Capitolo XLIV
Ore 9.00 –
Mosca, Appartamento di William
“Inizio a pensare che la Lince si sia dimenticata di
me…”
Irina guardò lo
schermo del cellulare, inesorabilmente spento, poi spostò i suoi occhi sul
cielo grigio fuori dalla finestra, pensierosa. Forse avrebbe dovuto
preoccuparsi prima della cosa, ma solo ora si rendeva conto che ormai erano
passate quattro settimane dall’incontro che era saltato, e la Lince non si era
fatta vedere né sentire.
La prima cosa che
avrebbe dovuto pensare era che forse la Lince aveva capito che collaborava con
la polizia, ma qualcosa le diceva che in realtà lei non aveva commesso nessun
errore, se non vedere Xander di nascosto quando lui
si era presentato alla gara, quattro giorni prima. Inoltre, l’incontro era
stato piuttosto breve, ed erano stati attenti…
Era come se un
sesto senso le dicesse che in realtà doveva solo aspettare. Che attendere era
solo un’altra prova a cui la stava sottoponendo la Lince. Non poteva essersi
dimenticata di lei, ne era sicura. Aveva vinto la Mosca-Cherepova,
nonostante avesse tutti contro, e solo quello doveva convincerla che faceva sul
serio…
Gettò un’occhiata
verso la camera da letto, dove William dormiva ancora, e si domandò se lui potesse
essere il motivo per il quale la Lince non si faceva viva. In fondo non lo
conosceva davvero, visto che lo Scorpione aveva concluso degli affari in
passato con qualcuno che era un impostore… Forse non si fidava di lui, e perciò
non avrebbe incontrato neanche lei…
Lasciò vagare lo
sguardo per la stanza, e sospirò.
Da quando aveva
fatto pace con Xander, la missione le sembrava meno
difficile del previsto. Era come se una parte della sua mente si fosse
liberata, e ora riuscisse a pensare con vera lucidità a quello che doveva fare.
Tutto le sembrava incredibilmente più fattibile; non facile, ma possibile. Gli
ostacoli rimanevano, ma apparivano meno alti di quanto lei li aveva creduti.
Se però voleva
essere sicura di arrivare da qualche parte, non poteva stare proprio con le
mani in mano.
Prima di tutto,
doveva accertarsi che la Lince si ricordasse ancora di lei, e per farlo doveva
parlare con uno dei Referenti. Sicuramente qualcuno di loro avrebbe saputo
dirle qualcosa.
Prese il cellulare
e cercò il numero di Boris nella rubrica, esitando un momento. Faceva bene a
farsi sentire, oppure no?
“Almeno provo a sondare il terreno… Rimanere ad
aspettare mi fa sentire in colpa…”.
Iniziò la
telefonata, e prima di sentire la voce di qualcuno dovette aspettare parecchi
secondi. Quando ormai stava per mettere giù, Boris rispose.
<< Fenice?
>> disse solo.
<< Sì, sono
io >> rispose lei, << Ho bisogno di parlare con te un momento
>>.
<< Che c’è?
Problemi con la gara dell’altra sera? >> domandò il russo, con una nota
di fastidio nella voce.
<< No, non
riguarda le corse. Riguarda la Lince. Dovevo incontrarla, ma da quando è
saltato l’incontro non ho sentito più nessuno. Non posso continuare ad
aspettare senza sapere niente >>.
Ci fu un momento di
silenzio dall’altra parte, poi Boris rispose, la voce stranamente neutra:
<< Aspettare è l’unica alternativa che hai. La Lince non dimentica mai, e
se non si è fatta sentire un motivo ci sarà. In più, l’arrivo di Challagher non ti ha messo in buona luce >>.
<< Che vuoi
dire? >>.
<< Stavi con
Dimitri, prima che lui arrivasse. E Dimitri è uno di noi, forse il più
rispettato. La Lince dubita di te per questo, forse, e vuole sondare il
terreno, accertarsi che tu sia effettivamente affidabile. Molti di noi ti considerano
una traditrice >>.
<< Io non
stavo con Dimitri, avevo solo chiesto il suo aiuto… >>.
<< Non
importa. Ti sei accompagnata a lui, e ciò significa che ti ha offerto la sua
protezione. Gli hai voltato le spalle quando è ritornato Challagher,
e ai nostri occhi questo è un tradimento >>.
Irina tacque.
Sapeva che niente avrebbe fatto cambiare opinione ai russi, perciò non
insistette su quel punto.
<< Devo
almeno sapere se ha intenzione di incontrarmi oppure no >> disse,
<< E’ inutile che rimanga qui ad aspettare, se tanto non la vedrò mai
>>.
<< Non
dipende da me >> rispose Boris, << La Lince non accetta pressioni
da nessuno. Ma posso chiedergli di farti sapere se non ti vuole più incontrare
>>.
“Spero non sia questa la sua idea”.
<< D’accordo,
è meglio di niente >> disse Irina, << Alla prossima gara, allora
>>.
Chiuse la
telefonata e guardò il cellulare: sperava di arrivare a qualcosa nel giro di
qualche giorno, perché capiva di non poterla tirare ancora per le lunghe… Prima
o poi William avrebbe deciso di tornare a Los Angeles, o lasciare Mosca, e lei
a quel punto non avrebbe potuto opporsi, per non destare sospetti…
Forse doveva
parlarne con Dimitri: era sicura che lui sapesse cosa stava succedendo. Le
avrebbe dato il consiglio giusto.
Per il momento,
però, non poteva fissare nessun appuntamento: non poteva continuare a uscire da
sola senza William e non attirare le sue domande. E il frigo era pieno, quindi
non aveva a disposizione la scusa della spesa.
Improvvisamente,
vide William sbucare dalla camera da letto, vestito con una camicia elegante e
l’aria vagamente compita. La guardò rivolgendole un sorriso stranamente dolce e
disse: << Buongiorno, bambolina. Già al lavoro? Ti ho sentita parlare al
telefono… >>.
Si sedette di
fianco a lei, sistemandosi le maniche della camicia.
<< Dove stai
andando? >> domandò Irina, notando che sembrava pronto per uscire.
William ammiccò.
<< Ho una
piccola commissione da svolgere >> rispose lo Scorpione, << Forse mi
porterà via tutta la mattinata… Ti da fastidio se mi assento per un po’?
>>.
Irina rimase
perplessa, ma cercò di non farlo vedere.
<< No, va
bene… Ma non mi avevi detto niente, ieri >> disse lei.
<< E’ una
cosa dell’ultimo minuto >> spiegò William, << Non ho intenzione di
uccidere nessuno, comunque, se è questo che ti preoccupa >>.
Sorrise sornione,
sfiorandole il mento con le dita. Irina rimase immobile, senza sapere bene come
comportarsi.
<< Ok… Posso
chiederti… cosa devi fare? >> sussurrò.
<< No,
bambolina >> rispose lo Scorpione, << E’ un piccolo segreto… Almeno
per il momento >>.
Suggellò la sua
frase scoccandole un bacio, poi si alzò e si diresse verso la porta, l’aria
misteriosa.
Irina rimase di
sasso. Quel comportamento era piuttosto strano, e le ipotesi erano solo due: o
William tramava qualcosa, oppure stava davvero uscendo di senno.
L’unica cosa di cui
era certa, era che aveva la possibilità per vedere Dimitri e Xander, e doveva assolutamente sfruttarla.
Afferrò il
telefono, e per un momento rimase a pensare: a chi doveva mandare il suo
messaggio? A Xander o a Dimitri?
Le ci volle un
momento per ragionare: Xander aveva ancora bisogno di
una lezione, e poi era con Dimitri che voleva parlare maggiormente. E forse,
gli doveva anche delle scuse.
“Ho bisogno di
incontrarvi… Fra mezz’ora, stesso posto dell’altra volta?”. Dimitri avrebbe
capito che si riferiva al bar nella periferia di Mosca, dove si erano visti un
po’ di tempo prima.
Attese qualche minuto,
poi il display del cellulare si illuminò di nuovo.
“Fra qualche minuto
sono lì. Avverti Went”.
Qualche minuto?
Dimitri doveva essere fuori casa, allora…
Scrisse lo stesso
messaggio a Xander, e dopo poco ottenne la risposta:
“Ok, ci vediamo lì”.
Irina si alzò di
scatto, si diede un’ultima occhiata allo specchio e scese di sotto, sperando
che non stesse commettendo un errore e improvvisamente William tornasse
indietro… O peggio, che la sua fosse una finta per incastrarla.
Saltò sulla Punto,
e quindici minuti dopo raggiungeva il piccolo bar dove aveva incontrato Dimitri
un po’ di tempo fa, abbastanza tranquillo da potergli permettere di lasciare la
macchina in strada. Trovò posto in una via laterale e si incamminò per la
strada. Vide che la R8 del russo era già lì.
Trovò Dimitri
seduto a un tavolino, gli occhi grigi che scrutavano fuori dalla finestra, un
drink in mano nonostante fosse mattina. Era imperscrutabile come al solito, ma
in qualche modo Irina percepì che era nervoso. Improvvisamente ricordò che lui
lì le aveva posto un ultimatum molto particolare, l’ultima volta che si erano
visti, e arrossì.
“Gli devo decisamente delle scuse”.
Prese un respiro
profondo e si sedette di fronte a Dimitri, accorgendosi che lui la guardava.
Non posò il bicchiere: bevve un altro sorso, poi disse, tranquillo: <<
Ero nei paraggi >>.
Irina trovò strano
che il russo desse una spiegazione a qualcosa che non aveva chiesto: di solito,
l’unico modo per sapere qualcosa era fargli una domanda e interpretare le sue parole.
Ma anche in quel caso, poteva esserci sotto qualcosa.
Si schiarì la voce,
sapendo che in fondo doveva pur dire qualcosa riguardo alla questione tra lei e
Xander. Aveva fatto una promessa a Dimitri, prima del
ritorno di Xander, e ora si rendeva conto di non aver
nemmeno tentato di rispettare le sue intenzioni.
<< Ti… Ti
avevo fatto una promessa, un po’ di tempo fa >> iniziò Irina, incerta,
<< Prima che Xander si facesse nuovamente vivo…
>>.
<< Ricordo,
Fenice >> la interruppe bruscamente Dimitri, << Ma non mi sembra ci
sia molto da dire, a riguardo >>.
<< Invece c’è
molto da dire >> ribatté Irina, presa in contropiede dalla sua rudezza,
<< Io ho molto da dire. Ti avevo fatto una promessa che non ho mantenuto,
e ti devo delle scuse per questo >>.
Dimitri posò il
bicchiere vuoto sul tavolo, sorprendentemente controllato.
<< Non c’è
bisogno di scuse per promesse che non sono promesse >> disse, seccato.
Irina si rese conto
che Dimitri era infastidito da quel discorso, e poteva anche capire perché: si
sentiva tradito, e aveva tutte le ragioni.
<< Io…
>> cominciò lei, per continuare il suo discorso.
<< Non c’è
niente da dire >> la interruppe nuovamente Dimitri, << Non mi sono
mai aspettato nulla da te, così come tu non devi aspettarti nulla da me. Non ho
bisogno delle tue scuse, non me ne faccio niente. Se tu sei consapevole di ciò
che stai facendo, e lo sei, non ci sono spiegazioni da dare >>.
Irina voleva dire
qualcosa di sensato, ma capì che non le veniva nulla in mente: Dimitri faceva
di tutto per farle capire che non era deluso da lei, eppure sotto sotto sembrava furioso. Forse perché lei aveva avuto
l’ardire di pensare che uno come lui potesse nutrire dell’interesse per lei?
Magari a lui davvero non gliene fregava niente di lei, oppure ci aveva
ripensato e aveva capito che Fenice non era il suo tipo… Magari era davvero
stata questione di una sola notte, e lui non aveva pensato che potessero
nascere paranoie del genere…
Abbassò lo sguardo,
sentendosi fuori posto come non lo era mai stata, davanti a lui.
<< Allora
voglio solo che tu sappia che mi dispiace >> mormorò, senza sapere che
altro dire.
Dimitri la fissò.
<< Anche a me
>> ribatté, << Anche a me, perché la stai facendo più lunga di
quello che è. Sapevamo tutti e due che era questione di una sola notte
>>.
Si guardarono negli
occhi, e Irina annuì. Sì, in fondo lo sapevano. Lei sicuramente lo sapeva.
Improvvisamente si
rese conto che sul volto di Dimitri si era dipinta una smorfia, una smorfia che
lei riconobbe come un sorriso. Scosse il capo, con quell’espressione che lei
aveva imparato a decifrare.
<< Quanto sei
sciocca >> disse, << Smettila di tormentarti per qualcosa che non
esiste. Se ti sei pentita non è colpa mia. Io non lo sono… Ho un buon ricordo
di quella notte >>.
Per la prima volta
da quando si conoscevano, Dimitri ammiccò con aria divertita. Irina rimase
talmente sorpresa per la frase che arrossì, poi scosse anche lei il capo.
<< No, non sono
pentita… Ma davvero, scusami >>.
<< Se vuoi
sentirti dire che accetto le scuse, va bene, accettate. Tanto non cambierà ciò
che penso. E adesso stampati un bel sorrisetto, arriva il tuo ragazzo >>.
Fece un cenno verso
l’entrata, dove Xander avanzava tranquillo verso di
loro. Si sedette al tavolino, rivolgendole un’occhiata incuriosita, forse per
via della sua faccia, ma non fece niente di poco conveniente.
<< Eccomi
>> disse, serio, << Qual è il problema? >>.
Irina si mosse
sulla sedia.
<< Nessun problema,
a parte quello della Lince >> disse, << Non si fa viva, da quando
il nostro incontro è saltato. Saranno passate più di quattro settimane…
Silenzio di tomba, nemmeno un messaggio. Ho chiamato Boris, ma lui dice che non
c’è alternativa a quella di aspettare: se la Lince mi vuole incontrare, si farà
viva. Ha detto che forse dipende dal fatto che ora lo Scorpione è qui, e di lui
chiaramente non si fida, visto che in passato ha usato delle coperture per
concludere affari con lui… >>.
Dimitri assunse un’aria
pensierosa.
<< La Lince
non dimentica, di questo sono certo >> disse alla fine, << E il
fatto che rimanga in silenzio non è strano… Sta preparando qualcosa, ne sono
sicuro. Sa meglio di tutti che se decide di incontrarti potrebbe scatenarsi una
guerra tra le bande di Mosca… >>.
<< Perché?
>> chiese Xander, anticipandola.
<< Perché
Irina sarebbe la prima straniera a incontrare per davvero la vera e unica Lince
>> rispose Dimitri, riprendendo in mano il suo bicchiere, << E per
di più, è anche una donna. Nessuno dei russi accetterà la cosa facilmente: la
Lince non si è mai fidata di nessuno qui, perché fare una differenza per una
straniera? Rischia di perdere la fiducia e la lealtà di tutti, anche dei
Referenti. Potrebbero decidere di tradirla, a quel punto >>.
<< Quindi
pensi che si stia organizzando una via di fuga in caso le cose si mettessero
male? >> chiese Irina, << Oppure ci sono ampie possibilità che alla
fine decida di non incontrarmi, per non correre rischi? >>.
Dimitri tacque un
istante, poi rispose: << Ti incontrerà, Irina. Ti reputa un elemento
troppo interessante per poterti lasciare andare via senza parlare con te. Challagher è caduto, ma tu hai dimostrato di essere
addirittura più forte di lui. Ti proporrà qualcosa, è chiaro >>.
Rimasero in
silenzio tutti e tre. Xander le rivolse un’occhiata
si sottecchi.
<< Noi siamo
sempre pronti >> ribadì, << Al momento opportuno, sguinzaglieremo
tutti gli agenti a disposizione. Aspettiamo solo il suo ordine >>.
Irina annuì.
Dimitri in qualche modo l’aveva rassicurata, ma lei rimaneva comunque dubbiosa.
Lo guardò alzarsi, dare un’occhiata all’orologio e dire: << Se non c’è
altro, io me ne vado. Ho un affare da sbrigare >>.
Di fronte al
diniego di Irina fece un cenno di saluto a lei e Xander
e andò via, lasciandoli soli. Si chiese se in realtà il suo affare era una
scusa oppure se fosse la verità. Molto probabilmente trovava la situazione
scomoda, viste come si erano messe le cose tra lei e Xander,
e preferiva andarsene, piuttosto che dover assistere alla loro
riappacificazione.
Guardò Xander e lui sorrise.
<< Caffè?
>> domandò, << Offro io, chiaramente >>.
Irina scoppiò a
ridere, poi annuì. Anche se dentro di lei, qualcosa soffriva al pensiero di
aver definitivamente tradito e ferito Dimitri.
Ore 11.00 –
Mosca, Piazza Centrale
William adagiò il
sacchetto blu sul sedile del passeggero, poi si mise comodo e accese il motore,
sfilando lentamente verso la larga strada che lo avrebbe portato verso casa.
Alzò il volume della radio e si rilassò, soddisfatto.
Era stata dura, ma
lo aveva trovato, alla fine. Aveva girato le tre gioiellerie più costose di
Mosca, con le commesse che affascinate da lui cercavano in ogni modo di carpire
il suo nome e il motivo per cui stava cercando un anello, finché non lo aveva
trovato nell’ultima, forse davvero la più prestigiosa.
Aveva progettato
tutto per bene, come in quei film romantici che aveva sempre disprezzato e che
continuava a disprezzare, perché voleva dare la giusta importanza al suo passo.
Si sarebbe sforzato, visto che c’era di mezzo la sua Fenice. Ci aveva pensato
tre giorni, visualizzato tutte le situazioni possibili, tutti gli scenari
futuri, e aveva capito che sposare Irina era la scelta migliore. Non poteva pentirsene.
Non se ne sarebbe pentito.
Ora su quel sedile
giaceva l’oggetto che in qualche modo lo avrebbe legato a lei, che gli serviva
per farle capire che faceva sul serio, che aveva smesso di considerarla solo un
oggetto e che voleva che entrasse davvero a far parte della sua vita.
E questa volta non
era come tutti gli altri regali che le aveva fatto. Questa volta non era
entrato nella gioielleria e non aveva chiesto “l’anello più costoso, il più
bello o il più esclusivo” che avevano. Era entrato e aveva solo chiesto un
anello.
Poi lo aveva
scelto. Li aveva guardati, studiati, soppesati, scartando quelli che a lei non
sarebbero sicuramente piaciuti: quelli grossi, vistosi, elaborati, che
avrebbero fatto a pugni con il suo modo di essere. Aveva rimuginato, cercando
di trovarne uno che si addiceva a Irina, un po’ come un’auto si addice al
proprio pilota.
Alla fine, era
uscito lui: una fedina d’oro bianco, liscia, lucida, che racchiudeva in due
fili di metallo sottile un diamante trasparente, brillante come una piccola
stella. Non troppo vistoso, non troppo grosso, né appariscente. Bello e
discreto come sapeva esserlo solo Irina.
William era
soddisfatto: avrebbe potuto scegliere qualcosa di ancora più costoso, ma sapeva
che Irina non lo avrebbe messo. Lei era semplice, trasparente come quel
diamante, e per lei era perfetto.
Lasciò la strada
principale, imboccando una viuzza che sapeva portarlo più rapidamente a casa.
Stava ripassando il suo piano: avrebbe portato Irina a cena fuori, proprio
quella sera, in un locale che aveva adocchiato qualche giorno prima, e le
avrebbe chiesto di sposarlo.
Sorrise, pensando
che se i suoi amici lo avessero visto in quel momento lo avrebbero preso in
giro; anzi, non lo avrebbero nemmeno riconosciuto. Ma tanto i suoi “amici” non
erano lì; lì c’era solo Irina. Tanto i suoi amici alla fine non erano stati
veri amici… Cosa gli importava di quello che avrebbero potuto pensare?
Stava per svoltare
a destra, quando vide in lontananza, seminascosta da un muro, una Ferrari
rossa. La riconobbe: era la 599 di Went.
Inchiodò di colpo,
suscitando l’ira delle auto dietro di lui.
Per un attimo pensò
di lasciar perdere e andarsene, ma se Went era nei
paraggi poteva decidere di concludere una delle sue questioni in sospeso. Aveva
la pistola addosso e un’altra nel cruscotto: questa volta non sarebbe scappato.
Non poteva sprecare quell’occasione.
Proseguì diritto,
raggiungendo la 599, vuota. Si guardò un momento intorno, poi si chiese dove
potesse essere… Abitava lì, in uno di quei palazzi? Oppure era in un locale?
Parcheggiò al
Bugatti non troppo lontano, prese la pistola e tolse la sicura. Non c’era
nessuno per strada, così corse sul marciapiede, cercando con lo sguardo Went. Dovunque fosse, era per forza nei dintorni, ma non poteva
entrare in tutti i locali, o in tutti gli appartamenti dell’isolato.
Sentì l’eccitazione
della caccia smuovergli il sangue nelle vene. Odiava quello sbirro più di
chiunque altro, e ora che ne aveva la possibilità voleva solo farlo fuori.
Doveva vendicarsi, per sé stesso e per Irina…
Guardò in alto: uno
dei palazzi lì vicino aveva la scala che dava sulla strada, chiusa da pannelli
di vetro che forse potevano essere aperti…
Ci mise un attimo a
elaborare un piano: non poteva pensare di entrare in uno qualsiasi dei locali,
trovare Went, ucciderlo e riuscire a fuggire in tutta
tranquillità. Qualcosa poteva andare storto, per di più non sapeva nemmeno sé
fosse solo o con qualcuno. Non poteva permettersi rischi.
Però poteva
tendergli un agguato. Sarebbe entrato nel palazzo lì vicino, avrebbe tenuto
d’occhio la sua auto, e appena Went si sarebbe fatto
vedere avrebbe deciso: sparare da una postazione sicura, scendere ad
affrontarlo faccia a faccia, oppure rimandare, se non fosse stato solo.
Si avvicinò al
palazzo, entrò nella scala senza incontrare nessuno e iniziò a salire le scale,
gli occhi sempre rivolti verso la strada. Si fermò al quinto piano, abbastanza
in alto da permettergli di vedere bene tutto l’isolato, e aprì la finestra.
Una ventata di aria
gelida gli soffiò sul viso, ma lui tirò fuori il braccio e puntò la pistola
verso un nemico invisibile lungo la strada, per vedere se non si trovava troppo
in alto. Andava bene, aveva un’ottima visuale e il posto era perfetto.
Poi, si mise in
attesa. Ritmicamente percorreva con gli occhi tutta la strada, dall’inizio alla
fine, fino al semaforo che scandiva il passare dei minuti. Non sapeva quanto
avrebbe aspettato, ma sapeva di avere tutta la pazienza sufficiente… Aveva
imparato che l’attesa rende tutto più piacevole, dando un sapore nuovo anche
alla sua sete di vendetta.
Eliminare Went significare eliminare il ricordo della sua sconfitta,
e cancellare dalla faccia della terra l’unica persona che era stata davvero in
grado di tenergli testa… Dopo, non ci sarebbe stato nessuno che avrebbe potuto
mettergli i bastoni tra le ruote…
Poi si chiese cosa
avrebbe fatto Irina, di fronte alla dipartita di Went.
Sapeva che non lo voleva morto, lei non odiava nessuno fino a quel punto, ma
sicuramente qualcosa avrebbe pensato… Cosa? Cosa avrebbe detto, scoprendo che
era stato lui a ucciderlo? Rischiava di allontanarla da sé?
Ogni tanto il suo
pensiero correva anche verso il pacchetto chiuso nella sua auto, e a ciò che
avrebbe detto Irina aprendolo. Sicuramente sarebbe stata un’enorme sorpresa per
lei: nemmeno Went si era spinto così avanti. Non era
quella una prova della sua fedeltà nei suoi confronti?
Sorrise, e proprio
in quel momento vide con la coda dell’occhio la porta del piccolo bar
all’angolo aprirsi. Puntò la pistola da quella parte, pronto a un falso allarme
come era avvenuto altre volte, e tenne gli occhi puntati sulla figura che
usciva.
Era Went. Come si era aspettato, lo sbirro era lì.
Lo guardò uscire
dal bar, per poi voltarsi un momento indietro, come se aspettasse qualcuno.
William non perse la mira, l’arma puntata alla testa di Went,
mentre il suo cervello lavorava febbrilmente.
Non voleva
ucciderlo così: non ci sarebbe stato gusto. Non era un vigliacco, e poi con Went aveva una questione la cui vendetta doveva essere
consumata lentamente e soprattutto faccia a faccia. Però, poteva non esserci
un’altra occasione come quella… Magari poteva sparare un colpo di avvertimento,
Went non sarebbe scappato, quando si fosse accorto
che si trattava dello Scorpione, avrebbe raccolto sicuramente la sfida…
Ma chi c’era con
lui? Poteva rischiare, o era meglio attendere?
Poi decise:
chiunque fosse uscito da quella porta, sarebbe morto per primo. Un colpo, per
eliminare il fastidio, poi si sarebbe dedicato a Went…
Doveva eliminarlo ora che ne aveva la possibilità, e lo sbirro non si sarebbe
tirato indietro di fronte a un affronto simile. Lo avrebbe inseguito, e una
volta in ballo, sarebbero rimasti solo loro due…
Puntò l’arma verso
la porta d’ingresso del bar, finché non vide l’ombra comparire per terra… Non
sarebbe stato difficile colpirlo…
Poi, scoprì di chi
si trattava.
Irina.
Irina uscì dal bar,
guardò l’orologio e disse: << Meglio che mi sbrighi, non vorrei che William
tornasse prima del previsto >>.
Xander si voltò a
guardarla, rivolgendole un sorriso.
<< Quindi
finché non chiudiamo con la storia della Lince, non ci vedremo più? >>
domandò.
Irina annuì.
<< E’ meglio
così >> rispose, << Non possiamo correre altri rischi. Appena avrò
qualche notizia, ve lo farò sapere >>.
Xander le si affiancò,
mentre camminavano verso il marciapiede.
<< Allora
bada a te stessa >> disse serio, << Non posso dirti altro >>.
Stava contenendo anche gli eccessivi slanci di raccomandazioni… Era un altro
ottimo passo avanti.
Irina sorrise, e si
voltò verso di lui.
<< Anche tu
>>.
Poi si alzò in
punta di piedi e gli diede un bacio a fior di labbra, troppo rapido per dargli
il tempo di ricambiare, ma abbastanza intenso per fargli capire che aveva
comunque apprezzato il suo nuovo modo di essere. E per ricordargli che stava
solo facendo la difficile.
<< Conservalo
fino alla prossima volta >> soffiò, poi gli rivolse un cenno di saluto.
William rimase
paralizzato.
La sua mano tremò
per un impercettibile secondo, ma il suo dito rimase di ghiaccio. Immobile.
Inanimato. Sentì persino i battiti del suo cuore.
I suoi occhi,
spalancati, rimasero fissi su Irina che camminava di fianco a Went, tranquilla, come se non si fossero mai lasciati… Vide
tutto come se fosse stato a rallentatore, come se il suo cervello si fosse
improvvisamente arrestato…
Ma il suo cervello
funzionava benissimo, funzionava abbastanza per capire tutto, per cogliere la situazione
e tutte le sue implicazioni… Era il suo corpo che non rispondeva, la sua mano
che pareva improvvisamente morta…
Vide Irina
allungarsi in punta di piedi e baciare sulla bocca Went,
rapida, tentatrice.
Allora capì tutto.
Stava con Went. E se stava con Went…
Qualcosa si ruppe
nella testa e nel cuore di William, qualcosa che lo fece rimanere paralizzato a
guardare la scena. Qualcosa che gli disse, a voce bassa e beffardamente: “Lo sapevi. Tu lo sapevi già”.
La sua mano tremò
ancora, ma non sparò. Fissò prima Went, poi Irina,
senza provare niente. Né rabbia, né dolore, né frustrazione, né tradimento.
Niente. Non sentiva altro che i battiti del suo cuore, regolari, forti, che gli
ricordavano che era vivo…
Centinaia di
immagini gli passarono davanti agli occhi, così rapide da apparire sfocate, ma
incredibilmente chiare… I baci di Irina, le notti passate insieme, le gare, il
dolore, la rabbia, la dolcezza… Tutti i sentimenti che lei era stata in grado
di suscitargli, tutto quello che aveva provato… La bocca gli si serrò, la
mascella di pietra, al ricordo delle parole che si erano sussurrati, ai
pensieri che lui aveva fatto…
Aveva immaginato un
futuro insieme.
Aveva deciso di
sposarla…
Poi, incredibilmente,
sul volto dello Scorpione si dipinse un sorrisetto.
E ritrasse la
pistola.
Forse era follia,
quella, ma non avrebbe sparato. Non voleva uccidere nessuno, in quel momento.
Non desiderò nemmeno di non avere avuto l’idea di appostarsi lì. Non pensò
nemmeno di vendicarsi in qualche modo. Smise di pensare e basta.
Guardò Irina
allontanarsi dopo aver baciato Went, veloce, e
sparire in un vicolo. Poi fu la volta dello sbirro di salire in auto e
andarsene, senza che lui facesse niente. Rimase a guardarli con la sua smorfia
sul volto, il corpo semiparalizzato.
Solo allora William
si concesse di guardare la pistola. Solo allora si concesse davvero di pensare.
Irina aveva finto
fino a quel momento. Non era tornata a fare la pilota clandestina per liberare
lui; molto probabilmente collaborava con la polizia, e il suo obiettivo era
quello di incontrare e incastrare la Lince. Dimitri le aveva fatto da spalla,
perché nessuno meglio di lui conosceva la Russia e i suoi abitanti… Went era da quelle parti perché c’era lei lì… Ritrovare lo
Scorpione era stata una sorpresa, ma lei aveva gestito la situazione nel modo
migliore: fingere che la sua copertura fosse la verità. Tutto combaciava alla
perfezione.
Fissò l’arma che
teneva in mano, il dito che accarezzava il grilletto, e pensò che Irina era
stata intelligente. Maledettamente intelligente.
Ma era stata anche
coraggiosa, in modo incredibile. Niente le aveva assicurato che lui sarebbe
caduto nella sua trappola, che avrebbe davvero creduto che lei era andata a
Mosca per liberarlo; niente le aveva assicurato che lui non l’avrebbe uccisa
per vendicarsi. Aveva rischiato, e aveva fatto tutto da sola.
Esattamente come
avrebbe fatto Fenice.
Ma c’era qualcosa
che non aveva calcolato, qualcosa che nemmeno lui aveva previsto.
Lo Scorpione era
caduto volontariamente nella sua trappola.
Sì, lo ammetteva.
Non ci aveva pensato all’inizio, che poteva essere tutto un imbroglio, perché
inconsciamente non aveva voluto farlo. Aveva deliberatamente creduto a ciò che
Irina gli aveva detto perché voleva farlo.
Lo aveva sempre
saputo, che lei era il suo punto debole.
“Tutto questo è solo colpa mia. Era solo questione di
tempo. Davvero credevo che si fosse pentita? Davvero credevo che avesse dimenticato
ciò che le ho fatto?”.
No, ma piuttosto di
perdere lei, senza saperlo, aveva accettato tutti i rischi. Anche quello di
vedersi tradito. Aveva accettato tutto, pur di ritrovare qualcosa dei suoi
vecchi giorni della Black List…
Si era coperto gli occhi, e non aveva guardato oltre il suo naso.
Cosa poteva
pretendere ora? Niente. Si era lasciato incastrare perché era stato debole,
perché aveva accettato un compromesso. Fin da quando era uscito di prigione,
fin da quando era nato, qualcuno aveva cercato di fregarlo, e lui non l’aveva
mai permesso. A nessuno. Irina era stata brava, perché aveva sfruttato la sua
debolezza.
Si, li odiava
tutti. Odiava tutti quelli che avevano tentato di gabbarlo… Li odiava, perché
si erano creduti più furbi, più forti, più intelligenti di lui.
Ma no, non odiava
lei. Non odiava Irina, anche se l’aveva tradito, anche se l’aveva ingannato,
anche se l’aveva preso in giro. Non poteva odiarla, perché aveva bisogno di
lei. Perché in fondo, lei non l’aveva fregato per fargli del male. Lo aveva
fregato per salvare sé stessa, ora come in passato.
E adesso che
sapeva, forse le cose sarebbero cambiate. Ora che sapeva, capì che non poteva
disprezzarla. Che tanto non ne sarebbe mai stato capace.
Irina aveva finto,
ma aveva smesso di odiarlo. Forse non lo aveva amato, ma lo aveva trattato come
se fosse davvero parte della sua esistenza. L’aveva trattato come se lo amasse
veramente, nonostante tutto.
E lui, lui non
poteva che essergliene grato.
Perché finalmente
capiva. Capiva come girava veramente il mondo, capiva veramente cos’erano le
cose importanti nella vita, capiva che solo commettendo gli errori si impara,
capiva che forse aveva sbagliato tutto, nella sua misera esistenza.
Capiva che non gli
rimaneva davvero nulla da perdere.
Ore 19.00 –
Mosca, Appartamento di William
Irina era
preoccupata. Guardava fuori dalla finestra la strada immersa nel buio, in
attesa che William tornasse, ma non vedeva la Bugatti sbucare da nessuna parte.
Era in ritardo. In enorme
ritardo. William le aveva detto che sarebbe tornato per pranzo, ma non si era
fatto vedere. Lei aveva aspettato, poi aveva provato a telefonargli, trovando
il cellulare spento.
La sua inquietudine
era cresciuta. Non sapeva nemmeno dove era andato, ma non le era sembrato
qualcosa di serio… Forse era semplicemente andato a prendere qualche macchina
nuova, ma non poteva metterci così tanto.
Forse c’era lo
zampino dei russi… Forse volevano vendicarsi per l’omicidio del meccanico…
Aveva stretto i
denti e provato a chiamare altre cinque volte, con lo stesso risultato.
Silenzio assoluto.
Sapeva che William
era in grado di cavarsela in qualsiasi situazione, ma ciò non toglieva che era
preoccupata per lui. Non voleva che gli venisse fatto del male, ora che
sembrava sulla via del cambiamento… Forse se lo sarebbe meritato, a detta di
molti, ma lei non poteva augurarsi che gli accadesse qualcosa di male.
Non poteva fare
altro che aspettare, ma se non fosse tornato per le nove avrebbe chiamato Xander o Dimitri per far mandare una pattuglia in sua
ricerca.
Finalmente però
vide i fari della Bugatti bucare il buio della notte, e l’auto fermarsi per
entrare nel parcheggio interno. William scese, vivo e vegeto, chiuse la
macchina e si diresse di sopra.
Irina tirò un
sospiro di sollievo quando lui entrò in casa, ma percepì subito che lo
Scorpione aveva qualcosa di strano. Qualcosa di strano che era diverso da
quello dei giorni precedenti.
Le rivolse un
sorriso, ma non si avvicinò per baciarla.
<< Cosa è successo?
>> domandò lei, in apprensione.
William scosse il
capo.
<< Niente di
grave. La cosa è andata un po’ più per le lunghe di quanto mi aspettassi
>> rispose, << Eri preoccupata? >>.
<< Un po’…
>> rispose Irina, << Ti aspettavo per pranzo… Le minacce dei russi
mi hanno fatto venire in mente qualche pensiero un po’… >>. Si
interruppe, non trovando le parole adatte.
William la guardò.
<< Sto bene
>> disse, << Però vorrei mangiare qualcosa, se non ti dispiace. Hai
tempo per una delle tue torte? >>.
Irina lo guardò
stranita. Stranamente distaccato, ma nemmeno aggressivo… Inusuale.
<< Sì
>> disse incerta, << Va bene… Sei… Sei sicuro che sia tutto ok?
>>.
William si avvicinò
e le diede un delicato bacio sulle labbra.
<< Certo…
Sono solo un po’ stanco >> rispose, poi andò a sedersi sul divano.
Irina rimase in
silenzio, e si diresse in cucina. Non poteva mentire a sé stessa: c’era
qualcosa che non andava. Non sapeva cosa, ma William forse iniziava ad
accorgersi dei suoi comportamenti?
Mentre apparecchiava
la tavola, gettò uno sguardo di sbieco alle spalle dello Scorpione: che avesse
intuito o scoperto qualcosa? E se sapeva, perché rimanere in silenzio?
Preparò la torta di
mele che sapeva essere la preferita di William, e durante la cena lo trovò particolarmente
silenzioso. Guardarono la tv satellitare, ma nemmeno di fronte all’arresto di
un gruppo di piloti clandestini dalle parti di Los Angeles William disse
qualcosa.
Solo quando andarono
a letto, allo Scorpione sembrò tornare la voglia di parlare. Erano sdraiati uno
di fianco all’altro, solo la lampada sul comodino a rischiarare la stanza.
Irina sapeva che da un momento all’altro William si sarebbe voltato e l’avrebbe
baciata, ma non lo fece. Sentì invece la sua mano catturare le sue dita,
scorrendo i polpastrelli sul suo palmo, delicatamente.
<< Ho deciso
che forse la Black List può
aspettare >> disse, come se stessero riprendendo un discorso interrotto
poco prima, << Non voglio fare due volte lo stesso errore, circondandomi
di piloti di cui alla fine non posso fidarmi… >>.
Le gettò
un’occhiata, e Irina non poté che allarmarsi. Rimase impassibile, sentendo le
dita di William scorrere sul dorso della sua mano, ma il suo cuore iniziò a
battere forte. Non poteva essere un caso…
<< Che… Che
cosa vuoi fare? >> domandò a bassa voce.
William si
avvicinò, sorridendo.
<< Niente
>> rispose, poi la baciò intensamente, ma in modo diverso da tutte le
altre volte.
Fu come se William
non l’avesse mai sfiorata, come se anelasse le sue labbra da anni… La trascinò
sopra di sé, adagiandola sopra i suoi addominali scolpiti, le mani ad
accarezzarle i fianchi…
<< Irina… Io
ti amo, ricordatelo >> sussurrò.
Lei rimase ferma,
ma qualcosa le si sciolse a livello dello stomaco… Il suo tono di voce era
troppo strano, troppo diverso dal solito…
<< Ti amo e
non smetterò di farlo, qualunque cosa accada >>.
Poi William la
baciò, travolgendola, e Irina rimase senza fiato.
Forse furono i
pensieri che le turbinavano nella testa, ma Irina si svegliò presto quella
mattina. Molto presto. Il display della radiosveglia segnava le quattro del
mattino, e mentre lo fissava si accorse che lo schermo del suo cellulare,
adagiato sul comodino, lampeggiava.
Lo prese, facendo
meno rumore possibile, e vide che erano arrivati due messaggi. William dormiva
profondamente, così si arrischiò a leggerli.
Uno era di Dimitri.
Lo aprì. C’erano scritte pochissime parole.
“Lui sa”.
A Irina si gelò il
sangue nelle vene, mentre capiva che quello che aveva sospettato era vero…
William aveva scoperto che era un agente dell’F.B.I., sapeva tutto…
Una serie
rapidissima di domande le si formò nella testa, e la prima fu: perché non aveva
fatto niente? Perché non l’aveva ammazzata con un colpo di pistola, per punirla
del suo ennesimo tradimento?
Si voltò a guardare
lo Scorpione dormire, ricordando solo in quel quanto potesse essere pericoloso…
Il tatuaggio dello scorpione sul petto era coperto dal lenzuolo, ma i muscoli erano
in bella vista… Avrebbe anche potuto soffocarla a mani nude quella sera stessa,
ma lei sue mani l’avevano solo sfiorata delicatamente… Sapeva, eppure non aveva
fatto nulla…
La sua copertura
era saltata, ma lei era ancora viva. Il pensiero era assurdo…
Aprì velocemente
l’altro messaggio, desiderosa di qualche informazione che le avrebbe fatto
capire come comportarsi, ma vide che non era di Dimitri.
Il suo cuore perse
un battito.
“Se vuoi ancora incontrami,
hai ventiquattro ore da questo momento in poi per raggiungermi… Predi la tua
auto, da sola, e percorri la Mosca-Cherepova un’altra
volta. Sarò lì ad aspettarti”.
Spazio Autrice
Alors, signore e
signori… Delirio? Forse. Follia? Forse. Chi si spiega tutto questo? Solo poche
parole per dire: al prossimo capitolo. Intanto delirate un po’ anche voi, se
non siete al mare spaparanzati sulla spiaggia, e fatemi sapere le vostre
impressioni!
Ps: qualcuno chiede a gran voce qualche passaggio dal
punto di vista di Dimitri. Ci sto pensando, perché entrare nella sua testa
significa togliere un po’ di mistero al suo personaggio… Ma soprattutto,
svelare un sacco di cose. Cercherò di far quadrare il cerchio e tirare fuori
qualcosa di interessante. Vi chiedo solo un po’ di pazienza.
Lhea