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Autore: kiara_star    29/09/2011    3 recensioni
"Erano tutti compagni, tutti uniti da un unico filo rosso, ma nessuno era più unito di loro tre.
Tre cuori sfasciati, tre anime grondanti di lacrime. Tre menzogne intrecciate fra di esse, petali di una stessa corolla d’amore e odio"

Piccolo esperimento sul triangolo Zoro-Nami-Sanji
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Sanji
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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L'altro

I fili d’erba erano ancora bagnati dalla notte di pioggia e vento che aveva imperversato in quelle lunghe ore. Robin si vide allungare un bicchiere di the caldo.
- Non stare troppo fuori Robin-chan, non vorrei prendessi freddo – la mora accarezzò le dita bianche accettando sorridente quella gentilezza.
- Grazie –
Vide il compagno poggiarsi sulla balaustra e perdersi con gli occhi al mare, ora calmo ma che era capace di nascondere dentro il suo silenzio ogni inquietudine.
E lei sapeva.
Sagace e acuta come sempre, non aveva chiesto né voluto risposte. Solo ascoltato e osservato nel suo angolo, ed era così assordante l’infrangersi di un cuore.
Come piccole perle le lacrime che vedeva celarsi dietro gli occhi dei suoi compagni. Compagni di vita e di lotta, compagni nel suo dolore e nella sua rinascita, compagni che l’avevano presa per mano e le avevano ridato speranza e fiducia, e ora lei, non sapeva come ricambiare.
- Sanji – il volto del cuoco si riempì di obbligata cortesia mentre le sorrideva, mentre Robin sapeva, aveva solo voglia di nascondere il pianto nell’orizzonte che li avvolgeva.
Lo guardò nelle iridi celesti e per la prima volta si vide impotente. Non aveva parole, nessuno dei suoi cari libri riportava una parola, che fosse una sola, capace di ridargli un sorriso sincero. Spostò lo sguardo al mare, che sapeva calamitare i cuori irrequieti, le anime che sanguinavano. Il mare che lei non poteva abbracciare ma solo amare. Quel mare da cui aveva imparato ad ascoltare e capire ma senza pretendere di saperne troppo.
- Il mare dopo una tempesta... è davvero bello, non trovi? – Sanji annuì stringendo forte con la mano il legno.
- Sì Robin... è bellissimo – seppe solo sospirare. Lui che quella tempesta doveva affrontarla ogni giorno e ad ogni respiro era una sconfitta di più.

 

A pochi metri, palpebre sigillate per celare lo sguardo, respiro regolare per non lasciarsi sbilanciare da nulla. Forte e freddo come una statua di gesso.
Il sole era tiepido, ma sulla pelle pareva bruciare. Stavolta fece fatica a ingoiare un sospiro. Aprì un solo occhio e lo diresse verso le due sagome, verso quel sorriso falso e quelle bugie che riusciva a udire nonostante la distanza.
Com’era palese la misera condizione in cui stava sprofondando e com’era difficile accettarla, il solo provarci era a dir poco devastante.  Mandò giù il grappolo di collera che si era fermato in gola. Lo mandò giù con tutte le grida che udiva nel cervello e con tutte le realtà che non aveva più alcuna voglia di guardare. Richiuse gli occhi, ma il suo udito non poteva essere annullato. Acre e ispida la sua voce, le sue parole che giungevano a lui sorrette dal vento...
Per quanto non volesse, per quanto si fosse sforzato di allontanarlo, era disarmante il modo in cui i suoi occhi, le sue orecchie e talvolta i suoi stessi pensieri venissero come  magnetizzati da lui. Dalla sua semplice e apparentemente innocua presenza, dai suoi gesti, da una parola masticata con il filtro della sigaretta. Ed erano incontabili le ore che aveva sostato davanti a quella porta fingendo di riposare, solo per sentire il rumore dei passi che vagavano fra i fornelli solo per sentirne i profumi...
Faceva male il suo sorriso che mai gli era rivolto, e faceva incredibilmente male il modo in cui gli aveva urlato di amarla. Lacerava l’anima ancora prima del cuore quel sentimento così mal riposto, che mai avrebbe ricevuto indietro, e quel mai era feroce come le zanne di una tigre.
Avrebbe dovuto ferirlo e ferirlo ancora per poter pareggiare i conti, per fargli provare almeno in minima parte ciò che nel suo cuore ardeva da troppo tempo. E Nami c’era andata di mezzo. Lei, croce e delizia dei suoi problemi. Come un paradossale errore celeste. Come un gioco di ruoli che nessuno aveva chiesto, ma che era costretto a giocare fino alla fine, fino a che uno di loro non si fosse arreso, anche se infondo nessuno ne sarebbe uscito da vincente.
La sentì avvicinarsi e vide quegli occhi azzurri raggiungerli come due fari. Pochi attimi gli furono consentiti per perdervisi dentro prima che gli venissero negati ancora una volta, mentre lo vedeva rientrare in cucina e sparire. Come ogni dannatissima volta.
- Credo che Sanji-kun mi odi – quella voce pareva rotta eppure lei era sempre stata forte. Non si preoccupò di guardarla.
- Come se quello lì ne fosse capace – un mezzo sorriso, più una smorfia cattiva che lei vide disegnarsi su quelle labbra sottili. Quante bugie sapevano dire quelle labbra. Menzogne che ferivano come ogni bacio che riusciva a rubargli solo nell’ombra della notte. In quell’oscurità amica, che non pareva voler dare giudizi. Si strinse le braccia attorno al petto Nami e strinse i denti pregando affinché lui non si accorgesse che stava per cedere, che stavolta non poteva mantenere la maschera.
- Ti serve qualcosa? – domanda crudele la sua, quel tono freddo e neanche si degnava di guardarla!
Ringhiò un insulto e andò via. Solo allora, quando sentì i passi farsi lontani, quando non c’era più nessuno nei paraggi. Solo allora si concesse di aprire gli occhi. Si alzò e diede le spalle al mare, all’oceano che era un po’ casa sua.
Da quando si era preso l’ardire di giocare con gli altri? Di trattarli come si sentiva, così da renderli un po’ più vicini, perché un dolore comune pare far meno male.
Eppure lui del dolore non ne aveva mai avuto paura. La sofferenza ed il sangue, i suoi alleati, ma quel male non poteva guarire con dei punti. Non esisteva medicazione per cicatrizzare un cuore sanguinante.
Il suo obiettivo, le sue promesse, era quello che gli permetteva di andare avanti.
Alzò lo sguardo fino ad allora relegato al pavimento e vide quella chioma bionda smossa da vento. Il fumo salire alto nel cielo e l’azzurro gelido penetrare la pece dei suoi occhi
- Ti sarei grato se ti degnassi di venire a tavola – avesse potuto fermare il tempo l’avrebbe fatto. Si sarebbe perso nell’odio che proveniva da quell’esile figura dinanzi a sé, si sarebbe inebriato della sofferenza che gli provocava la consapevolezza di non poterlo mai avere. Come un masochistico svago. Il dolore, l’unico che paradossalmente poteva purificarlo dallo squallore in cui si sentiva annegare. Il dolore per esorcizzare il dolore.
Non aspettò risposta, vide la sua schiena nera andare via e come fosse un semplice aquilone sorretto dalle correnti d’aria gli andò dietro. Dietro i suoi passi lenti, dietro il silenzio che lo avvolgeva, dietro quell’odore di nicotina tanto amaro quanto annebbiante. Dietro le sue bugie e le maschere, dietro quel desolante sentimento che in un modo o nell’altro li rendeva simili.


In cucina gli occhi di Nami erano fissi sul piatto, persi anch’essi nell’oblio. Si sedette e aspettò. Lo vide sedersi qualche posto più in la.
Rufy e Usopp, e poi Chopper e Franky... Robin... nessuno di loro....
Erano tutti compagni, tutti uniti da un unico filo rosso, ma nessuno era più unito di loro tre.
Tre cuori sfasciati, tre anime grondanti di lacrime. Tre menzogne intrecciate fra di esse, petali di una stessa corolla d’amore e odio.
Mai sarebbero stati più vicini, mai una catena più pesante li avrebbe legati.


 

 

 

 











 

The End


 

 

 

 




_________________________

Ancora un grazie a tutti e un “mi dispiace” per aver fatto soffrire qualcuno é.è
Però nessun happy ending: nessuno è felice e tutti soffrono come cani U_U

Sono contenta che questa storia vi sia piaciuta ^.^
Un grazie a tutti e siccome ultimamente sono un po’ fissata, sicuramente tornerò con qualche altro tipo di triangolo, magari meno drammatico (oppure no?)... ^-*
chi lo sa...

E per la terza volta ancora grazie!
kiss kiss Chiara
  
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