Note importanti: questa NON è la fine della storia. Essendo il capitolo 100 è una sorta di
bonus/extra. Potete considerarlo anche un sogno a un passo dalla morte se
volete, ma per me è tutto vero. A vostra scelta.
Il Lethifold è il nome di un animale dall’aspetto di un velo che
emette suoni di richiamo verso le sue vittime e le ingoia intere, in
particolare prende di mira animali e turisti nel cuore della notte, mentre
dormono e non possono difendersi, muovendosi molto silenziosamente. Vive nelle
foreste tropicali e ha cinque stelle di pericolosità. Un velo che emette strani
mormorii… Metteteci un arco attorno. Familiare, sì?
Inoltre mentre scrivevo ho ascoltato Gintama soundtrack 2)36, ve lo
consiglio anche a voi perché è molto “pacifico”. Comunque, allegria!
E questo è anche e soprattutto per chi ancora sta male
per la morte del quinto libro e per le tante altre precedenti e successive.
100 Epilogo [senza tempo]
«Avanti, puoi fare di meglio!» le gridò, la voce
echeggiante nella vastissima sala. Il secondo getto luminoso lo colpì in pieno
petto.
Sirius aprì gli occhi e vide tutto bianco. Il che era in qualche modo
meglio e peggio del rosso precedente.
Si mise a sedere, scoprendo di essere nudo e in un posto molto simile alla
Stazione Nove e Tre Quarti, solo più luminoso e deserto.
Per prima cosa desiderò dei vestiti e poi, nello stesso momento in cui
scopriva di averli addosso, si chiese cosa ne fosse stato del Ministero e capì
di colpo e senza ragione di essere morto, colpito prima da Bellatrix e poi
inghiottito da un Lethifold che se l’era mangiato vivo.
Mangiato da una specie di tenda: la morte più stupida di sempre.
Non voleva ricordare il dolore e questo non tornò a galla, ma mettendosi in
piedi notò che le sue mani erano diverse e pensò che gli sarebbe piaciuto
avere uno specchio.
Un istante dopo uno specchio comparve dal nulla, o per meglio dire si era
sempre trovato lì, e lui fu in grado di vedersi: non era più quell’uomo vecchio
e rovinato che aveva imparato a conoscere ma mai ad amare: era il ragazzo che
era stato quando James era ancora con lui, coi capelli di nuovo corti, il viso
meno pallido, gli occhi brillanti, gli abiti da motociclista…
«No! Sei vestito? Speravo di beccarti prima!» cinguettò una voce allegra.
Sirius si voltò così velocemente che rischiò di cadere e trovò alle sue
spalle Mary, che sorrideva radiosamente, coi capelli in parte sciolti e in
parte trattenuti da due codini alti ai lati della testa, due fiocchetti
viola legati intorno ad essi. Era appena più adulta di come la ricordava, come
se avesse scelto di adattarsi all’età che lui dimostrava e sentiva come
propria, e stava indossando una veste da strega celeste che era certo di averle sognato addosso almeno una volta. «Ciao, stella».
Le labbra di Sirius si piegarono in un sorriso nello stesso momento in cui
i suoi occhi si velavano, e lei chinò leggermente la testa di lato.
«Sono venuta a prenderti, mi sei mancato così tanto, anche se potevo
sentirti con me! Gli altri ci aspettano dall’altra parte, stanno tenendo
d’occhio l’altro mondo, è un po’ come avere la televisione» spiegò lei,
parlando molto velocemente e con lo stesso tono acuto e allegro che lui
ricordava.
«Tu…» mormorò, prima di lanciarsi verso di lei e stringerla tra le sue
braccia, baciandola con trasporto.
«Oh beh…» sussurrò lei quando l’ebbe finalmente lasciata andare. «Mi è
sicuramente mancato anche questo».
«Ti amo, lo sai? Ti avrei davvero sposata e ti ho amata per tutto questo
tempo» ribatté lui, serio nonostante l’espressione di lei lo invitasse a fare
soltanto l’idiota e divertirsi.
Mary si addolcì, «Vale anche per me. Ma prima di cominciare con questi
discorsi, non hai alcuna domanda?»
Sirius annuì, poi si guardò attorno: «Dove siamo?»
«Tu dove pensi di essere?»
«Non lo so!» esclamò lui, sorpreso. «King Cross?»
Mary ridacchiò, «Certo, avrei dovuto immaginarlo. Da qui sei finalmente
arrivato a casa tua per la prima volta. No, siamo in una specie di limbo. Ormai
avrai capito che sei morto, vero?»
Lui annuì di nuovo, poi assottigliò lo sguardo: «Non dovresti essere un po’
più delicata con un neo-deceduto?»
«Perché, cosa senti? Paura?»
Sirius ci pensò un momento: non era preoccupato per Harry, il suo primo
pensiero, perché sapeva che sarebbe stato bene. Non aveva paura, né alcuna
preoccupazione o dolore.
«No. Non sento altro che tranquillità».
«Questo perché queste sensazioni o sentimenti o come li vuoi chiamare hanno
a che fare con le ghiandole, e tu non ne hai più. Quindi non puoi sentire
niente» spiegò lei, mettendo le mani dietro la schiena. «Io comunque vedevo il
tuo appartamento, prima che me lo domandi».
«Aspetta…» mormorò lui, perplesso. «Ma io sento gioia e sento di amarti.
Questo non ha a che fare con le ghiandole?»
«Beh, sì, in teoria. Forse l’amore e la gioia vengono dalle ghiandole
dell’anima» suggerì lei, sollevando un dito, «Gli altri sentimenti arrivano dal
corpo invece».
Sirius spalancò gli occhi, non capacitandosi di ciò che aveva sentito: «Quello che hai appena detto
non ha senso!»
Lei rise di nuovo, «Avevo molto più senso prima, da viva?»
«No» ammise Sirius, «Ma mi stai confondendo parecchio».
«Bene» ridacchiò lei. «È il mio lavoro. No, non è vero, sono solo venuta ad
accoglierti per sbaciucchiarti prima che il tuo vero amore ti portasse via da
me. A proposito di lui, i Potter stanno tenendo d’occhio Harry, se non
l’avessi capito, per questo non sono qui».
«Lo immaginavo. Ma so già che starà bene, per questo non ho chiesto di lui
e sto aspettando che mi porti via» disse lui, fiducioso, prima di aggrottare la
fronte: «Come lo so?»
«Oh, sono cose che arrivano da sole nella nostra testa. Testa che non c’è.
Comunque di solito ci vuole un po’ di più perché succeda, a meno che non si
tratti di persone che amiamo incredibilmente tanto e quindi siamo legati a loro
abbastanza da sapere che se la caveranno e goderci la nostra pace. Tu sentivi
Harry come un figlio, ecco perché sai già che se la caverà».
«Ha senso» disse lui e i due cominciarono a camminare verso i treni.
«Cosa vedi ora? Dammi una mano…» cinguettò lei. «Io sono ancora a casa
tua».
«L’Hogwarts Express» indicò lui. Il treno che lo aveva sempre portato nella
sua vera casa felice, la prima.
«Allora saliamoci. Tra qualche anno dovrai prenderlo di nuovo, Harry vi
chiamerà a sé.»
«Come sarebbe, ci chiamerà a sé?»
«Te lo spiego dopo. Non preoccuparti, andrà tutto bene, lo sai. Comunque
ogni tanto possiamo far visita ai vivi, non ricordi i tuoi sogni?» domandò lei,
davanti alla portiera del treno. Sirius l’aprì, capendo di vederla solo lui, e
le fece strada per poi andarsi a sedere in uno scompartimento.
«Quando ti sognavo era vero?» domandò dopo qualche secondo e Mary lo guardò
con aria confusa.
«Mh? Oh, sì. Cioè, dipende».
«Ti eri già scordata che-»
«Hai presente quando uno, diciamo tu, ami tanto una persona e questa muore
e ogni tanto, ma solo ogni tanto, fai sogni in cui quella persona passa di lì a
dirti che sta bene, oppure è semplicemente nei dintorni e tu la vedi tutta
felice e che ti saluta? Beh, quello è sempre vero, siamo davvero noi che
passiamo a dire “ciao”. Non si può fare sempre, ma ogni tanto c’è qualche
piccolo… passaggio aperto, diciamo».
Sirius pensò che era davvero una cosa bellissima e avrebbe tanto voluto
farla sapere a Harry e agli altri, ma un altro pensiero, molto meno felice, lo
colse.
«Ma allora è vero anche quando sogni che quelle persone soffrono?»
Mary scosse la testa: «No, stella. Se qualcuno è in un posto peggiore non
ha certo modo di venire a salutare, no? Quelli sono incubi, io parlavo di
sogni. Certo, la maggior parte di quelli con noi morti vengono dimenticati e
uno si sveglia semplicemente felice senza sapere il perché, ma qualche volta si
fanno sogni che si ha la sensazione siano veri. Non tutti i sogni,
naturalmente, ma quelli di quando ti svegli e ti stai chiedendo se magari non
era tutto vero, perché ti sembra proprio che qualcuno ti stesse lasciando un
vero messaggio dall’altro mondo. Quelli lì sono veri. È un vero “ciao”.»
Sirius annuì di nuovo, sembrava non essere più in grado di fare altro, e
poi le sfiorò i capelli con una mano. «Sei sempre bellissima».
«Non invecchio. Il mio sogno» sghignazzò lei, guardandolo con occhi
innamorati. «Il mio Tartufo. Adoro che tu abbia usato il mio nomignolo per
Harry.»
«Non ne ho mai dimenticato uno».
«Lo so».
Il treno si fermò e Sirius spostò la mano davanti a lei istintivamente per
frenarne una eventuale caduta.
«Fermati?» domandò lei e poi sorrise raggiante e si alzò in piedi di
scatto. «Guarda qui chi c’è… seguimi!»
«Sei il più bel traghettatore dell’aldilà che abbia mai visto…» commentò lui,
in tono appena più malizioso. «Se non ho il mio corpo, come mai ti apprezzo
tanto?»
«Dev’essere il tuo testosterone spirituale».
«Non hai senso!» protestò lui, ridendo mentre si alzava e la seguiva verso
il corridoio.
Mary camminava saltellando, e si voltò per dire: «E poi non sono per niente
la più bella, avresti dovuto vedere Peter quando accompagnava i bambini…»
«Chi?»
«Peter Pan, una fiaba babbana. Lo sai che tutte le fiabe, babbane e
magiche, sono reali? Sono memorie, magari un po’ diverse perché uno non ricorda
mai le cose oggettivamente, ma pur sempre memorie. C’è davvero un bambino che
si prende cura dei bambini persi e c’è davvero il coniglio che si scontra col
verme gigantesco, anche se in realtà sotto sotto sono amici. Babbity Rabbity o
come si chiama. È tutto vero. Solo che sono tutti felici perché sono da questa
parte e aiutano la gente che sta dall’altra, o l’aiutavano e ora vengono
ricordati come favole da gente che ha conosciuto qualcuno legato a loro o ha
avuto esperienze pre-morte».
Sirius la fissò per qualche secondo e poi commentò: «Mi prendi in giro».
Lei sorrise furbescamente, indicandogli l’uscita: «Forse».
La sua risposta fu ridere e scendere i gradini, ritrovandosi di nuovo
immerso nel bianco per qualche secondo, prima che casa dei Potter comparisse
davanti ai suoi occhi; qualche passo più avanti c’era anche lui, con
occhiali storti sul naso, maglietta larga, capelli inguardabili ed espressione
emozionata. Sirius, a dispetto di non avere un vero cuore, ghiandole e tutto
quello che Mary si era probabilmente inventata sul momento essendo la pestifera
ragazza che era sempre stata, sentì un enorme calore al petto e tutta la voglia
di ridere e piangere del mondo. Fece un passo avanti e James allargò le
braccia.
«TU! Sei stato mangiato da una TENDA!» gli urlò.
Sirius gelò.
«La morte più ridicola del mondo!» continuò James, scoppiando a ridere.
«Vaffanculo! Non posso credere che questa sia la prima cosa che tu mi abbia
detto!» ruggì Sirius, e un attimo dopo lui e James si stavano abbracciando
stretti, e l’amico mugugnava un «Grazie per Harry e per tutto» con voce rotta.
«Ti voglio bene, lo sai?» sussurrò Sirius e lo sentì annuire.
«Anche io, non ne hai idea» mormorò James. «Ma evitiamo scene così d’ora in
poi, che so già che Lily avrà l’eternità davanti per sfottere».
Sirius lo lasciò andare e si voltò verso di lei, che se ne stava in piedi
accanto alla porta col gatto in braccio e un sorriso caloroso che le faceva
brillare gli occhi verdi.
«Lo sai che non ti abbiamo mai odiato o biasimato, non è vero? Erano solo
incubi e allucinazioni, noi non abbiamo mai smesso di amarti, di esserti grati
per tutto quello che stavi facendo e avevi fatto» lo informò lei con voce
alterata dall’emozione, mettendo giù Pluffa.
«Lily…» fiatò appena lui, muovendosi verso di lei. Lily gli corse incontro
e lui l’afferrò fra le braccia, facendola roteare per aria. «Voi due maledetti!
Mi siete mancati così tanto!»
«Non ce ne andremo più» promise James con un gran sorriso e Sirius ghignò
in risposta, mettendo Lily giù.
Si squadrarono per bene prima che lui si chinasse a salutare Pluffa
grattandole la testa.
«Quindi non sei andato a letto con nessuna dopo la mia morte, eh?» domandò
Mary distrattamente. «Sei praticamente un quasi vergine».
«MARY!»
«Cosa ti aspetti da uno che è morto per via della tappezzeria?» domandò
Lily serenamente, con la stessa espressione adorabile e sorridente di prima.
«Non è che avesse tutta questa scelta, evidentemente le donne fiutavano la sua
fine…»
«ERA UN LETHIFOLD! MI HA MANGIATO!»
«Sei morto mangiato da una specie di pianta, quindi, capisco…» annuì James
tra sé e sé.
«Un animale, pezzo d’imbecille…»
«Dicono tutti così…» commentò una voce fredda.
Sirius chiuse gli occhi per un istante e poi andò lentamente verso la porta
della cucina: alla finestra stava seduta Dorcas,fumando
ed era avvolta nel tipico mantello grigio. «Ciao, cane».
«Così sei morto per salvare il cerbiatto, eh? Bel lavoro» approvò Fabian,
appoggiato al frigo. Accanto a lui c’era Marlene, seduta sul marmo accanto ai
fornelli, con le gambe che dondolavano appena coperte dalle calze arancioni.
«Stiamo tutti aspettando che dia a Vold quello che si merita» lo informò
lei, scuotendo leggermente i corti capelli rossi.
Gideon, sedendosi accanto a Dorcas e poggiando una mano sulla gamba della
donna, annuì, «Sei stato bravo, sai? Non sappiamo mai i dettagli, solo le cose
alla lontana, e Dor pensava che saresti impazzito prima».
«Non dovresti dirglielo!» si lamentò Edgar, affacciandosi alla finestra,
mentre Dorcas quasi bruciava la mano di Gideon con la sua sigaretta per averla
chiamata in quel modo.
«Si può bruciare». rispose Elphias alla tacita domanda di Sirius. «Se
entrambi pensano che possa farlo. E la conosci, lo pensano entrambi».
«Siete tutti qui…» disse lui, trovando Mary di nuovo accanto a sé e
prendendola per mano.
«Certo, siamo passati a salutarti» disse Regulus, passandogli davanti e
spostando Fabian dal frigo per aprirlo. «Non c’è tacchino? Mi piace il tacchino,
perché non ne hanno mai?»
Sirius sobbalzò e seppe cosa Regulus aveva fatto, il modo in cui era morto.
«Reg…»
«Risparmia i piagnistei» tagliò corto lui, tranquillo. «Questo frigo è
sempre vuoto».
«Vuoto? Perché non te ne vai a casa tua a mangiare?» ribatté Caradoc, che
era a tavola e stava tagliandosi una bistecca. Benjy annuì, seduto accanto a
lui che giocava a carte con la moglie di Caradoc e una ragazza che Sirius
ricordò chiamarsi Cordelia ed essere una vecchia amica di Mary.
Sirius si appoggiò del tutto alla ragazza e la guardò: «Mary?»
«Sì?»
«Perché i morti mangiano? Perché hanno una casa, anzi?»
«Mangiano perché vogliono sentire i sapori e hanno case perché questo è
come tutti finiscono per immaginare le cose qui. Credo che ognuno abbia il suo
posto personale, ma dato che tutti finiscono sempre per cercare le persone che
conoscevano, finiscono col vedere anche i posti degli altri. Come se io fossi
di continuo nel limbo e imparassi a vedere King Cross quando sono con te».
«Hai visto King Cross?» domandò Lily, porgendo un piatto con tacchino a
Regulus e spalancando gli occhi. «Anche io!»
«Io ho visto il campo da Quidditch, mi deludi» commentò James allegramente.
«È da pazzi…» sussurrò Sirius e poi si riscosse: «Ma tutto questo è reale o
me lo sto immaginando da qualche parte?»
«Entrambi, probabilmente».
«Mary, non inquietarlo!» rise Lily. «Mi spiace, Sirius, ma sei davvero
morto. Neanche noi sappiamo tutto di qui, ma siamo felici e in pace, suppongo
sia questo quello che conta. Lo capirai vivendolo… oddio, posso usare questo
verbo?»
«Lo capirai esistendolo» offrì James brillantemente.
«Esatto. No, no, per niente. Comunque, lo capirai da solo. Ora devi solo
abituarti, sei appena morto dopotutto» lo rassicurò lei, dando una pacca a
James.
«Dobbiamo aspettare gli altri, anche. Il resto dell’Ordine e poi Harry e
tutti quanti»
«Harry tra molto tempo» precisò James severamente e Sirius sorrise
d’istinto.
«Sposerà Ginny, vero?»
«Sembrerebbe. Mi piace» disse Lily. «Lo spero».
«E Remus, oh, il mio occhi d’oro…» cominciò Mary con voce ancora più acuta.
Il sorriso di Sirius divenne un ghigno e lui incrociò lo sguardo di James.
«Oh, bene».
«Tonks.»
«Già».
«La cuginetta».
«Già già».
«Lo sfotteremo per sempre» annunciò James, trovando finalmente la sua
vendetta per i milioni di prese in giro nei suoi confronti.
«Ci puoi giurare».
Lily sospirò un po’ troppo profondamente per essere credibile e Mary iniziò
a ridere di nuovo. A Sirius era mancato incredibilmente quel suono e
l’abbracciò, aspettandosi di sentirne il profumo e trovandolo subito.
«Prendete una stanza…» finse di tossire Fabian e tutti risero.
«Perché tu e Marlene siete così delicati da farlo, vero?» commentò Harry
Sanders, il ragazzo che Sirius ricordò essere il primo a morire quando
frequentava Hogwarts. «Lily, prendo in prestito Pluffa, voglio farlo conoscere
al nuovo gatto di mio fratello».
«Certo, fa pure!»
«Tra due anni dovremo andare» disse improvvisamente Sirius e Lily e James
annuirono.
«Il mio Harry avrà finalmente una vita normale, dopo…» sospirò lei,
portandosi una mano al petto.
«Già, ormai il nostro bambino è grande…» commentò James con affetto.
Sirius annuì, tenendo ancora le braccia attorno a Mary e lanciando
un’occhiata a Regulus, che ricambiò con un pigro sorriso.
Era da pazzi, ma erano i suoi pazzi, quindi tutto andava bene.
Si era abituato davvero, alla fine, scoprendo anche come tenere d’occhio
Harry e gli altri e cercando di farsi sentire vicino a lui per quanto fosse
difficile. Aveva riso tantissimo ai tentativi del suo figlioccio di piacere a
Ginny, e quasi pianto, e imprecato e scommesso su chi avrebbe fatto la prima
mossa, al disastro del corteggiamento e matrimonio tra Remus e Tonks e alla
nascita di Teddy.
Non lasciò mai andare nessuno dei vivi, perché continuava a credere al fatto
che tutti loro morti fossero sempre nel cuore di chi ancora viveva e il fatto
che ne fosse convinto lo rendeva vero.
Quando arrivò la battaglia di Hogwarts tutti loro andarono verso quella che
per lui restava King Cross per incontrare Remus, Tonks e salutare chiunque
conoscessero. Non erano gli unici, molti di coloro legati al mondo magico
inglese andarono a prendere i loro cari.
Sirius riconobbe Cedric Diggory, ne aveva visto foto sui giornali dopo il
quarto anno di Harry e otteneva le informazioni automaticamente appena pensava
alle domande; il ragazzo andò subito ad abbracciare i suoi amici con
entusiasmo. Vide Fabian e Gideon avviluppare in un enorme abbraccio Fred, e
anche lui deviò un momento per salutarlo con una pacca sulla spalla a cui Fred
rispose con un sorriso scintillante e un: «Bel posticino qui, vero? George mi
ucciderà quando lo verrò a prendere».
«Ci puoi scommettere». rise lui, contagiato dalla sua positività e poi
chiamato da un gesto del braccio di James; l’amico con l’altra mano faceva il
segno dell’okay a un ragazzino biondo, che gli scattò una foto, per quanto
questo fosse in teoria impossibile post-morte.
«Harry mi sta aspettando ora…» sentì dire a Lily e per un momento vide
Snape, sorridente come non mai, salutarla con un cenno. «A dopo, Sev!»
Sirius cercò di capire cosa provasse per lui, ma ogni rancore era sparito.
Anzi, era felice di vederlo, dopo che aveva contribuito alla loro vittoria e
alla salvezza di Harry mostrandogli le sue memorie. Aveva capito tutto ormai,
tutto quello che riguardava Severus, e sapeva che anche lui si sarebbe sentito
soddisfatto, amato e felice come tutti, e che non sarebbe stato un problema
incontrarlo.
E poi vide Remus guardarsi attorno con aria sperduta e Tonks, accanto a
lui, salutare qualcuno come se fosse appena tornata dalle vacanze, stessa
disinvoltura di sempre.
«Moony, cugina!» salutò. «Chi aveva ragione a dire che sareste stati una
bella coppia?» esclamò a voce ben alta e Remus lo guardò sbalordito.
«Tonks! Incantato di incontrarti da adulta, finalmente. Ehi, ma ora è come
se lei fosse più vecchia di me o io resto...?» cominciò James, perplesso.
«Fate silenzio voi! Remus, mi dispiace ma devi aspettare. È inutile
spostarci ora, stiamo per andare a incontrare Harry... Dobbiamo accompagnarlo
nella foresta» disse Lily, portando l’ordine come sempre.
«Nella foresta?» ripeté Remus, basito. Poi si rese conto di con chi
stesse parlando e spalancò la bocca in una smorfia comica che fece sghignazzare
James, prima di lanciarsi ad abbracciare Lily e loro uno dopo l’altro.
«Quindi vinciamo noi, vero? So che Ted sarà adulto, ma…» cominciò Tonks.
«Ma ovvio che vinciamo!» la interruppe Sirius.
«Teddy è adorabile!» esclamò Lily, prendendole la mano. «Grazie per aver
chiesto ad Harry di farne il padrino! Se ne prenderà cura lui, ti prometto che
tuo figlio starà benissimo!»
«Dobbiamo andare da Harry e accompagnarlo a farsi colpire da Voldemort»
disse Remus tra sé e sé, «E poi lui tornerà in vita, se vorrà, e lo
sconfiggerà. A meno che non decida di restare… in quel caso sarà Nev-»
«Certo che lo vorrà!» sbottò James, divertito. «Non ho mai dubitato di
questo e mai lo farò, vedrai! È mio figlio, sai?»
Lily si schiarì la gola in tono di rimprovero.
«Nostro figlio, cara, hai ragione».
«Se portate via Remus, allora io posso cominciare ad accompagnare Tonks,
no?» sbottò Moody alle loro spalle e Sirius sogghignò alla faccia della cugina.
«Mad-Eye!»
«Ragazza… Non potevi proprio aspettare un’altra decina d’anni, vero?»
«Vale anche per te!»
«È il momento» disse Lily improvvisamente, afferrando il braccio di James e
apparendo ansiosa per la prima volta. James le sorrise.
«Andrà tutto bene».
«Lo so. Spero solo che Harry capisca».
«È nella foresta ora…» sussurrò Sirius, cercando di calcolare quanto ci
volesse. «In ogni caso lui è in un posto diverso da questo, perché può tornare
indietro, non lo vedremo». aggiunse e Remus annuì comprensivo.
«Certo».
«Come “certo”? Ti stai già abituando?»
«Beh, lui non è stato mangiato da una tenda».
«Che tu sia maledetto, Prongs…»
Lily scosse la testa e poi tutti percepirono la stessa sensazione e smisero
di scherzare, restando in silenzio.
«È quasi ora». le diede voce Lily.
Tonks e Moody se ne andarono senza più intromettersi, capendo che quello
era il loro momento, il momento di Harry.
«A breve ci chiamerà…» ribadì James, guardandosi attorno senza riuscire a
star fermo.
Tutti poi si sorrisero in modo confortante, cercando di darsi forza l’un
l’altro anche in un mondo in cui non c’era altro che energia e gioia, perché
nonostante tutto era un momento solenne e volevano essere al massimo per Harry.
Trascorsero i minuti e poi si trovarono immersi nell’ombra della foresta;
davanti a loro Harry: sporco di sangue, coi vestiti rovinati, bruciati e anche
loro imbrattati di rosso, col respiro affannoso e il viso di chi era
condannato.
Lo trovarono bellissimo e perfetto e in lui videro l’uomo che stava ormai per
diventare, la sua determinazione e il suo enorme amore per gli altri, il suo
coraggio e spirito di sacrificio.
Avanzarono verso di lui e sorrisero senza neanche accorgersene: insieme
un’ultima volta in quel mondo davanti al loro piccolo Malandrino, di nuovo
giovani e spensierati ma anche adulti e sicuri che Harry sarebbe stato bene.
«Sei stato molto coraggioso» disse Lily e Harry la fissò senza rispondere,
guardandola con tanto amore che lei desiderò più che mai abbracciarlo.
«Ci sei quasi» disse James. «Sei molto vicino. Noi siamo... fieri di te».
«Fa male?»
Sirius si sentì spezzare il cuore nonostante non l’avesse più. Forse era
quel mondo a favorire i sentimenti più umani e dimenticati, ma sentì l’antico
dolore alla vista di ciò che Harry stava patendo.
«Morire? Niente affatto» lo rassicurò, sapendo che perlomeno per lui non lo
sarebbe stato. «È più veloce e più
facile che addormentarsi».
«E lui vorrà che sia rapido. Vuole farla finita» aggiunse Remus
assicurante.
«Io non volevo che moriste» saltò su Harry, quasi implorante. E guardò
Remus, di sicuro pensando a Ted. «Nessuno di voi. Mi dispiace... avevi appena
avuto un figlio... Remus, mi dispiace...»
«Dispiace anche a me. Mi dispiace perché non lo conoscerò mai... ma lui
saprà perché sono morto e spero che capirà. Stavo lottando per un mondo in cui
lui possa vivere una vita più felice».
Sirius voleva correggerlo e dirgli che l’avrebbe conosciuto, ma sapeva di
non poter parlare davanti a Harry di questo, di essere lì per un altro motivo,
e tornò a guardare il suo figlioccio con amore.
«Resterete con me?» domandò infine.
«Fino alla fine» rispose James con sicurezza.
«Non possono vedervi?»
«Siamo parte di te» spiegò Sirius. «Invisibili a chiunque altro».
Harry guardò Lily e le sussurrò: «Stammi vicino» prima di cominciare il suo
cammino. Non la vide neppure annuire.
Loro lo seguirono, cercando di fargli silenziosamente sentire tutto il loro
amore, il loro appoggio, la loro sicurezza. Restarono accanto a lui fino alla
fine e, nel momento in cui Harry lasciò andare del tutto la pietra, si
ritrovarono di nuovo nel limbo, con Dumbledore che li aspettava.
Lily si aggrappò a James e Sirius si appoggiò a Remus, guardando il preside
che gli sorrideva.
«Sono arrabbiata con te» decise di dire Lily rivolta a lui. «Per Harry e
quello che ha patito e sta patendo».
«Lo so» disse Dumbledore.
«Ti perdonerò» aggiunse lei.
«Sei una madre» disse il preside nel medesimo tono.
Sirius non era sicuro di aver capito se intendesse dire che le madri
perdonavano sempre o se era normale che come madre riuscisse a essere
arrabbiata con lui anche in quel luogo, ma non si premurò di indagare, volendo
soltanto tornare indietro e sentire la gioia della fine della battaglia.
«Mancano Frank e Alice…» disse Remus. «Ma ragazzi, perché siamo alla
Stamberga?»
«La Stamberga?» ripeté Sirius, schifato. «NO!»
«Paga…» canticchiò James.
«Paga cosa?» protestò lui e sentì un peso premere dentro le sue tasche e un
tintinnio di monete. «Non è possibile…»
«Ci vuole ancora tanto per Frank e Alice, ma arriveranno anche loro…»
rispose intanto Lily. «Saremo di nuovo una grande famiglia riunita nello stesso
luogo».
«Remus, vedi qualcosa intorno, per farci andare via?» domandò James,
guardandosi indietro un’ultima volta come se si aspettasse di rivedere Harry.
Sirius poteva ben capirlo.
«Ippogrifi». rispose l’amico con sicurezza.
«Oh, Godric…» fece Lily, divertita, e una civetta bianca come la neve le si
posò su una spalla. Gli occhi di Remus si sgranarono.
«Quella…»
«Già» sorrise lei.
«Avada Kedavra!»
«Expelliarmus!»
Le urla di trionfo riempirono la casa e Sirius si ritrovò a ballare con
Mary, baciare le guance di Lily, prendersi a vigorose pacche sulla schiena con
James, Remus e Fred, che stava facendo scoppiare fuochi d’artificio con gli
zii, e anche cantare con Tonks, fino poi a mettersi ad applaudire insieme agli
altri ad Harry, come facevano le persone piangenti in Sala Grande.
«Ce l’abbiamo fatta…» mormorò Lily.
«È finita…» aggiunse James con un sospiro di soddisfazione.
«Lo sapevo» sorrise Remus.
«È il mio figlioccio, che volete» rise Sirius. Mary gli diede una gomitata.
«Figlioccio o no…» intervenne la voce di Snape proveniente dal divano su
cui se ne stava seduto a bere tè con Dumbledore. «Sai come chiamerà il suo
secondo figlio?»
Sirius restò in silenzio per un momento e poi si portò le mani ai capelli,
«MERLINO SANTISSIMO! UN SEVERUS POTTER! PEGGIO CHE MANGIATO DA
UNA PIANTA!»
«PADFOOT!»
«Ti stavo aspettando» disse Frank e Alice rise di cuore, abbracciandosi e
volteggiando con lui, prima di correre tra l’erba verso l’alba, sicura che
quella fosse la strada giusta. Tra qualche anno, molti per loro fortuna,
sarebbe stato il turno di Neville e Harry, e Hannah e Ginny e gli altri, ma ora
era il loro di riunirsi all’altra famiglia, e quando gridò: «CAPITANO!» e si
gettò tra le braccia di Lily, con Frank che rideva alle sue spalle e tutto
l’Ordine dietro l’amica, sentì finalmente la pace completa, perché sapeva che
sarebbe andato tutto bene.
Andava tutto bene.