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Autore: VeganWanderingWolf    28/08/2011    0 recensioni
di getto buttata giù, e di getto buttata online. 'nsomma, vedete voialtri che vi c'avventurate che ci si può fare. se c'è un filo rosso, e qualcosa mi dice che c'è, è troppo spiegazzato perché possa seguirlo pur'io con sicurezza.
genere: sperimentale da fondo di vino, lunga decantazione, qualità dubbia, sospetto di sentore di sughero - che d'altronde se non altro galleggia benché pieno di buchi...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Nonsenses'
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vetro vetruccio vetrina

canta lui mentre si siede

e gli altri si siedono, dicendo

guarda guarda, il sasso che arriva

 

son solo le vecchie facce oggi

quelle di cui non ci si stanca mai

e son solo i vecchi occhi oggi

di che han visto… direbbero hai visto mai?

son solo le vecchie mani oggi

ragnatelate di destino e di lavoro

                non se le guardano mai

son solo le vecchie scarpe oggi

                striate di terra, polvere, salita e discesa

                lo sguaiato riso sdentato delle falle

son solo le vecchie voci oggi

                e sorridono senza fretta

                che le parole son spesso troppo rapide

e guardano lui, che ha chiamato a raccolta

                e non dice niente ancora

                mentre cerca di tornare indietro

e le vecchie strade oggi

                sembrano un sogno lontano

                non troppo nitido, incisione profonda

 

lui dice ma ricordate voi…?

e capovolgendo la clessidra

la sabbia che scorre verso l’alto

sussurra ma eravate dopotutto voi…?

 

la neve finta che cade giù

in un mondo a palla di vetro-plastica

la targhetta dice ‘mondo’

e dentro lo pigiò la dea ‘folla’

suonando strana la similitudine

con quella ‘follia’ tanto targata

sulla pelle di quelle stranezze singolari

loro, loro che giravano con le redini spezzate

senza farne vanto od orgoglio

dicono cantavano con cuore

mentre uscivano dalle consuetudini delineate

dicono non erano sbronzi o drogati

un vecchio in angolo strizzò l’occhio, disse

sostanza di che si nasce abusati

calpestati sì, ma senza condiscendenza

e quando lo cercarono per un parere

non era più lì e non aveva avuto nome mai

 

ed era un tripudio di fabbricazione lucidata

c’erano moine di pelle abbronzate

bikini sdraiati sulle macchine da corsa

capelli lunghi maschili che vendevano profumi

cravatte che sillabavano telegiornali

bocche luride che schifavano la sporcizia

mandavano giù parole come popcorn

quando rivomitavano s’aspettavano l’applauso

gli scaffali erano troppo alti

comprensibile non voler vedere aldilà

scambiare valori con confezioni allineate

non scambiare confezioni con non-merce

scambiare opinioni meglio se con chi da ragione

le pagine potevano essere riscritte o bruciate

e chiunque poteva avere un confetto di auto-realizzazione

purché ci fossero abbastanza braccia a reggerlo verso l’alto

le tastiere mettevano le lettere al posto giusto

per decifrare le emozioni adatte da incanalare

tutto era perfetto, ed aveva il prezzo esatto

tutto era già compreso, ed aveva l’apposita descrizione

tutto era già venduto e comprato, categorizzato

così che niente fu più lasciato indietro

e finalmente c’era spazio per immenso vuoto

 

la neve vera cadeva su cemento e muri

persone finte correvano in tutte le direzioni

e lui ora ancora insiste… ma ricordate noi?

come un sogno ad occhi aperti

le orecchie piene di urla e di clangore di catene schiave

ma gli occhi vedevano il rossetto in sorrisi

ma gli occhi vedevano scarpe un passo dietro l’altro

ma gli occhi vedevano negozi agghindati

ma gli occhi vedevano ognuno la propria vita

ma gli occhi vedevano e non credevano

ma erano ciechi davvero

e vedevano senza il lucido sulla brutta copia

ancora, allora… ma ricordate noi?

come si alzarono quei cartelli al vento come vele

come fu spezzato l’incantesimo delle mille-meraviglie

ed erano ruvide quelle loro grida

ed erano alle prime armi le loro parole

ed era così sanguinante e vivo il loro… cosa?

 

questione di cervello, disse lo psicoterapeuta

questione di medicine giuste, disse il dottore

questione di esperienza, disse il guru

questione di leggi, disse l’avvocato

questione di giustizia, disse il giudice

questione di ambiente, disse il sociologo

questione di istinti, disse il pragmatista

questione di disciplina e comprensione, disse il pedagogo

questione di valori, disse il filosofo

questione di significati, disse il letterato

questione di cultura, disse l’esperto

questione di dinamiche, disse il perito

questione di amicizie, disse qualcuno intervistato

questione di forze contrapposte, disse il giornalista

questione di violenza, disse lo sbirro

questione di errore, disse il questore

questione di pazienza, disse il sostenitore

questione di strategia, disse il direttore

questione di bella presentazione, disse il teorico

questione di chimica, disse il fisiologo

questione di questioni, disse il relativista

 

il nostromo rideva e beveva, beveva e cantava

le streghe ballavano e scherzavano

si faceva i figli della giungla sulle corde dell’albero maestro

e il mare non lascia calcolare la distanza

quando si guardò la terra del ‘mondo’ (vedere etichetta)

era così lontana da sembrare ridicolmente minuscola

 

sua maestà la regina del corridoio in persona

venne e abbaiò pretendendo ‘stare al mondo’

lui ricorda, ricorda questo

scolpito sul ponte, insipiente al sapone

il tuo mondo mi fa schifo

e quando le vecchie e le nuove generazioni

chiesero di vuotare le tasche sulle alternative valide

lui sa, sa ancora questo

scusate, ho buttato via la scatola delle istruzioni

 

quale tipo di persona si ritrova

gli incubi ambientati in supermercati

quale tipo, quale tipo di persona

scambiare i vivi per morti ambulanti

quale tipo, quale tipo di persona

affondando con gli anfibi nelle spiagge

quale tipo, quale tipo di  persona

capace di fare a pezzi coi denti le camicie di forza

quale tipo, quale tipo di persona

a gambe levate, via da ogni cura e soluzione

quale tipo, quale tipo di persona

abbracciando alberi come maledetti hippie

quale, quale tipo di persona

sentire nostalgia delle rondini al tramonto

quale tipo, quale tipo di persona dorme solo

col viso coperto per non essere sorpresa nei sogni

quale tipo, quale tipo di persona

credere che gli schermi siano specchi d’allodole

quale tipo, quale tipo di persona scambierebbe

il palo del metrò per un ramo da battaglia

quale, quale tipo di persona

pulirsi le mani con la terra e trovare sincero il sangue

quale tipo, quale tipo di persona

fuggire le immagini fotografiche come demoni

quale tipo… tipo di… tipo di che??

 

il nostromo divenne sobrio l’istante stesso

e le streghe caddero nel mezzo del ballo

i figli della giungla spalancarono gli occhi

migliaia di zattere si profilarono all’orizzonte

una bandiera verde, un sacco di parole nuove

le parole giuste, i termini corretti

iniziavano come eco-, ed erano un pappagallo automatico

iniziavano come bio-, ed erano trucco a inganno aperto

iniziavano come ribel-, ed erano un pacco confezionato

iniziavano come rivoluz-, ed erano una trappola a molla

iniziavano come etic-, ed erano prodotto commerciale

iniziavano come comunis-, ed erano glorie mai accadute

iniziavano come giovan-, ed era un’asta al ribasso

iniziavano come moderat-, ed erano spari a salve

iniziavano come compromes-, ed erano l’ultima rivalsa che moriva

iniziavano come democr-, ed erano lo scacco della…

iniziavano anche così, come liber-, ed erano la scusa per ogni che

per questo aprirono una falla nella nave

per questo in piedi sul parapetto si salutarono

si buttarono prima che finisse d’affondare

l’onde li portarono in direzioni diverse

e avevano visto, avevano visto

il mantello regale della signora ‘folla’

che arrivava davanti ad ogni flotta

mille e mille volte ripetuta

a oscurare ogni faccia, ad affogare ognuno in tutti

 

una mareggiata dopo l’altra

il caso e la sorte, l’abilità e la prontezza

a recarli un po’ ovunque su diversa costa

e lui oggi non sa come poterlo ricordare

agli altri chiede aiuto, ma forse non si può fare

deh che la roccia dopotutto si fa mordere dal vento

e certi passi possono farsi solo nella direzione dei piedi

tornare indietro non si saprebbe più

per questo ora le giovani ostriche a bussare sulla grotta

ognuno di loro ne esce diverso a veder chi è là

c’è chi invita e chi scaccia, chi pensa sapere tutto

e chi non riesce a dire più niente

né sulla notte dell’antro né sulla luce del sole

aspettando il ritorno di chi s’affidò alla propria zattera

aspettando di ritornare sulla propria zattera, di ripartire, di ritornare…

 

e ora che camminano sulla strada come ombre

giacché non sono toccati dalle parti orizzontali della strada

ora che li guardano come stranieri-in-ogni-dove

giacché non vedono case nelle scatole né senso nelle carte

ora che mordono le mani che sorridono con due volti

e vengono loro restituiti cento e cento colpi per un solo gesto

ora che non sono disposti a farsi inchiodare a martirio

e seppure perdenti in partenza ridanno colpo su colpo

ora che trovano divertimento nelle personalità ordinatamente impalcate

e seppure ai ferri corti riberrebbero le lacrime per non implorare da bere

ora che vengono sorvegliati e seguiti e inquisiti

e ancora la paura non li stringe a vicolo cieco e dietro-front

ora che non furono, non sono, e non saranno mai da esempio, ma hanno i loro

e ricordando un ragazzino con la pistola puntata, la vita lasciata alla pallottola mancata*

ora con familiarità che si guarda la bocca spalancata di un’arma direzionata addosso

e si ha in testa la paura del dolore del colpo ricevuto tante volte in diverse maniere

e ora? E qui? Quando, e come? Ricordate, voi, come ci s’arrivò e per di dove?

No, che indietro non si sa più tornare.

No, che son cose matte da cercare.

No, che noi s’è nati con ‘sto sangue, e questo solo abbiamo da versare.

No, che noi di noi abbiam ognuno uno solo e niente d’avanzo,

si fa come si può, talvolta si cerca fortuna e talvolta scampo,

qualche volte uno sprazzo di cielo, e qualche volta il nero negli occhi,

tal’altra può essere che per sputar zucchero si pigliano busche,

e qualche altra che per non dare l’ultimo colpo sopraggiunge

non si sa quale cosa di tra la tempesta fuliggine della rabbia marcia,

e qualche volta si cade e si rimbalza, talvolta si crolla e lì si resta.

E come volar senza penne e come gioire senza coda, non si sa.

E come scegliere direzione senza naso, e come lavarsi senza pioggia, non si sa

E come vivere con catene o come morire senza esserci ancora dentro fino al collo…

questo sopra a tutto, noi, ovvero che sia, non si sa e non si saprà mai.

D’altronde dunque cani randagi s’è, e bastardi si resta.

 

Ma correre a perdifiato nelle ombre dei boschi

Ma sdraiarsi sulle colline a riprendere il cielo cogli occhi

                come miele, come miele

E a cercar tesori nella spazzatura

E a improvvisare mercato e bisca tra le strade

                come gioco, come gioco di vita

Ma re-imparare le costellazioni di tra la via lattea

Ma a rampicare tra i rami come scimmie inguaiate

                come miele, come miele

E a fare giochi di prestigio con le tasche fuggiasche

E a cogliere di sorpresa le feste cui non s’è invitati

                come gioco, come gioco di bugia

Ma ritrovarsi noi, e là, sempre là, come non c’è altro luogo mai

Ma a sfidare le corna della capra e a litigare col maiale

                come miele, come miele

E a fare a rimpiattino con i colletti bianchi e le visiere blu-nere

E a depistare di tiro mancino le domande sempre stesse

                come gioco, come gioco a scherzo crudele

E lei, e lei come sorride, come parla e come ride

E lei, lei passeggiando in notturna e mani sui fianchi in mezzo al campo

                come miele, come miele

 

che le ostrichette a chiedere lo spartito

e diedero loro inchiostro e carta bianca, strizzando l’occhio

che non dissero mai, che il sopra può esser capovolto in sotto

per quanto si giochi con gli specchi, essi sono estremamente frantumabili

 

vetro, vetruccio, vetrina

stanno ritti i manichini, impallidiscono i passanti e gli aguzzini

il nostromo affogato aspettava all’angolo, e lei aveva tutto negli occhi

vetro, vetruccio, vetrina…

e lui forse non ricordava come faceva la rima

guarda… mormorò il coro greco nella sua testa a nota acuta

stralunato, aveva una pietra in mano

dicevano di fondarci una chiesa

dicevano di scagliarla a una donna infedele

dicevano di poter indicare con precisione il bersaglio, nemico, fantoccio, colpevole

dicevano di usarla nella professional fionda da ‘rebel-model

dicevano di posarla senza fare scherzi

dicevano che sarebbe andato tutto bene

dicevano che sarebbe stato tutto diverso

dicevano che era da al più presto sondare e rimediare

dicevano che le ostriche non avrebbero capito niente

dicevano che la signora ‘folla’ sarebbe andata su tutte le furie

dicevano ‘o la pietra o la vita’, qui siamo nel ‘mondo’ (vedere etichetta)

vetro vetruccio vetrina… gorgogliò il nostromo nella birra

vetro vetruccio vetrina… sussurrò lei senza muovere le labbra

guarda… solo nella sua testa, ma erano le voci vecchie, le vecchie care voci

guarda… sorrise lui

… la pietra che non aspetta…? Chiese il vecchio poggiato al muro

Non proprio.

lo schianto che non ha fretta…?

Non così.

… la miccia che si svolge schietta…?

Non male, davvero, ma non è così.

E il vecchio sornacchiava uno sputo di tabacco per simpatia.

Alzò le spalle e andò via, e sorrideva, e nessuno seppe mai come si chiamò.

E lui caricò indietro il braccio come corda d’arco

…e il resto, beh, si sa…

 

guarda guarda, il sasso che arriva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* ad Anteo Zamboni, a Sole, a Baleno, e a tutti gli altri e le altre

 

 

  
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