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Autore: Rupertinasora2    23/09/2011    1 recensioni
[Sequel de "Il progetto segreto del Ministro della Magia"]
Hogwarts. I giorni della grande battaglia sono finiti ormai da anni, e tra le mura dell'accademia magica più famosa passeggiano i figli dei più grandi maghi che presero parte alla battaglia.
Dopo che Hermione ha scoperto il doppio gioco di Belial, e che Draco è morto per vendicare la sorte di Scorpius, la vita ad Hogwarts pare essere tornata alla normalità... solo per essere di nuovo stravolta.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dark, secret destiny '
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1.
Un patto resta sempre un patto

 
 
 
 
Era notte fonda, e un ragazzo guardava il paesaggio di cui poteva godere stando in alto, sulla torre del castello. L’enorme distesa verde sotto di lui era coperta da un manto così scuro che, se non ci fosse stata la luna quella notte, non avrebbe saputo distinguere il limitare tra il parco del castello e la Foresta Proibita, e non avrebbe saputo dire dove finiva la distesa di alberi e iniziava il cielo.
I suoi capelli biondi parevano neri quella sera, ma gli occhi color del ghiaccio non potevano essere confusi con quelli di nessun altro. Dietro quell’iceberg si nascondeva un segreto che il ragazzo mai avrebbe voluto far conoscere a nessuno. E se si pensava che lui e la sua famiglia fossero i più cattivi del mondo magico, ci si sbagliava. Aveva imparato il significato della pietà e della compassione. Aveva imparato cosa significava essere un emarginato.
Fece un fischio, cercando di non pensare al suo passato.
Un gufo nero, con delle piume bianche, planò sul braccio che aveva alzato a mò di sostegno. Sul suo viso si dipinse un piccolo sorriso, che in realtà era una specie di ghigno triste. Guardò negli occhi quel gufo così mansueto, che gli ricambiò uno sguardo silenzioso e pieno di significato con quegli occhi azzurri che gli ricordavano la mamma.
- Non preoccuparti, Oberon. Tutto andrà bene. –
Il gufo bubolò. Si strinse a lui, quasi come se volesse abbracciarlo, e strofinò il volto sul collo di Scorpius. Si scambiarono un ultimo sguardo, mentre a Scorpius si stringeva la gola per l’apprensione verso quel gufo, che, dopo aver aperto le ali,  spiccò il volo, andando incontro alla notte.
Il biondino stette ad osservarlo ancora un po’, poi si chiuse nel mantello. Insieme al corpo voleva nascondere quelle cicatrici sul suo corpo, nascondendo così anche il suo segreto.
Chiunque avrebbe dato qualsiasi cosa per scoprire il segreto di Scorpius Hyperion Malfoy. Nessuno ci sarebbe riuscito.
Almeno per ora.
Scorpius sospirò, gettò un ultimo sguardo al silenzio e alla pace che si stava lasciando alle spalle, e a quel gufo che ormai non si vedeva più all’orizzonte.
Inspirò a fondo l’aria gelida della notte, e si tuffò ancora una volta nel castello, la sua prigione.
 
Un rumore fastidioso, ma così fastidioso che non riusciva a smettere neanche quando James si coprì le orecchie con il cuscino su cui aveva dormito quella notte, lo costrinse ad aprire gli occhi.
- Ma che palle!- sbottò lui, cercando tastoni la sveglia. Con un gesto brusco non la prese, ma la lasciò cadere per sbaglio a terra. Imprecò per l’ennesima volta.
Si mise a sedere e si scompigliò i capelli che già erano ribelli. Sbadigliò, e non si premurò di mettere la mano davanti alla bocca.
Il guaio era serio. Aveva preso in mano le redini di una squadra che non aveva più vinto costantemente a Quidditch, lasciando il merito e la gloria ai Serpeverde. Non si poteva assolutamente sentire. Nonostante fosse entrato in squadra al suo secondo anno, e come Cercatore era stato il migliore degli ultimi vent’anni, e avesse preso più boccini di quanto i cercatori di Serpeverde avessero fatto, la squadra perdeva in mancanza di buoni Portieri e Cacciatori. Era stanco di vedersi sfilare per un soffio la Coppa di Quidditch dalle mani, così aveva costretto la squadra a riunirsi per l’allenamento fin dalle cinque del mattino, e l’avrebbe fatto almeno due volte a settimana, costringendoli negli altri giorni ad allenarsi fino a mezzanotte e, perché no, anche dopo. Peccato che neanche lui avesse così tanta voglia di alzarsi presto o finire tardi con tutte quelle sedute di allenamento.
L’unico motivo per cui aveva deciso di non scaraventare la sveglia dalla finestra della stanzetta era la sua mania di competizione, e la sua smania di gloria. Non avrebbe lasciato che qualche altra Casa gli avesse soffiato la Coppa ancora una volta, quindi gli sarebbe servita ancora per un bel po’.
Lento come un bradipo, forse anche di più, si alzò dal letto, accompagnando quel gesto con un altro sbadiglio. Non avrebbe dovuto restare sveglio fino a tardi la sera prima a fare baldoria, ma, ehi! lui era fatto così. Peccato solo che la sua bella ragazza corvonero, Angel Portbell, non fosse lì in quel momento. A lui però non era dispiaciuto, dal momento che aveva ottenuto delle attenzioni interessanti da un’altra ragazza niente male. Ora che ci ripensava, non poteva fare a meno di pensare che Isabella Serinda Malfoy fosse la ragazza più attraente che avesse mai visto. Era perfetta, con il suo viso ovale, gli occhi così chiari da sembrare ghiacciati, le labbra carnose e il naso leggermente all’insù. Una massa di capelli morbidi e neri le ricadeva sulle spalle, che erano il preludio a un corpo da paura, tanto era magra e, sebbene non fosse poi così alta, aveva un portamento che avrebbe fatto invidia a chiunque.
Scosse la testa. Doveva liberare la mente da quei pensieri. Lui aveva già Angel, e l’amava. Senza contare che ad Angel serviva protezione.
Sospirò e si andò a fare una doccia gelata nel bagno.
Sotto il getto d’acqua che gli massaggiava la pelle ripensò ad ogni momento passato con Angel, a come l’aveva conosciuta, a come era riuscita a rinnegare ogni cosa pur di stare con lui.
Sorrise felice. Ben presto sarebbe riuscita a farla parlare, e così non sarebbe stata più schiva, neanche con lui. Il suo sorriso si allargò mentre rimuginava su quel piccolo particolare: sarebbe stata sua.
James uscì dal bagno e indossò la divisa dai colori rosso e oro dei Grifondoro.
Quanti ricordi erano legati a quella divisa. Sospirò e uscì dalla stanza. Scese nel silenzio le scale che lo portavano alla sala comune, attento a non fare rumore per non far svegliare i compagni di Casa.
Quando mise piede in sala comune, si stupì di trovare Isabella già pronta con la divisa , gli stupendi e morbidi capelli neri legati dietro la testa in un elegante chignon. Anche vestita sportiva aveva quel non so che di elegante che nessuna sarebbe riuscita ad eguagliare. Forse era tutto merito di quegli occhi di ghiaccio che anche il cugino aveva ereditato dal padre.
- Come mai sei già qui?- le chiese.
Isabella si alzò dal divano, sul quale era seduta, e gli si avvicinò. I colori dei Grifondoro erano perfetti su quel corpo snello e atletico tipico dei Malfoy.
- Potrei fare a te la stessa domanda, capitano-. Lasciò del tempo prima di riprendere, che riempì avvicinandosi a James per dargli un amichevole bacio sulla guancia. Accadeva di rado che lei si mostrasse così gentile con uno come lui, con un Potter, ma glielo doveva in fondo: era stato lui a volerla in squadra, in cambio delle sue prestazioni scolastiche. – E poi, dobbiamo parlare di quella pozioncina carina carina…-
- Sono tutto orecchi- affermò James, posandole una mano su un fianco. La sua natura di galantuomo faceva si che non poteva resistere al fascino di una bella donna.
- E’ quasi pronta, ma manca ancora un ingrediente-
James si adombrò. – Cosa manca ancora? Ti ho preso tutto quello che serve!-. Come dimenticare quelle sere in cui l’adrenalina gli era arrivata fino ai capelli, il cuore in gola, e sotto i vestiti tutti gli ingredienti “presi in prestito” dal magazzino di pozioni.
Isabella allargò il sorriso sghembo, così simile a quello di Scorpius da fargli prudere le mani. Odiava quando faceva così la saputella.
 - Mancano dei peli…pubici- aggiunse in un sussurro.
- Di chi?- Quella faccenda iniziava a non piacergli.
- James Sirius Potter, non essere sciocco! Ovviamente sto parlando di Wilde, Eric Wilde, l’ex di tua sorella Lily, o già te ne sei dimenticato?-
James alzò gli occhi al cielo, contrariato ancora una volta da quella pozione. Avrebbe potuto fare una fattura a Wilde, e invece no! Aveva fatto un patto non con una Malfoy, ma con un diavolo.
Sospirò. – Vedrò cosa posso fare…-
Isabella ridacchiò. – Se riesci a convincermi, potrei provvedere io stessa- disse, lasciando intendere malizia nelle sue intenzioni.
James, se fosse stato più ingenuo, sarebbe arrossito, invece ricambiò lo stesso sorrisetto alla fanciulla. – Non provocarmi, Malfoy, potrei non disporre delle mie azioni..- le sussurrò pericolosamente, afferrandole i fianchi e avvicinandola a sé.
Isabella lo lasciò fare, tenendo mollemente le braccia lungo i fianchi.
- E allora vedi di procurarmi ciò che mi serve. In fondo, sto facendo un piacere a te-
Con un’espressione trionfante, si voltò e si allontanò dal ragazzo, precedendolo verso il buco del ritratto.
- Forza, capitano. Non vorrai mica fare tardi il tuo primo giorno di lavoro di quest’anno-
 
 
Alchimia. Ecco la parola che incessantemente vagava per la testa di James Hammer in quel momento. Sfogliava svogliatamente un libro di Storia della Magia preso in prestito dalla biblioteca il giorno prima, ma in quel momento non gli interessava molto.
Alzò il volto a guardare la candela di cera che illuminava il suo letto. Sopra lo spartano comodino vicino al letto c’era una foto dei ragazzi del suo anno di Corvonero, la sua Casa, che lo salutavano e si facevano i dispetti. Ai piedi di questo, una pila di libri della biblioteca di Storia della Magia minacciava di cadere per il poco equilibrio. Tutt’attorno al suo letto c’erano quelli di altri quattro ragazzi che dormivano beatamente ormai da ore. Era rimasto il solo a essere rimasto sveglio in quella notte.
Ciò che aveva scoperto quell’estate era tutto per lui, come una rivelazione. Era stato come aver scoperto per la prima volta di essere un mago, aveva avuto le stesse sensazioni. Era riuscito a trasmutare delle cose con il solo volere e il tocco della mano. Ricordava solo di essere stato molto arrabbiato quando quel potere nuovo si era manifestato.
Si guardò ancora una volta la mano destra, come ormai faceva già da più di un mese.
Sospirò, chiedendosi se quel babbano si fosse ripreso. E, stranamente, il Ministero non era intervenuto, come invece credeva.
Tornò a sfogliare il libro, cercando di allontanare i pensieri che non voleva che gli tornassero alla memoria, cercando accanitamente quel nome. Il nome del Master. Chi era quel Master? E dove poteva mai trovarsi? Era inevitabile che iniziasse a farsi delle domande. Fino a quel momento, aveva scoperto che i libri parlavano di un solo alchimista: Nicolas Flames, ovviamente morto da qualche decennio, con la distruzione della pietra filosofale per opera di Harry Potter. In quel momento ringraziò il Capo Auror con parole un po’ colorite. Se fosse stato Flamel il Master, allora era nei guai. Avrebbe dovuto imparare tutto ciò che serviva da solo.
La sua attenzione fu colta da una frase interessante: “Coloro che di magia non dispongono, non si disperino giacchè neppure il mago dei maghi ne conosceva l’esistenza. Il Master è colui che può capire, colui che può insegnare, colui che può guidare.”
Ancora una volta, il Master era nominato in un altro libro di Storia della Magia. Ma chi mai poteva essere quel Master?
Chiuse il libro e lesse l’autore. Era intenzionato a mandare un gufo a chiunque avesse anche solo accennato il Master nei propri libri. Il nome che lesse lo colpì: John Patrick Mason. Aveva già sentito quel nome, ma non ricordava dove.
All’improvviso sbadigliò. Guardò l’orologio, stropicciandosi un occhio. Erano le cinque. Chiuse il libro e spense la luce.
E’ meglio dormire un po’. Tra qualche ora ho lezione con i Serpeverde, si disse. Non potè far altro che sghignazzare. Adorava battibeccare con Scorpius, e sapeva che anche per il biondino era lo stesso. Ora come non mai sentiva di essere molto simile al rampollo di casa Malfoy. Entrambi custodivano un segreto. Chissà se anche Scorpius avesse scoperto di possedere poteri non comuni neanche per i maghi.
Si rigirò nel letto, cercando di prendere sonno, ma l’agitazione era tanta. Era sicuro che quei poteri fossero quelli di puri alchimisti.
Era deciso a trovare questo Master, e per quello avrebbe mandato l’indomani una lettera a Mason. Se questi non gli avesse risposto, avrebbe continuato. Eppure, aveva già sentito questo nome.
Mentre rimuginava a dove avesse potuto sentire quel nome, scivolò in un sonno leggero ma tranquillo.
 
 
Stesso nella torre di Corvonero, mentre c’era qualcuno che si addormentava, c’era qualcuno che si svegliava di soprassalto.
Emma si tirò a sedere, con il volto imperlato di sudore, muovendo a destra e a manca lo sguardo, in cerca di qualcosa di sbagliato in tutta quella faccenda.
Allungò una mano e trovò il corpo di Murtagh profondamente addormentato.
Ancora ansimante per il sonno di prima, Emma si accucciò vicino a Murtagh, tenendosi stretta a lui. Nel sonno Murtagh si mosse e le si allontanò.
Così Emma, per non soffrire per quel gesto, si voltò dall’altra parte. Inconsciamente Murtagh poteva essersi allontanato da lei, ma scacciò via quel pensiero, sperando che si stesse sbagliando. Murtagh non poteva abbandonarla. Sapeva che il suo Corvonero, in quel tempo, era molto irrequieto. Venire a sapere che sua sorella, Angel, era fidanzata da ormai un anno con James Potter era stato un duro colpo. In realtà, Murtagh non aveva mai pensato che Potter fosse un vero e proprio rivale, una spina nel fianco, ma erano distanti anni luce per “schieramento politico”, diciamo così.
Emma chiuse gli occhi, e ripensò a tutto quello che fino a quel momento era successo. Ripensò a quella splendida serata, in cui il cielo limpido lasciava guardare chiaramente tutte le stelle, che brillavano in cielo. Ripensò a quel bacio sognato, agognato, con Murtagh. Si rivide mentre ricambiava il suo sguardo fermo e deciso, e innamorato. E poi ripensò a quella volta in cui aveva capito il significato di tutti quei segreti da parte di lui. Era accaduto tutto in uno stupido Luna Park, quando ci fu un attentato da parte dei Resistenti. Le sembrò di rivivere quei momenti.
Il calore era tanto, e le fiamme mangiavano quei muri fatti di cartone. Da qualche parte fuori da quella stupida casa dei fantasmi, qualcuno urlava e scappava. Sopra le urla si sentivano incantesimi e grida straziate di chi avrebbe voluto che quell’incubo finisse.
Lei era rinchiusa in una stanza, l’aria le mancava, ormai le fiamme ben presto sarebbero avvampate anche in quell’unica stanzetta al secondo o terzo piano. Era salita come una matta su tutte le scale, dato che non poteva scendere. Aveva pregato solo perché in quel momento credette che qualcosa o qualcuno potesse arrivare per aiutarla.
In quella stanza non era sola. Un uomo incappucciato, con un mantello nero, sembrava aspettarla. Era immobile, incurante del fumo e delle fiamme che stavano arrivando. Era come una statua.
Emma si soffermò, tossì. Cercava aria, ma non la trovava. Si mise la mano sulla bocca, mentre con l’altra cercava tremante la bacchetta. Imprecò mentalmente perché non riusciva a trovarla.
L’uomo fece un passo in avanti.
Le si rizzarono tutti i peli dietro la nuca, mentre un brivido le percorse tutta la schiena. Si mosse all’indietro, ma inciampò in qualcosa e cadde.
Il legno sotto ai suoi piedi cedette, e quella sensazione di vuoto le mise tanta di quell’adrenalina addosso che non riuscì a non urlare.
L’uomo si mosse repentino e la prese giusto in tempo. La tirò su e la strinse con forza.
Emma ormai era confusa. Era stata salvata da chi avrebbe volentieri ucciso gente come lei, e ora lui la stava stringendo come se fosse stata la cosa più preziosa e aveva rischiato di perderla.
Lo sentì piangere, e all’improvviso sbiancò più di quanto non avesse fatto prima. Con una mano alzò lentamente il cappuccio all’uomo. Rimase paralizzata nel vedere Murtagh.
-  Tu…-. Non aveva neanche la voce per esprimere i suoi pensieri. Era rimasta traumatizzata.
Murtagh era un Resistente.
Prima che potesse dire altro, o che lui potesse aggiungere qualcosa, un altro essere incappucciato arrivò a cavallo di una scopa, tenendone un’altra in mano.
- Cammina, Murtagh! Dobbiamo andare, qui crolla tutto. Abbiamo vinto! Ora dobbiamo scappare!-
Era la voce di donna, ed Emma immaginava chi fosse. Quando la nuova arrivata di fermò dietro Murtagh e riuscì a vedere, incrontrò gli occhi e lo sguardo di Emma.
Emma la sentì sospirare.
- Questa non piacerà a lui, spera che la Tassorosso abbia abbastanza buon senso da fare quello che le chiederà-
Detto questo, Murtagh la fece salire sulla scopa.
Proprio in quel momento si sentì un boato dietro di loro. Le fiamme avevano raggiunto il posto dove si trovavano. Emma tossì, e aggrappandosi a Murtagh volò con lui e la sorella Angel fuori da quell’inferno.
Emma scosse la testa, allontanando quei ricordi dolorosi, e si rigirò verso Murtagh. Aveva un viso molto dolce quando dormiva. Sorrise piano.
Murtagh mugulò e aprì piano gli occhi.
- Già sveglia?- le chiese, con la voce impastata di sonno.
Emma gli sorrise piano e scosse la testa. – Starei a dormire se non fosse che un brutto sogno mi ha svegliato-
Sul voltò di Murtagh lampeggiò un’espressione preoccupata. – E‘ successo qualcosa?-
Lei scosse la testa. – Niente, solo un brutto sogno-. Si accucciò accanto a lui, e chiuse gli occhi, mentre lui la cingeva con un braccio e la tirava a sé.
La bionda sentì il respiro di Murtagh diventare sempre più pesante. Capì che si era riaddormentato. Appoggiò la testa sul suo petto, e alzò lo sguardo per guardarlo meglio. I capelli un po’ lunghetti gli ricadevano sul cuscino, e le labbra carnose erano leggermente socchiuse. Il naso era perfetto in quel viso stupendo.
Lei chiuse gli occhi e si crogiolò nei ricordi di lei e Murtagh fino a che non si addormentò.
L’ultimo suo pensiero fu che, se non fosse stato con Murtagh quella volta in cui lui la salvò dalle fiamme, se non fosse stata innamorata di lui, in quel momento non sarebbe stata nel suo letto a riposare, ma in una tomba a dormire per sempre.
 
 
Guardando quei ragazzi che si destreggiavano sulle scope come caproni in mezzo a un prato per mangiare, James si infuriò. Sentì la rabbia crescere in lui fino a che, stanco di quello che aveva visto, urlò alla squadra di planare e starlo ad ascoltare.
Un Cacciatore del terzo anno, un bimbetto un po’ grassoccio, quando atterrò quasi cadde dalla scopa. James fece finta di non vedere, chiudendo gli occhi e tirando un profondo respiro, per calmarsi.
- E’ chiaro che tutta l’estate, sicuri di essere in squadra, nessuno di voi si è dato da fare per migliorare-. Iniziò a camminare su e giù per il campo davanti ai suoi giocatori, osservandoli uno a uno e soffermandosi su ognuno di loro. – Non credete che abbia scelto voi perché facevate parte della squadra, ma perché nessun altro alle selezioni è stato più bravo. Spero solo che stiate stanchi perché è presto e il sole non è ancora alto in cielo, ma se adesso  non salite in cielo e non date il meglio di voi, giuro su quant’è vero che Voldemort è morto ucciso da papà, che vi farò allenare in tutte le ore in cui non state seguendo i corsi. Non vi lascerò nemmeno dormire se necessario!-. Fece una pausa e guardò negli occhi uno per uno i suoi giocatori. Uno di loro aveva fatto un passo in avanti, e vedendo chi fosse, un ghigno si dipinse sul suo volto. – Sì, Malfoy?-
La ragazza allargò le labbra in un sorriso perfetto e talmente bianco che la luce pareva non provenire dai faretti che correvano tutt’intorno al campo, bensì da lei.
- Capitano, credo che in questo modo non farai altro che mettere sottopressione i giocatori. Suggerisco una manovra più soft-
La ragazza si avvicinò al capitano e si voltò a guardare gli altri. Era l’unica donna nella squadra, e lei sapeva anche bene perché. E allora era il caso di dare un incentivo a quella squadra.
- Bene, ragazzi. Avete sentito il capitano, e io aggiungo che se non darete il meglio non vi lascerò assistere a me che faccio la doccia-
Il livello di attenzione aumentò, e come dei fulmini, i ragazzi salirono in cielo e ripresero a giocare.
James si voltò verso di lei, guardandola dritto negli occhi. – Stai dicendo sul serio?- chiese, sospettoso.
La Grifondoro gettò la testa all’indietro e rise. – Certo che no, però guarda l’effetto che ha sortito la mia proposta.-
James guardò verso il campo e vide che realmente i ragazzi si stavano allenando come erano soliti fare. Scosse il capo e si voltò di nuovo verso la ragazza.
- Non so se pentirmi o meno di averti fatto entrare in squadra-
- Beh, è il minimo che tu possa fare, visto che ho quasi preparato gratis la pozione verso Wilde. Mi dovevi un favore, e mi hai pagato. E poiché adoro chi comanda, ti do una mano-
Detto questo, Bella fece un occhiolino mentre saliva sulla scopa, e dandosi una spinta coi piedi, planò con lo sguardo dritto sulla pluffa.
James scosse la testa. Bella era ciò che si poteva definire una donna decisa, che sa cosa vuole. Un po’ invidiava chi stava con lei, anche se, a quanto aveva capito, in quel momento non stava con nessuno. Pareva che avesse avuto una storia con Edward Greengrass, un ragazzone del loro stesso anno di Serpeverde. Avrebbe dovuto farsi spiegare meglio.
- Capitano, devi allenarti pure tu. La proposta vale anche per te!- gli urlò contro Bella, riscuotendolo dai suoi pensieri.
- Arrivo!- le gridò di rimando, inforcando la scopa e alzandosi piano. Si disse che non poteva farsi distrarre così da Bella. Lui stava con Angel.
Scosse la testa, divertito. Quella ragazza era un genio, ma non avrebbe mai permesso a nessuna donna di far parte della sua squadra. Era entrata solo a causa del patto. Sospirò tra sé. Un patto resta sempre un patto.
 



~
Rupi
Spazio riservato all'autrice:
Questo capitolo nacque qualche settimana fa, e solo dopo numerose revisioni ha visto la pubblicazione. Già vi avviso, cari lettori, ci sto mettendo davvero molto in questa storia, quindi non aspettatevi i capitoli molto presto dalla pubblicazione di questo, dal momento che devono essere molto curati.
Detto ciò, vi assicuro che cercherò di abbreviare quanto più possibile i tempi.
Fatemi sapere ciò che pensate, recensite tutti!
Un bacio.
  
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