incamminò per la strada. Vide che la R8 del russo era già lì.

 

Trovò Dimitri seduto a un tavolino, gli occhi grigi che scrutavano fuori dalla finestra, un drink in mano nonostante fosse mattina. Era imperscrutabile come al solito, ma in qualche modo Irina percepì che era nervoso. Improvvisamente ricordò che lui lì le aveva posto un ultimatum molto particolare, l’ultima volta che si erano visti, e arrossì.

 

“Gli devo decisamente delle scuse”.

 

Prese un respiro profondo e si sedette di fronte a Dimitri, accorgendosi che lui la guardava. Non posò il bicchiere: bevve un altro sorso, poi disse, tranquillo: << Ero nei paraggi >>.

 

Irina trovò strano che il russo desse una spiegazione a qualcosa che non aveva chiesto: di solito, l’unico modo per sapere qualcosa era fargli una domanda e interpretare le sue parole. Ma anche in quel caso, poteva esserci sotto qualcosa.

 

Si schiarì la voce, sapendo che in fondo doveva pur dire qualcosa riguardo alla questione tra lei e Xander. Aveva fatto una promessa a Dimitri, prima del ritorno di Xander, e ora si rendeva conto di non aver nemmeno tentato di rispettare le sue intenzioni.

 

<< Ti… Ti avevo fatto una promessa, un po’ di tempo fa >> iniziò Irina, incerta, << Prima che Xander si facesse nuovamente vivo… >>.

 

<< Ricordo, Fenice >> la interruppe bruscamente Dimitri, << Ma non mi sembra ci sia molto da dire, a riguardo >>.

 

<< Invece c’è molto da dire >> ribatté Irina, presa in contropiede dalla sua rudezza, << Io ho molto da dire. Ti avevo fatto una promessa che non ho mantenuto, e ti devo delle scuse per questo >>.

 

Dimitri posò il bicchiere vuoto sul tavolo, sorprendentemente controllato.

 

<< Non c’è bisogno di scuse per promesse che non sono promesse >> disse, seccato.

 

Irina si rese conto che Dimitri era infastidito da quel discorso, e poteva anche capire perché: si sentiva tradito, e aveva tutte le ragioni.

 

<< Io… >> cominciò lei, per continuare il suo discorso.

 

<< Non c’è niente da dire >> la interruppe nuovamente Dimitri, << Non mi sono mai aspettato nulla da te, così come tu non devi aspettarti nulla da me. Non ho bisogno delle tue scuse, non me ne faccio niente. Se tu sei consapevole di ciò che stai facendo, e lo sei, non ci sono spiegazioni da dare >>.

 

Irina voleva dire qualcosa di sensato, ma capì che non le veniva nulla in mente: Dimitri faceva di tutto per farle capire che non era deluso da lei, eppure sotto sotto sembrava furioso. Forse perché lei aveva avuto l’ardire di pensare che uno come lui potesse nutrire dell’interesse per lei? Magari a lui davvero non gliene fregava niente di lei, oppure ci aveva ripensato e aveva capito che Fenice non era il suo tipo… Magari era davvero stata questione di una sola notte, e lui non aveva pensato che potessero nascere paranoie del genere…

 

Abbassò lo sguardo, sentendosi fuori posto come non lo era mai stata, davanti a lui.

 

<< Allora voglio solo che tu sappia che mi dispiace >> mormorò, senza sapere che altro dire.

 

Dimitri la fissò.

 

<< Anche a me >> ribatté, << Anche a me, perché la stai facendo più lunga di quello che è. Sapevamo tutti e due che era questione di una sola notte >>.

 

Si guardarono negli occhi, e Irina annuì. Sì, in fondo lo sapevano. Lei sicuramente lo sapeva.

 

Improvvisamente si rese conto che sul volto di Dimitri si era dipinta una smorfia, una smorfia che lei riconobbe come un sorriso. Scosse il capo, con quell’espressione che lei aveva imparato a decifrare.

 

<< Quanto sei sciocca >> disse, << Smettila di tormentarti per qualcosa che non esiste. Se ti sei pentita non è colpa mia. Io non lo sono… Ho un buon ricordo di quella notte >>.

 

Per la prima volta da quando si conoscevano, Dimitri ammiccò con aria divertita. Irina rimase talmente sorpresa per la frase che arrossì, poi scosse anche lei il capo.

 

<< No, non sono pentita… Ma davvero, scusami >>.

 

<< Se vuoi sentirti dire che accetto le scuse, va bene, accettate. Tanto non cambierà ciò che penso. E adesso stampati un bel sorrisetto, arriva il tuo ragazzo >>.

 

Fece un cenno verso l’entrata, dove Xander avanzava tranquillo verso di loro. Si sedette al tavolino, rivolgendole un’occhiata incuriosita, forse per via della sua faccia, ma non fece niente di poco conveniente.

 

<< Eccomi >> disse, serio, << Qual è il problema? >>.

 

Irina si mosse sulla sedia.

 

<< Nessun problema, a parte quello della Lince >> disse, << Non si fa viva, da quando il nostro incontro è saltato. Saranno passate più di quattro settimane… Silenzio di tomba, nemmeno un messaggio. Ho chiamato Boris, ma lui dice che non c’è alternativa a quella di aspettare: se la Lince mi vuole incontrare, si farà viva. Ha detto che forse dipende dal fatto che ora lo Scorpione è qui, e di lui chiaramente non si fida, visto che in passato ha usato delle coperture per concludere affari con lui… >>.

 

Dimitri assunse un’aria pensierosa.

 

<< La Lince non dimentica, di questo sono certo >> disse alla fine, << E il fatto che rimanga in silenzio non è strano… Sta preparando qualcosa, ne sono sicuro. Sa meglio di tutti che se decide di incontrarti potrebbe scatenarsi una guerra tra le bande di Mosca… >>.

 

<< Perché? >> chiese Xander, anticipandola.

 

<< Perché Irina sarebbe la prima straniera a incontrare per davvero la vera e unica Lince >> rispose Dimitri, riprendendo in mano il suo bicchiere, << E per di più, è anche una donna. Nessuno dei russi accetterà la cosa facilmente: la Lince non si è mai fidata di nessuno qui, perché fare una differenza per una straniera? Rischia di perdere la fiducia e la lealtà di tutti, anche dei Referenti. Potrebbero decidere di tradirla, a quel punto >>.

 

<< Quindi pensi che si stia organizzando una via di fuga in caso le cose si mettessero male? >> chiese Irina, << Oppure ci sono ampie possibilità che alla fine decida di non incontrarmi, per non correre rischi? >>.

 

Dimitri tacque un istante, poi rispose: << Ti incontrerà, Irina. Ti reputa un elemento troppo interessante per poterti lasciare andare via senza parlare con te. Challagher è caduto, ma tu hai dimostrato di essere addirittura più forte di lui. Ti proporrà qualcosa, è chiaro >>.

 

Rimasero in silenzio tutti e tre. Xander le rivolse un’occhiata si sottecchi.

 

<< Noi siamo sempre pronti >> ribadì, << Al momento opportuno, sguinzaglieremo tutti gli agenti a disposizione. Aspettiamo solo il suo ordine >>.

 

Irina annuì. Dimitri in qualche modo l’aveva rassicurata, ma lei rimaneva comunque dubbiosa. Lo guardò alzarsi, dare un’occhiata all’orologio e dire: << Se non c’è altro, io me ne vado. Ho un affare da sbrigare >>.

 

Di fronte al diniego di Irina fece un cenno di saluto a lei e Xander e andò via, lasciandoli soli. Si chiese se in realtà il suo affare era una scusa oppure se fosse la verità. Molto probabilmente trovava la situazione scomoda, viste come si erano messe le cose tra lei e Xander, e preferiva andarsene, piuttosto che dover assistere alla loro riappacificazione.

 

Guardò Xander e lui sorrise.

 

<< Caffè? >> domandò, << Offro io, chiaramente >>.

 

Irina scoppiò a ridere, poi annuì. Anche se dentro di lei, qualcosa soffriva al pensiero di aver definitivamente tradito e ferito Dimitri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 11.00 – Mosca, Piazza Centrale

 

William adagiò il sacchetto blu sul sedile del passeggero, poi si mise comodo e accese il motore, sfilando lentamente verso la larga strada che lo avrebbe portato verso casa. Alzò il volume della radio e si rilassò, soddisfatto.

 

Era stata dura, ma lo aveva trovato, alla fine. Aveva girato le tre gioiellerie più costose di Mosca, con le commesse che affascinate da lui cercavano in ogni modo di carpire il suo nome e il motivo per cui stava cercando un anello, finché non lo aveva trovato nell’ultima, forse davvero la più prestigiosa.

 

Aveva progettato tutto per bene, come in quei film romantici che aveva sempre disprezzato e che continuava a disprezzare, perché voleva dare la giusta importanza al suo passo. Si sarebbe sforzato, visto che c’era di mezzo la sua Fenice. Ci aveva pensato tre giorni, visualizzato tutte le situazioni possibili, tutti gli scenari futuri, e aveva capito che sposare Irina era la scelta migliore. Non poteva pentirsene. Non se ne sarebbe pentito.

 

Ora su quel sedile giaceva l’oggetto che in qualche modo lo avrebbe legato a lei, che gli serviva per farle capire che faceva sul serio, che aveva smesso di considerarla solo un oggetto e che voleva che entrasse davvero a far parte della sua vita.

 

E questa volta non era come tutti gli altri regali che le aveva fatto. Questa volta non era entrato nella gioielleria e non aveva chiesto “l’anello più costoso, il più bello o il più esclusivo” che avevano. Era entrato e aveva solo chiesto un anello.

 

Poi lo aveva scelto. Li aveva guardati, studiati, soppesati, scartando quelli che a lei non sarebbero sicuramente piaciuti: quelli grossi, vistosi, elaborati, che avrebbero fatto a pugni con il suo modo di essere. Aveva rimuginato, cercando di trovarne uno che si addiceva a Irina, un po’ come un’auto si addice al proprio pilota.

 

Alla fine, era uscito lui: una fedina d’oro bianco, liscia, lucida, che racchiudeva in due fili di metallo sottile un diamante trasparente, brillante come una piccola stella. Non troppo vistoso, non troppo grosso, né appariscente. Bello e discreto come sapeva esserlo solo Irina.

 

William era soddisfatto: avrebbe potuto scegliere qualcosa di ancora più costoso, ma sapeva che Irina non lo avrebbe messo. Lei era semplice, trasparente come quel diamante, e per lei era perfetto.

 

Lasciò la strada principale, imboccando una viuzza che sapeva portarlo più rapidamente a casa. Stava ripassando il suo piano: avrebbe portato Irina a cena fuori, proprio quella sera, in un locale che aveva adocchiato qualche giorno prima, e le avrebbe chiesto di sposarlo.

 

Sorrise, pensando che se i suoi amici lo avessero visto in quel momento lo avrebbero preso in giro; anzi, non lo avrebbero nemmeno riconosciuto. Ma tanto i suoi “amici” non erano lì; lì c’era solo Irina. Tanto i suoi amici alla fine non erano stati veri amici… Cosa gli importava di quello che avrebbero potuto pensare?

 

Stava per svoltare a destra, quando vide in lontananza, seminascosta da un muro, una Ferrari rossa. La riconobbe: era la 599 di Went.

 

Inchiodò di colpo, suscitando l’ira delle auto dietro di lui.

 

Per un attimo pensò di lasciar perdere e andarsene, ma se Went era nei paraggi poteva decidere di concludere una delle sue questioni in sospeso. Aveva la pistola addosso e un’altra nel cruscotto: questa volta non sarebbe scappato. Non poteva sprecare quell’occasione.

 

Proseguì diritto, raggiungendo la 599, vuota. Si guardò un momento intorno, poi si chiese dove potesse essere… Abitava lì, in uno di quei palazzi? Oppure era in un locale?

 

Parcheggiò al Bugatti non troppo lontano, prese la pistola e tolse la sicura. Non c’era nessuno per strada, così corse sul marciapiede, cercando con lo sguardo Went. Dovunque fosse, era per forza nei dintorni, ma non poteva entrare in tutti i locali, o in tutti gli appartamenti dell’isolato.

 

Sentì l’eccitazione della caccia smuovergli il sangue nelle vene. Odiava quello sbirro più di chiunque altro, e ora che ne aveva la possibilità voleva solo farlo fuori. Doveva vendicarsi, per sé stesso e per Irina…

 

Guardò in alto: uno dei palazzi lì vicino aveva la scala che dava sulla strada, chiusa da pannelli di vetro che forse potevano essere aperti…

 

Ci mise un attimo a elaborare un piano: non poteva pensare di entrare in uno qualsiasi dei locali, trovare Went, ucciderlo e riuscire a fuggire in tutta tranquillità. Qualcosa poteva andare storto, per di più non sapeva nemmeno sé fosse solo o con qualcuno. Non poteva permettersi rischi.

 

Però poteva tendergli un agguato. Sarebbe entrato nel palazzo lì vicino, avrebbe tenuto d’occhio la sua auto, e appena Went si sarebbe fatto vedere avrebbe deciso: sparare da una postazione sicura, scendere ad affrontarlo faccia a faccia, oppure rimandare, se non fosse stato solo.

 

Si avvicinò al palazzo, entrò nella scala senza incontrare nessuno e iniziò a salire le scale, gli occhi sempre rivolti verso la strada. Si fermò al quinto piano, abbastanza in alto da permettergli di vedere bene tutto l’isolato, e aprì la finestra.

 

Una ventata di aria gelida gli soffiò sul viso, ma lui tirò fuori il braccio e puntò la pistola verso un nemico invisibile lungo la strada, per vedere se non si trovava troppo in alto. Andava bene, aveva un’ottima visuale e il posto era perfetto.

 

Poi, si mise in attesa. Ritmicamente percorreva con gli occhi tutta la strada, dall’inizio alla fine, fino al semaforo che scandiva il passare dei minuti. Non sapeva quanto avrebbe aspettato, ma sapeva di avere tutta la pazienza sufficiente… Aveva imparato che l’attesa rende tutto più piacevole, dando un sapore nuovo anche alla sua sete di vendetta.

 

Eliminare Went significare eliminare il ricordo della sua sconfitta, e cancellare dalla faccia della terra l’unica persona che era stata davvero in grado di tenergli testa… Dopo, non ci sarebbe stato nessuno che avrebbe potuto mettergli i bastoni tra le ruote…

 

Poi si chiese cosa avrebbe fatto Irina, di fronte alla dipartita di Went. Sapeva che non lo voleva morto, lei non odiava nessuno fino a quel punto, ma sicuramente qualcosa avrebbe pensato… Cosa? Cosa avrebbe detto, scoprendo che era stato lui a ucciderlo? Rischiava di allontanarla da sé?

 

Ogni tanto il suo pensiero correva anche verso il pacchetto chiuso nella sua auto, e a ciò che avrebbe detto Irina aprendolo. Sicuramente sarebbe stata un’enorme sorpresa per lei: nemmeno Went si era spinto così avanti. Non era quella una prova della sua fedeltà nei suoi confronti?

 

Sorrise, e proprio in quel momento vide con la coda dell’occhio la porta del piccolo bar all’angolo aprirsi. Puntò la pistola da quella parte, pronto a un falso allarme come era avvenuto altre volte, e tenne gli occhi puntati sulla figura che usciva.

 

Era Went. Come si era aspettato, lo sbirro era lì.

 

Lo guardò uscire dal bar, per poi voltarsi un momento indietro, come se aspettasse qualcuno. William non perse la mira, l’arma puntata alla testa di Went, mentre il suo cervello lavorava febbrilmente.

 

Non voleva ucciderlo così: non ci sarebbe stato gusto. Non era un vigliacco, e poi con Went aveva una questione la cui vendetta doveva essere consumata lentamente e soprattutto faccia a faccia. Però, poteva non esserci un’altra occasione come quella… Magari poteva sparare un colpo di avvertimento, Went non sarebbe scappato, quando si fosse accorto che si trattava dello Scorpione, avrebbe raccolto sicuramente la sfida…

 

Ma chi c’era con lui? Poteva rischiare, o era meglio attendere?

 

Poi decise: chiunque fosse uscito da quella porta, sarebbe morto per primo. Un colpo, per eliminare il fastidio, poi si sarebbe dedicato a Went… Doveva eliminarlo ora che ne aveva la possibilità, e lo sbirro non si sarebbe tirato indietro di fronte a un affronto simile. Lo avrebbe inseguito, e una volta in ballo, sarebbero rimasti solo loro due…

 

Puntò l’arma verso la porta d’ingresso del bar, finché non vide l’ombra comparire per terra… Non sarebbe stato difficile colpirlo…

 

Poi, scoprì di chi si trattava.

 

Irina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina uscì dal bar, guardò l’orologio e disse: << Meglio che mi sbrighi, non vorrei che William tornasse prima del previsto >>.

 

Xander si voltò a guardarla, rivolgendole un sorriso.

 

<< Quindi finché non chiudiamo con la storia della Lince, non ci vedremo più? >> domandò.

 

Irina annuì.

 

<< E’ meglio così >> rispose, << Non possiamo correre altri rischi. Appena avrò qualche notizia, ve lo farò sapere >>.

 

Xander le si affiancò, mentre camminavano verso il marciapiede.

 

<< Allora bada a te stessa >> disse serio, << Non posso dirti altro >>. Stava contenendo anche gli eccessivi slanci di raccomandazioni… Era un altro ottimo passo avanti.

 

Irina sorrise, e si voltò verso di lui.

 

<< Anche tu >>.

 

Poi si alzò in punta di piedi e gli diede un bacio a fior di labbra, troppo rapido per dargli il tempo di ricambiare, ma abbastanza intenso per fargli capire che aveva comunque apprezzato il suo nuovo modo di essere. E per ricordargli che stava solo facendo la difficile.

 

<< Conservalo fino alla prossima volta >> soffiò, poi gli rivolse un cenno di saluto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

William rimase paralizzato.

 

La sua mano tremò per un impercettibile secondo, ma il suo dito rimase di ghiaccio. Immobile. Inanimato. Sentì persino i battiti del suo cuore.

 

I suoi occhi, spalancati, rimasero fissi su Irina che camminava di fianco a Went, tranquilla, come se non si fossero mai lasciati… Vide tutto come se fosse stato a rallentatore, come se il suo cervello si fosse improvvisamente arrestato…

 

Ma il suo cervello funzionava benissimo, funzionava abbastanza per capire tutto, per cogliere la situazione e tutte le sue implicazioni… Era il suo corpo che non rispondeva, la sua mano che pareva improvvisamente morta…

 

Vide Irina allungarsi in punta di piedi e baciare sulla bocca Went, rapida, tentatrice.

 

Allora capì tutto.

 

Stava con Went. E se stava con Went

 

Qualcosa si ruppe nella testa e nel cuore di William, qualcosa che lo fece rimanere paralizzato a guardare la scena. Qualcosa che gli disse, a voce bassa e beffardamente: “Lo sapevi. Tu lo sapevi già”.

 

La sua mano tremò ancora, ma non sparò. Fissò prima Went, poi Irina, senza provare niente. Né rabbia, né dolore, né frustrazione, né tradimento. Niente. Non sentiva altro che i battiti del suo cuore, regolari, forti, che gli ricordavano che era vivo…

 

Centinaia di immagini gli passarono davanti agli occhi, così rapide da apparire sfocate, ma incredibilmente chiare… I baci di Irina, le notti passate insieme, le gare, il dolore, la rabbia, la dolcezza… Tutti i sentimenti che lei era stata in grado di suscitargli, tutto quello che aveva provato… La bocca gli si serrò, la mascella di pietra, al ricordo delle parole che si erano sussurrati, ai pensieri che lui aveva fatto…

 

Aveva immaginato un futuro insieme.

 

Aveva deciso di sposarla…

 

Poi, incredibilmente, sul volto dello Scorpione si dipinse un sorrisetto.

 

E ritrasse la pistola.

 

Forse era follia, quella, ma non avrebbe sparato. Non voleva uccidere nessuno, in quel momento. Non desiderò nemmeno di non avere avuto l’idea di appostarsi lì. Non pensò nemmeno di vendicarsi in qualche modo. Smise di pensare e basta.

 

Guardò Irina allontanarsi dopo aver baciato Went, veloce, e sparire in un vicolo. Poi fu la volta dello sbirro di salire in auto e andarsene, senza che lui facesse niente. Rimase a guardarli con la sua smorfia sul volto, il corpo semiparalizzato.

 

Solo allora William si concesse di guardare la pistola. Solo allora si concesse davvero di pensare.

 

Irina aveva finto fino a quel momento. Non era tornata a fare la pilota clandestina per liberare lui; molto probabilmente collaborava con la polizia, e il suo obiettivo era quello di incontrare e incastrare la Lince. Dimitri le aveva fatto da spalla, perché nessuno meglio di lui conosceva la Russia e i suoi abitanti… Went era da quelle parti perché c’era lei lì… Ritrovare lo Scorpione era stata una sorpresa, ma lei aveva gestito la situazione nel modo migliore: fingere che la sua copertura fosse la verità. Tutto combaciava alla perfezione.

 

Fissò l’arma che teneva in mano, il dito che accarezzava il grilletto, e pensò che Irina era stata intelligente. Maledettamente intelligente.

 

Ma era stata anche coraggiosa, in modo incredibile. Niente le aveva assicurato che lui sarebbe caduto nella sua trappola, che avrebbe davvero creduto che lei era andata a Mosca per liberarlo; niente le aveva assicurato che lui non l’avrebbe uccisa per vendicarsi. Aveva rischiato, e aveva fatto tutto da sola.

 

Esattamente come avrebbe fatto Fenice.

 

Ma c’era qualcosa che non aveva calcolato, qualcosa che nemmeno lui aveva previsto.

 

Lo Scorpione era caduto volontariamente nella sua trappola.

 

Sì, lo ammetteva. Non ci aveva pensato all’inizio, che poteva essere tutto un imbroglio, perché inconsciamente non aveva voluto farlo. Aveva deliberatamente creduto a ciò che Irina gli aveva detto perché voleva farlo.

 

Lo aveva sempre saputo, che lei era il suo punto debole.

 

“Tutto questo è solo colpa mia. Era solo questione di tempo. Davvero credevo che si fosse pentita? Davvero credevo che avesse dimenticato ciò che le ho fatto?”.

 

No, ma piuttosto di perdere lei, senza saperlo, aveva accettato tutti i rischi. Anche quello di vedersi tradito. Aveva accettato tutto, pur di ritrovare qualcosa dei suoi vecchi giorni della Black List… Si era coperto gli occhi, e non aveva guardato oltre il suo naso.

 

Cosa poteva pretendere ora? Niente. Si era lasciato incastrare perché era stato debole, perché aveva accettato un compromesso. Fin da quando era uscito di prigione, fin da quando era nato, qualcuno aveva cercato di fregarlo, e lui non l’aveva mai permesso. A nessuno. Irina era stata brava, perché aveva sfruttato la sua debolezza.

 

Si, li odiava tutti. Odiava tutti quelli che avevano tentato di gabbarlo… Li odiava, perché si erano creduti più furbi, più forti, più intelligenti di lui.

 

Ma no, non odiava lei. Non odiava Irina, anche se l’aveva tradito, anche se l’aveva ingannato, anche se l’aveva preso in giro. Non poteva odiarla, perché aveva bisogno di lei. Perché in fondo, lei non l’aveva fregato per fargli del male. Lo aveva fregato per salvare sé stessa, ora come in passato.

 

E adesso che sapeva, forse le cose sarebbero cambiate. Ora che sapeva, capì che non poteva disprezzarla. Che tanto non ne sarebbe mai stato capace.

 

Irina aveva finto, ma aveva smesso di odiarlo. Forse non lo aveva amato, ma lo aveva trattato come se fosse davvero parte della sua esistenza. L’aveva trattato come se lo amasse veramente, nonostante tutto.

 

E lui, lui non poteva che essergliene grato.

 

Perché finalmente capiva. Capiva come girava veramente il mondo, capiva veramente cos’erano le cose importanti nella vita, capiva che solo commettendo gli errori si impara, capiva che forse aveva sbagliato tutto, nella sua misera esistenza.

 

Capiva che non gli rimaneva davvero nulla da perdere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19.00 – Mosca, Appartamento di William

 

Irina era preoccupata. Guardava fuori dalla finestra la strada immersa nel buio, in attesa che William tornasse, ma non vedeva la Bugatti sbucare da nessuna parte.

 

Era in ritardo. In enorme ritardo. William le aveva detto che sarebbe tornato per pranzo, ma non si era fatto vedere. Lei aveva aspettato, poi aveva provato a telefonargli, trovando il cellulare spento.

 

La sua inquietudine era cresciuta. Non sapeva nemmeno dove era andato, ma non le era sembrato qualcosa di serio… Forse era semplicemente andato a prendere qualche macchina nuova, ma non poteva metterci così tanto.

 

Forse c’era lo zampino dei russi… Forse volevano vendicarsi per l’omicidio del meccanico…

 

Aveva stretto i denti e provato a chiamare altre cinque volte, con lo stesso risultato. Silenzio assoluto.

 

Sapeva che William era in grado di cavarsela in qualsiasi situazione, ma ciò non toglieva che era preoccupata per lui. Non voleva che gli venisse fatto del male, ora che sembrava sulla via del cambiamento… Forse se lo sarebbe meritato, a detta di molti, ma lei non poteva augurarsi che gli accadesse qualcosa di male.

 

Non poteva fare altro che aspettare, ma se non fosse tornato per le nove avrebbe chiamato Xander o Dimitri per far mandare una pattuglia in sua ricerca.

 

Finalmente però vide i fari della Bugatti bucare il buio della notte, e l’auto fermarsi per entrare nel parcheggio interno. William scese, vivo e vegeto, chiuse la macchina e si diresse di sopra.

 

Irina tirò un sospiro di sollievo quando lui entrò in casa, ma percepì subito che lo Scorpione aveva qualcosa di strano. Qualcosa di strano che era diverso da quello dei giorni precedenti.

 

Le rivolse un sorriso, ma non si avvicinò per baciarla.

 

<< Cosa è successo? >> domandò lei, in apprensione.

 

William scosse il capo.

 

<< Niente di grave. La cosa è andata un po’ più per le lunghe di quanto mi aspettassi >> rispose, << Eri preoccupata? >>.

 

<< Un po’… >> rispose Irina, << Ti aspettavo per pranzo… Le minacce dei russi mi hanno fatto venire in mente qualche pensiero un po’… >>. Si interruppe, non trovando le parole adatte.

 

William la guardò.

 

<< Sto bene >> disse, << Però vorrei mangiare qualcosa, se non ti dispiace. Hai tempo per una delle tue torte? >>.

 

Irina lo guardò stranita. Stranamente distaccato, ma nemmeno aggressivo… Inusuale.

 

<< Sì >> disse incerta, << Va bene… Sei… Sei sicuro che sia tutto ok? >>.

 

William si avvicinò e le diede un delicato bacio sulle labbra.

 

<< Certo… Sono solo un po’ stanco >> rispose, poi andò a sedersi sul divano.

 

Irina rimase in silenzio, e si diresse in cucina. Non poteva mentire a sé stessa: c’era qualcosa che non andava. Non sapeva cosa, ma William forse iniziava ad accorgersi dei suoi comportamenti?

 

Mentre apparecchiava la tavola, gettò uno sguardo di sbieco alle spalle dello Scorpione: che avesse intuito o scoperto qualcosa? E se sapeva, perché rimanere in silenzio?

 

Preparò la torta di mele che sapeva essere la preferita di William, e durante la cena lo trovò particolarmente silenzioso. Guardarono la tv satellitare, ma nemmeno di fronte all’arresto di un gruppo di piloti clandestini dalle parti di Los Angeles William disse qualcosa.

 

Solo quando andarono a letto, allo Scorpione sembrò tornare la voglia di parlare. Erano sdraiati uno di fianco all’altro, solo la lampada sul comodino a rischiarare la stanza. Irina sapeva che da un momento all’altro William si sarebbe voltato e l’avrebbe baciata, ma non lo fece. Sentì invece la sua mano catturare le sue dita, scorrendo i polpastrelli sul suo palmo, delicatamente.

 

<< Ho deciso che forse la Black List può aspettare >> disse, come se stessero riprendendo un discorso interrotto poco prima, << Non voglio fare due volte lo stesso errore, circondandomi di piloti di cui alla fine non posso fidarmi… >>.

 

Le gettò un’occhiata, e Irina non poté che allarmarsi. Rimase impassibile, sentendo le dita di William scorrere sul dorso della sua mano, ma il suo cuore iniziò a battere forte. Non poteva essere un caso…

 

<< Che… Che cosa vuoi fare? >> domandò a bassa voce.

 

William si avvicinò, sorridendo.

 

<< Niente >> rispose, poi la baciò intensamente, ma in modo diverso da tutte le altre volte.

 

Fu come se William non l’avesse mai sfiorata, come se anelasse le sue labbra da anni… La trascinò sopra di sé, adagiandola sopra i suoi addominali scolpiti, le mani ad accarezzarle i fianchi…

 

<< Irina… Io ti amo, ricordatelo >> sussurrò.

 

Lei rimase ferma, ma qualcosa le si sciolse a livello dello stomaco… Il suo tono di voce era troppo strano, troppo diverso dal solito…

 

<< Ti amo e non smetterò di farlo, qualunque cosa accada >>.

 

Poi William la baciò, travolgendola, e Irina rimase senza fiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Forse furono i pensieri che le turbinavano nella testa, ma Irina si svegliò presto quella mattina. Molto presto. Il display della radiosveglia segnava le quattro del mattino, e mentre lo fissava si accorse che lo schermo del suo cellulare, adagiato sul comodino, lampeggiava.

 

Lo prese, facendo meno rumore possibile, e vide che erano arrivati due messaggi. William dormiva profondamente, così si arrischiò a leggerli.

 

Uno era di Dimitri. Lo aprì. C’erano scritte pochissime parole.

 

“Lui sa”.

 

A Irina si gelò il sangue nelle vene, mentre capiva che quello che aveva sospettato era vero… William aveva scoperto che era un agente dell’F.B.I., sapeva tutto…

 

Una serie rapidissima di domande le si formò nella testa, e la prima fu: perché non aveva fatto niente? Perché non l’aveva ammazzata con un colpo di pistola, per punirla del suo ennesimo tradimento?

 

Si voltò a guardare lo Scorpione dormire, ricordando solo in quel quanto potesse essere pericoloso… Il tatuaggio dello scorpione sul petto era coperto dal lenzuolo, ma i muscoli erano in bella vista… Avrebbe anche potuto soffocarla a mani nude quella sera stessa, ma lei sue mani l’avevano solo sfiorata delicatamente… Sapeva, eppure non aveva fatto nulla…

 

La sua copertura era saltata, ma lei era ancora viva. Il pensiero era assurdo…

 

Aprì velocemente l’altro messaggio, desiderosa di qualche informazione che le avrebbe fatto capire come comportarsi, ma vide che non era di Dimitri.

 

Il suo cuore perse un battito.

 

“Se vuoi ancora incontrami, hai ventiquattro ore da questo momento in poi per raggiungermi… Predi la tua auto, da sola, e percorri la Mosca-Cherepova un’altra volta. Sarò lì ad aspettarti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Alors, signore e signori… Delirio? Forse. Follia? Forse. Chi si spiega tutto questo? Solo poche parole per dire: al prossimo capitolo. Intanto delirate un po’ anche voi, se non siete al mare spaparanzati sulla spiaggia, e fatemi sapere le vostre impressioni!

 

 

 

Ps: qualcuno chiede a gran voce qualche passaggio dal punto di vista di Dimitri. Ci sto pensando, perché entrare nella sua testa significa togliere un po’ di mistero al suo personaggio… Ma soprattutto, svelare un sacco di cose. Cercherò di far quadrare il cerchio e tirare fuori qualcosa di interessante. Vi chiedo solo un po’ di pazienza.

 

Lhea

 

 

  
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