Ciao! Ehi, quanto tempo… cavoli!! Bhè, eccovi finalmente un
nuovo capitolo… grazie ancora per le splendide recensioni… mi hanno davvero
resa felice! Spero che questo capitolo vi piaccia…. Un bacio immenso!
Capitolo 17
Parole tra noi
Ginny non parla. Accarezza i capelli corvini di Harry, il suo
capo appoggiato morbidamente nel proprio grembo.
Non vuole svegliarlo. Ha bisogno di dirgli tante cose, ma
improvvisamente può aspettare. Giorni, mesi, anni. Non le importa. L’unica cosa
che conta adesso, nella sua mente, è non doversi separare da lui.
Harry apre gli occhi. Sfiora la pella nuda di Ginevra sotto di
se. Si lascia cullare con dolcezza.
-Gin…- quel nome sulle sue labbra lo riempe di una felicità
immensa. Per anni è stata l’unica cosa in grado di fargli sentire che lei
esisteva. E adesso, a quel piccolo richiamo, sa che ci sarà una risposta.
-buongiorno…- roca, sorridente, sensuale. Harry dischiude le
labbra e lei le accarezza con le dita bianche e fresche.
Le prende una mano. –buongiorno a te…
Silenzio. Morbido, ovattato, pieno. Silenzio. Il sole appoggiato
sull’orizzonte, le onde che danzano ai loro piedi. Silenzio. E entrambi sanno
che devono riempirlo.
-Ginny, io…
-lo so. Dobbiamo parlarne.
-sì.
Gin annuisce piano. –dimmi tutto quello che mi devi dire, Harry.
ma prima di prendere una qualunque decisione, ti prego, aspetta di sentire
quello che ho da dirti anche io, questa volta.
“questa volta”. Perché l’altra volta non ti ho permesso di
ribattere. Di essere felice. Di essere innamorata. Come tu eri. E adesso? Cos’è
cambiato adesso?
Harry si alza. Il petto nudo scintilla nella brezza della
mattina. Ginevra rabbrividisce, privata improvvisamente del calore del suo
corpo.
-va bene.
Ginny annuisce. Non ha il coraggio di guardarlo. Chiude gli
occhi. Sorride appena, momentaneamente sazia di quell’amore che per tanto tempo
aveva cercato nei ricordi.
Non parla. Non vuole che lui senta la speranza, la paura nella
sua voce.
-Ginny, io… mi dispiace.
Quelle scuse restano sospese per aria, le sferzano il viso come
una carezza.
Annuisce.
-lo so.
-pensavo di fare bene, a sparire. Guardami Ginny. non sono
l’Harry Potter di cui ti sei innamorata.
-e io non sono la Ginny Weasley che si è innamorata di te.-
semplice, innocente, vera, quella frase lo riempe di tristezza.
-durante il viaggio che è finito con la morte di Voldemort… io…
pensavo in continuazione a te. A quanto fosse ingiusto che non potevamo essere
felici. Ma poi, quando mi sono trovato a due passi dalla fine, ho guardato al
di la di Voldemort, e mi sono accorto che non vedevo nulla. Non vedevo la bella
vita per cui avevo sempre lottato, Ginny. non potevo pensare di aver spinto a
morire tante persone che amavo, di aver distrutto tante cose, solo per arrivare
a battere un uomo, la cui vita o morte, dipendevano solo da me ancora una
volta. E improvvisamente, Ginny, anche io dipendevo da lui. mi sono accorto che
comunque sarebbe andata, io non sarei mai più stato uguale.
Ginny vorrebbe abbracciarlo. Vorrebbe baciarlo, arginare quel
fiume di parole, quella tristezza, quel disperato pentimento. Ma
improvvisamente è ancora la bambina innamorata di tanto tempo prima. E ha paura
per lui, proprio come allora. Come quando vedeva che stava male e non poteva
fare niente per lui. in mezzo a tanti avvenimenti, lei voleva solo prendergli
la mano, dirgli che c’era. Si mette a piangere. È come quando Hermione era
stata pietrificata e lui stava male. Cercava il modo per salvarla. E nessuno,
nessuno, si fermava nemmeno un secondo per abbracciarlo. Come quando Sirius era
scappato di prigione e tutti credevano rischiasse la vita, e quando poi lui
aveva saputo il collegamento di Sirius con il suo passato. tutti li a dirgli di
non fare niente, di stare attento, e nessuno che lo abbracciasse semplicemente.
E durante le prove del torneo… quando tutti pensavano solo al fatto che lui
dovesse vincere, senza fargli sentire nemmeno per un momento che non importava.
E poi la morte di Cedric… e l’Ordine. Mai come in quell’estate lei avrebbe
voluto abbracciarlo, medicare le sue ferite, fargli sfogare la sua rabbia. E
poi ancora, verso il momento in cui lo pensavano addirittura impossessato da
Voldemort. Solo parole aveva avuto a disposizione per fargli sentire che era
li. E imprivvisamente aveva smesso di essere la “Ginny timida e innamorata”.
C’era Michael, c’era Dean… ma a lei non importava davvero di loro. No. quando
Sirius era morto, lei avrebbe mandato a fuoco tutti quei corteggiatori privi di
spessore anche solo per asciugare quelle lacrime che Harry non versava. Quando
era morto Silente, lei c’era riuscita. Era li. Era al suo fianco. Lo aveva
abbracciato, preso per mano. Aveva atteso con lui che tutto passasse. E
cos’aveva avuto in cambio? Una porta chiusa, una prigione in una valle di
ricordi e di momenti che non poteva riprendere con se.
-lo sapevo Ginny… ero già diverso. Ma quando Voldemort sarebbe
morto, io sarei morto un po’ con lui. era stato lui, la causa del mio dolore,
la causa del dolore di tutti voi. E io volevo solo vendicarci. Ma poi, cosa ci
sarebbe stato poi? Sarei stato un sacco vuoto, accasciato e dimenticato. Sarei
vissuto di rimpianti. Voi avevate dato tanto per me… volevo solo, davvero,
volevo solo che voi aveste la possibilità di essere un po’…normali.
Ginny singhiozza.
-lo so, lo so che non è stato così… che tu ti sei chiusa in una
casettina sperduta, che Ron è morto e Hermione è sola…
Gin scuote il capo. –Harry…
-nel momento in cui Voldemort è morto, è caduto ai miei piedi
sotto il peso di tutto quel potere, morto, come tutti lo sognavamo… ho visto
svanire tutto quello che mi aveva reso speciale. Quello che aveva reso speciale
la mia vita. Ho immaginato le vite perfette che vi eravate già preparati e mi è
venuto il panico. Io non sarei stato in grado di essere felice… già mi vedevo
Ron e Hermione e Lily, seduti intorno al loro tavolo della cucina, tutti
felici…
-Harry…
-sapere che invece è andata male è stato terribile… ho fallito,
fallito di nuovo… mi mancate, Ginny, mi mancate da matti. Tu, certo. ma anche
Hermione, il suo fare da rompipalle… e Ron, oh Ron…- un singhiozzo roco. –è
morto per me…
-non è morto, Harry.
lui si volta verso di lei. Sorride timidamente. –cosa?
-era scappato, anche lui. perché pensava… pensava di non poter
costruire niente senza di te.
Piangono entrambi, pieni di paura, di rimorso. E di speranza,
adesso.
-cosa?
-sì, hai capito.
Harry si alza. –ho rovinato tutto. tutto… vattene Gin. Vattene.
Gin si prende la testa tra le mani. Tutte le volte in cui
avrebbe voluto correre da lui e non aveva potuto le baluginano nella mente. Una
dopo l’altra, tutte le occasioni di amarlo che non ha potuto afferrare al volo.
-no, Harry. non questa volta.- Sospira -ti prego… Harry, non me
lo fare. Non me lo merito.
Harry si ferma, le da le spalle. Sospira. Lei non si muove.
-dopo tutti questi anni non mi merito di essere di nuovo
infelice.
-non posso pensare di aver rovinato tutto.
-è già successo, Harry. ora hai una nuova opportunità, non la
sprecare. Per favore.
-no, Gin…
-cazzo, possibile che dopo tutto questo tempo riesci a essere
così smidollato? Perché ci vuole solo questo, adesso: coraggio Harry, coraggio.
Quello che hai usato per lasciarci tutti, non lo puoi trovare per tornare da
noi?
Harry resta in silenzio, spiazzato.
-ho dovuto sopportare anni e anni di sguardi addolorati, di
condolianze silenziose, di mezzi sorrisi impietositi, solo perché non volevo
nessun ragazzo, nessun uomo. Solo te. Ma non lo facevo per aspettarti, perché
mi sentivo in colpa, o per qualche strana eroica ragione. Lo facevo solo perché
volevo solo te. Per più di 10 anni, io ho sperato che tu potessi riapparire
nella mia vita e renderla speciale come gia avevi fatto una volta.
Harry scuote il capo. Non vuole ascoltare. Non vuole cascarci.
-immagina di essere ancora a Hogwarts. Immagina di aver finito
la punizione con Piton e di correre alla torre di Griffondoro. Immagina di
aprire la porta, e io ti corro incontro. E ti abbraccio, come avevo sempre
sognato di fare. Una volta hai scelto di baciarmi e mi hai imprigionata in
questa vita. Triste, patetica, ma quella che volevo. Questa volta puoi
scegliere: lasciarmi andare, precipitare in una banalità che mi terrorizza, o
baciarmi, prendermi per mano, e non so cosa succederà. Non ti posso promettere
che vivremo per sempre felici e contenti. Non ti posso promettere che avremo
tanti bambini tutti belli e felici, che avrai sempre la cena deliziosa, e il
letto preparato… ma ti posso promettere, che io non mi tirerò indietro. Che io,
semplicemente… ti amerò. Perché ti ho sempre amato. E ti amo tutt’ora. E non è una
cotta. E non sei una cosa passeggera. Sei Harry, il mio Harry. e io voglio che
siamo felici. insieme.
Harry aspetta. Si volta. Lei è ancora immabile, i ricci che le
ballano sulla schiena nuda, sull’elastico del reggiseno di pizzo. Le spalle le
tremano appena sotto il peso di piccoli singhiozzi. Chiude gli occhi. Eccoli,
davanti a lui, quegli ultimi anni di vita in cui l’aveva sognata. E adesso lei
è li, e vuole semplicemente amarlo…
Le si avvicina, le mette una mano sulla spalla.
-se mi volto, mi bacerai?- sussurra Gin.
-voltati, e lo scoprirai.
Ginevra gira la testa piano, il sole brilla sulle sue guance.
Harry si appoggia alle sue labbra. Ginny risponde al bacio. lo abbraccia,
nasconde il viso nel suo collo. lui la prende in braccio e cammina nella sabbia
verso la piccola casa bianca dei suoi sogni, insieme, come nei sogni
d’entrambi.
Nella folla di mani, di teste, di zaini, di piccole gambe di
tanti bambini, Ron ha paura di non riconoscere sua figlia. L’ha vista per pochi
istanti, quei pochi istanti che hanno preceduto un problema molto più grande:
la risposta alla domanda che per anni e anni aveva tormentato la sua mente:
Hermione mi ama ancora? Adesso la risposta ce l’ha. Sì. Ma al puzzle dei suoi
progetti manca un piccolo essenziale pezzo: Lily. La sua reazione. Le sue
speranze.
Le sue paure. Il suo giudizio.
-ciao.
Si volta. Eccola. Lui non ha mai avuto una buona memoria. Forse
quella l’ha ereditata da sua madre.
-ciao Lilian. Come stai?
-bene. tu?
-bene, bene. tieni.
Le tende il bricco di carta con la cioccolata calda che ha
comprato per entrambi.
-non sapevo cosa prenderti per la merenda, e ho pensato alla
cioccolata. Se non ti piace buttala pure, eh?
-ma ti pare! Io adoro la cioccolata.
-bene, anche io.
Sorridono appena. –ti va, ehm, di… fare due passi e… bhè…
parlare?
Lily annuisce. –ti manda la mamma, vero?
-anche.
-dove andiamo?
-sei mai stata a Diagon Alley?
-dove?
-vieni, dai. Possiamo andare al lavoro da tua mamma, dopo.
Lily alza un sopracciglio, chiedendosi di che lui stia parlando.
Ma lo segue. Le piace il modo in cui cammina, trascinandosi dietro i piedi,
come afflitto da una grande fatica. E il modo in cui sorride assaporando la
cioccolata. Come se da molto tempo non fosse felice, ma ora lo sia davvero.
-di cosa vuoi parlare?- chiede Lily piano, esitante.
-di…
-te? Me? mamma? Harry?
-sì, credo.
-senti, voglio dirtelo fin da subito. Io non posso avere un
padre. Non adesso, non così. Magari pian piano… ma non subito. Ho vissuto in un
modo diverso da quello che avrei voluto, da quello in cui chiunque avrebbe
voluto. Ma ho vissuto. E la mia non è stata una brutta vita, capito? Io e la
mamma siamo state bene, in un modo o nell’altro. Lei è fantastica, e noi siamo
amiche.
-io non voglio arrivare ed essere per te un padre. Voglio solo
provare a essere… qualcuno.
-qualcuno come uno degli uomini senza senso che la mamma ha
cercato di infilare nella nostra vita? Uno di quelli che un giorno c’è e il
giorno dopo è sparito, all’inizio senza spiegazione, e poi, man mano che gli
anni sono passati, con spiegazioni troppo accurate?- Lily scuote il capo, con
tutta la rabbia e la frustrazione che per 11 anni non ha saputo contro chi
direzionare, e ha dovuto tenere dentro di se. E improvvisamente, sa benissimo a
chi riservarla. E lo vuole fare, perché sua mamma si era presa colpe che non
aveva. Quello era suo padre: un uomo stanco, fallito. Un uomo che era scappato
dalla vita… suo padre. Che schifo. –senti, mi dispiace. Io non sono così… io
non sono cattiva. Davvero. Ma lei è la mia mamma. E per 11 anni ci siamo
sforzate di essere tutto l’una per l’altra: madre e figlia, amiche, compagne di
vita, compagne di stanza… tutto. tu non c’eri, non c’eri quando piangeva,
quando era malata, non c’eri quando era triste, quando un uomo la lasciava…
cavolo, non c’eri. E non c’eri quando io ho imparato a camminare, a parlare, a
scrivere. Quando mi sono presa la varicella, o sono stata ossessionata dalle
fate… non c’eri, e adesso non ti puoi imporre nella nostra vita, non così.
-io non lo pretendo, Lilian. Non sono qui per il tuo perdono. So
già che non puoi darmelo. Non sono qui per essere compatito, o per raccontarti
una storia che già di certo sai. Non sono qui per supplicarti di darmi una
possibilità… sono qui solo perché vorrei conoscerti. Vorrei avere l’occasione
di amare tua madre ancora una volta, anzi, di dirle ancora che la amo, perché
per 11 anni io non ho fatto altro che pensare a lei, a te, a voi, a noi.
-io te la voglio dare.- lo interruppe lei.
-cosa?
-un’occasione. Di renderla felice.
-davvero?
-sì. L’ho vista felice… ma mai… come dire? Serena. Era sempre in
attesa… in attesa di qualcosa. E ora so di cosa: del tuo ritorno.
-e ora che sono tornato… lei mi ama ancora Lilian, e io amo lei.
Ma qui non è solo questione d’amore. E non è più questione di me e lei. Siamo
stati noi la questione per anni e anni… e non siamo mai riusciti a deciderci.
Ora siamo grandi, e i nostri problemi vanno messi da parte. Per te.
-il problema è… cosa ne sarà di noi? Sì, insomma… non posso
cacciarti dalle nostre vite. Ormai ci sei. Non posso farlo, capisci? Ma come
posso tornare qui, anno dopo anno, e vederti diventato parte del mio mondo
senza che io nemmeno ti conosca? Come posso passare con te l’estate, giocare
alla famiglia… senza sapere niente di te? Senza sentire davvero che sei parte
di questa famiglia? Guardarti, e pensare… lui mi ha già lasciata una volta.
-lo so, lo so Lily. È difficile. È un casino. È un errore, il
mio.
-come faccio? Io… io ho bisogno di tempo. Di pensare. Di
riordinare le idee… non posso scegliere per voi, ma per me sì. E ho bisogno di
scegliere, Ron.
Ron annuisce, sospira. Lei è li, piccola ma così donna, con
quello sguardo forte, con quell’aria di superiorità. E ha in mano il suo
destino, così come un tempo lui aveva avuto in mano quello di Lily.
La bambina si mette una mano trai capelli, sospira.
-di’ alla mamma che ci vediamo a casa.- dice. –mi dispiace. Non
voglio rovinare tutto, ma in questo momento… ho paura.