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Autore: StephEnKing1985    01/09/2011    2 recensioni
Donatello è un ragazzo gay un po' in sovrappeso. A causa del suo aspetto fisico, si trova a dover fronteggiare in modo particolare la superficialità e meschinità del mondo gay sotto forma di delusioni che riceve puntualmente da ogni ragazzo che conosce. Per rifuggire al dolore, si diletta in ciò che sa fare meglio: Disegnare fumetti. Il suo personaggio preferito è Dandy Landy, un bellissimo ragazzo frizzante e dolce, in cui Donatello proietta il suo fidanzato ideale, innamorandosene. Ben presto il bel personaggio di carta incomincerà a vivere di vita propria, ma sarà una felicità per Donatello oppure sarà solo l'ennesima delusione?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il ventiquattro dicembre, in occasione delle ferie natalizie, il Centro doveva essere chiuso, ma così non era. Dato che oltre che un posto per insegnare era anche una specie di centro ricreativo, capitava che alcuni dei suoi frequentanti andassero lì per svagarsi un po’. Nel mio caso, per studiare un po’.

Sì, avrei potuto starmene in casa a studiare in tutta tranquillità, ma vi dirò una cosa, in tutta onestà: mi sembrava di essere in prigione. Nessuno attorno a me, nemmeno un Francesco con un qualche amante (ah già, dimenticavo che lui si era fidanzato) a farmi compagnia. Quindi andare in un posto dove c’era un minimo di vita, era per me una tappa obbligata.

Oltretutto, non vedevo Manuel da tre giorni. Non c’era nemmeno la sua Multipla nel parcheggio, quindi pensavo che si fosse ritirato a casa. Alle mie chiamate non rispondeva, e ciò mi faceva abbastanza male. Cercavo di non pensarci, leggendo avidamente i miei manuali di diritto (avrei dato un esame a Gennaio, così sarei andato a quota meno tre dalla laurea), ma ugualmente il pensiero andava a lui. E mi faceva male.

Pensai anche di andare a trovarlo a casa, visto che non reagiva male alle visite a sorpresa, ma il mio spirito di bolognese corretto me lo impedì. Per cui aspettai.

Mentre studiavo, seduto ad un tavolo della biblioteca del Centro, vidi Manuel che si avvicinava. Anche quel giorno era vestito bene, come sempre. Mi sorrise.

- Manuel – dissi, alzandomi – Sei tornato. Che cosa è successo…? –

Lui si strinse nelle spalle, sorridendomi. – Niente di grave. Avevo solo bisogno di un po’ di tempo per pensare. E poi… ho dovuto preparare le valigie. Ti ricordo che non mi hai ancora dato una risposta alla mia offerta di passare il Natale a Torino con me. – incrociò le braccia e mi guardò con una punta di severità, sebbene stesse sorridendo.

- Ecco, io… - cominciai, ma lui mi fermò con un gesto della mano.

- Aspetta. – mi interruppe – Qualunque sia la tua decisione, prima devo farti vedere una cosa. – mi disse.

- Che cosa? – chiesi io.

Lui mi strizzò l’occhio, e allungò una mano inguainata in un paio di guanti senza le dita.

- Seguimi. – mi ordinò.

 

A quell’ora del pomeriggio il Centro era semivuoto, occupato soltanto da qualche impiegato che se ne stava chiuso negli uffici a leggere il giornale. Dolce vita romana…

- Dove mi stai portando? -  domandai io, mentre Manuel mi precedeva a passo spedito, con quelle sue gambe lunghe.

- Shh. – mi zittì portandosi un dito alle labbra. – E’ una cosa che voglio farti vedere. Ti fidi di me? –

- Io… ma sì che mi fido di te, ma…-

- E allora non fare domande. – concluse, asciutto, strizzandomi l’occhio e largendomi un sorriso furbetto.

 

Giungemmo in un corridoio che terminava con una porta a doppio battente. Su uno dei battenti c’era applicata una targhetta con su scritto “Aula Proiezioni”. Mi domandai chi avrebbe potuto vedere quella scritta da una targhetta così piccola, da lontano. Manuel prese un mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni, ne infilò una nella toppa e la girò, sbloccando la porta.

- Prego – mi invitò ad entrare. Io entrai, mentre lui rimase fuori. Improvvisamente poi, mi chiuse la porta alle spalle. Io mi voltai e la riaprii, e lo vidi che si avviava da un’altra parte.

- Ehi, dove stai andando? –

- Uffa, che rompiscatole. – disse lui ridacchiando – Entra lì dentro e prendi un posto, e non rompere! – concluse, facendomi una linguaccia. Poi scomparve dietro l’angolo del corridoio, saltellando allegramente.

- Mah…? – mugugnai io. Chiusi la porta e osservai l’ambiente. Era come un grande cinema, con la differenza che oltre allo schermo bianco c’era anche un palco con un leggio, il pavimento foderato da una moquette blu scuro, e le poltrone dello stesso colore. Guardai in alto, dove alla fine della scalinata che conduceva alla balconata, c’era una porticina, probabilmente l’accesso alla cabina di regia.

Improvvisamente, le luci si abbassarono, e io mi affrettai a trovare una poltrona prima che si spegnessero del tutto. Capii che era Manuel che stava manovrando tutto quanto, ma non volevo rompergli ulteriormente le scatole con una qualche esclamazione di troppo. Mi accomodai su una poltrona al centro della sala.

Le luci si spensero del tutto, e per qualche minuto la sala fu immersa nel buio. Dopo pochi secondi, lo schermo si illuminò come succede al cinema, proiettando quello sfarfallio senza immagini che prelude all’inizio del film. Avevo capito, voleva farmi vedere qualcosa che aveva creato lui. Ma se sperava di ottenere un mio parere tecnico sulle sue proiezioni, cascava male. Io ero un fumettista, un illustratore… non un esperto di cinematografia d’animazione come lo era lui. Sorrisi, e mi predisposi a guardare la proiezione.

Il filmato incominciava con le note di una canzone che conoscevo fin troppo bene…

Sullo schermo comparve poi un personaggio. Rotondetto, paffutello, eppure carino nel suo complesso. Era disegnato in stile manga, sembrava timido ed indifeso, ma ad un occhio esperto come il mio, non era sfuggito che era un “seme” (un attivo). Seduto su una panchina, guardava la sua immagine riflessa in uno stagno. Non c’erano parole a descrivere la scena, soltanto la musica di Cesare Cremonini… Eppure era tutto chiaro. Il ragazzo non si piaceva.

Proprio come me.

*** Vorrei, vorrei...
esaudire tutti i sogni tuoi,
vorrei, vorrei...
cancellare ciò che tu non vuoi ***

Il campo si allargò, e l’immagine sfumò in una specie di flash-back, dove il ragazzo immaginava tutte le sue fiamme precedenti. Quel pezzo mi toccò parecchio nel profondo, perché tutti avevano rifiutato quel ragazzotto carino ma un po’ in carne, chi buttandolo in acqua, chi spingendolo via, chi evitando di rispondere alle sue chiamate. Mi si strinse il cuore, ma cercai di resistere.


*** però, lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi... ***


*** Vorrei, vorrei...
che tu fossi felice in ogni istante
vorrei, vorrei...
stare insieme a te, così, per sempre
però, lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi… ***

Ad un certo punto i ricordi finivano, ed il ragazzo tornava a guardare l’immagine riflessa nello stagno. Accanto a lui era comparso un altro ragazzo. Questi aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, e lo guardava con tanto affetto. Anche questo ragazzo era disegnato in stile manga; Il ragazzo paffuto alzò lo sguardo, e vide che accanto a lui il ragazzo riflesso nello stagno c’era sul serio. Questi era di bellissimo aspetto, magro e slanciato, un po’ più alto del personaggio principale, il ragazzotto paffuto. Somigliava tanto a Manuel.

Improvvisamente capii. E gli occhi mi si inumidirono di lacrime.

Manuel aveva creato quel filmato perché…


*** E vorrei poterti amare
fino a quando tu ci sarai
sono nato per regalarti quel che ancora tu non hai, così se vuoi portarmi dentro al cuore tuo, con te… io ti prego, e sai perché... ***

Perché….

- Vorrei, vorrei… esaudire tutti i sogni tuoi… -

Alle mie spalle, il profumo dolce di Manuel mi entrò nelle narici, insieme alla sua voce morbida e sensuale. La sua mano si era posata sulla mia spalla, e l’altra mi stava carezzando i capelli. Le sue labbra mi sussurravano la canzone all’orecchio, mentre io ero incredibilmente toccato dall’emozione.  La sua mano mi toccò la guancia, ed io presi l’altra nella mia, carezzandogliela. Intanto, il cartone animato mostrava i due ragazzi che ballavano insieme, fino a che entrambi decidevano che era arrivato il momento per…

- Vorrei, vorrei… cancellare ciò che tu non vuoi… però… lo sai, che io vivo attraverso gli occhi tuoi…. –

Mentre la musica continuava, concludendo la canzone, Manuel balzò accanto a me, guardando gli ultimi fotogrammi del cartone. Finalmente i due personaggi si baciavano.

Dissolvenza a scomparsa a forma di cuore.

*** Vorrei, vorrei...
esaudire tutti i sogni tuoi,
vorrei, vorrei...
cancellare ciò che tu non vuoi
però, lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi... ***

- Ti è piaciuto? – mi chiese Manuel, accoccolandosi accanto a me.

- Moltissimo… -

- Hai capito il messaggio sottinteso? –

- Sì… - risposi - …Penso che sia lo stesso messaggio che io ho tenuto dentro fin dal momento in cui ti ho visto. –

Dolcemente Manuel mi prese a sé, ed io feci lo stesso. Mi baciò la guancia, mormorandomi quelle due parole che ogni ragazzo vorrebbe sentirsi dire dal ragazzo che gli piace…

- Ti amo, Donatello. –

Toccato nel profondo, io risposi senza paura alcuna.

- Ti amo… Manuel. –

Ci guardammo negli occhi un solo, lunghissimo istante. Poi ci avvicinammo, quasi in sincronia… e le nostre labbra si toccarono, in un bacio sensuale e appassionato.

In quel momento mi sembrò che tutte le brutture che avevo passato durante quell’anno se ne stessero andando lentamente, aiutandomi a respirare di nuovo. Ripensai a Francesco e Nicholas, ad Ermanno e Chiara… a Dandy che era soltanto un pallido ricordo ed alla lezione che avevo imparato ovvero che un umano non può vivere in un mondo di carta, ma che la fantasia può a volte essere la migliore amica per non perdere la ragione…

Ma ora non è più fantasia. Questa è la realtà. Finalmente.

- Allora? Mi vuoi dire se vieni con me? – mormorò Manuel, mentre io lo accarezzavo.

- Certo che ci vengo. Avevi creduto che non volessi venire? –

Lui annuì, e ridacchiò furbescamente.

- Ma dai, sul serio?!? Allora non vengo più con te, ecco. – dissi io, scherzosamente.

- Eh no – mi bloccò lui – Adesso con me ci vieni. Ho bisogno di qualcuno che guidi la mia auto quando sarò stanco durante il viaggio, che mi faccia compagnia, e che a letto mi faccia un po’ di… - non concluse la frase, si limitò a leccarsi le labbra. Io lo guardai sorridendo e gli feci l’occhiolino.

- Hai scelto l’uomo giusto, baby. – dissi, abbassando la mia voce di parecchie ottave, rendendola il più possibile simile a quella di Humphrey Bogart.

Felice come una pasqua, Manuel si avvinghiò a me e mi baciò con passione. Io lo strinsi dolcemente a me, pensando ancora una volta che un ragazzo, quanto più duro vuole sembrare agli altri, tanto più dolce è nell’intimità. Sotto le mie coccole Manuel si beò come un gattino. Ci baciammo di nuovo, nel silenzio della sala, felici di essere l’uno insieme all’altro. Più di entrambi, ero felice io; felice di sapere che quella era la realtà. E non soltanto un sogno popolato di bei ragazzi vuoti, per cui… troppo bello per essere vero.

 

 

Troppo bello … per essere vero

Fine.

   
 
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