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Autore: PsicoSoul    14/09/2011    4 recensioni
La strana storia di una ragazza, sballottata da una città all'altra dal frenetico lavoro della madre.
L'improbabile amicizia tra Sarah e un uomo ricoverato nell'ospedale psichiatrico locale.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Insanity .

 

Capitolo 2 .

 

 

“Qua ce n’è uno peggio dell’altro. Va se si può mettere anche me in mezzo a tutti sti matti.  Non sono come loro,lo so di non esserlo io sto bene.”

-Lo sai benissimo che sei matto!

“Chi ha parlato? Chi può sentire i miei pensieri? Chi? Mi osservano. Sono nella mia testa!”

-No. Sono io Craig, il tuo caro amico. Tu sei pazzo. Sei malato. Sei da rinchiudere in cella.

“Ancora? Chi è che mi prende così per idiota?” si guarda intorno,ma non c’è nessuno. L’uomo più attivo nel mio “reparto” è un vecchio che cammina continuamente in cerchio, trascinando i piedi scalzi, e continuando in continuazione a balbettare cose senza alcun senso.

-E’ inutile che ti guardi in giro. Sono dentro di te io. E lo sai, che posso far farti ogni cosa che voglio.

“No, tu non puoi.”

-Sì, e lo sai. So convincerti a trattenere il respiro ogni settimana. Guardati i polsi, le cicatrici. Prendi le lamette dal bagno degli inservienti. Tanto lo sai che a mezzogiorno sono tutti in pausa.

Alza di poco la manica della tuta. Bianche cicatrici solcano il suo polso, alcune rosse,non ancora rimarginate. Come in coma Craig si dirige verso la porta bianca del bagno degli inservienti, apre il mobiletto dei medicinali. Gocce di sangue rosso cadono a terra.

 

La cartella del cliente annuncia:

Aggiornamenti: “il paziente Craig Jhonson, affetto da crisi di doppia personalità e schizofrenia, ripetutamente mostra segni di autolesionismo. Dice di sentire delle voci. Si chiede di aumentare il dosaggio dei medicinali . “

 

 

“Come previsto. Primo giorno di scuola da manuale. Cosa mi aspettavo poi? Il sorriso di tutti? No. Mai aspettato. “

Appena entrata a scuola mi sono subito trovata un gruppetto urlante di ragazze truccate,e profumate. Come in una bolla di perfezione, malignità e stupidità. Tutto contemporaneamente. E,naturalmente, dietro di loro non potevano mancare gli zucconi della squadra di Football, o qualunque sport fosse.

Tre anni e mezzo per trovare sta cavolo di segreteria. Un labirinto, non è una scuola. Inutile ripetere che preferisco farmi internare con la camicia di forza nel manicomio, se lo ripeterei sembrerei forse monotona. Ups. Ormai.

Ho scoperto che odio le segretarie con gli occhiali gialli, che fingono cordialità e fanno finta di volerti bene come se fossi una figlia, sinceramente avrei fatto a meno della sua voce falsamente dolce.

Sono arrivata in ritardo a tutte le lezioni, nessuna esclusa. E quindi come “punizione” ho dovuto presentarmi. Odiosa. Odiosa. Odiosa. Cosa.

In sintesi cosa ho detto?

“Ciao, sono Sarah. Mia madre mi ha trascinato dalla California a qui. Avete presente la California? Il caldo,le spiagge? Ecco. Qui non è come la California. Ho diciassette anni. Ho un fratello, ma non abita con noi. Ha 23 anni. Si chiama Simon. Mi piace scrivere, disegno manga e suono la chitarra.”

Occhei, forse mi sono fatta odiare già dall’inizio, con la frase “Qui non è come la California.” Mi è scappata . è uscita dalla mia bocca senza che io lo potessi notare, ho la potessi fermare.

La prima lezione era letteratura. La professoressa è una tipa simpatica, forse troppo bassa e si impiccia troppo, mi ha dato un libro che da solo occupava tutta la borsa. Come seconda lezione chimica avanzata. Poi il pranzo.

Appena entrata nella mensa mi sono sentita soffocare. C’era un miscuglio di carne indefinito. La cosa peggiore per una vegetariana. Il pomeriggio ho avuto arte creativa e scienze naturali.

Pessimo inizio. Amici? Nemmeno uno, al di fuori di una ragazza della mia classe di arte, un folletto con i capelli rosso Ferrari e gli occhiali verde fluorescente. Perso che si chiami Elizabeth, ma mi ha detto di chiamarla Liz. Ha blaterato tutto il tempo di quanto fosse fica la scuola, cosa che io non ho notato.

-Dovresti vedere l’high school in California- ho ribadito io.

-Sei proprio fissata allora.-

Non ho più risposto.

Grazie al cielo alle cinque tutta questa atroce tortura è finita.

Ho perso il pullman.

E ora sono qui a camminare per 4 isolati fino ad arrivare a quella inospitale casa bianca. E per di più si è messo a piovere.

Sono grondante, vorrei proprio vedere Liz cosa direbbe. Vorrei vedere mia madre se mi vedesse così. Con gli occhi gonfi e rossi di pianto. I capelli bagnati attaccati alla fronte, e il mascara che cola.

Gli urlerei “Allora?! Vedi quanto sono felice?!”

Lo ripeterò all’infinito che qui non è come la California .

  
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