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Autore: StephEnKing1985    01/09/2011    0 recensioni
Donatello è un ragazzo gay un po' in sovrappeso. A causa del suo aspetto fisico, si trova a dover fronteggiare in modo particolare la superficialità e meschinità del mondo gay sotto forma di delusioni che riceve puntualmente da ogni ragazzo che conosce. Per rifuggire al dolore, si diletta in ciò che sa fare meglio: Disegnare fumetti. Il suo personaggio preferito è Dandy Landy, un bellissimo ragazzo frizzante e dolce, in cui Donatello proietta il suo fidanzato ideale, innamorandosene. Ben presto il bel personaggio di carta incomincerà a vivere di vita propria, ma sarà una felicità per Donatello oppure sarà solo l'ennesima delusione?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fatto che Antonello si fosse allontanato da me, mi dispiaceva. Non era un cattivo ragazzo, gli piaceva soltanto fare il farfallone e riuscire a conquistare più gente possibile. Avevo già tentato di avvicinarlo in un paio di occasioni, ma lui si era fatto sbrigativo e inavvicinabile. Un giorno, però, mi arrivò un suo messaggio sul cellulare.

“Vediamoci alla caffetteria” diceva il testo.

Velocemente, senza nemmeno prendere i libri dall’aula, andai lì. Era ancora vuota, perché a ridosso dell’inverno, lavorava ad orari differenti. Però rimaneva aperta, per quei pochi coraggiosi che volevano andare lì e studiare ai tavolini. L’unico difetto era che dovevano aspettare per essere serviti, in quanto il personale sarebbe arrivato soltanto alcune ore dopo.

Spinsi la porta a doppio battente che conduceva nel grande salone della caffetteria. Lì, in fondo, c’era Lello, in piedi, che mi guardava attentamente. Non chiedetemi come, non chiedetemi perché, sentivo una certa carica negativa nell’aria. I fatti accaduti dopo non mi avrebbero smentito.

Lello stazionava là, senza dire una parola. Io mi avvicinai lentamente, salutandolo – Ciao Lello – dissi, piano. – Come va’? –

Dopo una lunga pausa spesa a guardarmi in cagnesco, lui rispose – Lo sai benissimo come va. – disse, asciutto. – Me l’hai portato via. –

Soltanto due mesi prima, non avrei mai immaginato che Lello Scaravalli, il simpaticone insegnante che insegnava a progettare le storie dei fumetti, quello che dava una possibilità a tutti, si sarebbe trasformato in un uomo rancoroso come quello che stavo vedendo io quella mattina. Vi dirò anche che non avrei mai immaginato di doverlo tenere a distanza di sicurezza. Infatti, mi fermai ad una distanza di tre metri da lui, timoroso di non sapevo nemmeno io cosa.

- Io, Antonello Scaravalli, bello e aitante, che tutti i ragazzi dovrebbero volere, sono stato scavalcato da te… un insulso ragazzino obeso e brutto. – le sue parole furono come pietre per me.

- D… di cosa stai parlando, Antonello? – balbettai. Tremavo dalla testa ai piedi.

- Fai lo gnorri, eh? – mi incalzò lui, con gli occhi iniettati di sangue. – Sto parlando di Manuel. Ti ho visto, quella sera in discoteca. E ti ci avevo portato io! Speravo che me lo portassi da me e lui m’invitasse a ballare, e invece… invece è rimasto lì avvinghiato a te. Stronzo. Fai schifo. – Mentre diceva queste parole, si scrocchiava le nocche. In quel momento ebbi paura.

- Siamo… siamo soltanto amici. Non l’ho sfiorato con un dito, il tuo Manuel… - dissi, sulle prime. Poi però ebbi un’illuminazione. – E poi se ci tieni a saperlo, lui non ti vuole. Non gli piaci! Non sei un tipo affidabile, e lui non è uno di quei ragazzini ventenni che ti fai ogni giorno. Ha una testa, lui! È diverso dagli altri! – Parole, affermazioni, aggettivi. Fu tutto quello che riuscii a sparare in quegli attimi, dove l’adrenalina scorreva insieme al mio sangue ad una velocità supersonica, ed il cuore mi batteva forte nel petto dall’emozione mista a paura.

- Balle! Lo so che te lo sei fatto, lo so benissimo! Uno dei ragazzi mi ha detto che ieri sei stato a casa sua! non negarlo!!! – urlò.

Visto che urlava lui, urlai anch’io.

- Sì, è vero! Sono stato a casa sua, ma non ho fatto niente. Abbiamo soltanto parlato come due buoni amici! E comunque non sono affari tuoi! Tu sicuramente non l’avresti rispettato! Gli saresti saltato addosso come il lupo con Cappuccetto Rosso! – vi confesserò che stavo per scoppiare a ridere, a quell’affermazione, ma il mio senso di protezione verso Manuel mi frenò. Istintivamente, allungai le mani dietro di me, presagendo che stava per succedere qualcosa.

- Mi hai veramente deluso, Donatello. Ma adesso te la farò pagare. – disse, e venne avanti, mettendomi le mani addosso.

Con una rapidità che non mi riconoscevo, scartai di lato tra due tavolini, facendone cadere uno. Agile come un gatto, Antonello li scavalcò, cercando di agguantarmi il braccio. Io corsi verso un angolo della stanza, guardandolo come un topo avrebbe guardato il gatto.

- Non ti servirà a nulla fuggire, Donatello. Regoliamola da uomini, questa faccenda. Chi rimane vivo, vince. Come si faceva ai vecchi tempi. –

- Non… non siamo più negli anni settanta. Siamo nel 2010. – Nel frattempo, vidi con la coda dell’occhio che fuori dalla caffetteria si era formata una piccola folla di curiosi. Andate a chiamare qualcuno, imbecilli! Andate, prima che questo mi riempia di botte! Pensai, ma nessuno si mosse.

E fu allora che Antonello mi sorprese. Mi tirò uno schiaffone talmente forte da farmi volare via gli occhiali. Io barcollai su un tavolino, finendoci seduto sopra. Lui venne avanti, incazzato e ghignante, ed io reagii malissimo al suo violento tentativo di sopraffarmi: La mia gamba si mosse e partì all’attacco, calciandogli uno stinco.

- Ahhhh! – gemette – Figlio di …!!! – esclamò, zoppicando. Io cercai di andare via, ma lui mi trattenne per un braccio. Io lo acchiappai per quel braccio e lo tirai, facendolo barcollare e finire su un mucchio di tavolini. Cadde rovinosamente, ma non abbastanza da impedirgli di afferrarmi una caviglia e farmi cadere a mia volta. Sbattei la testa contro una sedia lì vicino, il colpo mi stordii per un attimo. Come una belva affamata, Antonello mi trascinò a sé, senza che io avessi la possibilità di ribellarmi, e in un attimo mi fu addosso. Mi riempì di sberle, mentre io cercavo di levarmelo di dosso. Le sue ginocchia sul mio stomaco mi stavano facendo un male atroce, tanto che urlai. Con le mie dita cercai di artigliargli la faccia, ma a causa della mia onicofagia (mi mangiavo le unghie), non gli feci male più di tanto.

- Bastardo! Pezzo di merda! Te la faccio pagare!!! – disse, e prese a sbattermi la testa sul pavimento talmente forte che per un attimo vidi le stelle. Quella testa che non mi ero rotto con l'incidente, voleva scassarmela lui, a suon di craniate sul pavimento. Urlai fortissimo dal dolore, ma ciò non mi impedì di reagire. Con quell’ultimo briciolo di lucidità rimasta, gli afferrai un polso e me lo misi in bocca, iniziando a mordere.

I miei denti affondarono nella sua carne, e lui lanciò un urlo di sorpresa. E più mordevo, più lui si dimenava dal dolore.

- Ahhh!! Lasciami, figlio d’un cane!!! –

Ma io non smisi finché lui non mi scaraventò su un altro tavolino dove battei un’altra volta la testa. Qui il colpo fu un po’ più forte.

Nel frattempo, nella sala entrarono il direttore della Fondazione e un paio di altri insegnanti anziani, appena arrivati. Insieme a loro c’era Manuel, che cacciò un grido di sorpresa nel vedermi accasciato a terra, con la testa sanguinante.

- Che sta succedendo qui, in nome di Dio?!? – tuonò il direttore. Due insegnanti mi soccorsero, chiedendomi se stavo bene. Insieme a loro sopraggiunse Manuel, che mi prese la mano nelle sue e mi domandò cosa fosse successo.

Con un filo di voce, risposi – Antonello.. mi… mi ha picchiato. –

- Cristo – bestemmiò Manuel, alzando lo sguardo verso Antonello, che stava massaggiandosi il polso che io gli avevo morso.

- Signor Scaravalli, vuole spiegarmi cos’è successo? – domandò il direttore, furente. 

Antonello non rispose. E fu lì che ebbi la convinzione che non avrei mai più rivisto la faccia di Antonello Scaravalli lì alla Fondazione.

 

Due giorni dopo, il ventitré dicembre, seppi che Antonello era stato espulso dal Centro. Normalmente una cosa del genere non si sarebbe risolta con una soluzione così drastica, ma il Consiglio di Fondazione non approvava la violenza, in nessuna forma. Dopotutto quella era una fabbrica di sogni, non un ricettacolo di picchiatori. Ovviamente mi chiesero di spiegare l’accaduto, ed io risposi che il signor Scaravalli mi aveva picchiato per gelosia nei miei confronti. Dopo il mio interrogatorio, il caso fu archiviato.

Visto che avevo avuto occasione di essere ricoverato all’ospedale di Pavia soltanto sei mesi prima, non poteva mancare occasione per visitare quello di Roma. Questa volta mi fasciarono la testa, applicando due punti di sutura al sopracciglio destro, che si era aperto durante l’incontro-scontro con il tavolino. Dovevo forse aspettarmi di visitare un altro ospedale, dopo sei mesi a quella parte?

L’unica cosa positiva fu Manuel. Non mi biasimò per aver usato violenza contro Antonello, anzi fu contento che venne licenziato. Ed io che lo credevo una brava persona! Dopo il suo sfogo, questa mia credenza fu smantellata totalmente, perché era fin troppo chiaro che lui cercava una persona meno bella di lui perché voleva primeggiare… Patetico e puerile. Ecco gli aggettivi giusti per descriverlo.

Tuttavia, prima che Antonello raccogliesse le sue cose e sparisse per sempre dalla mia vita, così rapidamente come era apparso, ebbi l’occasione di assistere ad un colloquio che ebbe con lo stesso Manuel.

Ero appena tornato dall’ospedale, e volevo aggiornare Manuel sulla mia situazione. Così andai nella sua aula, sperando di trovarlo. E lo trovai, però non era solo. Insieme a lui c’era Antonello, e stavano parlando abbastanza animatamente.

Mi acquattai accanto alla porta per non essere visto, ma non riuscii a cogliere granché della conversazione. Capii soltanto che Manuel si stava difendendo, che non voleva più saperne di lui e che trovava riprovevole il modo in cui voleva sistemare la questione con me. Disse anche, il bel Manuel, che se c’era stata qualche possibilità di preferire Antonello a me, quell’infima possibilità si era spenta quando mi aveva visto accasciato a terra, sanguinante e tumefatto. Decisi che avevo sentito abbastanza, e mi allontanai. Poco dopo, ricevetti un sms sul cellulare. “Buona fortuna con lui. Ne avrai bisogno. Addio.” Era di Antonello. Non gli risposi, non capendo a cosa si riferisse. L’avrei scoperto il giorno dopo, il ventiquattro dicembre.

 

   
 
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