Capitolo 21
«Aiutami… ti
prego…» le uniche parole che mio padre continua a ripetere
da quando è caduto tra le mie braccia. Il mio corpo è
stretto con forza, ma non così tanto da farmi male.
Come se si rendesse conto della diversità delle nostre specie, o
forse è semplicemente la differenza di temperatura a farglielo
notare.
Con il viso affondato nella mia pancia, accarezzo i suoi capelli,
ramati come i miei. Lo so, dopo tutto quello che mi ha fatto passare,
dovrei urlargli contro chissà quali cattiverie, ma non ho la
forza, non ne ho il coraggio.
Non nelle sue condizioni.
Potrei anche dirgli che è il peggior padre del mondo, no, dell’universo, ma cosa cambierebbe?
Non ricorda nulla, neanche di stringere disperatamente il corpo di sua figlia.
Sotto lo sguardo compassionevole di mio nonno, anche le angherie dei giorni passati scompaiono.
Tutto il peso dei loro sguardi, carichi di aspettative nei miei
confronti, mi fanno dimenticare quei momenti di dolore quando alla
riserva incontro bambini che corrono, all’uscita della scuola,
tra le braccia dei genitori.
Quanto avrei voluto correre ad abbracciare i miei…
Quanto avrei voluto che ogni mio minimo cambiamento loro lo avessero registrato nelle loro menti indelebili…
E invece… sono io a dovermi fare forza per superare anche questa nuova sfida.
«Non ti lascio solo, stai tranquillo» gli sussurro, scostando quelle ciocche ribelli dal viso.
Lui lo solleva di poco, quel tanto per osservarmi. Nel suo volto scorgo
un’acuta sofferenza, un dolore che difficilmente riuscirò
a scacciare.
«Perché mi ricordo di te?» mi domanda con voce soffocata.
Faccio per parlare, ma la voce mi viene meno. Jake appoggia una mano
sul suo braccio, richiamando la sua attenzione. «Siamo amici
tuoi, Edward, è normale che ti ricordi di noi…»
Papà lo osserva attentamente, finché non si allontana di
scatto. Scruta il suo braccio, stretto nella morsa di Jake, ed è
come una scintilla, una scarica elettrica che lo avvisa del pericolo. I
suoi occhi si scuriscono, fino a diventare due pozzi neri di ossidiana.
Neppure la pupilla si distingue più dall’iride.
Le braccia sono in avanti, le dita curvate come artigli affilati. Le
gambe sono piegate, in posizione di difesa, dalla sua bocca fuoriesce
un suono basso, roco e prolungato. Il ringhio di un animale feroce e
pronto a colpire.
Jake si alza in piedi, mostrando le mani in segno di resa.
«Vogliamo aiutarti, Edward, ma devi lasciarci capire cosa ti
è successo».
Mio padre osserva attentamente ogni suo movimento, ma non sembra curarsi o fidarsi delle parole del mio amico.
«Ti basta leggere nei miei pensieri per capire che ti sto dicendo la verità» continua lui.
I miei parenti osservano la scena, attoniti, con lo sguardo pieno
d’ansia, soprattutto quello di mia nonna, che inutilmente tenta
di chiamare papà.
Il nonno tenta di avanzare qualche passo nella sua direzione, ma Emmett
lo blocca, fissando con sguardo corrucciato il fratello. Anche lui sa
che mio padre attaccherebbe anche loro, convinto che vogliano fargli
del male.
Zio Jasper tenta invano di calmarlo con il suo potere, ma viene
stordito dall’intensità delle sue emozioni. Evidentemente
mio padre sta messo peggio di quanto dia a vedere.
Zia Alice si porta le mani alle tempie, sfregandole energicamente. Non
sa come andrà a finire, a causa della presenza di Jake, e di
questo ne è consapevole, ma cerca comunque di non arrendersi, di
portare al limite il suo potere.
«Jake, sarà il caso che tu torni alla riserva. Non credo
che potremmo discutere con Edward o quantomeno aiutarlo se si trova in
queste condizioni. La tua lontananza potrebbe farlo calmare e tornare
in sé» lo fa ragionare il nonno.
Ma Jake scuote il capo, avvicinandosi a me. «Non lascio Nessie in
compagnia di questo Edward. Non è lo stesso di sempre, e
potrebbe farle del male. Non glielo permetterò».
Nel dirlo, si avvicina a me, che nel frattempo ero rimasta in
ginocchio, stringendo le mani tra loro e torturandomele in preda
all’isteria.
I due uomini più importanti della mia vita potrebbero ferirsi a
vicenda, davanti ai miei occhi. Senza che me ne renda conto, alcune
lacrime scendono dai miei occhi. Tento di asciugarmele, ma sembrano non
avere fine. Jake mi afferra per un braccio, cercando di allontanarmi da
mio padre nel caso scoppi una rissa tra lupo e vampiro, ma mio padre
incendia con lo sguardo il punto in cui il mio amico mi ha afferrata.
Quello che succede dopo, non lo dimenticherò mai.
Mio padre scatta dopo un ringhio che non è più quello di
un animale, ma di una bestia sconosciuta e rabbiosa, che cerca di
proteggere qualcosa di suo.
Non mi sono mai resa conto di quanto potesse essere veloce, ma ora,
mentre tenta di azzannare il mio amico, ne ho un quadro ben preciso.
Sprazzi di sangue cadono sull’erba, macchiandola di rosso. Zio
Jasper, Emmett e il nonno, accorrono a scongiurare la lite tra i due,
ma mio padre sembra liberarsi di tutti con estrema facilità.
Più lontano del punto in cui si trovano zia Alice e la nonna,
scorgo la figura di zia Rose, i cui occhi sfrecciano ad ogni movimento
delle parti. Di tanto in tanto la sua bocca si piega leggermente
all’insù, nel momento in cui mio padre ferisce Jake. Le
lancio uno sguardo di fuoco, anche se sono consapevole che non riescono
ancora a sopportarsi dopo parecchi anni, l’ostilità di zia
Rose sembra immutabile nel tempo, così come le acide risposte
che il mio amico le riserva ogni volta che s’incrociano in casa
Cullen.
In un frangente ristretto, spunta alle mie spalle, facendomi sollevare
e barcollare. Mi afferra per la vita e mi allontana, scomparendo dietro
le figure delle altre due donne della famiglia.
Che strano, chissà perché mio padre non ha letto i pensieri di Jake…
Avrebbe già dovuto rendersi conto di quello che voleva
spiegargli il mio lupo, ma è come se non li sentisse, o non li
volesse sentire.
Opto per la prima che hai pensato, Nessie.
Sussulto a quelle parole, rendendomi conto che arrivano proprio dalla mia mente.
Mi volto di scatto in tutte le direzioni, mentre zia Rose mi tiene nascosta alle sue spalle.
Non scorgo nulla intorno a noi, solo il bosco con i suoi grandi abeti
secolari. Le ampie fronde vengono mosse dal vento che aumenta sempre
più, come se qualche strana forza li stesse alimentando.
Soltanto i ringhi di mio padre e le urla del resto dei componenti
maschili della mia famiglia si odono in quella piccola porzione di
pianura. Alle mie spalle, il fiume scorre tranquillo, come se la sua
forza non venisse intaccata dalla battaglia che sta avvenendo a pochi
metri da esso.
Chi sei? Domando, inconsciamente, sperando in una qualche risposta.
Questa non è la voce profonda, sicura e decisa di Sebastian,
l’avrei riconosciuta ormai, dopo averla sentita più volte.
Non è ancora arrivato il momento delle presentazioni. Rimandiamo ad un’altra volta. E
questa volta sento questa presenza gentile quanto fredda e scostante
uscire dai miei pensieri,come un’ombra nella mia mente che si
dissolve.
Strofino con le mie mani le braccia, improvvisamente gelate. Oppure il
gelo è solo un’impressione che mi ha lasciato quella
strana presenza nella mia testa?
Non lo so, ma la prima frase continua a rimbombarmi come un eco
lontano, facendomi intuire una verità che i miei familiari non
hanno notato.
Mio padre sta combattendo, ma sembra non percepire i loro pensieri. Non
anticipa le loro mosse, bensì le schiva, o risponde. Di tanto in
tanto qualcuno va a segno, tanto che vacilla, ma non sembra ascoltare
le loro menti. Non è come quando combatte zia Alice con zio
Jasper per gioco. Non è come gli scherzi che zio Emmett cerca di
fare a mio padre quando anni fa cercava di coglierlo di sorpresa.
Adesso è solo un combattente, senza alcun dono di leggere nel
pensiero. un combattente simile a Jasper, se non più forte.
Evidentemente, durante gli anni passati lontano da noi, si è
perfezionato nella tecnica, eppure alcune mosse sono strane, lo stesso
zio Jasper non riesce ad intuirle ed evitarle. Come se non le
conoscesse.
Jake, che nel frattempo cade a terra dopo l’ultimo assalto di mio
padre, sembra perdere la pazienza. Dopo uno sbuffo, si solleva di
scatto, afferra il resto della propria maglietta e se la strappa di
dosso. Dopo che i tremori diventano sempre più evidenti, il suo
corpo esplode, al suo posto compare un enorme lupo rossiccio, con le
fauci spalancate e le orecchie tese, per captare ogni minimo
spostamento d’aria.
Mio padre è troppo veloce per lui, per questo motivo deve far affidamento sul suo udito e sull’olfatto.
Papà si accuccia, pronto a balzare, ma questa volta non posso
restare a guardare. Se mio padre non riesce più a leggere nel
pensiero, allora Jake potrebbe fargli molto male, senza sapere che mio
padre al momento è un vampiro come un altro.
Comincio a correre verso di loro, ignorando le urla delle mie zie e di
mia nonna. Tentano di afferrarmi, ma riesco a schivare i loro placcaggi
degni di un giocatore di football.
«Papà! Jake! Fermatevi, vi prego!» queste sono state
le mie ultime parole, prima che entrambi scattassero proprio nel
momento esatto in cui io mi sono messa in mezzo ad entrambi, con le
mani aperte, protese verso i loro visi trasfigurati dalla rabbia.
Mio padre mi afferra per la vita, osservando Jake avvicinarsi
velocemente e guaire nella mia direzione. Con un balzo, mio padre
finisce dietro le sue spalle, sferrandogli un calcio e spezzandogli una
zampa posteriore. I suoi guaiti si propagano per tutta la zona, tanto
da avvertirne altri.
Gli altri lupi del suo branco stanno arrivando.
Sempre aggrappata a mio padre, alzo il viso per incrociare i suoi occhi. I miei sono pieni di lacrime e di accusa.
Ha ferito Jake volutamente, non si è fermato nonostante glielo
avessi chiesto, anzi, urlato. Chi è questo vampiro che mi
stringe in questa morsa senza scampo?
«Perché?» solo una parola, solo una domanda.
È questo ciò che voglio sapere dopo tutto questo caos.
Lui mi stringe più forte, cominciando a correre lontano, lontano dal territorio del parco olimpico.
«Perché voleva allontanarti da me, quando tu sei
l’unica di cui ricordo qualcosa e di cui mi fido ciecamente. Tu
non mi faresti mai del male, lo sento».
Come una frustata, quelle parole arrivano a toccare la mia anima.
Io non gli farei mai del male, anche se quella volta per telefono
l’ho fatto. Adesso, qui, con un vuoto di memoria senza
precedenti, non posso che dargli ragione.
Non potrei mai ferire mio padre più di quanto non stia soffrendo adesso.
E se ha attaccato Jake, lo ha fatto soltanto per quell’istinto
innato che spinge queste due razza, vampiri e mutaforma, ad odiarsi.
Lui non ha potuto leggergli nella mente, lui non ha potuto fare a meno
di ferirlo perché lo considera il nemico numero uno.
Ma l’unico ricordo sbiadito che continua a conservare, seppur inconsciamente, sono io. La figlia che lui non sa di avere.
L’unica persona in cui ha riposto una fiducia senza limiti.
Affondo il viso nell’incavo del suo collo, stringendomi a lui
sempre più forte.
Quanto ho desiderato essere stretta ancora così da lui, quanto ho desiderato che tornasse da me…
E adesso è qui, ma non come avrei voluto. Tocca a me fargli
recuperare il tempo perduto e quegli affetti che adesso non ricorda.
Tocca a me ricordargli che io sono un legame troppo forte, che neanche
una stupida perdita di memoria può cancellare.
Perché lui è mio padre, ed io sono sua figlia. Soltanto questo conta.
***
«Ben fatto, Nigel» sorride compiaciuto Alexander, con il
busto appoggiato al tronco di un altissimo abete, mentre si gode la
scena dei Cullen confusi e disorientati per la reazione del Cullen
appena ritornato chissà da quale luogo.
«Ho fatto come mi hai detto tu, i suoi ricordi sono stati
rinchiusi in un angolo della sua mente. Solo io posso rimuoverli»
dichiara con voce asciutta, mentre con la coda dell’occhio
osserva la piccola Renesmee e Edward fuggire via lontano.
Alexander accenna una smorfia, osservando la figura della piccola
mezzosangue aggrappata a quella del padre, per poi scuotere la testa.
Nigel lo scruta curioso, in attesa. «Non credo che solo tu possa
fargli recuperare la memoria. La piccola è forte, molto e forse
troppo. Riuscirà con la sua forza di volontà a fargliela
tornare, prima o poi. Certo, tu farai prima, ti basta uno schiocco di
dita, ma lei pian piano riuscirà nell’impresa».
«Stai scherzando? È già in grado di annullare il
mio potere?» domanda sorpreso Nigel, drizzandosi di colpo. La sua
figura snella ed elegante, il suo volto deciso e a volte tormentato dai
fantasmi del passato. Tra le mani, un orologio d’oro da taschino,
che ondeggia ad ogni movimento.
L’altro sorride, per poi scoppiare a ridere. «Quella
ragazza è già arrivata ad un ottimo livello. Spero che
Sebastian faccia attenzione, d’ora in poi… non vorrei che
il suo potere di entrare nei sogni altrui si trasformasse in
un’arma a doppio taglio» conclude serio, passandosi una
mano tra i folti capelli castani.
Nigel socchiude le palpebre, sospettoso, fermando l’orologio tra
le mani. «Potrebbe riuscire lei ad entrare nei sogni suoi?»
sembra rifletterci un istante, ma poi scuote il capo vigorosamente.
«No, non può riuscirci. Dovrebbe avere qualcosa di suo,
come fa Sebastian. Lui utilizza sempre una ciocca dei suoi capelli, lei
non ha niente di suo, tale da creare un legame».
Alexander gli lancia un’occhiata penetrante, piena di sottintesi,
ma decide di parlare comunque. «Ti ricordo che i sogni che
condivide con lei Sebastian, sono una realtà parallela, una
specie di limbo creato dal suo potere oscuro. Per quanto sia attento,
potrebbe non accorgersi che lei possa sfruttare questa realtà
proprio come fa lui. È una mezzosangue, nelle realtà
parallele può acquistare più potere, come ben sai»
e Nigel abbassa lo sguardo, riflettendo sulle parole dell’amico e
compagno di battaglie.
«Come stai? Le ferite ti fanno ancora male? Taylor ci è
andato giù pesante ieri…» gli domanda
quest’ultimo sorridendo di sbieco, consapevole di far innervosire
il diretto interessato.
Questo sbuffa annoiato, allargando le braccia e indicandosi. Sul viso,
un sorriso beffardo. «Sono o non sono Alexander? Dovresti sapere
che non mi lascio uccidere dal primo Zver che mi mette i bastoni fra le ruote».
Nigel ride, mentre da alcune pacche sulla spalla dell’altro,
«allora lo ammetti che Taylor ti ha dato filo da torcere,
eh?»
Alexander digrigna i denti, volgendo lo sguardo verso lo spicchio di
luna, «solo un po’, ho vinto, ti ricordo. Il fatto che
abbia subito ferite non vuol dire nulla».
«Ma se lei ti ha dovuto nutrire per farti tornare in perfetta
forma!» sbotta incredulo Nigel, che scappa non appena
l’altro lo trucida con lo sguardo.
Dopo aver lanciato uno sguardo di esasperazione al cielo, osserva per
l’ultima volta i Cullen, che sconvolti si disperdono: Emmett,
Jasper, Carlisle e Jacob all’inseguimento di Edward e Renesmee,
le donne verso la villa.
Nell’oscurità della foresta, compare
un’ombra indistinta. Si avvicina ad Alexander per poi
posizionarsi alle spalle di quest’ultimo. Il licantropo assume
uno sguardo da uomo deciso, fiero e anche cupo.
«Anche tu hai fatto un ottimo lavoro con Edward Cullen, ti
ringrazio, Kaele. Il tuo potere è riuscito ad inibire quello
della lettura del pensiero».
In risposta, un inchino regale e una fila di denti scintillanti compare
come un faro nella notte, per poi scomparire senza far alcun rumore.
Subito dopo, anche Alexander si allontana da quel luogo, dirigendosi verso la prossima missione da svolgere.
Un’altra delle tante che ha compiuto nei suoi lunghi secoli di vita.
Angolo autrice:
Eccomi di nuovo qui, con un altro
capitolo. Stavolta ci ho impiegato meno rispetto a quello scorso, e
questo dipende dalla difficoltà che incontro a seconda del
capitolo che devo scrivere. Stranamente, come accade di rado, sono
soddisfatta del risultato di questo, e spero che piaccia anche a voi.
QUI trovate
i volti dei personaggi che ho scelto per la storia, solo quelli nuovi,
ovviamente. Vi basta cliccare sul personaggio che vi interessa vedere e
comparirà l'immagine.
QUI invece trovate il video realizzato dall'autrice Red_Rose per "Scomparsa". Buona visione, per chi non l'ha ancora visto.