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Autore: Mia Swatt    24/08/2011    17 recensioni
Questa piccola FanFiction è divisa in due soli capitoli. Essa narra di due persone lontane, eppure accomunate da un destino infausto. Isabella Swan, ha ventuno anni e vive Los Angeles. Lavora e studia per diventare giornalista. Edward Cullen, ventiquattro anni vive a New York. Si sta specializzando per diventare pediatra. Due persone completamente diverse cos'hanno in comune? Una FlashFic ispirata alla canzone di Battisiti e/o Mina: E penso a te.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buon pomeriggio a tutti! Come va? Prima di postare la seconda - e ultima - parte di questa piccolissima storia, ci terrei a sottolineare una cosa. Il pairing Bella/Jacob non è per niente nelle mie corde, anche se io non detesto Jacob. A me da solo fastidio il suo incaponirsi, ecco. Solo questo, ma come ragazzo non lo disprezzo... Adoro la coppia Edward/Bella, ma ho semplicemente "preso in prestito" dei personaggi, non le vicende o gli "accoppiamenti" che questo ne comporta. (In tutte le altre mie storie Bella sta con Edward, ma questa è un pò diversa. Volevo lanciare un messaggio più profondo). Ci tengo poi, a precisare -come già detto- che non ci sarà il lieto fine, almeno, non quello che si può pensare. E' una storia diversa, che segue il filo della sua canzone ispiratrice "E penso a te"... Spero di non deludere, comunque, le vostre aspettative e spero, anche, che se la fine non sarà come la immaginavate non abbiate sprecato tempo a leggere questa piccolissima flashfic... Purtroppo nella vita non sempre le cose vanno come noi le pensiamo o immaginiamo. Non sempre ci comportiamo in modo perfetto. Siamo esseri umani, sbagliare è nella nostra natura. Nelle recensioni mi è stato segnalato di più il pairing della storia, più che la storia in sè - mentre io volevo lanciare un altro tipo di messaggio. Qualcun altro mi ha detto che Isabella dovrebbe voltare pagina, vivere la sua storia con Jacob. Ma alla fin fine, cosa sta facendo? Purtroppo dimenticare un grande amore non è così semplice. Isabella sta con Jacob, è vero non come ha amato Edward, ma lo ama, e anche se non sembra lei sta vivendo. Lei sta andando avanti, lei si sta costruendo una vita. Ma quando qualcuno riesce a entrarti dento, arrivando fino infondo all'anima non è così facile dimenticarlo e basta. A volte, non si dimentica mai. Il tempo guarisce le ferite, ma le cicatrici restano. Ma credo di essermi dilunga anche troppo... Perciò, vi lascio a questo ultimissimo capitolo! Ma mi raccomando, leggete anche quello che scriverò dopo! A fondo pagina, è importante.
BUONA LETTURA!





Canzone che ha ispirato questa FlashFic: E penso a te - Lucio Battisti.


E PENSO A TE

Scusa è tardi, e penso a te.
Ti accompagno, e penso a te.
Non son stato divertente e penso a te.
Sono al buio, e penso a te.
Chiudo gli occhi, e penso a te.
Io non dormo e penso a te.

Edward

31 Dicembre 2011, New York.

Un altro anno stava per giungere al termine. Un altro anno senza la parte migliore di me. Un altro anno senza di lei. Sospiro, guardando l’orologio al mio polso. Un regalo di mio padre, per Natale. Come hai passato tu quel giorno? Mi domandai, sapendo che non avrei mai avuto una risposta. Il dolore non era svanito neanche per un secondo. Sono passati due anni – forse qualche mese in più – da allora, eppure il tuo ricordo è ancora vivo dentro di me. Scossi il capo, cercando di non pensarci troppo. Almeno non questa sera.
― Edward, sei pronto? ― domandò Alice, entrando in camera mia.
― Sì, arrivo subito. ― risposi, afferrando la giacca e uscendo.
Abitavo in una piccola villetta a schiera nella Fifth Avenue di Manhattan, New York. Ormai mi ero abituato a quella città, a quel ritmo frenetico. Avevo da poco concluso la prima parte di specializzazione medica al college, iniziando così il mio primo e vero tirocinio al Presbyterian Hospital. Avevo ventiquattro anni e di strada per diventare medico ne avevo ancora molta da percorrere, ma quello era ciò che volevo fare. Fin da quando avevo sei anni. Molti dei miei compagni di scuola sognavano di fare i calciatori, i motociclisti… io sognavo di fare il medico. Il pediatra, per essere esatti.
― Dovremmo incontrarci con Rose e gli altri tra un’ora. ― disse Alice, risvegliandomi dai miei pensieri ― Sono le dieci, Edward. Ce la facciamo ad arrivare al locale per le undici? ― annuii, aprendo la macchina con il piccolo telecomando nero.
― Devo andare a prendere Tanya. ― informai Alice, mettendo in moto e ingranai la prima, uscendo dal parcheggio.
― Tra voi c’è qualcosa? ― chiese mia sorella, con fare noncurante.
― Cosa dovrebbe esserci?
― State insieme?
― Alice, ma che razza di idee ti vengono?
― Scusami, ma Edward sono passati quasi due anni. Pensavo che tu ti fossi rifatto una vita qui a New York.
― Beh, ti sei fatta un’idea sbagliata. ― quasi le ringhiai addosso ― Alice, Tanya è una carissima amica, ma tra di noi non c’è niente. Ci abbiamo provato, ma lei è ancora psicologicamente instabile. Mentre io… ― lasciai la frase a metà. Non dovevo aggiungere nient’altro, mia sorella avrebbe capito.
― Sei ancora innamorato di lei? ― annuii soltanto ― L’hai più sentita? ― scossi il capo. Non sapevo più niente di lei. Più nulla. Ricordo ancora quel periodo, prima della rottura. Le cose non era chiare, né erano tutte rose e fiori. Ma credevo nell’amore, nel suo amore per me. Se mi avessero chiesto di buttarmi da un burrone, mettendo in conto che per salvarmi fossi dovuto essere certo del suo amore per me, avrei accettato senza esitazione. Quanto mi sbagliavo… Eravamo sempre stati noi, da sempre e per sempre. O almeno, così credevo.
― Tu? ― domandai ― L’hai più sentita, tu? ― scosse il capo.
― Sono due anni che non la sento. ― parlò flebile ― Quando avete rotto ci scambiavamo qualche SMS o qualche E-mail, ma nulla di più. La vedevo strana, lo sai. Ma non mi ha mai voluto dire nulla. E poi…
― Poi avete smesso di sentirvi.
Conclusi la frase, giusto in tempo per vedere Tanya fuori, sul marciapiede. La sua famiglia era un caso disperato: sua madre beveva, mentre il padre era sempre fuori a farsi qualche prostituta. Capivo perché, fin da quando aveva quattordici anni, aveva cominciato a farsi di cocaina. La sua situazione non era per niente facile. Anzi, tutto il contrario.
― Ciao! ― salutò entrando in macchina. Non era affatto male a livello fisico: capelli biondo/rossicci, forme al punto giusto, alta all’incirca un metro e settanta, occhi azzurri.
― Tanya, quante volte ti ho detto di non aspettarmi sul marciapiede? Sai che il tuo quartiere non è dei migliori. Gira brutta gente.
― Scusa Edward. Ma se non uscivo subito da quella casa commettevo un duplice omicidio.
― Discutono ancora? ― domandò Alice, riferendosi ai suoi genitori. Tanya annuì, ma non aggiunse altro.
Arrivammo al locale poco prima delle undici. Emmett e Jasper non avrebbero avuto nulla da ridire. Parcheggiai non molto distante e notai subito la chioma mossa e bionda di Rosalie. Ci dirigemmo verso di loro all’istante. Emmett era mio fratello maggiore, aveva ventotto anni. Jasper e Rosalie, invece erano coetanei miei e di mia sorella: il primo aveva la mia età, la seconda quella di Alice. Prendevamo spesso in giro Emmett, sostenendo che fosse un pedofilo. Tra lui e Rose c’erano sette anni di differenza. Ma lui non si scomponeva mai. Quando la conobbe erano all’università, ciò implicava che lei non fosse minorenne e questo rendeva tutto legale e possibile.
Passammo la serata a bere, chiacchierare e divertirci. Io, almeno, ci provai. A mezzanotte precisa alzammo i calici e brindammo al nuovo anno. L’ennesimo. Mentre tutti facevano il trenino, ballando e cantando, mi allontanai. Presi la giacca e uscii un po’ fuori. Estrassi il mio pacchetto di sigarette e ne accesi una. Non fumavo spesso, anzi, questa era proprio una novità. Avevo cominciato neanche un anno fa. Era una pessima abitudine, lo sapevo, specialmente per uno che voleva fare il pediatra. Ma ne fumavo giusto qualcuna, quando ero nervoso o giù di corda.
― Il fumo fa male, dottore. Non glielo hanno insegnato?
― Non dovresti stare dentro a festeggiare con gli altri, Tanya?
Si avvicinò, scrollando le spalle, mentre si stringeva nella giacca nera.
― Troppi alcoolici. ― rispose, alzai un sopracciglio.
― Tu hai problemi di altro tipo, non di alcool.
― Hai ragione.
― Allora, qual è la versione ufficiale?
― Ti ho visto uscire e ho pensato di farti compagnia. ― concluse, diventando rossa come un peperone. Mi fece sorride.
Tanya aveva ventidue anni. Non andava al college e non lavorava. Il primo non poteva permetterselo, il secondo… era ancora un rischio.
― Non sono molto divertente questa sera, mi spiace.
― Edward, tu non sei mai divertente. ― mi accigliai. Non era assolutamente vero! Io ero un tipo divertente, certo prima lo ero di più.
― Sono un ragazzo molto spiritoso, io.
― Oh certo, certo. ― rispose, scoppiandomi a ridere in faccia.
― Visto? ― chiesi ― Ti ho fatta ridere. ― si avvicinò a me, accarezzandomi il viso. Afferrò la sigaretta e la buttò a terra, spegnendo il mozzicone con un piede. Mi accarezzò il colletto della giacca e si alzò in punta, posando le sue labbra sulle mie. Il bacio fu innocente, dolce, disperato. Quasi come se avesse bisogno di conferme, di qualcuno su cui poter contare. Risposi a quel gesto, posando le mani sui suoi fianchi. Ma a lei si sovrappose un altro volto: capelli scuri, occhi nocciola, un viso a cuore. Mi staccai, quasi come se mi fossi scottato. E ripensai a quegli anni. Ripensai a quel giorno di Novembre di molto tempo fa.
Ero andato a Los Angeles, il mio aereo era in ritardo. Le cose tra me e lei non andavano più troppo bene. I nostri impegni ci rubavano un sacco di tempo. Spaventato da tutto ciò decisi di andare da lei e passare insieme un week end, senza distanza, senza distrazioni. La sentivo lontana, distante. Volevo porre fine a tutto quello. Avevo cercato perfino un college più vicino a lei e lo avevo trovato. Peccato che non servì più. Quando arrivai nel luogo dell’incontro – Hollenbeck Park – mi sentii gelare il sangue, e non per il freddo di quel periodo. Seduta su una panchina c’era la mia ragazza insieme a qualcun altro. Erano seduti vicini, uno accanto all’altra. Lui le stava accarezzando una guancia.
― Vieni con me. ― disse lui, avvicinandosi a lei pericolosamente. La quale sorrise, ricambiando il gesto.
― Sei un caro ragazzo, Jake. ― Jake, Jacob Black. Quel nome mi rimbombò nelle orecchie. Da quando quel cane era a Los Angeles? E perché lei non me ne aveva parlato? Sapevo, fin dai tempi in cui abitavamo a Forks, che Jacob Black provava un forte interesse nei suoi confronti. La cosa mi lasciò perplesso. Ma non volevo dare nulla per scontato. Magari era un caso, magari il destino mi metteva alla prova.
― Quest’anno, qui con te, è stato il migliore della mia vita. ― disse lui, ed ogni traccia di speranza svanì, si sciolse come neve al sole.
― Anche a me è piaciuto molto, Jake.
Non volli più sentire niente. Facendo attenzione a non disturbarli indietreggiai, sperando che nessuno dei due mi vedesse. Non volevo fare sceneggiate, ma se mi avessero visto sicuramente avrei preso a pugni quella sua faccia da ragazzino immaturo. E lei… non me lo aspettavo proprio. Capii tutto, però. Tutte le volte che diceva di stare in libreria fino a tardi, le uscite a orari assurdi con i compagni di corso… quanta fiducia vana. Quanta fiducia andata persa. Un futuro che, probabilmente, vedevo e sognavo solo io, andato a rotoli. Tornai in aeroporti e presi il primo volo per New York. Decisi che se era così che stavano le cose, era meglio finirla lì. Non volevo diventare cattivo o scontroso nei suoi confronti, ma al momento avevo solo rabbia cieca. Ira latente, pulsante. Lei, così piccola e indifesa, mi aveva distrutto il cuore.
Fu in quell’occasione che conobbi Tanya. Era completamente fatta, fuori dall’aeroporto. Quando mi vide, senza una ragione precisa, venne da me e mi chiese aiuto. Mi raccontò la sua storia e cercai di aiutarla. Per un po’ la feci stare a casa mia. Era una casa grande per un persona sola, una stanza non mi avrebbe privato di chissà quale spazio. L’aiutai a uscirne, anche se furono settimane dure, mesi pesanti. Ma alla fine ce la facemmo, insieme. I momenti peggiori erano le notti. Turbolente, violente. Veloci corse in ospedale perché le venivano attacchi di panico o di epilessia.
Grazie mille, Edward. ― disse una volta ― Grazie per questa notte, ne avevo proprio bisogno.
Aveva avuto una crisi più forte delle altre, eravamo agli inizi. Così decidi di accompagnarla in una clinica. La mattina dopo venne a prendere alcune cose che aveva lasciato da me, insieme all’assistente sociale, o come si chiamano in questi casi.
Quando vuoi, Tanya. ― risposi ― Per te ci sono sempre.
Ed era vero. Era troppo fragile perché affrontasse la vita da sola. Aveva bisogno di qualcuno, ed io volevo darle una mano.
― Mi dispiace… ― disse Tanya, risvegliandomi dai miei pensieri ― Non so perché ti ho baciato.
― Non fa nulla. È capitato.
― Edward, io… ― la interruppi, sapevo cosa avrebbe detto. Ma non potevo spezzarle il cuore un’altra volta. Non se lo meritava.
― Tanya, tu sei una ragazza stupenda. Ma non sono pronto per una relazione.
― C’entra lei, vero? ― domandò, con una nota di tristezza nella voce ― La ragazza dai capelli mossi e castani. Quella di cui hai la foto sul comodino.
― Sì. ― risposi, soltanto.
― Se è destino la riavrai, Edward. ― disse, cercando di sorridere ― E se questo non accadrà, io sarò qui ad aspettarti.
Mi avvicinai a lei e l’abbracciai forte.
― Ti voglio bene, Tanya.
― Ti amo, Edward.
Le posai un delicato bacio sulla fronte e mi avviai verso la macchina. Sapevo che Alice e gli altri l’avrebbero riaccompagnata a casa.

Arrivai a casa mia alle tre di mattina. Non mi cambiai, salii direttamente in camera. Tolsi la giacca, buttandola sulla sedia, e mi stesi sull’enorme letto. Troppo grande per una persona sola. Se è destino la riavrai, aveva detto Tanya. Peccato che io ero proprio di tutt’altro parere. Credevo che se non fossimo insieme ora, qui e adesso, era proprio a causa del destino.
Ero sdraiato supino, fissavo il soffitto completamente al buio. Cosa stava facendo adesso? Con chi era in quel preciso momento? Ancora con Jacob? O forse, ora, stava con qualcun altro. Un altro, che comunque non ero io.
Chiusi gli occhi, provando a dormire. Ma fu tutto inutile. L’unica immagine che riuscivo a immaginare era la sua. Il suo viso, il suo corpo, le sue attenzioni per me, i suoi baci… mi voltai su un fianco, provando a pensare ad altro, ma fu tutto inutile.
Passai la notte così, crogiolandomi nei ricordi. Quando il chiarore dell’alba mi sorprese mi misi a sedere, passandomi una mano tra i capelli. Afferrai la sua foto dal comodino, ancora incastonata in quella cornice d’argento che comprai diversi anni fa. Osservai la fotografia, accarezzando quel dolce viso coi i polpastrelli e sorrisi amaramente.
― Buon anno, Isabella. ― dissi, riponendo l’oggetto dove l’avevo preso.

Mi alzai, spalancando la finestra e assaporai l’aria fredda che si infrangeva contro il mio viso. Un sorriso tirato comparì sul mio viso. Un nuovo anno era iniziato, l’ennesimo. Senza di lei.

Ecco la fine della storia. Cosa dire? Queste cose, purtroppo, succedono. Entrambi si amavano, entrambi erano insicuri, entrambi hanno sbagliato a non cercare un confronto nell'altra persona. Ha un nome tutto ciò? Sì, la non fiducia. Edward va da Isabella, ma cosa trovo? Lei seduta con un ragazzo, il quale moriva dietro Bella fin da quando erano adolescenti. Dal canto suo, però, Bella non ha mai detto nulla a Edward. Probabilmente perchè non riteneva che la cosa fosse importante da sapere, perciò non cercate malizia perchè io non ve ne ho messa. Isabella crede che Edward non si sia presentato all'appuntamento - pensiero sbagliato - così va a New York, ma trova il suo ragazzo con un'altra donna. Trae conclusioni errate. Edward la vede con Jacob, pensa così che lei lo stia tradendo - pensiero sbagliato - torna a New York e incontra Tanya, la aiuta. La ragazza si infatua del giovane, ma il suo cuore appartiene ancora alla giovane ragazza cresciuta a Forks. Destino, fato, poca fiducia, fraintendimenti, lontananza, nuova vita, arroganza di sapere senza chiedere... e molto altro. Questo porta molto spesso a far finire anche la più grande delle storie d'amore. Entrambi sbagliano, entrambi perdono. Entrambi - nonostante le loro vite vadano avanti - si cercano, si amano. Ma entrambi sono troppo feriti per cercare un contatto. Isabella sta con Jacob, Edward tra poco diventerà pediatra... Due vite unite fino allo stremo che, per colpa della fatalità, vengono divise. Ho voluto dare a Isabella la parte di quella che rialza, perchè credo che nel fandom ci siano moltissime storie dove Edward la lascia e lei, troppo distrutta dal dolore, respinge tutto e tutti. Edward magari si metterà con Tanya - che come avrete potuto vedere è completamente diversa dalla classica Tanya che si trova in moltissime ff - chi lo sa. Oppure troverà un'altra donna, oppure ancora, troverà il coraggio di andare a parlare con Isabella, per chiarire. E dopo chi lo sa... Come la vita che da tante domande e mai una risposta, la mia piccola flash si conclude qui. Lasciando a voi l'immaginazione del dopo. Mi è stato chiesto di pensare ad un altro capitolo, un piccolo extra per dare ai due protagonisti un lieto fine... Sinceramente non lo so. La storia era stata pensata così come l'avete letta, perciò non so se vi sarà il lieto fine, per adesso - sicuramente - c'è solo questa fine.
Spero di non avervi delusi, in caso contrario scusatemi tanto!

Un abbraccio :)

  
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