.regno in nessun dove.
così
do un'altra spinta con le dita
e
il mondo ruota vorticando su un'asse instabile
in
un'altro mattino mi risveglio solo
strizzando
le lacrime rimaste impigliate nei rovi
sono
solito arroventare il ghiaccio
guardando
il clangore delle catene
clangore
di fuoco negli occhi di nemici
ed
è solito scoppiare il ruggito nel bel mezzo del canto
quando lei mi dice 'qui è tutto ok,
il sovrano è morto per sempre'
e
socchiudendo le labbra mi passa da lingua a lingua la chiave
che
dischiude i confini senza serratura (spezzata) di un luogo altrove
e
raccogliendo gli scarponi mi raccomando di mormorare tra me e me:
andarsene così triste, andarsene
così triste...
E
iniziano a squillarmi nelle orecchie le trombe spiegate dei regni che giungono
gladiatori
romani perduti arrivano, così eleganti nei loro drappeggi dipinti
e
invidiando i colori della foresta quaggiù col sole che bacia i tetti di paglia
alzano
le spade e impennano i cavalli impiumati scatenando l'inferno
Pur
bruciando della tua mancanza non oso chiamarti, non qui
non
qui dove scorrerà il sangue di troppi di noi
non
qui dove sorgeranno i pianti infiniti di tanti morti caduti
E
quando tutto è perduto, ritrovandoci incatenati tra di noi a fissare i loro lucenti elmi
ai
loro ampollosi richiami al principio della civiltà suprema e moderna e avanzata
rivolgo loro un sorriso che non so
spiegarmi, e rido,
e rido
rido
pazzo di dolore, rido, ma rido di loro, che mi dichiarano folle
E
infine mi congiungono agli altri col ferro e la prigionia
alfine
chiudendoci su navi che solcheranno le onde delle nostre lacrime ingoiate
quando
chi di noi arriverà vivo e sfilerà con le piume colorate degli uccelli
ammazzati
tra
i loro coriandoli di festa, sulle loro strade puzzolenti
tra
la fanfara delle genti riunite per gridare al trionfo dell'incontro cordiale
tra
diverse popolazioni, stabilendo con ragionevolezza qual'è
la superiore
e
io rido, rido e rido, rido folle di dolore, rido della loro pazzia
io che... senza più nessun dove
e
per questo, senza un'altra parola
allungo
la mano e rifaccio girare il mondo
dichiarato
imperfettamente tondo dopotutto
ma
io mi accendo il mio falò nelle notti fredde, per richiamarti da me
ascolta
il mio SOS... e non venire mai
Non
venire mai a vederci lucidare i pavimenti di saloni a piedi nudi
non
venire mai a vederci con collarini nuovi a spolverare le preziose porcellane
non
venire mai a vederci servire diecimila portate a questi ingozzati signori
che
ci porgono le mance con sorrisi agghiaccianti e si complimentano
quanto
siamo carini, noi, di specie in purtroppo estinzione
col
rumore delle catene che si perde, coperto dall'orchestra deliziosa
E
non venire mai a vederci nelle mani di missionari caritatevoli
loro
che rappresentano il lato umanitario della civilizzazione
giacché
non si possa recriminare mai, che tra i buoni non vi furono i cattivi
che
tra i cattivi non vi furono i buoni, e che forse, povere creature, lo eravamo
noi
mentre
loro ci insegnano, come perdonare e come implorare
mentre
loro ci insegnano, come al bravo cittadino recitare
mentre
loro ci insegnano, come infilarci dritti dritti nella
loro idea di resurrezione
E
allora, gridando e piangendo, scaravoltando il banco
e sbagliando le vocali
pronuncio
insurrezione, e rido e rido, e non so
spiegare perché, davvero
loro
mi riportano nello sgabuzzino, dichiarato 'caso perso'
e
con camicie eleganti e leganti mi chiudono dicendo anche 'stia calmo, per
favore'
io
rido e rido, pazzo di dolore, e rido di loro, folli per davvero... per davvero, amore
Ma
sento dalla gabbia squillare, i campanelli di una rivolta che arriva
e
guardo alzarsi le fiamme dalle case, imbizzariti
cavalli scaravoltare le carrozze
credo
che morirò lì dove sono, perché non mi importa più di me stesso
ma
quando riapro gli occhi ci sono angeli di ferro che solcano il cielo
serpentoni
di fumo che spazzano il mondo, e in questo apocalisse
vengono,
vengono ad aprire la mia cella e conducendomi per mano dicono, dicono
oggi
tutto è cambiato, non sono più pazzo, solo che mi esprimo diversamente
E
mentre loro mi trascinano nella loro alba di ragione, giudizio e comprensione
rido
e rido, e grido e piango, chiedendo di rinchiudermi ancora, perché
non
voglio vedere il mondo a cui non appartengo sorgere fino al cielo
conquistare
il loro stesso inesistente dio in una parabola d'allucinazione
sbrodolando
e delirando parole di autocritica e autocelebrazione
e
poi crollando e crollando, ma dicendo che è il modo migliore e schiantandoci
tutti
in
un infinito caos ordinato di raziocinio puro ed inarrivabile follia
impreco
e prego, prego e impreco, chiudetemi ancora, là in silenzio e buio
starò
in pace infine, aspettando la mia tomba, da scavare con le mie mani, almeno
Pur
se rimane il desiderio, quello sempre, rivederti ancora
per qualche ragione sorrido loro in
un modo che non so spiegare
e
quando si distraggono scappo a perdifiato, non so dove, suppongo in nessun dove
e
sono re, di regno in nessun dove
sovrano
solo di me stesso
e
ribelle contro me stesso
e
amico e nemico di me stesso
in
questo regno in nessun dove
le
cose sono molto diverse
non
c'è fil di ferro a ferirti
sguardo
e cuore, polmoni e strada
e
le spine si succhiano via dalla pelle
in
questo regno in nessun dove
in
cui ancora un grido erompe in gola
mandando
in frantumi i primi anelli
di
ogni nuova possibile catena
e
ogni respiro che si articola
si
inanella in parole mie e di altri
e
ogni movimento si congiunge
col
mio e con quello di altri
cosicché
alfine non ho parole
per
spiegare ciò che si vive attraverso
corona
né di spine né di gemme
nessuna
corona tranne quella
del
profilo della collina
dove
trovo casa, culla, ritrovo, dimora
e
arrivandoci di lontano ancora
ancora
sento quelle voci
no,
non solo gli alberi e le erbe a parlare
le
loro voci danzano
c'è
una festa in corso, sempre una festa
in
cui piangere e ridere, combattere e rialzarsi
precipitare
e riprendersi
da
soli o in mezzo alle braccia di altri
cosicché
alfine ritrovo che è
il
mio regno, il mio regno in nessun dove
e
tu, tu e loro che chiamano, chiamano il mio nome
portandomi
molto più lontano dei regni lasciati indietro
tendendo
le mie braccia a chi non è più cieco di sbarre
danziamo
fino a nuovo mattino, penso
e
perbacco, si fa davvero
e
la cosa più bella rimane
con
te, con te e loro, a tempo pieno