Dave Canter cambia annoiato
canale, concedendosi una lunga sorsata di birra direttamente dalla bottiglia.
Sbuffa contrariato per quell’assurdo programma
politico, fa un altro po’ di zapping, per poi fermarsi soddisfatto sulle
repliche della partita di golf del giorno prima.
Però non ha voglia neanche di pensare allo sport, in
questo momento.
Con un verso gutturale stiracchia la schiena,
allungando una alla volta le braccia e chiudendo gli occhi.
E’ preoccupato per Connie.
Vorrebbe essere lì con lei, a parlare, a
rassicurarla, a consolarla…
L’immagine del volto della ragazza così vicino al
proprio fa scuotere febbrilmente la testa del ragazzo, imbarazzato di quel
pensiero poco casto.
Probabilmente adesso la collega sta dormendo, o
forse si sfoga a casa della madre, o, più probabilmente, conoscendola, sta
sfogliando febbrilmente l’agenda alla ricerca di un particolare che è loro
sfuggito.
Non si dà certo per vinta facilmente.
Un bussare concitato lo distoglie dai suoi
pensieri, facendolo alzare dal divano con un salto.
David afferra la pistola e socchiude la porta, pronto a intervenire.
Certo non si aspetta di trovare il volto ansioso
della partner che gli chiede, con poca grazia, di farla passare.
-Ahia!-
-Smettila-.
-Ma mi fai male!-
-Sono uno scienziato, non un dottore. L’unica cosa
interessante che trovo in te è il fatto che tu sia una
forma di vita a base di carbonio con cui, purtroppo, condivido gran parte del
codice genetico-.
Connie sorride al fratello, osservando con attenzione le
mani leggere del ragazzo spalmarle l’unguento sulla spalla.
-Birra?- offre allegro Erick
ai presenti, facendo capolino dal frigorifero dell’angolo cottura di David.
–Ragazzi, sembra un party a sorpresa! Dovremmo farlo più spesso!-
Dave, dal canto suo, gira senza fine per il proprio
bilocale, trasportando ora pile di vestiti poco puliti, ora libri sgualciti e
giornali vecchi da una parte all’altra.
-Ehi Dave, rilassati un
po’!- lo ammonisce l’archivista, sdraiandosi comodamente sul divano sfatto del
piccolo soggiorno e iniziando a bere.
Il padrone di casa grugnisce qualcosa, chiudendo a
fatica l’anta di un armadio strapieno di oggetti.
Chaster muove i baffi, osservando con aria critica il
livido violaceo sull’avambraccio della sorella.
-E’ solo una botta- conclude,
affondando due dita nel vasetto di unguento e riprendendo a massaggiare Constance che, dolorante, fa strane smorfie.
-Come va?- s’informa solerte David, passandole
affianco con un paio di scarpe da ginnastica che, sinceramente, non ricordava
nemmeno di avere.
Connie sbuffa, piegando la testa di lato. –Sono sospesa,
tre tizi hanno cercato di farmi fuori e l’indagine è a un punto morto- si lagna, fissando con curiosità le pantofole a forma di topo
del partner. –Non molto bene- conclude, sbuffando di
nuovo.
-Beh, ma almeno sei viva!- interviene Erick, sbrodolando buona parte del contenuto della sua
birra sul macilento divano, giù sufficientemente macchiato.
Constance espira, massaggiandosi con la mano libera la
fronte dolorante. –Per fortuna mi è venuto in mente di uscire dalla finestra e
di scappare dalle scale antincendio-.
-Già, beh, se non fossi anche rotolata giù dalle scale antincendio
sarebbe stato un piano ancora più perfetto, non credi?- la interrompe Chester,
iniziando ad analizzare il piccolo taglio sulla fronte.
-Non è stata colpa mia!- lo aggredisce, -All’improvviso sono diventate
liscissime, come uno scivolo!1 - spiega, agitando le mani in modo
inconsulto.
-Sì, certo…-
la sfotte Chaz, obbligandola a stare ferma e
disinfettando la piccola ferita.
-Che figata!- li
interrompe di nuovo Erick, mettendosi seduto sul
divano e guadagnandosi un’occhiata di puro odio da Dave.
Occhiata che, però, l’agente Miller non percepisce. -E quei tizi? Ti hanno inseguita?- s’informa allegro, come se il resoconto di
quella brutta esperienza fosse in realtà la trama di un film di spionaggio.
Connie annuisce con forza. –Sì! Fino all’entrata della
metro! A quel punto ho sentito il pazzo gridare “Non lì, Tonks! E’ pieno di Babbani!”- ricorda, mentre una mano di Chester, con
apparente indifferenza, va a stringere la sua con forza.
-Babbani? Di nuovo?- domanda incuriosito Erick. –E’ un’espressione che non ho trovato in
nessun vocabolario… che sia un linguaggio segreto?- domanda all’amico, notando
l’evidente nervosismo con cui David Canter segue quel
racconto.
-Beh, almeno non ti sei beccata un proiettile nella
schiena- tenta di rassicurarla Chester, senza successo, avvitando il tappo del
disinfettante e recuperando le bende dal tappeto dove si era messo a medicarla.
-Ma non avevano pistole!- prorompe la ragazza,
rovesciando quel po’ di unguento che era rimasto sul pavimento. –Loro avevano
come… come dei bastoncini di zucchero filato, avete presente?- domanda,
voltandosi verso Dave che, serio, si era appoggiato
con le spalle alla porta.
-Bastoncini di zucchero filato? Figo!-
insiste Erick, ammutolendo all’istante quando si ritrova gli occhi espressivi dell’amico addosso.
-Già, davvero terrificanti- conviene Chester, con
aria saccente.-Probabilmente era un astuto attacco
psicologico per farti pensare ai dolci, quindi alle carie, e in conclusione ai
dentisti- aggiunge, con un ghigno malevolo.
Erick scoppia a ridere, alzandosi dal divano e
assestando una poderosa pacca sulla spalla del collega.
-Ehi, Sommo
Eroe di ogni Buretta, non credevo fossi così divertente!-
Chaz, a quell’affermazione, fulmina con malcelato
disgusto l’archivista, ritornando a riporre ordinatamente le medicine che si era portato da casa nella borsa.
-Perché non mi prendete sul serio?- sbotta isterica
Connie, iniziando a strattonare in modo infantile la
manica dell’elegante camicia di Chester.
-Io ti credo-.
David Canter lascia la
propria posizione, marciando risoluto verso la collega e, gentilmente,
aiutandola ad alzarsi in piedi.
Erick stiracchia un sorriso, scuotendo la testa, mentre
Chester fa vibrare i baffi con insistenza. Constance
arrossisce lievemente.
-Ti ricordi Godric’s Hollow?- le sussurra poi, ignorando completamente gli altri
ragazzi presenti nel bilocale.
Connie si morde un labbro, assorta, finché, come un
lampo, la risposta le si presenta chiara alla mente.
–La vecchietta davanti a casa Potter!- rivela,
sorpresa. –Aveva un ferro da maglia!- ricorda, afferrando poi l’agenda dal
retro dei pantaloni e ricontrollando attenta. –E anche quei poliziotti che ho
visto a Tooley Street dopo
l’esplosione avevano una cosa del genere!-
-Non è una coincidenza- mormora David, passando
finalmente lo sguardo alternativamente sugli altri poliziotti presenti nella
sala.
-Un ferro da maglia? Zucchero filato? Insomma, Dave! Vuoi forse dire che tutte queste persone fanno parte
di un’organizzazione segreta il cui simbolo è un legnetto spuntato?- esplode
ironico Erick, aprendosi un’altra birra.
-O forse un nuovo tipo di arma- sentenzia Chester,
fissando preoccupato la sorella. –Ti ricordi forse altro, di questi
bastoncini?- la interroga, serio.
David le strappa di mano l’agenda e, dopo aver
recuperato una penna dal tavolino all’ingresso, inizia ad appuntare l’ultima
avventura vissuta dalla ragazza e le nuove teorie.
Connie socchiude gli occhi, massaggiandosi con entrambe
le mani le tempie.
-Io… ah, è stato tutto così veloce!- si lamenta,
scuotendo la testa.
-L’unica cosa che ricordo è che, una volta arrivata
in fondo alle scale, mi sono messa a correre e, a fianco, mi sembrava di veder
schizzare strani fulmini colorati- svela, corrugando
la fronte per l’assurdità delle parole dette.
-Venivano dai bastoncini?- insiste Chester,
accademicamente molto interessato da quel discorso.
-Beh, non mi sono certo girata a controllare!- lo
aggredisce la sorella, storcendo la bocca infastidita.
-A cosa pensi? Raggi laser?- lo interroga estasiato
a quell’idea Erick, quasi saltellando sul posto.
Chester lo fulmina, con gli occhi. –Potrebbero
essere quelle le armi che rilasciano quei particolati che non riesco a identificare-
spiega calmo. –Dammi i tuoi vestiti, li analizzerò in laboratorio-.
-Io invece posso controllare i brevetti degli
ultimi quindici anni, magari salta fuori qualcosa come “bastoncino lancia razzi
colorati, per le vostre aggressioni a sbirri sospesi”- si offre zelante Erick.
-No-.
David chiude con un suono sordo l’agenda, passando
lo sguardo duro su tutti i presenti.
-Non è più un gioco o una
semplice indagine non autorizzata- inizia a spiegare, camminando
lentamente verso il centro del piccolo soggiorno e catalizzando l’attenzione di
tutti i presenti. –Questa, ormai, è una missione- termina, solenne.
-Dave… non è che stai
esagerando?- gli chiede retorica la ragazza, beccandosi un’occhiata
ammonitrice.
-No- la smentisce lui, passandosi l’agenda da una mano
all’altra. –Siamo incappati in qualcosa di grosso ragazzi, qualcosa di veramente grosso-
insiste, soddisfatto di aver finalmente imposto la propria autorità in quel
quartetto mal assortito.
-Chi ci troviamo ad
affrontare è qualcuno di estremamente potente e pericoloso- insiste, riportando
alla memoria di tutti l’omicidio dei Potter,
-Questo, quindi, è il momento migliore per
chiamarsi fuori-.
-Eh?- sbotta infastidito Erick,
facendo un passo verso l’amico di sempre. –Dave, che
diavolo stai dicendo?-
-Devo sapere di chi posso fidarmi-
spiega calmo il ragazzo.
Chester, a quelle parole, muove un paio di passi in
avanti, fronteggiando petto a petto l’agente Canter. –Stai forse insinuando qualcosa?- sibila, mentre Connie gli si attacca al braccio cercando di calmarlo.
David socchiude gli occhi. –Qualcuno ha fatto la
spia- commenta, duro.
-Cos…? Avanti, Dave!
Pensi sul serio che uno di noi abbia
venduto Constance al nemico?- domanda offeso Erick, avvicinandosi al gruppo.
David scuote lentamente la testa. –Lo pensavo. Ma
se fosse stato uno di voi, dopo la mia chiamata, sarebbero venuti qui quegli aggressori- conclude, ricordando come, ogni volta
che bussavano alla sua porta, accoglieva i colleghi con la pistola puntata e Connie ben nascosta nell’altra stanza.
-Dunque?- lo interroga stizzito Chester, pur avendo
già capito dove vuole andare a parare.
-E’ stato Eugene!- sbotta Connie,
sputando il nome per terra e stringendo convulsamente il braccio del fratello.
-Il Commissario? Oh, ragazzi, andiamo! Non penserete
davvero che Scott abbia…- tenta Erick, ammutolito
dagli sguardi seri degli altri ragazzi.
–Era l’unico oltre a noi a sapere di
quest’indagine- conclude per lui Chester, visibilmente
arrabbiato all’idea che il più caro amico del padre abbia fatto una cosa del
genere alla sorella.
David riprende la parola. –Dovremo fare attenzione.
Chi decide di continuare su questa strada, deve sapere dei pericoli cui va
incontro. Beh, questo è il punto di rottura: o si è dentro e si accettano i
rischi, o si è fuori e si torna alla solita routine del commissariato. Chi ci
sta, però, deve sapere che non potrà più tirarsi indietro- spiega, laconico.
–E’ il momento di scegliere- termina, con aria grave.
-Io ci sto!- risponde decisa Constance.
–Ho iniziato questa storia e la porterò anche alla fine! Voglio guardare negli
occhi quell’assassino!- spiega risoluta, guadagnandosi un’occhiata luminosa di
David.
-Anch’io- risponde, infatti.
–E’ tempo che queste morti trovino una risposta- si giustifica, appellandosi al
suo innato senso di giustizia.
-Ci sono anch’io- sibila
annoiato Chester. –Non mi darò pace finché non capirò con che razza di composti
chimici abbiamo a che fare- chiarisce, alzando il
mento orgoglioso.
I tre si voltano poi verso Erick
che, ridacchiante, osservava la scena. –Ehi, sapete che sembriamo i
protagonisti di uno di quei film sui supereroi che piacciono tanto agli
adolescenti?- li deride, notando di essere l’unico nella stanza divertito.
-Certo che ci sto! Che domande…- borbotta,
scuotendo le spalle. –Non mi perderei una figata del
genere per nulla al mondo!- scherza.
-Erick, non sei tenuto…- gli sussurra serio Dave, prontamente superato dall’amico.
-Ehi, Constance!- chiama.
–Credo che questo sia tuo!- la informa, lanciandole qualcosa.
Connie afferra l’oggetto in aria, capendo subito al tatto
di che cosa si tratti. –Il mio distintivo!- trilla allegra, fissando con occhi
riconoscenti il collega. –Ma cosa…-
-Scott me l’ha dato per metterlo in archivio. Deve
essermi accidentalmente scivolato in
tasca-.
-Sai, non credevo che casa tua fosse così- lo informa Connie,
sistemando al meglio le lenzuola sul divano sfatto.
-Mh?- si limita a rispondere David, asciugandosi le
mani in uno strofinaccio della cucina dopo aver tentato di pulirla, con scarsi
risultati.
-Sì... a giudicare dalla tua scrivania mi aspettavo
una casa ordinatissima e invece…- lo prende in giro lei, indicando con un cenno
del capo le pile di vestiti e libri riversi negli angoli dell’appartamento.
-Beh, non passo molto tempo a casa…- si giustifica
imbarazzato il ragazzo, calciando con le pantofole a topolino un libro che si
era allontanato dalla pila. –Sono quasi sempre in
centrale- bofonchia, grattandosi la barba.
Connie annuisce comprensiva, sbatacchiando un cuscino sul
divano, soddisfatta e accoccolandosi nella larga maglia che Dave
gli ha dovuto prestare visto che Chester ha insistito
per avere i suoi abiti da analizzare.
L’odore del tabacco del collega sulla propria pelle
è incredibilmente forte e dannatamente piacevole.
L’idea di stabilire il quartier generale nel
bilocale di Canter era stata ottima. Era facilmente
controllabile, aveva un’uscita di sicurezza sul retro e nessun vicino impiccione che si potesse insospettire.
L’idea invece che lei si nascondesse lì, non era
piaciuta per nulla al fratello che si era opposto con tutte le proprie forze,
invitandola a casa propria.
“Ma Chaz! Casa tua sarà il primo luogo in
cui mi cercheranno” gli aveva risposto veloce Constance.
“E poi ti sei dimenticato che questa settimana la tua ex ti lascia Elizabeh?” aveva aggiunto, mentre ricordava bene la risata
di Erick nelle orecchie.
Alla fine anche Chester White si era dovuto
adeguare a quella soluzione, non senza però minacciare Dave
nel caso in cui l’avesse anche solo sfiorata. “Non vorrei trovarmi obbligato ad
avvelenare ogni singola brocca del caffè del New Scotland Yard” aveva
mormorato, serio, causando un altro scoppio di risa di Erick
che, ormai, aveva completamente rivalutato l’Orco degli Imbuti Maledetti.
-Comunque no- brontola Connie,
sedendosi sul divano e fissando, imbarazzata e divertita, il collega.
-No?- ripete curioso Dave,
sedendosi al suo fianco.
-Non alleverei i miei figli neanche qui- gli
spiega, ridendo rasserenata.
David Canter stiracchia
un sorriso, sentendo le palpitazioni aumentare di velocità.
-Beh, in effetti neanch’io lo farei- le concede il partner, lanciando
un’occhiata disgustata al proprio appartamento.
-Quindi… eccoci qui- borbotta Connie,
concentrando la propria attenzione sul tavolino stracolmo di carte ed evitando
accuratamente di pensare all’invitante odore di tabacco che sente venire dal
collega e dalla maglia.
-Già, eccoci qui…- ripete assorto Dave, inspirando a fatica per farsi coraggio. –Connie…-
-Sì, Dave?-
I due si fissano per qualche secondo, incapaci di
parlare.
-T-tu non… non sei più un’agente, giusto?- balbetta,
agitato.
Constance alza un sopracciglio, indispettita. –Gentile da
parte tua ricordarmelo-.
-Quindi noi non siamo più colleghi, vero?-
La ragazza aggrotta la fronte, riflettendo. –N-no, credo… credo di no…-
David acquista coraggio, allunga la propria mano e
stringe dolcemente quella della ragazza.
-Quindi, tecnicamente, non violo il protocollo-
spiega agitato, con gli occhi che saettano da una parte all’altro del volto
della ragazza.
-Se… se fai cosa?- sussurra Constance,
un attimo prima di sentire il tocco gentile delle labbra del collega sulle
proprie.
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Note:
- Effetto
dell’incantesimo Glisseo
Ok, se mi state leggendo sono stata in grado di postare.
Viva me!
… sessione autunnale degli esami, cercate di capire! XD
Allora… siamo ormai a metà storia, quindi mi sembra doveroso ringraziare tutti quelli che hanno letto fin qui e scusarmi per il ritardo che però, assicuro, non è imputabile a una mia mancanza.
PRIMA il mio povero portatile ha subito un’aggressione di massa da una seria spropositata di virus, POI mia sorella mi ha trascinato a forza in vacanza (EVVIVA!) perché non ne poteva più delle mie crisi isteriche e INFINE… ehm… ok, qui è colpa mia. Ho fatto altro e mi è venuto in mente di aggiornare solo ora.
Note un po’ più serie sul capitolo: sembra inutile, lo so. E’ certo di transizione e, finalmente, viene ufficialmente presentata la squadra e sboccia l’amore (faccio schifo nelle scene romantiche, lo so, chiedo perdono). Ma, soprattutto, c’è una cosa che ritornerà utile, una cosa però che capirete solo nell’ultimo capitolo e sviluppata nell’epilogo. Quindi a qualcosa serve, abbiate fede.
Comunque vi lancio una sfida! XD
Non è un caso se i poliziotti sono quattro. Ho cercato di modellare il carattere di ciascuno di loro su quello di una casa di Hogwarts. Perché?
…
Beh, in effetti non lo so neanch’io.
Per divertirmi, immagino, una sfida con me stessa (quattro babbani con i caratteri delle quattro Case! Avanti, sembra divertente!).
Sono curiosa di vedere se qualcuno di voi sarà in grado di individuarli e abbinarli correttamente.
Ripeto: NON ha alcun rilievo a livello di trama, è solo un piccolo divertimento mio, piccola informazione in più di cui avreste fatto volentieri a meno (sigh… XD).
Ho notato inoltre nei commenti che avete lasciato (GRAZIE ANCORA!!! ^///^) alcune incertezze sulla sospensione di Connie su cui vorrei fare chiarezza.
L’agente White ha deliberatamente ignorato un ordine di un suo superiore.
Adesso.
Lo so che nei telefilm chi lo fa è il figo di turno e, praticamente, tutti escono indenni da queste situazioni e forse anche con una medaglia all’onor civile, MA nella realtà non è così.
Una sospensione è la tipica forma di sanzione per un’insubordinazione di questo tipo.
Quindi il Commissario Scott non ha fatto nulla di eccezionale visto che un suo sottoposto (fra l’altro una novellina) ha ignorato un suo divieto (ricordate? “Non cercare Sirius Black”).
Per quanto riguarda il caro vecchio Moody. Ho immaginato (pura fantasia, lo ammetto. D'altronde, dove lo potevo reperire un regolamento di comportamento del “bravo obliviatore”?) che, nel caso dell’Obliviazione di un poliziotto fosse richiesta anche la presenza di un Auror (Malocchio nel capitolo). Tonks è presente solo perché studia per diventare Auror e Alastor l’ha portata con sé per spiegarla la procedura corretta da seguire in quelle missioni di accompagnamento. Mi sono quindi immaginata Peasegood come il “capo-spedizione” (la missione è effettivamente sua, è lui che deve operare sul soggetto) mentre Moody è solo un sostegno per verificare che vada tutto liscio (da qui la sua richiesta del “devo intervenire”).
Infine, la questione del proiettile.
Accidenti, temo di non aver descritto bene la scena!
Riprovo.
Constance è in uno stato di profonda eccitazione e paura, mix pericoloso se si impugna un’arma. La pistola è GIA’ puntata contro i tre visitatori e l’obiettivo passa tremante dall’uno all’altro.
Gioco di ruolo.
Figuratevi di essere voi Connie. State svolgendo un’indagine che vi sta particolarmente a cuore, una persona di cui vi fidate vi tradisce, siete sospesi dal lavoro dei vostri sogni e non riuscite a capire che cosa stia succedendo attorno a voi (l’omertà regna). Come se non bastasse tre persone particolari (Arnold con il suo comportamento da gentiluomo, Moody con l’occhio di vetro e Tonks in versione punk) bussano alla vostra porta e vi brandiscono contro un legno.
Non sareste agitati?
Se poi aveste già l’arma puntata contro uno di loro e questi si avvicinasse minaccioso contro di voi, non premereste il grilletto? Ricordate che Moody non ha la bacchetta in posizione, quindi, ho pensato, fra premere il grilletto se si ha già la mira e alzare il braccio e pensare l’incantesimo (se non verbale) o dirlo (se verbale), vince il primo. No?
Moody è stato colpito perché non aveva ancora la bacchetta in posizione, non era pronto a uno scontro. Solo grazie a questo è stato colpito di striscio da Constance.
Vorrei inoltre sottolineare come la ragazza non sia percepita come un pericolo dall’Auror. Quando parla a Tonks sul come aggredirla, specifica che sia lei stessa in pericolo (“la pistola potrebbe sfuggirle di mano, ferendola” “non è un soggetto pericoloso”).
Ovviamente, se Peasegood l’avesse obliviata la fanfic sarebbe finita e ciao-ciao a tutti! XD E comunque… ok, non spoilero sui prossimi capitoli, mi trattengo.
Qui volevo solo far capire che Constance e i suoi amici si stanno cacciando in una situazione potenzialmente pericolosa (ok, noi sappiamo che Peasegood, Moody e Tonks non sono pericolosi, ma lei?).
Ok, dovrei aver finito.
…
Non pensavo di scrivere tanto, scusate!!!
Il fatto è che ho pensato molto alla struttura della trama e, quindi, volevo che fossero ben chiari i passaggi.
Tornando al capitolo di oggi e cercando di valutarlo oggettivamente, posso dire che non è uno dei più entusiasmanti ma, al contrario, lo vedo molto dolce e, in qualche modo, utile per delineare meglio i protagonisti.
Credo di avere finito.
Se ci fossero dubbi o passaggi non chiari, errori o sbavature più o meno evidenti nella trama/storia/capitolo/tutto NON esitate a farmelo presente, mi raccomando!
E… un GRAZIE INFINITE a chi legge.
Spero che vi divertiate almeno un po’ a immedesimarvi in “stupidi poliziotti babbani”, almeno quanto mi sono divertita io a cercare di far combaciare tutti i pezzi con la serie originale.
Un saluto a tutti!!!!