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Autore: Selhin    06/09/2011    5 recensioni
[HopexLight] Raccolta dedicata a questo pairing, sul tema delle fasi della vita.
#01- Origine [Genesis of Hope]
#02- Nascita [The Beginning of Love]
#03- Crescita [Growth Within]
#04- Vita [Life Crystal]
#05- Morte [ Crimson Snow]
Raccolta partecipante al The One Hundred Prompt Project.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom: Final Fantasy XIII
Pairing: Hope/Lightning
Personaggi: Hope Estheim, Lightning
Tipologia: One-shot ( 2.321 parole titolo escluso )
Genere: Triste

 
13° Argomento: Fasi della Vita
65. Morte

 

[ Nothing left to fear, l'Cie
Cradled in eternity
Shore of sands, your fate awaits
Oh surrender in the light. ]

Dust to Dust - Matsue Hamauzu ( Original Soundtrack of FF XIII )

 

 

 

Crimson Snow

 

 

  Ti stringo mentre avverto lentamente il calore della vita abbandonare la tua pelle.
Allaccio con più forza le braccia attorno al tuo corpo, senza che in realtà sappia quello che faccio. E’ un gesto inconscio dovuto al fatto che ancora non credo a quello che i miei occhi vedono.
Perché te ne stai così immobile?
Perché non ti alzi e mi sorridi come sempre?
Perché non provi, ancora una volta, a sciogliere questo mio carattere freddo?
Dov’ è finita la luce che illuminava i tuoi occhi verdi?
Sposto lo sguardo poco più avanti, qualche centimetro, non di più.
Non avevo mai visto della neve rossa. Mai.
Eppure so che non avrei mai voluto vederla... non così, non per causa tua.

 

*  *  *  *  *

 

  - Io vado avanti!-
Hope si voltò a guardarla come per cercarne l’approvazione. Chissà perché, per ogni cosa che faceva, compiva quel gesto. Sembrava non riuscisse a stare senza guardarla, senza sapere quello che pensava. E anche quella volta Lightning posò una mano sul fianco e alzò un sopracciglio sottile e ben definito. Restò ferma in quella posizione per qualche secondo poi, finalmente, gli sorrise. Un piccolo sorriso che ultimamente però, appariva sempre più spesso sul suo viso.
  - D’accordo, ma fa’ attenzione.-
Lui annuì e poi corse via, riducendosi a un puntino lontano nel mezzo della foresta che stavano attraversando. Lightning scosse la testa pensando fra sé e sé a quanto fosse diventata accondiscendente con lui. Troppo a dire il vero, anche se per nessuna ragione al mondo l’avrebbe mai ammesso ad altri che a sé stessa. Non poteva certo negare di provare dell’affetto per quel ragazzino, o che le desse fastidio averlo continuamente attorno. Non l’avrebbe mai fatto perché, in un modo alquanto insolito, lui era riuscito a farla sentire un po’ meno sola - cosa a cui tutti quanti avevano rinunciato dopo averla conosciuta per più di due giorni - e forse, più indulgente sia con gli altri che con sé stessa.
Camminò per qualche metro in balia dei suoi pensieri mentre osservava gli alberi attorno a sé. Si trovavano su Gran Pulse, di nuovo. Non erano più l’Cie, non avevano più il Sanctum alla loro ricerca, non avevano più una missione da compiere eppure erano partiti ancora una volta, insieme. Solo loro due. Il perché non sapeva spiegarselo, però una mattina lei aveva deciso di andarsene e Hope... l’aveva seguita, punto. Si era persino messo contro il padre pur di seguirla...
Sospirò domandandosi che fine potesse avere fatto quel piccoletto che, lentamente, stava iniziando a crescere tanto da non riuscire più a tenerlo sotto controllo. Era un adolescente dopotutto.
  - Hope!- lo chiamò non troppo forte, ma abbastanza per farsi sentire.
Il silenzio che venne dopo la preoccupò. Lo chiamò altre due volte mentre già estraeva la Gladius pronta al peggio. E’ vero che non erano più l’Cie però, quello era pur sempre Pulse, come poteva essere stata così incosciente?
E, mentre si apprestava a correre verso la direzione nella quale l’aveva visto allontanarsi, lui le comparve alle spalle.
  - Sono qui, Light-san.- Un sorriso innocente e le guance leggermente arrossate per il freddo.
La donna si voltò colta alla sprovvista. Rinfoderò l’arma cercando di non dare a vedere quanto si sentisse agitata. - Non sparire mai più in quel modo, mi hai capita?-
Hope abbassò lo sguardo, conscio del grosso pasticcio nel quale si era cacciato. - Scusami ma ecco... io ho trovato un posto molto bello, seguimi.-
Le afferrò la mano e la trascinò con sé, sempre più all’interno del bosco. La presa non era molto forte, eppure lei non si liberò dalla stretta. Quel contatto era piacevole. Le ricordava quello di Serah, della sua famiglia. Scosse la testa come a scacciare quel pensiero. A volte non sapeva definire chi tra loro fosse il bambino e chi l’adulto.
Dopo qualche minuto - e dopo che Hope l’aveva pregata di chiudere gli occhi, cosa che lei aveva fatto restando al suo gioco - lo sentì lasciarle la mano per posizionarsi al suo fianco.
  - Ora puoi guardare Light!-
La donna aprì lentamente le palpebre rivelando le iridi azzurre. Focalizzò lo sguardo e rimase sorpresa nel vedere che davanti a lei si apriva un piccolo viale nel centro della foresta. Era malandato e piuttosto usurato dal tempo, le pietre che dovevano comporne la strada da seguire erano spaccate o mancanti in vari punti. C’era ancora qualche traccia del legno che era stato utilizzato come recinzione per evitare probabilmente agli animali di avvicinarsi. Eppure, nonostante si trovasse in quelle condizioni, dovette ammettere a sé stessa che fosse un viale davvero bellissimo.
Hope la sorpassò di un passo. - Te l’avevo detto che era bello. Avevo ragione?-
Lei annuì senza però mostrarsi troppo interessata, per poi sorridere divertita nel vederlo sbuffare borbottando qualcosa che assomigliava a un “Possibile che non ti stupisca mai di niente?”.
Percorsero il viale per qualche minuto, poi convennero che era l’ora di riposarsi e così si sistemarono vicino a un albero, ben nascosti nel caso fosse passato qualche mostro con “cattive intenzioni” il modo in cui diceva sempre Hope, come se fosse la cosa più vera del mondo. Mangiarono qualcosa senza parlare poiché non era nei loro caratteri perdersi in chiacchiere superficiali, restando silenziosi e riflessivi. Forse era questo uno dei tanti motivi che li faceva stare bene insieme. Erano simili in molte cose. Lightning rivedeva nel ragazzino la sé stessa del passato, ma aveva trovato in lui un riscatto. Hope era la sua redenzione, l’aveva capito non troppo tempo prima eppure adesso era una delle poche certezze che aveva.
E fu quando decisero di ripartire che il cielo volle fare loro un piccolo regalo.
Improvvisamente Hope sentì freddo sulla guancia, alzò lo sguardo e vide i piccoli fiocchi di neve scendere giù, leggeri e sinuosi, fino al terreno sciogliendosi poi in gocce d’acqua. Non aveva mai visto la neve e restò incantato col naso all’insù, un sorriso simile a quello di un bambino, le labbra leggermente dischiuse dalle quali usciva leggera della condensa bianca. La donna lo guardò sorpresa, non capendo cosa gli stesse succedendo, finché non comprese restando anche lei imprigionata da quella magia.
  - Non avevo mai visto la neve prima d’ora... - asserì lui senza però abbassare lo sguardo.
Lei lo imitò, sorridendo al pensiero di quanto fosse ironico il destino in certe occasioni. - Nemmeno io... -
Restarono così, immobili a fissare il cielo, per un lungo lasso di tempo. Quando si decisero a tornare con lo sguardo sulla terra, la videro completamente imbiancata. Lightning alzò un sopracciglio. Le cose erano due: o erano lì da almeno un’ora, o la neve scendeva davvero troppo in fretta. Non c’era vento per cui i fiocchi scendevano lenti, uno sopra l’altro, sempre allo stesso ritmo accumulandosi sul terreno fino a ricoprirlo del tutto.
  - Sarà meglio che troviamo un riparo, o congeleremo.-
Hope la guardò concordando con le sue parole, eppure era recidivo a lasciare quel viale così splendidamente candido. Si voltò controvoglia seguendola, mentre s’incamminava lungo la strada alberata alla ricerca di un posto nel quale ripararsi. Poco più avanti il viale si divideva per via di un fiume, ormai ridotto solo a un rivolo d’acqua fredda, attraversandolo con un piccolo e malfermo ponte di legno. Decisero non di attraversarlo ma di passarci sotto, riparandosi così dalla neve e dal vento. Si sedettero in attesa che la tormenta si acquietasse un po’, con le spalle al muro, i corpi vicini a cercare inconsciamente calore. Hope appoggiò piano la testa sulla spalla della donna, aspettandosi quasi un lamento seccato che lo costringesse a spostarsi. Invece lei non disse nulla, contrariamente ad ogni aspettativa chiuse gli occhi e accostò il viso sui capelli argentei del ragazzino e nel silenzio di un breve momento di dolcezza, si assopì. Hope poteva sentire i capelli rosei pungergli sul viso, il profumo che lei stessa emanava. Un odore di erba bagnata e di pioggia, dolce e forte al tempo stesso, così com’era lei. Chiuse gli occhi anche lui, come a cercare di godere più a fondo di quelle sensazioni di piacevole familiarità. Quel gesto era così intimo, così naturale, che persino per lui non era così sorprendente, ma se avesse vissuto quella scena nemmeno un anno prima non ci avrebbe mai creduto.
Così entrambi sprofondarono nel silenzio più quieto che potesse esistere nel bel mezzo di una tormenta. Lightning preda di un sonno senza sogni, le labbra leggermente arricciate e dischiuse, il sospiro leggero, l’espressione di chi non ha pensieri. Hope immerso nei suoi pensieri di adolescente, indeciso sul suo futuro, insicuro su sé stesso, ma con i sensi ben attenti come lei gli aveva insegnato. Non gli sfuggì infatti uno scricchiolio improvviso, quasi impercettibile, che ruppe il silenzio di quel pomeriggio. Hope non si mosse e restò immobile in attesa di qualcosa. Isolò la mente, concentrandosi unicamente sui rumori della foresta, allontanò dai pensieri la sensazione dei capelli di Lightning, il suo respiro, il suo calore. Esistevano solo Hope e quello strano presentimento che lo attanagliava, spaventandolo.
  Stick.
Fu un attimo. Hope ebbe appena il tempo di afferrare la donna per un braccio e trascinarla lontano mentre questa si svegliava di soprassalto atterrando col viso sulla neve fredda. Lightning si alzò in fretta e, senza nemmeno il tempo di voltarsi, estrasse la Gladius pronta a qualsiasi combattimento. Quando però alzò gli occhi azzurri incontrando quelli verdi del ragazzino, non capì immediatamente cosa stesse accadendo fino a che il suo sguardo non cadde sulla neve dalla quale si era appena rialzata. Rosso. Era l’unico colore che riuscisse a distinguere.
Sotto i suoi piedi la neve si era tinta d’un rosso scarlatto. Il rosso del suo sangue.
Lightning alzò nuovamente le iridi color cielo. Doveva vedere i suoi occhi verdi ancora, lo voleva. E li vide, spalancati, fissi su di lei.
Spenti.
Non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome prima che lo sguardo scendesse verso il torace dilaniato dagli artigli di un mostro di Pulse. Questo restò immobile a guardarla, come se potesse conoscere il dolore che le aveva appena inferto, come se godesse compiacendosi per questo. Mai, nella sua vita, Lightning era stata talmente ingenua da abbassare la guardia. Mai nessuno era riuscito a distrarla un solo istante. Mai aveva provato una rabbia simile a quella che la consumava adesso, velocemente.
Il mostro, pronto alla battaglia, si decise a lasciare la presa sul ragazzino esanime, scaraventandolo a terra, il viso immerso nella neve candida. La donna restò immobile mentre la creatura le si avvicinava minacciosa. Restò ancora più immobile quando questa alzò gli artigli pronta a dilaniarla come aveva già fatto con Hope.
  Hope...
Lightning alzò la Gladius e colpì il mostro senza che questo potesse avere il tempo di reagire. Lo colpì una, due, tre volte. Ancora e ancora, sempre più forte, sempre più veloce. La violenza con cui la lama dilaniava la carne della creatura era quasi piacevole per lei, avvertiva il sangue correre giù lungo la Gladius, sul suo viso, macchiare i suoi vestiti. Non si era mai sentita così completamente estranea a sé stessa. Era come se potesse vedersi da un’altra angolazione, come se quella donna senza pietà non fosse lei.
Per Light in quel momento esisteva solo una cosa: quella dannata neve rossa. Sembrava che volesse tingerla ancora di più, trasformando il colore, che via a via si faceva sempre più scuro con il sangue della creatura. Si rese conto che oramai il mostro non avrebbe più potuto fare niente, che non si sarebbe mai più mosso, eppure non si fermò.


  Non si sarebbe fermata se, lentamente, le energie non avessero iniziato a diminuirle.
Lightning si accasciò al suolo senza nemmeno avvertire il freddo della neve sulle sue ginocchia. Non riusciva a respirare, le pareva quasi che le fossero state strappate via sia le gambe che le braccia. Per qualche istante i suoi occhi non videro che l’oscurità e credette per un istante che fosse arrivata la sua ora, questa volta. Invece, la vista le tornò qualche secondo dopo, lasciandola alla vista della sua arma abbandonata sotto di lei. La lama immersa per metà nella neve mentre l’elsa era ormai resa irriconoscibile per colpa del sangue che la ricopriva.
Per qualche momento è lei stessa a non ricordare l’accaduto di qualche minuto prima - o forse di qualche ora - poi, alzando lo sguardo, gli occhi le si posano su ciò che ha fatto. E lentamente, anche le immagini del massacro appena compiuto le tornarono alla mente.
Distolse veloce lo sguardo da ciò che restava di quell’essere, come se, agendo così, potesse cancellare l’orrenda verità. Era davvero stata capace di compiere una tale oscenità? Era davvero lei quella furia scatenata?
Lentamente, e con molta fatica, riuscì a voltarsi da quella scena. Ma alle sue spalle, giaceva a terra, l’altra metà di ciò che aveva compiuto. Stava sdraiato accanto al ponte dove solo poco tempo prima avevano riposato tranquilli, il viso nascosto e quasi ormai sepolto dalla neve. Dietro di lui, si stendeva ancora quel viale così bello, ma anche così dannato per lei.
In qualche modo riuscì a trascinarsi fino a lui, strisciando e lasciando dietro di sé un’unica, lunga orma sulla neve. Lo raggiunse chiamandolo ripetutamente per nome. Per quel nome che lui aveva tanto odiato, ma a cui lei aveva dato un significato. L’unica risposta che ottenne fu il silenzio.
Riuscì a voltarlo e a togliergli il ghiaccio dal viso, le iridi verdi erano aperte non c’era più alcuna traccia della luce che brillava in esse solo poche ore prima.
Lightning chiuse gli occhi.
Senza esitazione e silenziosa come una piuma, una lacrima scivolò sulla sua guancia.
Non piangeva Lightning, non avrebbe pianto mai.
Appoggiò la fronte a quella del ragazzino, l’avvertì fredda mentre si domandava come poteva essere stata così ingenua. Non si preoccupò del freddo, della fame, della stanchezza. Restò solo così, immobile, sotto la neve, per ore...

   Hope, non esisteva più.

 

 

Note: E' tantissimo che non pubblico qualcosa, mi dispiace davvero tanto. La mia saluta non è migliorata affatto, e infatti quello che sto pubblicando è l'ultimo capitolo di questa raccolta, ma l'avevo già pronto da mesi, poichè ha partecipato a un contest. Mi spiace ma non ricordo nemmeno più come si chiamava e quando c'è stato...
Tra l'altro torno con una storia che non mi piace, che volevo riscrivere, ma che appunto per colpa della mia saluta non sono riuscita, così ho preferito pubblicarla così com'era.
Insomma, è orrenda lo so, ma spero non vi siate schifati troppo.
Concludo questa raccolta, ma ne ho pronta già un'altra, anche se solo per metà... quindi vi assillerò ancora con questa coppia ^^

Sperando che la mia salute migliori e mi permetta di scrivere ancora, ringrazio tutti voi che avete letto/recensito/insultato/aggiunto fra i preferiti questa raccolta.

A presto, spero!


Selhin <3
The One Hundred Prompt Project
   
 
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