Ed eccomi qui con un nuovo capitolo… non mi soddisfa molto, ma
spero che possiate perdonarmi!! Voglio davvero ringraziare anche i commenti
dell’ultimo capitolo, che mi hanno resa davvero felice! Grazie! Ormai mancano
pochi capitoli…finirò di certo con la fine di giugno, visto che a luglio e ad
agosto non ci sarò… ma lavorerò così da potervi sfornare qualcosina per il
traumatico rientro dalle vacanze! Spero che continuerete a leggermi anche dopo
SM e ricordo che di mie ff ce ne sono un bel po’ nel sito… di certo a settembre
ne inizierò una nuova, ho ben 2 mesi per meditarci! Detto questo…spero che
questo capitolo vi piaccia almeno un po’… un bacio forte forte!!
Capitolo 18
Ricominciare
Ho la testa che scoppia. La gente mi scivola accanto, non mi
nota, non si ferma. Il cuore mi batte in petto a mille all’ora. Cerco di
rilassarmi, ma non ci riesco. Ho sempre odiato dover prendere le decisioni,
infatti le prendeva sempre la mamma: che maglietta comprare? Che giorno andare
a trovare i nonni? Che regalo fare alle amiche? Sempre. c’era sempre lei a
sussurrarmi di scegliere bene. e mi aiutava. E se non ci riuscivo da sola, mi
proponeva la sua scelta. Sempre la migliore, ovvio! Non avevo mai pensato che
un giorno avrei dovuto scegliere se scegliere come lei. E soprattutto per
lei.
Questo no. mamma, vorrei trovare le parole giuste per dirti quello che non va.
Per spiegarti quello che voglio e quello che non voglio. Vorrei che tu fossi
qui, davanti a me, coraggiosa come sempre, ad ascoltare quello che ho da dire
come hai sempre fatto. Ma ora non è sempre. ora, è tutto diverso. Noi siamo
diverse, la questione è diversa. Vero mamma?
Voglio essere felice, e voglio che tu lo sia. Voglio vederti
sorridere per le banalità della vita così come per le cose importanti. Vedere i
tuoi occhi rilassati quando mi baci per la buonanotte, e vederti indossare una
maglietta colorata quando mi svegli la mattina. Voglio che la gente non ci
guardi pensando: poverine, tutte sole… quando in realtà noi stiamo bene, o
almeno ci proviamo.
Voglio un padre. E mio padre è Ron. Lui, con quell’aria da “sono
appena caduto dalle nuvole”. Lui, con quello strano sorriso triste. Lui, con il
suo amore per te e il suo pentimento per me.
Ma ho anche paura. paura di uno di quei risvegli in cui siamo
tornate sole dopo qualche giorno con un tuo fantomatico uomo perfetto. Allora
quando succedeva ti arrabbiavi, eri triste, non so. Mi dicevi che gli uomini
sono tutti da evitare. Mi raccontavi quello che era successo… mamma io non voglio
nemmeno immaginare cosa succederebbe se ci, se ti, lasciasse Ron. Di nuovo.
E poi cosa ne so io di lui? sì, so la sua eroica storia. Sì, so
che gli piace il cioccolato e che gli piaci tu. Ma questo non basta, non basta
per renderlo mio padre! Non bastano le scuse per renderlo un padre, capisci? È
come la canzone di Madonna: “please don’t say your sorry…” e io non le voglio
sentire quelle scuse, mamma, “i don’t want hear i don’t want to know” .Non
voglio, so già di non poterle accettare.
Lo so, lo so che questo non è quello che ti saresti aspettata da
me. ti sto deludendo, non è vero? ma lo faccio per noi mamma. Per te, perché ti
voglio bene.
Non posso accettarlo nella nostra vita.
Non nella mia, almeno.
Ma poi c’è sempre quella fisione, di te che ridi, seduta vicino
a lui sul divano e io che ti guardo mentre la tele fa da sottofondo, vi
racconto com’è stato l’anno scolastico, sorridiamo, programmiamo l’estate. E
anche se non sono abituata a vederti toccare da un uomo, anche se non so chi
lui sia, sono felice. Per te. Mamma…
Mi siedo su una panchina, tenendomi la testa tra le mani.
Pensare a tutti gli anni che ho passato sperando solo che lui tornasse. Tutto
il tempo che ho trascorso immaginando questo ritorno meraviglioso, questo padre
fantastico… e invece? Invece sono qui, sono sola, sono confusa. E non so cosa
fare. Mi sento troppo piccola per scegliere e troppo grande per non farlo. E
vorrei solo che accadesse qualcosa, qualunque cosa, che mi ocnvincesse che è
giusto dire di sì. Qualcosa di vero, qualcosa di grande. Una promessa, delle
parole, un gesto. Ma non succede
niente. La gente cammina, le parole scorrono, le lancette rintoccano. Lontano,
mia mamma si stara torturando le unghie all’idea di quello che devo fare.
Troppo codardo per abbracciarla, mio padre starà fumando una sigaretta
economica seduto in un bar davanti a un’ennesima cioccolata. Ginevra e Harry si
saranno ritrovati? A loro non ho pensato. Ma la mia scelta condiziona anche la
loro vita. Perché io so che se lo caccio da noi lui non avrà la forza di
entrare nella loro vita. Troppe scelte, solo nelle mie mani. Cosa posso fare?
Cosa?
-ehi piccola…perché piangi?
La bambina alza gli occhi, asciugandoli furtivamente con il
dorso della mano.
Un uomo le si siede accanto, e lei si scosta, tremante, tirando
su con il naso. Scuote il capo. –niente.
-ehi, nessuno piange così per un niente. Come ti chiami?
Lily si passa una mano nei capelli, scostandosi la frangetta
dalla fronte in un gesto involontario che fa parte di lei. –Lily.
-hai un nome bellissimo, lo sai? Mio fratello aveva chiamato
così la sua bambina.
Lily sorride appena.
-sì, davvero. Ma è morto, mio fratello intendo. Il tuo papà
dov’è, piccola?
-non lo so. Non lo voglio sapere.
-e la tua mamma?
-al lavoro…penso.
Si asciuga meglio le guance, e dietro il velo sottile delle
lacrime, fronteggia un uomo alto, con minuscole lentigini sul naso e una
luminosa chioma di capelli rossi. Lily si alza di colpo. –chi sei?-chiede,
spaventata.
L’uomo ride dolcemente, appoggiandosi allo schienale della panchina.
–tranquilla piccola, non voglio farti niente. Comunque sia, mi chiamo Fred.
Lei giocherella con il lobo dell’orecchio. –Fred.- ripete piano.
-sì, Fred. È un nome un po’ stupido, lo so.
-oh bhè, non è quello. Non se sei cresciuta con una madre che si
chiama “Hermione”. E poi io sono abituata alle cose stupide. E strane. Cioè,
prima no. ma ora sì. Ecco, lo sto rifacendo. Sto parlando troppo. Dico cose
senza senso. Mi dispiace, signor Fred. Non voglio impegnarla oltre.
-dammi del tu, piccola. Come hai detto che si chiama la tua
mamma?
Lily si lecca le labbra. –Hermione. Hermione Granger.- poi si
morde la lingua, e la voce di sua mamma le risuona nelle orecchie: “non dare
confidenza agli estranei”. Arrossisce, sotto lo sguardo inquisitore dell’uomo,
seduto sulla panchina, con stampato in faccia un mezzo sorriso velato di
tristezza.
-Hermione Granger. Una donna meravigliosa, inteligente,
suppongo, quanto lo era da ragazza.- parla con lentezza, scrutandola.
-sì, lo è.
-e anche tu devi essere inteligente, vero Lily?
-sì, sì. Credo.
Fred si passa le mani trai capelli, rivelando qualche sottile
accenno d’argento.
-allora ascoltami, ti prego. Non farti notare. Adesso siediti
qui. Ti prego Lily.
Lei annuisce. Si siede.
Lui la guarda. I suoi grandi occhi castani luccicano di lacrime.
-sai come si chiama tuo padre, Lily?
-sì, sì, certo. Ronald Weasley.
Le labbra di Fred tremano. –e…dov’è adesso?
Lilian sospira. –penso in un bar, a fare la persona patetica. O
a supplicare mia madre di parlarmi.
-perché?- Fred parla piano, per evitare alle lacrime di
liberarsi sulle sue guance.
-cosa te ne importa?
-ti prego…
-okay, okay. devo scegliere se permettergli di ricominciare con
noi.
-è vivo.
-sì, se no come…
-vivo.
-esatto signore. Ma chi sei scusa? Conoscevi i miei?
-oh, sì. Bene, molto bene. Lilian, sono tuo zio. Uno dei tanti.
Ron ed Hermione si guardano in silenzio. Tra di loro, parole e
momenti sono palpabili come la tensione che li ha sempre seguiti. Lei prova
l’impulso di urlargli contro, lui di baciarla. Entrambi però, morirebbero pur
di perdersi ancora in un semplice abbraccio. Ma non c’è più tempo. Si guardano,
non si sorridono, attendono. Che il destino, la vita, Lilia, scelgano per loro
se ci deve essere una seconda opportunità. Hermione allunga una mano e circonda
le sue dita in una stretta affettuosa. Amore, amicizia, fratellanza,
complicità, affetto, pietà, forza, coraggio, speranza, malinconia, si cullano
in quel timido approcio, in quella soffice stretta. Ron sorride piano. La sua
mano fredda rabbrividisce in quel guscio di protezione.
-sai, mi sono sempre dimenticato di dirti una cosa.
Lei sorride. Roca, timorosa, afflitta: -cosa?
-ti amo.
Ginny esce dalla doccia in una nuvola di vapore, i ricci che le
cadono dolcemente sulla schiena bagnata, un asciugamano che culla il suo corpo
caldo. Si siede sul letto e scosta le lenzuola. Harry è steso li, sorridente,
tranquillo.
Lei gli scivola accanto, bagnata com’è, e lo bacia piano,
innamorata come è sempre stata.
Appoggia la testa sul suo petto e si lascia abbracciare. Calma,
domata, felice, appagata, stanca, euforica. Le luci del mattino gli avvolgono.
Harry sorride sentendola al suo fianco. Sereno come mai si era sentito nella
sua vita.
Nel silenzio lieve calato su di loro, ci sono tutte quelle
sensazioni che la parola non può descrivere e che la voce non avrebbe comunque
il coraggio di raccontare: tutti i ricordi che nel tempo erano stati la loro
maledizione ora diventano frutto di un velo di malinconico piacere nei loro
occhi. Tutta la tristezza diventa come la lontana e fragile base di tanta
felicità. E quello che prima era stato un timido rapporto basato sul
condividere esperienze, amicizie, famiglia, che poi era diventata una
tranquilla amicizia, che era sbocciato in un divertente e forte amore che pian
piano si era fatto struggente e disperato, adesso si adagia nei loro cuori come
una dolce promessa.
-ehi Ginny?
-mm…- migugna nel sonno, stringendosi a lui.
-ti amo.
-anche io. Tantissimo.- e lo bacia, prima di sprofondare con lui
nel sonno.
-mio…zio.- ripete piano Lily. –zio.
Fred sospira. –esatto.
-qui. A Londra. Ci siamo incrociati per le strade, forse. Al
supermercato. E tu…sei mio zio. Mio zio!
-sì. Mi dispiace Lilian. Non…avevo il coraggio.
-coraggio! Coraggio! Sempre di coraggio mi venite a parlare! E
io cosa dovrei dire? Non ho il coraggio di prendervi tutti così con le vostre
stupide debolezze nella mia vita! Via! Vattene anche tu! Ve ne dovete andare
tutti!
-Lilian, ascoltami…
-cosa mi vuoi dire? Cosa? Che strana richiesta di perdono hai
preparato per me?
-non è una richiesta. È solo una frase, Lilian. Interpretala
come vuoi: quando Harry è morto, quando Ron è morto, nessuno è più stato quello
di prima.
Lilian socchiude gli occhi, le guance pulsanti d’ira, le labbra
tremanti.
-il fatto Fred, è che loro non sono morti. Loro sono scappati. E
questo è diverso.
Fred annaspa. Il suo viso si contrae in una smorfia tentando di
non lasciar trapelare un’immensa gioia. –vivi?
-sì. Vivi.
-Lilian. Lo sai perché questo nome vero?
-sì, lo so. Per marchiarmi a vita come una donna che è morta
lasciando solo suo figlio, proprio come mio padre ha fatto con me!
-la madre di Harry è morta perché lui vivesse. Tuo padre farebbe
lo stesso per te.
-mio padre…io non ho un padre. Questo è quanto.
Fred sospira. Si alza, si abbassa alla sua altezza. I loro
simili visi addolorati si fronteggiano, sguardi carichi di quel coraggi oche
nessuno dei due vuole ammettere di avere si tendono tra di loro.
-sei così simile a tua madre. Non si faceva mai mettere i piedi
in testa. Era così caparbia, così forte. È questo che l’ha portata così a lungo
lontana da Ron. Lilian…conosco bene tuo padre. Anzi, lo conoscevo. Ma è mio
fratello. Per anni mi sono fatto beffe di lui. al mondo sono sempre sembrato
più coraggioso, più forte, più divertente. Ma è stato Ron a fare le cose più
grandi. E se le ha fatte non è state per finire a vivere solo, odiato da sua
figlia.
-io non lo odio…vorrei…vorrei solo che non mi avesse lasciata.
Vorrei che non fosse tardi.- grosse lacrime le scivolano sulle guance.
-non è tardi.
-lo è, invece. Ma non voglio essere la causa…la cattiva della
storia…voglio che mia mamma sia felice…anche Ron, e Ginevra, e tu…e Harry,
anche se lo odio…
Fred si avvicina, le mette una mano sulla spalla.
-Lilian. Questa è la tua vita. Puoi scegliere. Ma non è tardi.
Non è mai tardi per ricominciare.