Mi risvegliai nella
mia stanza, nel mio appartamento a Bologna. Sentii Francesco che amoreggiava
con qualcuno, e poi che m’invitava ad entrare in camera sua. Lì c’erano lui ed
un altro ragazzo, che forse avevo già visto, ma di cui mi sfuggiva il nome.
Ce
lo facciamo, eh, Donatello? Lo so che ti piace, che vorresti essere al mio
posto… e allora dai, facciamocelo. Tira fuori il tuo mostriciattolo amico che
lui vuole assaggiartelo gli piaci tanto tanto da morire ah ah ah ah ah!
Controvoglia, mi unii
al terzetto, io e Francesco in ginocchio, di fronte al ragazzino che già stava
prendendo in mano i nostri falli. Io e Francesco che ci guardavamo negli occhi,
Francesco che mi faceva l’occhiolino e poi iniziava a godere…
Poi tutto spariva, ed
il ragazzo disteso diventava Simone che mi implorava di baciarlo e fare l’amore
con lui.
Mi
piaci così, rotondo e morbido come un bel cuscinone da abbracciare mi sento
tanto solo i ragazzi mi usano ma con te mi sento sicuro mi sento sicuro mi
sento amato mi sento desiderato.
Parole confuse, che
alle mie orecchie assunsero quel senso, ma che non riuscivo a comprendere fino
in fondo. Fammi l’amore, cazzo non riesci
a capire che ti amo brutto coglione testa di cazzo imbecille stupido deficiente
che cosa ne capisci tu dei ragazzi sei solo una palla di lardo schifosa …
Anche Simone se n’era
andato, ed io ero rimasto solo in balia di tanti esseri incappucciati che
parlavano all’unisono, dicendomi che ero brutto, grasso, ripugnante. Non potevo
continuare così, non potevo, desideravo soltanto morire.
- Aaah! – urlai nel
sonno, provocandomi un risveglio istantaneo.
Non ero a Bologna, in
camera mia, bensì a molti chilometri più a Nord. Ero ancora lì in Trentino,
nella casa di Flavio. Mi rigirai nel letto, ero madido di sudore e con il cuore
in preda ad una tachicardia spaventosa. Guardai il display del mio cellulare,
che segnava le tre e mezza del mattino e… che in alto a destra aveva una
bustina gialla. Un messaggio.
Simone.
<
L’aveva mandato
proprio un minuto prima. Forse era stato quello a svegliarmi, in concomitanza
con la fine del mio incubo. Qualunque cosa avesse voluto Simone, avrei dovuto
ringraziarlo più e più volte per avermi svegliato.
- Scusami per essermi
comportato così, oggi pomeriggio… - mormorò Simone, seduto su una sponda del
letto. Io mi ero accomodato su una poltrona lì accanto, e lo osservavo allo
stesso modo in cui Fiorella osservava me durante le nostre sedute.
- Non fa niente –
risposi io, assumendo il tono più imparziale che potei – Cose che capitano. –
Non era per niente vero. Mai nessun ragazzo si era comportato così con me,
prima d’ora. In genere evitavano anche di toccarmi, e comunque i miei rapporti
erano sempre molto superficiali. Trattenni per me il fatto che provavo un po’
di piacere nel fatto che Simone si fosse stizzito nei miei confronti.
- Il fatto è che io…
quando provo qualcosa per qualcuno… divento così. – sorrise, timidamente. –
Scusami… scusami ancora. – mormorò, la voce rotta dall’emozione.
- Non riuscivo a
dormire. Avevo questo peso sulla coscienza, di averti trattato male. Ho anche
fatto un incubo. – dichiarò. Io annuii. Feci anche per aggiungere che avevo
avuto un incubo anch’io, ma mi trattenni, per lasciargli tutto lo spazio che
voleva per parlare.
- C’ero io … e c’eri
tu. Eravamo in una stazione ferroviaria, entrambi. Lontani l’uno dall’altro… -
incominciò. Io aguzzai l’udito per non perdermi nemmeno una parola di ciò che
stava dicendo.
- …Eravamo lontani.
Ed io ti cercavo. Eppure tu eri lì, non eri invisibile. Ti cercavo.. ti
cercavo… ma tu continuavi ad allontanarti. – Fece una pausa, sospirando - ..Ad
un certo punto, la stazione si riempiva di gente… tanta gente, un mare di
persone, una folla che sembrava quasi di essere in un concerto... E tu
scomparivi dalla mia vista. – I suoi occhi chiari guardavano un punto
indefinito nel vuoto. Io lo ascoltai, sempre più rapito dalla narrazione… E
sempre più preso da quel ragazzo incontrato per caso, durante quella gita
estemporanea con mio fratello.
- E quando tu sparivi
dalla mia vista, io mi accorgevo di essere sui binari. Ed il capotreno
fischiava la partenza di un altro convoglio. – A quel punto chiuse gli occhi.
Una lacrimuccia sgorgò fuori dall’angolo del suo occhio sinistro, che subito si
coprì con la mano, per non dare a vedere ciò che stava facendo.
- Simone – dissi io,
avvicinandomi – è stato solo un brutto sogno. Io sono qui, come vedi. –
- Paura di perderti. La
paura si manifesta in questi sogni, che sono un po’ inquietanti. – dichiarò,
accoccolandosi a me. Non feci resistenza, lo presi a me e lo cullai come se
fosse stato un bambino, benché sapevo che eravamo quasi coetanei, anzi forse
lui era più grande rispetto a me di qualche mese. Gli baciai la fronte, ed i
suoi riccioli dorati mi fecero il solletico sotto il naso.
Ma
perché mi sento così intenerito da questo ragazzo che nemmeno conosco? E cos’è
questa commistione di sentimenti, paura e amore insieme? Perché quando non lo
vedo non penso a lui con serenità, come farebbe un vero innamorato? Ho tanta
paura, ma faccio bene ad averne? In fondo che cosa voglio io…? Che cosa vuole
lui da me…? Pensieri mi si accavallarono nella
mente, in quel lunghissimo spazio di silenzio che si creò tra noi, mentre io lo
cullavo e lui docilmente rimetteva la sua testa sulla mia spalla, quasi in
procinto di addormentarsi nuovamente. Quanti ragazzi si erano comportati così
con me? Quanti mi avevano mostrato veramente il loro lato dolce, quello che
soltanto poche persone potevano vedere…? Ben pochi, anzi quasi nessuno. E
adesso che avevo un ragazzo così, mi permettevo ancora di avere dei dubbi.
Perché?
La
terra straniera. La convinzione che forse dopo questa vacanza non vi vedrete
più, o che comunque vi vedrete ma sporadicamente, mentre tu Donatello vuoi un
rapporto continuativo. Non asfissiante, ma continuativo. Simone ti piace?
Diglielo apertamente, e prendete una decisione. Non puoi mai sapere, magari lui
è più confuso di te in questo momento…
Ad interrompere la
mia catena di pensieri, fu Simone.
- Mi credono etero. –
mormorò lui ad un certo punto.
- Cosa? – domandai
io.
- Mi credono
eterosessuale – ripeté lui, un po’ più forte. Io continuai a stringerlo fra le
mie braccia, mentre lui teneva le mani in grembo, come un bimbo spaventato che
confessa qualcosa di brutto ad un genitore.
Non dissi nulla a
quella confessione. Nulla che potesse sembrare un giudizio, ma soltanto
un’esortazione a parlare.
- Vai avanti – lo
incitai.
- …All’università
vado sempre in giro con una ragazza. Una diversa ogni giorno. Ogni tanto ne
bacio qualcuna, ma … mi fa schifo. E poi non riesco mai ad andare oltre. Perché
io non sono così. Io sono gay, mi piacciono i ragazzi, non le ragazze… - Fu
l’inizio di un’esondazione.
- Mi piacciono i
ragazzi, ma non quelli carini. Quelli un po’ in carne, come te… - disse,
toccandomi il ventre generoso – sono molto … - si schiarì la voce, si morse le
labbra; forse per paura di dire quella parola che lo catalogava come un ragazzo
bisognoso di protezione -…passivo. Ma non nel senso strettamente sessuale del
termine. Sono un ragazzo che ha bisogno di coccole, che ha bisogno di… di essere
ascoltato… Di essere considerato una persona di cui un’altra non può fare a
meno. – mi strinse un po’ più forte, ed io non feci nulla per allentare la sua
presa. Lo coccolai dolcemente, provando un po’ di pena per lui. Chissà quanto
doveva faticare per fingere, per mantenere una facciata di rispettabilità di
fronte ai familiari, colleghi dell’università e simili… Io almeno non avevo di
questi problemi: passavo inosservato quanto bastava, e potevo discretamente
fare quello che volevo… nonostante anch’io mi nascondessi.
- Io sono qui – gli
sussurrai, accarezzandogli i capelli d’angelo – Quando vuoi, quando avrai
bisogno di parlare, quando vorrai un po’ di calore… -
- Ti prego – mormorò
lui – Non lasciarmi. Resta qui con me questa notte… - Con quella voce
implorante e dopo tutto quello che aveva detto, l’immagine che io avevo di lui
di ragazzo frizzante e spigliato cambiò.
Succede sempre così
con le persone, non è vero? Ne vediamo soltanto una parte, quella esterna… Se
poi ci accorgiamo che questa persona ci invita, ha fiducia in noi e vuole
aprirsi, ecco che vediamo ciò che si nasconde in lei, le sue ansie, paure, i
suoi dubbi… e generalmente, quando vediamo ciò che una persona tiene dentro,
abbiamo paura. Scappiamo, ci autoconvinciamo che non potremmo mai fare nulla
per cambiare una situazione, quando invece basterebbe un po’ di coraggio e di voglia
di mettersi in gioco. Che una persona si scoprisse dei suoi crucci di fronte a
me, poche volte mi era successo nella mia vita, e non ero stato per nulla
contento di sapere ciò che mi era stato rivelato. Ora, con Simone, l’interesse
era ricambiato, e toccava soltanto a me aprirmi a lui.
Ma sarebbe stato
abbastanza coraggioso da nuotare nel mare della mia vita?
Senza
fretta, Donatello… Senza fretta. Ricordati che le cose vanno fatte con calma. Ripetei
a me stesso delle parole usate da Fiorella durante uno dei nostri incontri.
- Rimani con me –
ripeté nuovamente Simone, distendendosi sul letto.
- Rimarrò con te,
Simone. –
- Chiamami… cucciolo.
– chiese lui – Cucciolo. Voglio essere il tuo cucciolo. –
- Va bene… Cucciolo.
– risposi io, coccolandolo dolcemente mentre mi stendevo insieme a lui.
Lui mi baciò le
labbra dolcemente, quindi disse un’ultima cosa.
- Chiunque
desidererebbe di stare con me, in un letto… Ma io voglio soltanto te, adesso…
Soltanto te… - mormorò, sulle mie labbra. Io sentii il profumo del suo alito.
Un sapore di menta piperita molto dolce.
- …E voglio farti
vedere la mia parte sensuale… sexy… - concluse. Tirò fuori la lingua e
leggermente leccò le mie labbra, per poi mordicchiarle provocatoriamente.
Per tutta risposta,
io lo baciai dolcemente, carezzandogli i capelli e le guance.
- Dormi ora. È tardi,
e fra poche ore abbiamo un’altra escursione. – gli strizzai l’occhio, e lui mi
sorrise.
- Buonanotte – disse
– padroncino. –
- Buonanotte
cucciolo… - conclusi io, chiudendo gli occhi. Morfeo mi riammise quasi subito
nel suo mondo, mentre sul mio cellulare il display segnava le cinque e un
quarto.