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Autore: Univerd    03/09/2011    0 recensioni
Elisabeth, poco più che ventenne finisce in carcere per salvare un'amica. Li si scontrerà con un mondo nuovo che la farà cambiare, ma anche con una persona speciale che tenterà di salvare a qualsiasi costo.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo, poco prima di pranzo venne a trovarmi Envy. Ero felice di vederla, dovevo raccontarle della strabiliante vittoria. Mi sedetti, con le manette ai polsi, al solito tavolino e l'aspettai paziente. La vidi entrare e farsi largo tra i tavoli sinuosa come sempre. Capelli ricci lunghi fino ai fianchi, rossi come il fuoco. Gli occhi azzurri, glaciali. Mi salutò con un sorriso e si accomodò davanti a me. "Sprizzi eccitazione da tutti i pori, devo dedurre che la partita sia andata bene" mi incalzò strizzando un occhio.

"Decisamente! Le abbiamo stracciate, sono state davvero tutte formidabili, una volta tanto hanno giocato come una vera squadra." risposi radiosa. Scherzammo un altro pò. Mi raccontò di come stava crescendo il piccolo Sebastian, e che me lo avrebbe portato appena possibile. Poi in un momento di silenzio tornò seria.

"Grazie Elisabeth, non avrei niente adesso se non ci fossi tu.. mi dispiace di essermi comportata da stronza. Sono stata una vera stupida non avrei mai dovuto..." a quel punto la interruppi, il passato era passato dopo tutto. Non volevo che rivangasse o che provasse a scusarsi, non aveva alcun senso. Le presi la mano e sorrisi "Non importa più, ormai è tardi per tutto questo, guardiamo avanti e cerchiamo di non commettere gli stessi errori. Tutto qui".

Abbassò gli occhi grata e imbarazzata "Dovrò ripagarti di tutto un giorno.." disse.

"Cresci Sebastian nel migliore dei modi, rendilo un ragazzo degno di rispetto e un uomo coraggioso. Insegnagli a rialzarsi e a non farsi calpestare. Questo dovrebbe bastare". Le sorrisi un ultima volta prima che la guardia mi facesse rientrare.

Non avevo voglia di pranzare quel giorno, la sua visita mi aveva lasciato dei pensieri sospesi che volevo approfondire meglio. Così mi chiusi nella mia cella.

Mi svegliai pigramente quando una guardia aprì la porta cigolante. "Entra" disse con una voce piatta la guardia. La figura a cui era indirizzato l'ordine obbedì entrando nel mio campo visivo. Era una ragazza che, se non avessi saputo che in quel carcere non potevano essere sbattuti minorenni, poteva avere al massimo diciassette anni. Era poco più alta di un metro e sessanta, ma nonostante fosse magra, i muscoli sulle braccia erano ben delineati e il corpo era atletico. I capelli ricci e mori le arrivavano a malapena sotto le orecchie e facevano da sfondo a un viso candido e dai lineamenti dolci. Gli occhi grandi da bambina erano profondi e di un caldo castano. Aveva un buffo sorriso sulle labbra, tra il nervoso e l'amichevole.

"Questa è la tua nuova compagna di cella" disse all'ultimo momento la guardia come se si stesse per dimenticare di una procedura noiosa. Nessuna di noi due comunque le prestava ascolto. Eravamo intente a studiarci, lei guardandomi spudoratamente con innocenza, io studiandola fingendo disinteresse. Fu lei a dare fine a quel gioco presentandosi: "Mi chiamo Elena, sembra accogliente qui." Io finalmente mi misi a sedere e la guardai sarcastica "Si, davvero un posto confortevole in cui passare il meglio dei nostri anni. Non mancano le feste, gli svaghi e i ragazzi. E' davvero una meraviglia." terminai con una risata. Dovuta principalmente alla sua faccia stranita, tipica di chi non capiva se stavo dicendo sul serio o meno, e che, data l'evidenza dei fatti mi sembrava fuori luogo. Mi fissò così per alcuni istanti, poi iniziò anche lei a ridere di gusto. Devo dire che mi piacque sin da subito. Smise di ridere che aveva gia qualche lacrima agli occhi, che buffa. "Comunque io sono Elisabeth Raffh, ma mi chiamano tutti Stone." sorrisi tendendole la mano, che lei afferrò di buon grado.

L'aiutai a sistemare il suo unico bagaglio e poi le presentai il suo nuovo letto. Ci si lasciò cadere con un sospiro, come si fa quando si arriva tardi la sera e ci si adagia sul divano. Non sembrava triste, anzi, quasi rilassata. Era proprio una brava attrice.

"Non sei un pò piccola per essere qui dentro?" le chiesi con un pizzico di interesse, che di solito non lasciavo mai trapelare, ma che bastò per animarla. "Ho compiuto da poco diciott'anni. Un paio di giorni prima del processo, una vera sfortuna vero?" fece una pausa per fissare meglio i suoi occhi nei miei. "Se ti stai chiedendo cos'ho fatto per finire dentro, sappi che me lo chiedo anch'io. Il giudice e gli altri dicono che ho dato fuoco a mio zio, ma io sinceramente non me lo ricordo. Forse si, forse no. Non ha importanza." concluse. La guardai sconcertata, temevo fosse pazza, o psichiatrica. Dopo pochi attimi però mi regalò di nuovo la sua risata. "Dovevi vedere la tua faccia eri da foto" disse tra un attacco e l'altro di ridarella. Appena realizzai di essere stata giocata da una marmocchia risi di me stessa, ma non ad alta voce, dovevo pur mantenere un minimo di rispettabilità. Così, giusto per "farmi rispettare" le saltai addosso e la tempestai di solletico dando il via ad una lotta all'ultima risata. Non sapevo dire da quant'è che non ridessi così tanto e di gusto, mi scendevano addirittura i lacrimoni. In pochi minuti quella ragazza mi aveva fatto ricordare cos'era la gioia di vivere e aveva spezzato la monotonia e i ritmi abituali di quel luogo che lasciavano ogni giorno più vuoti con il loro ritmo costante e perennemente invariato. Credo fosse principalmente per questo che mi affezionai subito a lei, al suo sorriso allegro e a quegli occhi che in un attimo potevano riscaldarmi, e farmi sentire a casa.

Quel pomeriggio insistetti con la mia allenatrice per permettere ad Elena di assistere agli allenamenti senza prendervi parte. La presentai alle mie compagne che la guardarono, seppur con diffidenza, anche con un certo interesse. In quel pomeriggio di allenamento diedi tutta me stessa, calciavo il pallone come se fossimo ad una finale, e non diedi tregua a nessuno. Mi convinsi che fosse per l'imminente partita contro le Toreros, ma sapevo che era per far bella impressione alla mia nuova compagna di cella. Elena per sua parte, seguiva ogni passaggio, ogni scarto, e ogni tiro con il massimo dell'entusiasmo. A fine allenamento mi aspettò fuori dagli spogliatoi e appena l'ebbi raggiunta mi scaricò addosso una valanga di complimenti, tanto che mi vidi costretta ad azzittirla con una mano sulla bocca. Quando la liberai ricominciò, ma con più moderazione: "Tu e la tua squadra siete fantastiche, mi sono divertita un mondo a guardarvi! Dici che la tua allenatrice mi farà venire anche qualche altra volta?" chiese saltellandomi intorno. Io sorrisi di buon grado, era davvero contagiosa. "Basta che tu sia convincente quando glie lo chiederai" le risposi. Increspò un pò il labbro inferiore a mo di capriccio "Non puoi chiederglielo tu? Ha stima di te" disse supplichevole. Io sospirai ma non glie la diedi vinta, anche se la tentazione era tanta. Nessuno prima di lei, eccetto Envy, aveva avuto quel potere su di me. Questo voleva dire tre cose: era speciale; mi sarei affezionata irrimediabilmente a lei; era pericolosa, perchè era l'unica ora che poteva farmi veramente del male. Cercò di dissuadermi in ogni modo dalla mia posizione, ma per fortuna riuscii a non cedere. "Allora glie lo chiederò domani con tutta calma, tanto sono convincente io" disse alla fine giusto per averla vinta.

Per i corridoi il gruppo delle Lady Skull, come volevano farsi chiamare, individuarono Elena come nuova preda dei loro giochi sadici. Con Roberta in testa le si avvicinarono spavalde squadrandola dalla testa ai piedi con espressione schifata. Roberta le diede una spinta in pieno petto facendola barcollare. "Guarda guarda, un nuovo pulcino con ancora la puzza del latte della mammina addosso." disse facendo ridere le sue compagne. Elena riprese posto dritta davanti a loro e piantò negli occhi del capo gruppo uno sguardo tranquillo e beffardo. "Tu invece mia cara non hai per niente un buon odore" disse mimando il gesto di annusarla. La Lady Skull non la prese per niente bene, e caricò un destro per colpirla, ma prima che potesse farlo partire glielo bloccai afferrandole il polso. La guardai gelidamente "Lei sta con me, vedi di lasciarla in pace Skull" dissi con voce ferma, acquisita anche quella durante quell'anno in prigione. Per lunghi istanti lottammo con lo sguardo, quando con un'ultima occhiata ci accordammo per continuare ognuna per la nostra strada ed evitare di darci fastidio come sempre, Elena decise di rovinare tutto. "Non ho bisogno della tua protezione, io e questa gentile signorina siamo già ottime amiche, vero sfregiata?" disse ironica alludendo alla profonda cicatrice che le solcava la guancia sinistra e le spazzava il labbro. Purtroppo la mia nuova conoscenza aveva giocato troppo vicino al fuoco, e senza conoscerlo bene. Roberta a sentire il nomignolo avvampò liberandosi dalla mia presa e avventandosi sulla ragazza. Riuscì a sbatterla per terra preparandosi a scaricare la sua rabbia su di lei, fortunatamente fui rapita a separarle e a frappormi tra le due. "Levati o distruggo anche te, non mi fai paura" sibilò velenosa, mentre le altre Lady Skull si piazzavano alle sue spalle con i pugni alzati pronte a intervenire. Vedendo che non accennavo a spostarmi, avanzarono caricandomi. Per loro sfortuna però essere il capitano della squadra del carcere aveva i suoi vantaggi, tanto che le miei quattro compagne e altre componenti della squadra mi si affiancarono facendole demordere. "Bada che no mi scordo di te pulcino" disse sputando in direzione di Elena prima di voltarsi e di andarsene.

Tirato un sospiro di sollievo e presa di peso Elena mi diressi in biblioteca con Noemi, Pool, Jessy e Fra, passando di fianco a guardie che per tutti quei minuti di tensione non avevano fatto altro che guardare impassibili. Nessuno si intrometteva quando c'erano di mezzo le Skull.

Quando fummo finalmente sedute al tavolo circondate dai libri Elena iniziò a ridacchiare come se si fosse trattato di uno scherzo riuscito bene. Per fortuna la sensazione di pericolo mi aveva fatto riacquistare un pò di buon senso e di autorità: "Cos'hai da ridere? Ti rendi conto che se non ci fossero state loro ci avrebbero massacrato di botte? Con quelle non si scherza. Loro qui sono le padrone. Ci ho messo un anno a guadagnarmi il diritto di essere lasciata in pace, e solo perchè essendo nella squadra di calcio si acquista un certo rispetto tra le detenute, che neanche loro hanno. Dovevi solo tenere la cresta bassa e far fare a me e ti saresti risparmiata un bel pò di guai. Ora quelle ti hanno puntata e non ti daranno tregua.". Non avevo smesso un attimo di gesticolare, fattore che stava ad indicare la mia crescente agitazione, sapevo che erano capaci di ucciderla se avessero voluto, e questo pensiero, per qualche strana ragione, mi dava il panico e fitte insopportabili alla bocca dello stomaco. Lei mi aveva guardata inizialmente sorridente, come se stessi bluffando, poi, capendo la mia preoccupazione e leggendo il rimprovero negli sguardi delle altre quattro, parve seriamente pentita. Forse preoccupata a sua volta.

"Dai, vedrai che non le farà niente alla fine. Quella è tante parole e niente di fatto" mi strizzò un occhio Noemi, carica del suo solito ottimismo.

La guardai con disappunto "Dici così perchè non eri tu quella che veniva picchiata nei bagni all'inizio dell'anno scorso" dissi tagliente.

"Cosa ci posso fare se sono bellissima e intoccabile" si vantò guardando in alto.

"Non dire cagate, è solo che sei sempre stata mia amica e quelle hanno paura di me" la smontò subito Francesca. Sbuffando Noemi le diede ragione.

"Un bel pestaggio non le farebbe altro che bene però, almeno impara a tenere a freno quella linguaccia" disse Pool con un sorriso sinistro che le feci morire con uno sguardo.

Iniziai a prendere a testate il tavolo finchè Elena non mi fermò delicatamente ma con mano ferma "Mi dispiace, non volevo procurarti dei fastidi appena arrivata, solo che mi da parecchio sui nervi che qualcuno mi spinga o faccia il prepotente, ne ho avuto abbastanza di gente così". Sospirai con un sorriso tirato facendole intendere che ormai non importava. "Cosa ti aspettavi di trovare in un carcere, ragazzina?" disse una voce che raramente si era sentita "Ora potremmo lasciarti alla mercé di quelle depravate, a farti mal menare, torturare e uccidere;" Elena era un pò impallidita "ma mi è piaciuto come l'hai affrontata ragazzina, puoi contare sulla mia protezione quando sono nei dintorni" concluse Jessy con un mezzo sorriso. Io e le altre veterane rimanemmo a fissarla incredula, come si potrebbe osservare una statua prendere vita. Jesssy non parlava mai, era sempre fredda e distaccate. L'unica volta che mi aveva rivolto la parola era stato per dirmi che le piaceva stare in mia compagnia. Anche quella volta mi ero scioccata, però quel giorno aveva fatto il discorso più lungo da quando era entrata in carcere, e inoltre aveva sorriso. Era un sorriso sghembo e un pò insolito, ma pur sempre un sorriso. L'unica un pò meno sconvolta dall'evento era Elena, che ancora non aveva avuto modo di conoscere lo strano personaggio. Così le regalò un bellissimo sorriso e la ringraziò infinitamente per la sua gentilezza. Alla fine, non so se per l'evento eccezionale del sorriso dell'assassina glaciale o per quello della mia nuova coinvolgente compagna di gabbia, fatto sta che pian piano ci trovammo tutte e quattro a ridere. Jessy si limitò a guardarci benevola.

La sera, prima di spegnere la luce, mi misi a studiare per uno degli ultimi esami che dovevo dare. Però non riuscivo a concentrarmi, e non ne capii il motivo fino a che non mi accorsi che Elena era intenta ad osservarmi. Le lanciai un'occhiataccia mirata a dissuaderla dal suo attuale passatempo, ovviamente con nessun risultato soddisfacente. Così lasciai perdere e spensi la luce per concedermi qualche ora di sonno in più. Non fui esaudita nemmeno in questo. "Sono simpatiche le tue amiche" iniziò lei cercando di intraprendere una conversazione.

"Gia, molto." risposi sbrigativa. "Spero di esserle un pò simpatica, almeno un quinto di quanto sto simpatica a te" disse, sicuramente con un sorrisetto sule labbra.

"Chi ti dice che tu mi sia simpatica, piccola arrogantella" la rimbeccai falsamente offesa. Senza rispondere ridacchiò tutta contenta. "Forza adesso dormiamo, 'notte" le sussurrai.

"Buonanotte Elisabeth" rispose lei, facendomi addormentare con un piccolo sorriso sulle labbra.

  
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