Il ventiquattro
dicembre, in occasione delle ferie natalizie, il Centro doveva essere chiuso,
ma così non era. Dato che oltre che un posto per insegnare era anche una specie
di centro ricreativo, capitava che alcuni dei suoi frequentanti andassero lì
per svagarsi un po’. Nel mio caso, per studiare un po’.
Sì, avrei potuto
starmene in casa a studiare in tutta tranquillità, ma vi dirò una cosa, in
tutta onestà: mi sembrava di essere in prigione. Nessuno attorno a me, nemmeno
un Francesco con un qualche amante (ah già, dimenticavo che lui si era
fidanzato) a farmi compagnia. Quindi andare in un posto dove c’era un minimo di
vita, era per me una tappa obbligata.
Oltretutto, non
vedevo Manuel da tre giorni. Non c’era nemmeno la sua Multipla nel parcheggio,
quindi pensavo che si fosse ritirato a casa. Alle mie chiamate non rispondeva,
e ciò mi faceva abbastanza male. Cercavo di non pensarci, leggendo avidamente i
miei manuali di diritto (avrei dato un esame a Gennaio, così sarei andato a
quota meno tre dalla laurea), ma ugualmente il pensiero andava a lui. E mi
faceva male.
Pensai anche di
andare a trovarlo a casa, visto che non reagiva male alle visite a sorpresa, ma
il mio spirito di bolognese corretto me lo impedì. Per cui aspettai.
Mentre studiavo,
seduto ad un tavolo della biblioteca del Centro, vidi Manuel che si avvicinava.
Anche quel giorno era vestito bene, come sempre. Mi sorrise.
- Manuel – dissi,
alzandomi – Sei tornato. Che cosa è successo…? –
Lui si strinse nelle
spalle, sorridendomi. – Niente di grave. Avevo solo bisogno di un po’ di tempo
per pensare. E poi… ho dovuto preparare le valigie. Ti ricordo che non mi hai
ancora dato una risposta alla mia offerta di passare il Natale a Torino con me.
– incrociò le braccia e mi guardò con una punta di severità, sebbene stesse
sorridendo.
- Ecco, io… -
cominciai, ma lui mi fermò con un gesto della mano.
- Aspetta. – mi
interruppe – Qualunque sia la tua decisione, prima devo farti vedere una cosa. –
mi disse.
- Che cosa? – chiesi
io.
Lui mi strizzò l’occhio,
e allungò una mano inguainata in un paio di guanti senza le dita.
- Seguimi. – mi
ordinò.
A quell’ora del
pomeriggio il Centro era semivuoto, occupato soltanto da qualche impiegato che
se ne stava chiuso negli uffici a leggere il giornale. Dolce vita romana…
- Dove mi stai
portando? - domandai io, mentre Manuel
mi precedeva a passo spedito, con quelle sue gambe lunghe.
- Shh.
– mi zittì portandosi un dito alle labbra. – E’ una cosa che voglio farti
vedere. Ti fidi di me? –
- Io… ma sì che mi
fido di te, ma…-
- E allora non fare
domande. – concluse, asciutto, strizzandomi l’occhio e largendomi un sorriso
furbetto.
Giungemmo in un
corridoio che terminava con una porta a doppio battente. Su uno dei battenti
c’era applicata una targhetta con su scritto “Aula Proiezioni”. Mi domandai chi
avrebbe potuto vedere quella scritta da una targhetta così piccola, da lontano.
Manuel prese un mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni, ne infilò una nella
toppa e la girò, sbloccando la porta.
- Prego – mi invitò ad
entrare. Io entrai, mentre lui rimase fuori. Improvvisamente poi, mi chiuse la
porta alle spalle. Io mi voltai e la riaprii, e lo vidi che si avviava da
un’altra parte.
- Ehi, dove stai
andando? –
- Uffa, che
rompiscatole. – disse lui ridacchiando – Entra lì dentro e prendi un posto, e
non rompere! – concluse, facendomi una linguaccia. Poi scomparve dietro
l’angolo del corridoio, saltellando allegramente.
- Mah…? – mugugnai
io. Chiusi la porta e osservai l’ambiente. Era come un grande cinema, con la differenza
che oltre allo schermo bianco c’era anche un palco con un leggio, il pavimento
foderato da una moquette blu scuro, e le poltrone dello stesso colore. Guardai
in alto, dove alla fine della scalinata che conduceva alla balconata, c’era una
porticina, probabilmente l’accesso alla cabina di regia.
Improvvisamente, le
luci si abbassarono, e io mi affrettai a trovare una poltrona prima che si
spegnessero del tutto. Capii che era Manuel che stava manovrando tutto quanto,
ma non volevo rompergli ulteriormente le scatole con una qualche esclamazione
di troppo. Mi accomodai su una poltrona al centro della sala.
Le luci si spensero
del tutto, e per qualche minuto la sala fu immersa nel buio. Dopo pochi
secondi, lo schermo si illuminò come succede al cinema, proiettando quello
sfarfallio senza immagini che prelude all’inizio del film. Avevo capito, voleva
farmi vedere qualcosa che aveva creato lui. Ma se sperava di ottenere un mio
parere tecnico sulle sue proiezioni, cascava male. Io ero un fumettista, un
illustratore… non un esperto di cinematografia d’animazione come lo era lui.
Sorrisi, e mi predisposi a guardare la proiezione.
Il filmato
incominciava con le note di una canzone che conoscevo fin troppo bene…
Sullo schermo
comparve poi un personaggio. Rotondetto, paffutello, eppure carino nel suo
complesso. Era disegnato in stile manga, sembrava timido ed indifeso, ma ad un
occhio esperto come il mio, non era sfuggito che era un “seme” (un attivo).
Seduto su una panchina, guardava la sua immagine riflessa in uno stagno. Non
c’erano parole a descrivere la scena, soltanto la musica di Cesare Cremonini…
Eppure era tutto chiaro. Il ragazzo non si piaceva.
Proprio come me.
*** Vorrei,
vorrei...
esaudire tutti i sogni tuoi,
vorrei, vorrei...
cancellare ciò che tu non vuoi ***
Il campo si allargò,
e l’immagine sfumò in una specie di flash-back, dove il ragazzo immaginava
tutte le sue fiamme precedenti. Quel pezzo mi toccò parecchio nel profondo,
perché tutti avevano rifiutato quel ragazzotto carino ma un po’ in carne, chi
buttandolo in acqua, chi spingendolo via, chi evitando di rispondere alle sue
chiamate. Mi si strinse il cuore, ma cercai di resistere.
*** però, lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi... ***
*** Vorrei, vorrei...
che tu fossi felice in ogni istante
vorrei, vorrei...
stare insieme a te, così, per sempre
però, lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi… ***
Ad un certo punto i
ricordi finivano, ed il ragazzo tornava a guardare l’immagine riflessa nello
stagno. Accanto a lui era comparso un altro ragazzo. Questi aveva i capelli biondi
e gli occhi azzurri, e lo guardava con tanto affetto. Anche questo ragazzo era
disegnato in stile manga; Il ragazzo paffuto alzò lo sguardo, e vide che
accanto a lui il ragazzo riflesso nello stagno c’era sul serio. Questi era di
bellissimo aspetto, magro e slanciato, un po’ più alto del personaggio
principale, il ragazzotto paffuto. Somigliava tanto a Manuel.
Improvvisamente
capii. E gli occhi mi si inumidirono di lacrime.
Manuel aveva creato
quel filmato perché…
*** E vorrei poterti amare
fino a quando tu ci sarai
sono nato per regalarti quel che ancora tu non hai, così se vuoi portarmi
dentro al cuore tuo, con te… io ti prego, e sai perché... ***
Perché….
- Vorrei, vorrei…
esaudire tutti i sogni tuoi… -
Alle mie spalle, il
profumo dolce di Manuel mi entrò nelle narici, insieme alla sua voce morbida e
sensuale. La sua mano si era posata sulla mia spalla, e l’altra mi stava
carezzando i capelli. Le sue labbra mi sussurravano la canzone all’orecchio, mentre
io ero incredibilmente toccato dall’emozione.
La sua mano mi toccò la guancia, ed io presi l’altra nella mia,
carezzandogliela. Intanto, il cartone animato mostrava i due ragazzi che
ballavano insieme, fino a che entrambi decidevano che era arrivato il momento
per…
- Vorrei, vorrei…
cancellare ciò che tu non vuoi… però… lo sai, che io vivo attraverso gli occhi
tuoi…. –
Mentre la musica
continuava, concludendo la canzone, Manuel balzò accanto a me, guardando gli
ultimi fotogrammi del cartone. Finalmente i due personaggi si baciavano.
Dissolvenza a
scomparsa a forma di cuore.
*** Vorrei,
vorrei...
esaudire tutti i sogni tuoi,
vorrei, vorrei...
cancellare ciò che tu non vuoi
però, lo sai che io vivo attraverso gli occhi tuoi... ***
- Ti è piaciuto? – mi
chiese Manuel, accoccolandosi accanto a me.
- Moltissimo… -
- Hai capito il
messaggio sottinteso? –
- Sì… - risposi -
…Penso che sia lo stesso messaggio che io ho tenuto dentro fin dal momento in
cui ti ho visto. –
Dolcemente Manuel mi
prese a sé, ed io feci lo stesso. Mi baciò la guancia, mormorandomi quelle due
parole che ogni ragazzo vorrebbe sentirsi dire dal ragazzo che gli piace…
- Ti amo, Donatello.
–
Toccato nel profondo,
io risposi senza paura alcuna.
- Ti amo… Manuel. –
Ci guardammo negli
occhi un solo, lunghissimo istante. Poi ci avvicinammo, quasi in sincronia… e
le nostre labbra si toccarono, in un bacio sensuale e appassionato.
In quel momento mi
sembrò che tutte le brutture che avevo passato durante quell’anno se ne
stessero andando lentamente, aiutandomi a respirare di nuovo. Ripensai a
Francesco e Nicholas, ad Ermanno e Chiara… a Dandy che era soltanto un pallido
ricordo ed alla lezione che avevo imparato ovvero che un umano non può vivere
in un mondo di carta, ma che la fantasia può a volte essere la migliore amica
per non perdere la ragione…
Ma
ora non è più fantasia. Questa è la realtà. Finalmente.
- Allora? Mi vuoi
dire se vieni con me? – mormorò Manuel, mentre io lo accarezzavo.
- Certo che ci vengo.
Avevi creduto che non volessi venire? –
Lui annuì, e
ridacchiò furbescamente.
- Ma dai, sul
serio?!? Allora non vengo più con te, ecco. – dissi io, scherzosamente.
- Eh no – mi bloccò
lui – Adesso con me ci vieni. Ho bisogno di qualcuno che guidi la mia auto
quando sarò stanco durante il viaggio, che mi faccia compagnia, e che a letto
mi faccia un po’ di… - non concluse la frase, si limitò a leccarsi le labbra.
Io lo guardai sorridendo e gli feci l’occhiolino.
- Hai scelto l’uomo
giusto, baby. – dissi, abbassando la mia voce di parecchie ottave, rendendola
il più possibile simile a quella di Humphrey Bogart.
Felice come una
pasqua, Manuel si avvinghiò a me e mi baciò con passione. Io lo strinsi dolcemente
a me, pensando ancora una volta che un ragazzo, quanto più duro vuole sembrare
agli altri, tanto più dolce è nell’intimità. Sotto le mie coccole Manuel si beò
come un gattino. Ci baciammo di nuovo, nel silenzio della sala, felici di
essere l’uno insieme all’altro. Più di entrambi, ero felice io; felice di
sapere che quella era la realtà. E non soltanto un sogno popolato di bei
ragazzi vuoti, per cui… troppo bello per essere vero.
Troppo bello … per essere vero
Fine.