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Autore: xblacksound    18/09/2011    3 recensioni
Maryclare, una sedicenne newyorkese con una vita assolutamente ordinaria, dai capelli color cioccolato al latte e dagli occhi di un verde chiaro incantevole, deve trasferirsi a Londra di punto in bianco, per frequentare un collegio. La ragazza non ne è molto entusiasta, ma cambierà idea una volta incontrate quelle persone che cambieranno la sua vita.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Always like 'Wow, i love you'
Second Chapter - Are we friends now?

 




Entrai da quell’enorme portone che mi si parava davanti e mi guardai intorno incuriosita e spaventata. La hall di questo posto era grandissima, priva di molti mobili ed ornamenti vari: ci stava solo qualche panchina, qualche sedia, poche piante e dei tavolini. Ovviamente c’era anche un enorme bancone postato di fronte l’entrata, vicino al muro. Dietro di esso tre ragazzi – che potevano avere all’incirca una ventina d’anni – stavano facendo il loro lavoro. Sembrava di essere in un hotel, sul serio, altro che scuola! Però sembrava tutto così… spento. Tutto era grigio e mi metteva tristezza. Scossi il capo, cacciando via questi pensieri e mi avviai verso il bancone con tutte le mie valigie. Una dei tre ragazzi che stavano dietro il bancone mi sorrise. «Ciao! Come posso aiutarti?» Mi chiese con una gentilezza che mi sorprese. Pensavo che qui fossero tutti freddi ed acidi, mentre invece mi stavo ricrededo: Audrey era simpaticissima e disponibile e questa ragazza sembrava volermi aiutare. Okay, però era il suo lavoro questo, perciò non conta, no? «Salve, io sono una nuova studentessa, mi chiamo Maryclare Needly.» Okay, avevo decisamente improvvisato. Solitamente per la scuola ci pensa mamma. E’ sempre lei che si occupa di queste cose ed io non sapevo proprio cosa dire. Speravo solo di non aver fatto una figuraccia anche con lei. Quella con il ragazzo “conosciuto” dal benzinaio mi era bastata. Oh, chissà come si chiama poi… Okay, sto davvero pensando ad un ragazzo che ho visto solo per pochi secondi? Bah, sono assurda.
La ragazza mi sorrise ed iniziò a controllare qualcosa al computer, ripetendo il mio nome varie volte in un sussurro. Sicuramente era quello che stava cercando, ovvio. «Eccoti qua, Maryclare Needly! Vieni da New York, giusto?» Esclamò dopo neanche cinque minuti. Annuii con un sorriso stampato sul volto. Oh, New York. Già mi manca quella città. La tipa mi diede un modulo veloce da compilare, che sarebbe servito per la scuola, e poi mi chiese i documenti, ovviamente. Glieli porsi, uscendoli fuori dal mio zaino, e mentre lei li controllava io compilai il modulo. Finimmo entrambe; lei mi porse i documenti ed io le ridiedi il modulo.  «Perfetto, questa è la chiave della tua camera: la 1003.» Annunciò porgendomi, appunto, una chiave appesa ad un ciondolo che pesava più di un quintale, davvero. Accennai un sorriso prendendo la chiave dalle sue mani. «Non è che potrei sapere chi sono le mie compagne di stanza?» Chiesi titubante guardandola. Beh si, mamma mi ha detto che qui in camera si sta con due  compagne o compagni. Essendo una ragazza, le mie saranno compagne. Lei annuì sorridendo ed iniziò a cercare i nomi al computer. «Si chiamano Juliette Stewart e Alexandra Evans.» Mi disse gentile. Le chiesi dove andare per trovare la mia camera e mi indicò una via facile da ricordare. La ringraziai e mi avviai in cerca della stanza. Era così grande qui che avevo paura di perdermi in men che non si dica. Fortunatamente, invece, non mi fu così difficile trovare la mia camera, infatti adesso eccomi lì, davanti ad essa. Feci un grosso respiro ed infilai la chiave nella toppa, per poi aprire. Entrai e vidi tre letti: uno era vicino al balconcino - che però sembrava più una terrazza – e gli altri due erano a castello. Nella stanza ci stava anche una scrivania con qualcosa sopra e due comodini con delle lampade sopra. Mi avviai verso il lettino singolo e ci misi sopra le  valigie, per poi sedermici a mia volta. Guardai il letto a castello; in quello di sotto ci stava una valigia semi-aperta e nella scaletta era appesa una magliettina. Ai piedi del letto ci stavano delle scarpe da tennis. Sicuramente appartenevano ad una delle mie compagne. Ad interrompere i miei pensieri fu il rumore della porta del bagno aprirsi. Ne uscì fuori una ragazza dai capelli castani e dagli occhi scuri, color cioccolato. Inizialmente mi guardò confuso, poi la sua espressione cambiò, diventando sorridente. «Ciao! Tu devi essere… Marie, giusto?» Mi chiese un po’ incerta. Ridacchiai, dato che aveva detto male il mio nome, e mi alzai dal letto, porgendole la mano. «Sono Maryclare, piacere.» Mi presentai con un sorriso divertito. Lei strinse la mia mano. «Io sono Juliette.»  Esclamò guardandomi. Poco dopo sciolsi la stretta di mano. «Allora, sei nuova di qui, Em? Posso chiamarti “Em”, vero?» La guardai un po’ confusa a quel nuovo soprannome. Nessuno mi aveva mai chiamata “Em” prima d’ora. Perché poi? Ah si, era l’iniziale del mio nome. Era carino però. «Certo che puoi! E si, vengo da New York. Tu?» Ridacchiai divertita e poi sorrisi, ripensando alla mia bellissima città. Juliette scosse il capo e sorrise. «No, io ho sempre abitato qui a Londra e sono in questo collegio da quando avevo dieci anni.» Wow, lei frequentava questo collegio da moltissimo e sembrava tranquilla; io che ero appena arrivata sentivo già di volermene andare.              Le chiesi qualcosa del posto, che tipo di persone ci fossero e roba simile, giusto per potermi fare un’idea di cosa mi avrebbe aspettato. Juliette mi disse che qui non era poi così male, anzi, era un posto piacevole e tranquillo, ma bisognava stare attenti alle regole. Bene dai, almeno buone notizie. «A ora di pranzo ti faccio conoscere A!» Esclamò con un sorriso. Assunsi un’espressione confusa. A chi si stava riferendo? Magari era un suo amico o una sua amica. «Sarebbe l’altra compagna di stanza: Alex o Alexandra.» Sorrisi a quelle parole. Ecco spiegato tutto. Questa Juliette chiama tutti con la prima lettera del nome, a quanto pare. «Dunque, come posso chiamarti? Jay?» Chiesi divertita, sorridendole. Lei annuì soddisfatta.
Passammo ancora un po’ di tempo a parlare. Dai, alla fine credevo che mi sarei trovata bene qui, almeno con alcune persone. Si fece ora di pranzo, così io e Juliette andammo alla mensa scolastica che stava a qualche piano più giù. Lì conobbi questa fantomatica A/Alex/Alexandra. Anche lei era molto simpatica, si. Il mangiare non era granchè, infatti non presi molto: solo un’insalata – scondita, peraltro -, una mela ed una bottiglietta d’acqua naturale. A mensa era piano di ragazzi e ragazze; sicuramente questo collegio era più grande della mia vecchia scuola di New York.
Una volta sedute al tavolo, iniziammo a mangiare insieme ad altre due ragazze di cui non sapevo ancora il nome. Ad un certo punto, tutt’e quattro cominciarono a parlare degli One Direction. Momento, anche quelle tipe in aereo parlavano di loro. Ma vorrei proprio sapere chi sono. «Scusate, non vorrei sembrare ignorante, ma chi sono questi… tipi?» Chiesi incerta, guardando le ragazze. Inizialmente mi guardarono tutte incerte, poi scoppiarono a ridere. Ma che…? La prima che smise di ridere fu Juliette. «Davvero non conosci gli One Direction?» Mi chiese divertita, mentre le altre annuivano per chissà quale motivo. Scossi il capo come se nulla fosse. «Sono cinque ragazzi fighissimi che cantano da Dio.» Intervenne Alex, tagliando corto. «Oh, mai sentiti.» Feci spallucce e ripresi a mangiare, facendo finta di nulla. Ma davvero così belli erano questi One Direction? Andiamo, potevano essere belli quanto volevano, ma trovavo assurdo fare così per una band, bah.
Le ragazze continuarono a parlare di quella band a me sconosciuta ed io mi limitai ad ascoltare. Qualcuna nominava Loius, qualcuna un certo Niall, poi Liam, Harry e pure un certo Zayn.
L’ora di pranzo si concluse, così decisi di andare a fare una passeggiata; Juliette mi aveva detto che il pomeriggio ed il sabato era consentito uscire fuori dal collegio e, visto che oggi era sabato ed era pure pomeriggio, non c’erano problemi. Con me portai una borsa con cellulare, soldi e tutto il necessario. Molto probabilmente mi sarei persa, ma anche se fosse stato così, le ragazze mi avevano dato i loro numeri di cellulare, così avrei potuto chiamarle in caso di bisogno. Uscita dal portone della scuola, iniziai a camminare guardandomi intorno. La scuola era situata a centro città, perciò non c’era bisogno di prendere taxi o altro.
Il cielo si era fatto nuvoloso e quel luogo che non mi piaceva neanche tanto, sembrava ancora più cupo. Fantastico. Camminai per un po’, finchè non mi ritrovai davanti ad un cancello che portava al parco della città. Vi entrai, giusto per curiosità, ed iniziai a guardare la grande distesa verso di quel luogo ed i grandissi alberi situati vicini tra loro. Non c’era praticamente nessuno, d'altronde alle due del pomeriggio chi pensavo di trovarci? Era un po’ troppo presto come orario e magari c’era chi riposava o roba del genere.
Decisi di uscire dal parco, dato che mi stavo annoiando lì da sola, perciò mi voltai, dirigendomi verso il cancello da cui ero entrata. Feci per aprirlo un po’ di più, in modo da passarci liberamente, ma qualcuno mi venne addosso, facendomi sbattere la testa contro la sua. Caddi a terra, sbattendo anche il sedere. Andiamo bene.  «Scusami, non volevo.» Dio santo, che voce. Seriamente, non avevo mai sentito una voce così bella in vita mia e di voci ne ho sentite tante… Sembrava quella di un angelo. No, meglio. Alzai lo sguardo, per vedere chi mi aveva fatta cadere e… No, non era possibile.

  
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