Quella
notte per Lázuli fu la
peggiore che Lucy ricordasse da quando quella storia era iniziata: la
bambina
strillava e si dimenava, i capelli incollati alla fronte dal sudore che
le
scendeva lungo il visino, e né Lucy né Hibiki
riuscirono a riscuoterla da
quell’incubo tremendo.
Quando
finalmente riuscì a
svegliarla, Lucy tirò un sospiro di sollievo ma questo ben
presto si tramutò
nel terrore più nero, alla vista degli occhi ottenebrati di
sua figlia. La
‘crisi’ non durò troppo per fortuna e
dopo qualche secondo la giovane madre potè
rispecchiarsi in un paio d’occhi identici ai suoi ma ancora
scossi dalla paura.
“Mamma…
portami via, quell’uomo
cattivo mi prende!”, esclamò in lacrime, posandosi
i piccoli pugni sugli occhi.
Lucy
la strinse fra le braccia,
cullandola piano. “Sh… calmati tesoro,
è tutto finito, era solo un sogno… solo
un brutto sogno”.
“C’era
quell’uomo cattivo… e tanti
mostri, tutti cattivi”, continuò la piccola tra un
singhiozzo e l’altro. “E zio
Loke ci provava a fermarli ma non ci riusciva… tu non mi
trovavi!”.
Hibiki
si chinò vicino a Lucy. “Non
possiamo più rimandare Lucy. E’ necessario parlare
con Makarov, questa storia
sta peggiorando notte dopo notte, di questo passo Lázuli si
ammalerà
seriamente”.
La
giovane maga strinse più forte la
sua bambina, rifiutandosi di versare le lacrime che le riempivano gli
occhi;
per cinque anni era riuscita a vivere lontano da Fairy Tail, facendo
perdere le
sue tracce a chiunque e ora, un crudele scherzo del destino la
costringeva a
tornare portando con sé l’ultima persona che
avrebbe voluto varcasse quella
soglia: sua figlia.
“Va
bene”, mormorò alla fine.
“Porterò Lázuli al master Makarov. E
quando tutto questo sarà finito, sparirò
di nuovo dalle loro vite”.
“Pensi
che ci riuscirai?”.
“Che
cosa vuoi dire?!”, esclamò Lucy,
il tono improvvisamente stizzito.
“Hai
mai chiesto a Lázuli cosa la
aiuta a svegliarsi da questi incubi? O meglio, chi?”
Lei
puntò lo sguardo smarrito in
quello di Hibiki, tentando di ignorare la verità che vi
leggeva. “Lázuli
tesoro, vuoi dire anche alla tua mamma chi è che ti salva
dall’uomo cattivo?”.
Lázuli
annuì in direzione di Hibiki e
tornò a osservare sua madre. “Un signore strano,
però è tanto buono! Ha sempre
una lunga sciarpa al collo, secondo me ha anche caldo, anche se sputa
il fuoco
dalla bocca! E poi mi sorride prima di andar via…
però non si ferma mai,
nemmeno quando gli dico che tu fai delle torte buonissime”,
concluse ostentando
un leggero broncio.
Lucy
invece non rispose, incapace di
pronunciare una sola parola. La gola si era seccata secondo dopo
secondo mentre
ascoltava la piccola e ora aveva la sensazione di avere in bocca della
sabbia
che graffiava impedendole di replicare. La descrizione che aveva fatto
la
bambina era essenziale ma inequivocabile, non poteva ignorare chi fosse
l’eroe
dei sogni della sua Lázuli.
Natsu.
La sola ragione per cui aveva
lasciato la gilda che aveva sognato per anni e aveva abbandonato quelli
che
erano diventati i suoi amici più cari, la sua famiglia.
Lo
aveva amato. Se tornava indietro
nei ricordi, non riusciva a individuare il momento in cui il suo cuore
aveva
iniziato a battere, curiosamente, solo per lui; doveva averlo amato sin
dal
primo momento in cui i suoi occhi si erano posati in quelli puri e
sinceri del
Dragon Slayer.
L’esame
per diventare maghi di classe
S sull’isola Tenrou, la terra sacra di Fairy Tail, quello era
stato il momento
in cui si erano resi conto di quanto fosse prepotentemente forte il
legame fra
loro; insieme erano più potenti, insieme vincevano ma il
rischio corso era
stato altissimo e il sollievo per esserne scampati talmente impetuoso
da
spingerli a cercarsi, a guardarsi, a isolarsi dal resto del mondo
allontanandosi dal campo di Fairy Tail.
Suo
malgrado, Lucy si ritrovò a
sorridere ripensando a quella sera, mentre coccolava la piccola
Lázuli
addormentata fra le sue braccia. Le accarezzava i capelli, ripetendo lo
stesso
gesto che tanto aveva rilassato Natsu in quella circostanza; aveva
tentato di
scansarsi, imbarazzato, ma non aveva potuto che apprezzare quelle
delicate
carezze, le sue dita sottili intrecciate in quella chioma insolita e
ribelle.
Con la testa abbandonata sulla sua spalla, le aveva rubato un casto
bacio,
sollevando il viso nel momento in cui lei, gli occhi chiusi, si
apprestava a
posare le labbra sulla sua fronte. Lucy aveva subito socchiuso gli
occhi,
stupita di sentire quel suo sorriso mefistofelico dove doveva esserci
la pelle
liscia del viso; e aveva sorriso a sua volta, abbracciandolo e
tramutando quel
semplice contatto in un bacio più profondo.
Avevano
continuato a scambiarsi baci
e tenere effusioni fin quando la stanchezza e soprattutto la sofferenza
che
causava a Natsu l’aver mangiato ancora una volta i fulmini di
Luxus, avevano
avuto la meglio, facendoli crollare addormentati, felici
l’uno fra le braccia
dell’altra. Il sole e le urla sgomente dei loro nakama li
avevano svegliati non
troppo delicatamente; eppure, nonostante l’imbarazzo, Lucy
non aveva potuto
fare a meno di scoppiare a ridere, divertita dalle loro espressioni
attonite.
Lo
stesso sole la riscosse dai
ricordi facendola ripiombare crudelmente nel triste presente che stava
vivendo;
finché Lázuli era stata bene, non le era stato
troppo difficile vivere e andare
avanti, pur sapendo dentro di sé che non avrebbe mai smesso
di amare Natsu. La
sua bambina, però, era diventata oggetto delle mire di
qualcuno che certamente
non intendeva semplicemente giocare con lei.
Lucy
sbuffò stancamente, deponendo la
piccola nel suo lettino e la coprì con le lenzuola,
perché non risentisse
dell’aria fresca dell’alba. Il master Makarov
avrebbe forse potuto aiutarla a
scoprire chi fosse questo qualcuno e soprattutto per quale motivo
avesse preso
di mira proprio sua figlia; sapeva già che Lázuli
disponeva per dote naturale
di un gran quantitativo di potere magico, tuttavia ciò non
bastava a renderla
oggetto delle mire di una qualsiasi gilda oscura.
“Lucy?”.
Hibiki
entrò nella stanza
avvicinandosi cautamente al letto di Lázuli. Si
chinò a baciarle la fronte,
accarezzandole i capelli ribelli.
“Si
è addormentata alla fine”.
“Sì,
ma ho dovuto tenerla fra le
braccia finora. Non riusciva proprio a calmarsi questa volta”.
“E’
stato peggio delle altre volte”.
“Lo
so”.
“Non
puoi più evitarlo. Dobbiamo
andare dal master Makarov, Lu”.
“So
anche questo, Hibiki. E mi
sembrava di averti detto che non mi piace quel nomignolo”.
Hibiki
si fece più vicino, prendendo
il viso di Lucy fra le mani. “Non ti ho mai chiesto nulla, lo
sai bene.
Pretendere che tu provi qualcosa che non senti sarebbe stupido, ma non
riservarmi questo gelo. Non credo di meritarlo”.
Lucy
sussultò a quelle parole e alzò
le braccia a sua volta, stringendo a sé Hibiki.
Ciò che lui aveva appena detto
corrispondeva al vero, si era preso cura di lei senza chiederle nulla,
pur
avendo probabilmente intuito la realtà dei fatti; e sin
dalla nascita di Lázuli
non aveva mai lasciato la bambina, come fosse stata sua figlia.
“Hibiki,
scusami. Questa storia mi
sta rendendo intrattabile, però voglio che tu sappia che ti
sono molto grata
per quello che hai fatto per me e Lázuli, e nutro un affetto
sincero per te…
entrambe ti vogliamo bene”.
“Però,
io non sono suo padre”.
Lucy
si scostò da Hibiki quel tanto
che bastava per guardarlo negli occhi e sfiorargli leggera il viso.
“Mi
dispiace. Credimi, mi dispiace, per te e per me stessa;
perché non potrò mai
amare nessuno che non sia lui”.
Quando
Lázuli si svegliò era già
mattino inoltrato. La bambina si stiracchiò, sfregandosi gli
occhi con i
piccoli pugni chiusi e saltò giù dal letto
vedendo Lucy che preparava i suoi
bagagli.
“Mamma!”,
esclamò correndo da lei e
stringendole una gamba. “Andiamo a cercare il mio
papà?”.
Lucy
la fissò a bocca aperta per
qualche secondo; accidenti, sua figlia aveva la sua stessa ottima
memoria, pur
così piccola ricordava bene quando le aveva promesso che un
giorno sarebbero
partite a cercare il papà di cui chiedeva sempre
più spesso. Cosa dirle senza
mentire?
“Ecco…
non so se lo troveremo tesoro.
Adesso andiamo da un vecchio signore molto buono che farà
sparire quei brutti
sogni che non ti lasciano dormire”.
Lázuli
stirò la boccuccia in uno
splendido sorriso, salvo accigliarsi qualche istante dopo.
“Però… mammina, se
non faccio più i brutti sogni non vedo più quel
signore buffo che caccia via i
mostri… lui mi vuole bene, lo sai?”.
Lucy
strinse più forte il golfino che
teneva fra le mani, sino a farsi sbiancare le nocche. Lui non
poteva… non aveva
nessun diritto su Lázuli, come osava prendere corpo nei suoi
sogni, e con quale
oscura magia riusciva a farlo?!
“Lázuli
devi dimenticare quel
signore. I brutti sogni spariranno e solo questo conta; lui non
è nessuno di
importante”.
La
piccola pestò i piedi per terra,
fissando accigliata la sua amata mamma. “Non devi dire
così, tu non lo conosci!
Lui è mio amico e io non voglio che va via!”.
Lucy
si voltò di scatto, pronta a
sgridare sua figlia ma ciò che vide abbattè in un
lampo tutte le intenzioni di
essere severa: Lázuli la guardava fisso, piangeva ma non
distoglieva lo sguardo
dal suo. Era la determinazione a illuminarle gli occhi, la stessa che
aveva
visto tante volte brillare in altri occhi. E d’un tratto
capì. Non poteva
nascondere per sempre Lázuli a suo padre, per quanto male
avesse fatto a lei,
era suo diritto sapere di avere una figlia, così come la
bambina aveva tutto il
diritto di conoscere l’uomo che l’aveva generata. E
purtroppo, Lucy era sicura
che si sarebbero amati alla follia.
“Va
bene, Lázuli. Andremo dal tuo
papà”.
“E
il mio amico buffo?”.
“Vedrai
che non andrà via”.
Lázuli
tornò immediatamente a
sorridere felice e prese a saltellare in giro per la stanza, aumentando
il caos
che regnava tra una valigia e l’altra. Lucy rise con lei,
contagiata da tanta
allegria, mentre una parte sepolta del suo cuore riprendeva a battere
furiosamente.
Lucy
riuscì a calmare Lázuli soltanto
quando, poche ore più tardi, salirono sul treno che in capo
a poche ore le avrebbe
portate a Magnolia; Hybiscus non distava molto dalla città
di Fairy Tail e in
realtà si era sempre chiesta come avesse potuto nascondersi
dai suoi compagni
pur essendo così vicina. Hibiki era rimasto a casa, non
potendole seguire per
via di un incarico assegnatogli dal master Bob e lei si era sentita
stranamente
sollevata di questo: sebbene ritenesse di non dover giustificarsi in
nessun
modo agli occhi di Natsu, fare la sua comparsa dopo cinque anni con
Hibiki e
una bambina al seguito, avrebbe sicuramente provocato le ire del Dragon
Slayer.
La
perspicacia non era di certo la
sua dote preminente e sebbene chiunque avrebbe potuto capire che
Lázuli non
aveva in effetti nessun legame di parentela con il mago di Blue
Pegasus, Lucy
era certa che Natsu avrebbe finito per aggredirlo, nella convinzione
che avesse
osato avvicinarsi a qualcuno che era stato suo e reputava ancora tale.
La
possessività di Natsu era qualcosa che le era sembrato
subito evidente nei
pochi giorni in cui erano stati insieme.
Il
sole era ormai al tramonto quando
in lontananza potè vedere le prime case e la mole imponente
della cattedrale di
Magnolia, a breve distanza dall’altrettanto enorme edificio
di Fairy Tail;
Lázuli dormiva con la testa sulle sue gambe e Lucy
sentì un senso di familiarità
espandersi dentro di lei, andando a riempire ogni angolo della sua
anima. Era
stata lontana ma adesso era finalmente a casa.
Non
appena il mezzo entrò in
stazione, la bambina aprì gli occhi, guardandosi intorno
disorientata.
“Mamma,
siamo arrivate?”.
“Sì
Lázuli, dobbiamo scendere,
vieni”.
Lucy
prese per mano la sua
figlioletta ancora assonnata e recuperò il loro bagaglio,
trascinandoselo
dietro lungo la strada. Ogni passo che compiva verso Fairy Tail le
faceva
sentire i piedi di piombo ma non avrebbe ceduto adesso. Per il bene di
Lázuli
avrebbe affrontato tutti i demoni dell’inferno.
“Mamma…
che posto è questo?”.
La
ragazza seguì lo sguardo di sua
figlia e fu allora che la vide: la gilda. Si stagliava in tutta la sua
altezza
contro il cielo stellato, oscurato quasi dalle luci che provenivano
dall’interno delle finestre. Urla e improperi erano
chiaramente udibili anche
dalla strada, accompagnati dai rumori sordi delle scazzottate e da
quelli
decisamente più forti degli oggetti che inevitabilmente
finivano distrutti. Per
un attimo, Lucy si chiese se fosse il caso di portare Lázuli
in un posto
simile; e non potè impedirsi di chiedersi se per caso anche
Natsu stesse
facendo a botte con Gray o qualcun altro, proprio in quel momento.
Strinse
saldamente la mano della
piccola e avanzò fino al pesante portone
d’ingresso; lo spinse discretamente ma
non appena la sua capigliatura bionda fece capolino
all’interno, le urla, i
rumori e le risse si quietarono all’istante. Il cuore le
balzò in gola notando
gli sguardi di tutti passare da lei a Lázuli e viceversa, le
parole d’un tratto
sparite dalle bocche di ognuno.
“Sono
tornata”.
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Buonasera
ragazzi/e ^^
Ebbene,
contrariamente a quello che
pensavo, sono riuscita a trovare il tempo e l’ispirazione per
scrivere il
secondo capitolo della fic, siete contenti/e :P?
Chiedo
scusa a Rose1487 per aver
utilizzato la sua definizione del sorriso di Natsu; tesoro, davvero,
scusami ma
me ne sono accorta dopo aver aggiornato, è che mi
è rimasta impressa perché la
trovo perfetta! Ovviamente se riterrai sia il caso, la
cambierò immediatamente
:)
Lucy
è finalmente tornata a Fairy
Tail e si è cominciato a svelare qualcosa di ciò
che l’ha portata a fuggire e
del perché abbia inserito l’avvertimento What
if… cosa sarebbe successo se dopo
la battaglia all’isola Tenrou, Natsu e Lucy fossero andati
oltre l’amicizia? E
come si sarebbe evoluta la situazione? Portate pazienza e saprete il
resto ;)
Grazie
per aver letto fin qui e un
grazie un po’ più speciale alle gentili persone
che hanno recensito il primo
capitolo , mi piacerebbe sentire le voci anche degli altri lettori, non
pretendo che tessiate le mie lodi eh, scrivete quello che sentite,
sempre se vi
va :P
Al
prossimo capitolo <3