≪Alex, dovresti dirgli di
smetterla.≫.
Alexander sospirò. Bastava una parola da parte del francese nei suoi confronti,
che per Arthur era come se gli avesse messo addosso dieci corna. ≪Ma Arthur.... non mi ascolta mai!
E se mi avvicino troppo, cerca di baciarmi!≫. ≪Comunque dovresti dirgli di
smetterla. Mi mette in imbarazzo pensare che quella rana ci prova con il mio
ragazzo.≫. Si
sporse verso di lui, dandogli un veloce bacio sulle labbra. ≪Ora devo andare. Ci sentiamo più
tardi?≫.
Alexander scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli biondi e mordendosi
il labbro. ≪Ho
ancora voglia....≫.
Arthur sospirò. ≪Scusami,
ma devo davvero andare. Ti chiami “Dick” mica per nulla, sei insaziabile!≫. Alexander alzò le spalle,
affondando la testa nel cuscino. ≪Va’ pure a fare in
culo, teinomane....≫.
Sperando che l’inglese non lo avesse sentito.
Non era vero che era insaziabile.
Forse poteva esserlo, già, ma non poteva saperlo finché il suo ragazzo lo
faceva venire una sola volta, al momento dell’amplesso. Quasi non esistevano i
preliminari, né le coccole post-sesso. Era tutto un “avanti facciamolo” un “sto
venendo” e un “adesso devo andare”. Arthur era dolce e gentile... forse... in
altri momenti, ma di sicuro, non durante il sesso che faceva come se fosse
stato un dovere. A cui essere ligi. Una cosa “canonica”, come se scritta su un
manuale.
“Il
maschio entra nella femmina, il maschio deve stare sopra, non ci devono essere
movimenti all’infuori di quelli destinati al raggiungimento dell’orgasmo, il
maschio deve uscire subito dalla femmina, il maschio deve sparire finché la
femmina non sia presentabile, magari con una bella tazza di tè per il
maschio lavoratore.”.
Alexander “Dick” Smithson amava
Arthur Kirkland. Si erano conosciuti l’anno prima nella stessa classe di
economia domestica, e, una cosa tira l’altra, Alex si era innamorato di quel
maledetto inglese. Un po’, ma solo un po’, si odiava per essere caduto così
presto in quella trappola dolceamara, forse avrebbe dovuto prima guardarsi
intorno, e invece, attirato dall’idea di... “stare insieme a qualcuno” si era
subito buttato tra le braccia dell’inglese, per poi scoprire che non era altro
che un frigido pezzo di ghiaccio.
Il clima della terra di Alex era
caldo e ricco di vita, i suoi erano botanici e aveva passato gran parte della
sua vita in mezzo a foreste e parchi naturali.
Non aveva amici quando fu mandato
in quella scuola, e, appunto, era caduto nelle grinfie di Arthur. E si sentiva
in colpa, perché, i fondo, a lui Francis piaceva. Assomigliava parecchio a suo
padre...
Antonio non riuscì a rivedere il
giovane del quale si era invaghito fino a pochi giorni dopo. Lo incrociò sempre
nel corridoio dove lo aveva trovato la prima volta, e riuscì a fermarlo per
farci due chiacchiere. Lovino, si chiamava, ed era italiano. E no, non gli
interessavano gli spagnoli bastardi come lui. Antonio sospirò, un po’ desolato,
per poi mormorare: ≪ Ma
se hai bisogno, potrei aiutarti nelle materie in cui hai qualche difficoltà...≫
≪Per
poi approfittare di me mentre sono chino sul libro? Dovranno passare mille anni
prima che accada, bastardo!≫.
E rosso, Lovino scappò via per raggiungere la sua classe. Non aveva dato allo
spagnolo neanche il tempo di spiegarsi.
Mogio, Antonio andò a lezione. In
fondo, aveva tutto il resto dell’anno per provarci. Anche se quelle parole, senza
neanche conoscerlo, l’avevano ferito nel profondo.
≪Capisco tutti i tuoi problemi,
Ami...≫.
Fece Francis, passandogli un fazzoletto. ≪ È
così orgoglioso! Non la smetteva mai di darmi del bastardo, senza neanche
conoscermi! Oh Francis, come potrei fare per conquistarlo??≫. Il francese gli passò una mano
sul braccio, mormorando. ≪Per
prima cosa... Dovresti deprimerti in camera tua! Forse tu non ne hai voglia, ma
io cerco di studiare qualche volta! Per seconda cosa... forse è meglio se ti
fai da parte per un po’. Se lo hai colpito almeno un poco, dovresti aspettare
che sia lui a cercarti... E non dovresti fare come un certo tedesco di nostra
comune conoscenza che si sgola la roba altrui≫.
Gilbert lo fissò da dietro la
bottiglia di succo che stava finendo. ≪Le
paturnie di ‘Tonio mi mettono sete, scusa!≫.
≪Potresti
cercare di essere un po’ meno egoista! Anche lui vuole trovare l’amore!≫. Antonio guardò sorpreso
Francis. Per quanto palese fosse potuto sembrare, nessuno si era azzardato a
dare dell’egoista a Gilbert.
Questo sbuffò, alzandosi e
lasciando cadere a terra la bottiglia vuota. ≪Vado a mangiare. Continua pure a
fare il filantropo rompendoti i maroni ascoltando le paturnie altrui≫. E abbandonò la stanza sotto gli
occhi, spauriti Antonio e seri Francis.
Si, lo so, capitolo un po’
merdoso, ma vi prometto che dal prossimo accadrà qualcosa di meglio. Avevo
preso in considerazione l’idea di abbandonarla, ma poi mi sono svegliata e ho
trovato un mucchio di idee. Alla prossima‼!