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Autore: Rocket Girl    02/10/2011    1 recensioni
Iniziai a scappare.
Fuggivo da quell’incubo.
Evadevo dalla mia realtà, che non distinguevo più.
Cercavo me stessa e la mia vita, lontano da ciò che ero.
Pregavo perché esistesse qualcuno sopra di me.
Impetravo perché mi sbagliassi tremendamente.

L'intero mondo distingue ogni singola persona fra i folli e i retti.
I folli fra gli psicopatici e gli anticonformisti.
Il problema è che, a volte, la linea fra malattia mentale e la semplice voglia di apparire e scandalizzare si fa talmente sottile da dubitare che esista.
Il problema è che, a volte, le differenze si riducono al nulla.
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Limiti… c’è cosa più brutta? Nasci credendo di poter far ed aver tutto, e lo pensi davvero, finché non t’accorgi che devi lavorare duro per ottenere il minimo. Cresci e ne sei sempre più cosciente, arrivi sotto i venti che credi tutto quel che tu possa fare non abbia mai il giusto compenso e arriva uno scienziatello di second’ordine che pensa d’esser chissà chi, e sputa fuori che usi solo il 10% circa del tuo potenziale e poco più ti basterebbe ad esser un genio. Non solo, se usassi interamente le tue facoltà scoppieresti. Bella consolazione dopo esser stato avvelenato mortalmente da una cosetta chiamata cultura, vero? Che poi, è un misto di miti, forse, se e perché pensati da gente più malandata di te. Magari sotto l’effetto dell’assenzio o chissà che. Ma poi…”
Il minaccioso, l’elegante e l’affascinante sparivano nella mimica di quel discorso che, essenzialmente, era un misto del flusso di coscienza di un folle ed i sogni di un ragazzino, provenienti dalle labbra di quel che sembrava comprendesse entrambe le categorie, eppure al di fuori di quelle parole si sarebbe detto né l’uno, né l’altro.
“Sono discorsi insensati e fuori luogo, risparmiamene. Non è che l’essere un omicida psicopatico t’autorizzi a delirare. Perdi tutto il tuo charme, sai… è un peccato, Lecter scommetto ti avrebbe preso in simpatia, per poi far di te la sua cena, spero comunque. Sareste sprecati altrimenti. Storia magnifica! Già immagino gl’articoli, me intervistato da giornaliste annoiate dall’ennesima notizia morbosa, ovviamente resa virale.”
Mr Hyde dei poveri rise, e saltò dal ceppo al ramo più basso, suscitando le perplessità del Dottore senza laurea. O conoscenze mediche che siano tali, il campo anatomico di cui era provetto era piuttosto lontano dalla definizione di tradizionale medicina.
“Curioso come il macabro solo abbia il potere di diventare così famoso. Poi non è vero che il colpevole è un mostro! Io ho rimorsi. Non vorrei dipingessero tutto come un delitto passionale. Il problema non è la foga, farei volentieri a meno di uccidere, se fossi morto. O se tu lo fossi. Sempre insieme, giusto? Quindi sono in questa situazione tanto quanto te.”
il suo riflesso sorrise. I suoi occhi scintillavano, l’incoraggiavano nel discorso. E lui parlava.
Descriveva il suo rapporto, la sua gratitudine. Sì, perché l’aveva salvato.
Rapito dal suo mondo di finti sorrisi ed affetti di cristallo, portato via da una vita perfetta, da un futuro senza problemi. Non voleva essere l’oggetto di quell’ammirazione, era infetto, e il suo marciume macchiava tutto; le candide dita che accarezzavano la sua guancia si tingevano di melma nera visibile solo ai propri occhi, le labbra rosee che sfioravano la sua fronte diventavano purpuree, gli occhi che si rivolgevano a lui diventavano bianchi, patinati, ciechi.
La sua saliva infettava tutto, il suo sguardo bruciava il mondo.
Salvezza. Forse la detestava, forse l’adorava. Quella mano dorata gl’aveva fatto conoscere il disgustoso, il ripugnante,l’orrido, ed in qualche modo ciò per cui era perfetto. Era nato per cambiare pelle come un camaleonte, per vivere nonostante le privazioni come una lucertola, per sentirsi perfetto nel sudicio come un ratto, per strisciare sulla terra umida, mordere ed avvelenare mortalmente come un serpente.
Amava il nero turbinante che si plasmava alla sua mente. Un secondo era un quadro di Picasso, l’altro era un cadavere marcio. Era la Londra piovosa di una domenica di luglio, era Waterloo che dal bucolico tornava indietro e diventava rossa di sangue.  Era la vita che scorreva davanti ai suoi occhi, mille vite, milioni di storie, milioni di idee.
Poteva essere un omicida, poteva essere una ragazzina in preda alla sua più grande ed ultima allucinazione, poteva essere un emarginato, poteva essere una moribonda, poteva essere un ragazzino traviato dalla natia buona società, poteva essere un musicista maledetto, seppur in verità fosse ben distante da ognuno d’essi.
Era vissuto tante volte che aveva dimenticato chi fosse. Non era certo che quella delicata voce sussurrante conforto fosse vera, non era certo che quell’eterno nero sarebbe potuto esser diverso.
Non era certo che la subitanea stanchezza non fosse in realtà causata da un sonno ormai dimenticato.
Era solo certo della realtà del battito che scandiva ogni istante, che sembrava volergli regalare qualche vita in più, rallentando il ritmo.
Lo sapeva, aveva un numero preciso di pulsazioni a disposizione, ed in quel modo sarebbero aumentate.
Rallentava.
Sentiva urla che stavano facendo svanire il suo dottore preferito.
Rallentava.
Di nuovo la puzza metallica, di nuovo il cadavere. Perché?
Rallentava.
Crepitii odiosi e scosse, mentre sentiva aria intromettersi. Era ancora in grado di vivere per sé!
Rallentava.
L’elettricità iniziava a formicolare nelle vene. 
Rallentava.
Sentiva urla insensate, rivide la folla piangente l’omicidio che lui aveva compiuto dagli occhi del cadavere.
Rallentava.
Agitazione ovunque, il cadavere era agitato, Jekyll era agitato, Hyde era agitato, l’allucinogena era agitata, il ribelle era agitato.
Rallentava.
La morte non esiste.
Rallentava.
La morte non esiste.
  
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