Capitolo XLVI
Ore 05.59 –
Autostrada, chilometro 677
Irina gettò
un’ultima occhiata all’indicatore del carburante, che ormai segnava rosso da un
bel po’ di chilometri. Guardò un’ultima volta nello specchietto retrovisore,
per vedere se qualcuno la seguiva, ma la strada era sgombra.
Si spostò a destra
ed entrò nella stazione di servizio quasi deserta, a
parte un paio di tir fermi in un angolo, i vetri oscurati dalle tendine
interne. Si fermò vicino alla pompa di benzina e spense il motore.
Era già riuscita a
fare più di duecentocinquanta chilometri, nonostante fosse partita solo da due
ore abbondanti. Non aveva pensato che Vladimir potesse inseguirla, ma l’arrivo
di quella Lancer e della BMW rossa le avevano dato una notevole mano. Molto probabilmente erano
arrivate su ordine della Lince, perché si erano concentrati su tutti tranne che
su di lei, e non poteva essere un caso.
Scese dalla Punto e
infilò la pompa della benzina nel bocchettone per il rifornimento, poi si mise
ad aspettare, mentre sentiva il rumore del carburante che scorreva lungo il
tubo, le auto oltre il guard-rail che filavano via quasi silenziose.
Trasse un respiro
profondo, l’aria fredda che le entrò nei polmoni, dandole quasi una scossa. Si
guardò intorno, la luce del mattino che iniziava a
illuminare la carreggiata, il cielo grigio di nuvole cariche di neve.
“Sono solo all’inizio, ed è già successo di tutto…”.
Staccò la pompa dal
bocchettone e la rimise a posto, poi andò a pagare. Approfittò della pausa per
prendere un rapidissimo caffè, poi rimontò in macchina e ripartì senza
guardarsi indietro.
Il display del
navigatore segnava ancora 2.587 chilometri da percorrere, ma ora che aveva il
serbatoio pieno e soprattutto nessuno che la seguiva
poteva spingere ancora di più sull’acceleratore. Si spostò a sinistra, il sole
che iniziava la sua lenta risalita all’orizzonte, e sperò che non si mettesse
di nuovo a nevicare. Per fortuna aveva smesso in fretta, ma quel poco di neve
che era caduta era rimasta a terra, rendendo l’asfalto
pericolosamente scivoloso… Doveva ringraziare che non fosse notte, perché il
tutto rischiava di trasformarsi in una lastra di ghiaccio, costringendola a
rallentare per forza.
Vide la lancetta
del tachimetro salire vertiginosamente. Strinse saldamente il volante, si mise
un po’ più comoda e ricominciò la sua galoppata verso Cherepova.
Ore 06.00 –
Autostrada, chilometro 599
William guardò il
tizio che guidava la Subaru Impreza nera scendere
dall’auto a osservare i danni: aveva i paraurti rigati, un faro rotto e il
vetro posteriore spaccato, con un foro perfettamente rotondo al centro. Disse
qualcosa ad alta voce, poi si girò a guardarlo.
Lo Scorpione
assunse un’espressione di sfida, e mise mano alla pistola. Il russo però gli
fece cenno di avvicinarsi, come se volesse parlargli.
Si trovavano in una
vecchia stazione di servizio abbandonata, non troppo lontano dall’autostrada.
Si erano infilati lì appena erano riusciti a fuggire dal gruppetto di auto che
inseguiva Irina, e lui aveva seguito Vladimir perché aveva capito che era
l’unico con cui poteva allearsi per ritrovare Fenice.
Scese dalla
Bugatti, la pistola in pugno, e si avvicinò a Buinov.
Gettò un’occhiata rapida alla cicatrice che portava sul collo, ricordo di un
vecchio incontro faccia a faccia con Dimitri, e attese.
<< Perché mi
hai seguito, Scorpione? >> chiese sprezzante
Vladimir, senza preamboli, con la sua voce metallica e rasposa.
<< Perché
stavi seguendo Irina? >> ribatté lui, secco.
Vladimir fece un
mezzo ghigno.
<< Secondo
te? >>.
<< Sta
andando dalla Lince, ed è la Lince che tu vuoi >> rispose William.
<< Bravo,
Scorpione, ci hai visto giusto >> ribatté Vladimir, << Immagino di
non essere l’unico a seguirla, visto quello che è appena successo… >>.
<< A me non
interessa trovare la Lince >> lo interruppe William, << Voglio solo
sapere dove sta andando Irina. E tu lo sai >>.
Vladimir lo fissò,
sospettoso.
<< No, non lo
so >> rispose, << La seguivo apposta per questo… So solo che ora
l’ho persa anche io, e che l’unica cosa che posso
sospettare è che si stia dirigendo verso Cherepova
>>.
Cherepova? Era troppo
lontana… William non gli credeva. Poi però ci ripensò. Sì, poteva avere senso.
La Lince di solito usava espedienti di tutti i tipi per mantenere la segreta la sua identità. Far arrivare Irina fino a Cherepova, da sola e un’altra volta, era la prova che gli
serviva per accertarsi della sua affidabilità…
<< La devo
trovare >> disse William, << Sono disposto a collaborare di nuovo
con te… >>.
<< Ma io no >> lo interruppe Vladimir, << Io voglio
la Lince, tu vuoi Irina. I nostri interessi non si incrociano. E poi, questi sono affari
miei… Tu qui non conti più niente >>.
Il russo salì
velocemente in auto senza aggiungere altro, lasciando William a incassare il
colpo, sempre più furente. La Impreza
sgommò via, e lo Scorpione imprecò.
Non aveva bisogno
dell’aiuto di nessuno, tantomeno di quel russo. Ora sapeva dove
poteva essere diretta Irina, e lui l’avrebbe trovata.
Salì in macchina,
accarezzò il volante e riaccese il motore. Aveva una Bugatti, l’auto più veloce
del mondo, perché lui era lo Scorpione. E allo Scorpione, niente era
impossibile.
Affondò il piede
sull’acceleratore e partì, diretto all’autostrada.
Ore 06.00 – Stazione di servizio, km 543
<< Ho bisogno
di tutte le segnalazioni riguardo a una Bugatti nera che corre a forte
velocità, molto probabilmente nei pressi dell’autostrada >> disse Xander, il cellulare incollato all’orecchio, gli occhi
puntati sulla piazzola dove la Ferrari era parcheggiata, << E di una Impreza nera con due strisce
gialle sul cofano >>.
Guardò Dimitri, che
reggeva il suo bicchiere di caffè fumante con aria seccata. Dietro di lui, la
porta dell’autogrill continuava ad aprirsi e chiudersi con un cigolio, mentre
la gente entrava e usciva.
<< Stiamo
cercando >> rispose McDonall dall’altra parte
della linea, << Non dovrebbero esserci problemi a identificare l’auto, di Bugatti se ne vedono poche in giro… Gli agenti
stanno vagliando tutte le immagini delle telecamere di sicurezza piazzate nei
caselli e nelle stazioni di servizio, ma ci vorrà un po’… Della Impreza non avete la targa? >>.
Xander guardò Dimitri,
dubbioso: gli sembrava troppo nervoso per potergli
fare una domanda superflua come quella, ma era McDonall
a ordinarlo.
<< Chiedono
se ricordi la targa… >> disse a bassa voce.
Dimitri alzò un
sopracciglio, poi con voce modulata snocciolò una
serie di lettere e numeri.
Xander rimase di sasso
nello scoprire che la ricordava a memoria, ma ripeté la targa a McDonall.
<< Bene,
almeno saremo sicuri di aver trovato l’auto giusta >> disse il
Vicepresidente, << Nel frattempo, cosa volete fare? >>.
<< Rimanere
fermi non ci serve >> rispose Xander, <<
Abbiamo già deciso di dividerci, e fare le due strade
più brevi e semplici verso Cherepova, o comunque
verso nord. Sicuramente se vogliono seguire Irina e sanno dove sta andando, si
dirigeranno da quella parte. Avremo qualche possibilità in più di incontrarli
>>.
<< D’accordo.
Vi chiamerò quando avremo qualche informazione >>.
Xander chiuse la
telefonata, e gettò uno sguardo verso la Ferrari.
<< Abbiamo
perso già troppo tempo >> disse, << Ci conviene andare >>.
Dimitri finì il suo
caffè e accartocciò il bicchiere, gettandolo nel cestino più vicino. Un tir che
passava li inondò con il fumo scuro del suo scarico.
<< Non avevo
intenzione di fermarmi >> ribatté il Mastino.
Si avviarono verso
le auto, in silenzio.
<< Sei
armato? >> domandò Xander. Poi senza aspettare
la risposta del russo gli porse una pistola.
Dimitri gettò
un’occhiata all’arma, quasi perplesso.
<< Non mi
serve una pistola per uccidere Vladimir >> rispose lentamente, senza
afferrarla. << E sparargli una pallottola in testa sarebbe troppo facile…
Gli provocherebbe troppo poco dolore. Ma apprezzo il
tuo gesto, Went >>.
Xander rimise la pistola
in tasca, e gettò un’occhiata preoccupata al russo.
<< So che non
sono affari miei, ma che cosa hai intenzione di fargli? >> domandò.
Dimitri si avvicinò
alla portiera della R8, gli occhi grigi quasi inespressivi.
<< Ha ucciso
mia sorella, Went >> disse, neutro, << E lo ha fatto in un modo barbaro e meschino. La mia e la sua
famiglia si sono sterminate a vicenda per qualcosa che
ai miei occhi non ha valore: uno stupido posto di potere… Se potrò farlo
soffrire, lo farò >>.
Xander guardò Dimitri,
senza capire. Poi il suo cervello si ricordò di quanto aveva detto Irina, e di
tutte le strane voci sul russo. Sicuramente lei sapeva, ma per la prima volta
il Mastino stava quasi parlando chiaro con lui.
<< Che vuoi
dire? >>.
Dimitri, gli occhi
imperscrutabili, fece una mezza smorfia.
<< Io dovevo
essere la Lince, Went >> rispose, secco,
<< Ma siccome a me non interessava, hanno
pensato bene di farsi fuori a vicenda per prenderne il posto. E io e Vladimir siamo gli ultimi rimasti, in questa storia.
Ce la dobbiamo vedere faccia a faccia >>.
Xander rimase in
silenzio, guardando quel russo che gli era sempre apparso strano e difficile da
capire. Ora però, dopo quei mesi passati insieme, dopo aver scoperto che
Dimitri avrebbe potuto portargli via Irina e invece
non lo aveva fatto, iniziava a comprendere come funzionava la sua testa. E
capiva perché Challagher aveva scelto uno come lui,
come braccio destro.
Dimitri esigeva
rispetto e fiducia, ma ripagava con la stessa identica moneta. Se ti reputava
una persona degna della sua fiducia, non ti avrebbe mai tradito, nemmeno se ci
avesse rimesso qualcosa. Finché avevi il suo rispetto, potevi contare sulla sua
più profonda lealtà.
Non conosceva tutta
la storia, non sapeva perché Dimitri avrebbe dovuto essere la Lince, ma non
voleva fare altre domande. Erano affari del russo, nel quale lui non poteva
mettere il naso, e avrebbe accettato il fatto che lui
non volesse essere più esplicito. Già gli aveva detto qualcosa che forse in
tempi diversi non gli avrebbe mai rivelato, e comunque Irina sapeva. Si erano fidati l’uno dell’altra, quindi Dimitri doveva per
forza essere affidabile.
<< Per me
puoi fare ciò che vuoi, quando vi incontrerete, ma non
posso garantirti che l’F.B.I. non prenderà provvedimenti, se lo ucciderai.
Sarebbe un fuori programma che non è stato previsto… Potresti rischiare il tuo
sconto >> disse Xander, serio.
Dimitri fece quasi
un sorriso, come se la cosa lo divertisse.
<< Non me ne
frega niente del mio “sconto”, come lo chiami tu >> rispose, <<
Anche se dovessi passare tutto il resto della mia vita in carcere, lo ucciderei
comunque. Per me in questo caso il gioco vale la candela >>.
Xander annuì.
<< D’accordo
Dimitri >> disse, << Allora andiamo.
Abbiamo un po’ di strada da recuperare >>.
Il russo fece un cenno
con la testa.
<< Buona
fortuna, Went. Ma sei
abbastanza forte da riprendere Challagher un’altra
volta >>.
Salì sulla R8 senza
aggiungere altro e mise in moto. Xander gli gettò
un’ultima occhiata, poi fece un sorrisetto.
“Alla fine non è poi tanto male”.
Ore 10.30 –
Autostrada, chilometro 866
Irina vedeva le
strisce bianche dipinte sull’asfalto scorrere sotto di lei a velocità
sostenuta, il guard-rail che sfrecciava veloce al suo fianco, le utilitarie che
venivano superate con facilità. Il navigatore
satellitare continuava a segnalare una sola direzione, sempre dritto, e il cielo nuvoloso sembrava annunciare pioggia.
La musica trasmessa
dall’autoradio la distraeva, ma non riusciva a essere rilassata. Ormai iniziava
a sentire la stanchezza, e aveva le braccia indolenzite. Le palpebre, anche se
si sforzava, erano pesanti… Aveva dormito troppo poco quella notte, per poter affrontare quel viaggio un po’ più rilassata.
Guardò l’orologio,
e decise di concedersi un’altra pausa. Aveva percorso circa settecento
chilometri, ma aveva assolutamente bisogno di fermarsi, anche se era
pericoloso. Non sapeva esattamente dove fossero
Vladimir, né Xander e Dimitri, e poteva essere
raggiunta… Ma meglio correre quel rischio, che finire preda di un colpo di
sonno.
Inserì l’indicatore
di direzione, e prese la strada per l’autogrill. Si guardò intorno
un paio di volte prima di scendere, poi chiuse l’auto e raggiunse il bar
all’interno. Ordinò il caffè più forte che avevano e
mangiò rapidamente un panino.
Un quarto d’ora
dopo era di nuovo sulla Punto, il piede premuto sull’acceleratore e la
sensazione di aver recuperato qualche forza. La presa sul volante si era
rinsaldata, i chilometri scorrevano lenti ma costanti sul display del navigatore,
il sole sempre più alto dietro le nuvole.
Era solo
all’inizio, non poteva mollare.
Ore 11.00 –
Autostrada, chilometro 670
La Bugatti si fermò
alla stazione di servizio, il motore che rombava senza segni di fatica, la
carrozzeria danneggiata che brillava nella luce fioca del mattino. William si
affiancò alla pompa della benzina e scese per fare il pieno.
Sapeva di essere
sulla strada giusta, in direzione nord e verso Cherepova,
ma di Irina non aveva trovato traccia. Non l’aveva vista, perciò presumeva di
non averla superata, e che quindi lei fosse davanti, ancora in vantaggio.
L’arrivo della serie 5 e della Lancer
gli aveva fatto perdere tempo, e seguire Vladimir alla fine non gli era servito
gran che.
Era sicuro di
poterla raggiungere, se era avanti: la Bugatti era l’auto più veloce del mondo,
e poteva tenere una media decisamente più alta di
quella della Punto di Irina. Gli bastava correre un po’ più forte per poterla
trovare…
Improvvisamente,
mentre si guardava intorno nella piazzola della stazione di servizio, sentì il
rumore di un motore che rombava deciso e si avvicinava a forte velocità. Oltre
il guard-rail la Impreza
nera di Vladimir sfrecciò sull’autostrada, scomparendo alla vista in pochi
secondi.
Lo Scorpione
imprecò. Non poteva permettergli di raggiungere Irina, qualunque fosse il suo
scopo.
Senza nemmeno
preoccuparsi di pagare, chiuse il bocchettone del rifornimento e saltò sulla
Bugatti, gettandosi all’inseguimento.
Ore 11.10 –
Autostrada
<< Abbiamo le
immagini di una stazione di servizio a pochi chilometri da voi >> disse McDonall, << Challagher ha
appena fatto il pieno ed è ripartito senza pagare… A giudicare dalla reazione,
sta seguendo qualcuno >>.
Xander guardò la strada
sgombra davanti a lui, la R8 alle sue spalle che la seguiva stranamente docile,
i camion che procedevano lenti alla loro destra… Strinse un po’ di più il
volante, il cellulare premuto sull’orecchio.
<< Dove?
>> chiese solo.
<< E’
all’altezza del chilometro 670 >> rispose McDonall,
<< Non è lontano >>.
<< C’era
anche Buinov? >> domandò Xander.
<< Forse…
Irina risulta più avanti, quindi non poteva inseguire
lei >> rispose il Vicepresidente.
Xander fece un mezzo
sorriso.
<< Allora li
abbiamo >> disse.
Chiuse la telefonata,
poi cercò rapidamente il numero di Dimitri. Dallo specchietto retrovisore lo
vide afferrare il cellulare e rispondere, secco.
<< Allora?
>>.
<< Sono
davanti a noi. Hanno 80 chilometri di vantaggio.
Dovrebbero essere insieme >>.
<< Prendiamoli
>> disse Dimitri, una nota minacciosa nella voce.
Sul viso di Xander il sorriso si allargò ancora di più.
<< Aspettavo
solo che me lo chiedessi… A quanto arriva la tua R8? >>.
Dimitri sembrò
sghignazzare, dall’altra parte della linea.
<< Va
abbastanza per stare dietro a quel figlio di puttana
di Vladimir >> rispose.
<< Allora rimanimi incollato. Stai per essere scortato dalla prima
Ferrari della polizia della storia d’America >>.
Xander tirò fuori il
lampeggiante da sotto il sedile, rimasto la sotto solo per le
vere emergenze. Aprì il finestrino e lo incollò al tettuccio, poi
premette il tasto sul cruscotto e quello cominciò a suonare violentemente,
segnalando la loro presenza.
Affondò il piede
sull’acceleratore e partì, l’Audi un’ombra grigia
dietro di lui.
Ore 12.00 –
Autostrada, chilometro 755
Fu come vedere un
lampo rosso che piombava a tutta velocità verso di lui, un bolide lanciato a
trecento chilometri l’ora con una sirena lampeggiante sul tetto e i fari allo
xeno accesi e abbaglianti.
<< Cazzo
>>.
William si era
completamente dimenticato di Went. L’urgenza di
inseguire Irina e riuscire a fermarla gli aveva fatto scordare che lo sbirro
gli stava alle calcagna…
Per un attimo non
seppe che fare, gli occhi incollati allo specchietto, il grido insistente della
sirena nelle orecchie…
Come diavolo aveva
fatto a prenderlo? Lui aveva una Bugatti, diamine! Quella 599
doveva essere stata modificata, per andare così forte…
Vide una R8 color
carbonio, quella di Dimitri, schizzare da dietro la Ferrari e superarli di
colpo, senza guardarsi indietro.
Lo Scorpione
digrignò i denti, poi si rese conto che il Mastino aveva un altro obiettivo,
che molto probabilmente doveva essere Irina. Affondò il piede
sull’acceleratore, schizzando avanti per non perderlo di vista…
La 599 gli si parò
di fianco con uno scatto incredibile, e per un attimo lo Scorpione vide gli
occhi di Went, quegli occhi che gli stavano lanciando
di nuovo una sfida, la stessa sfida che gli avevano
lanciato due anni prima…
Non aveva paura di
lui, non l’avrebbe mai avuta. Lo odiava perché era stato in grado di portargli via Irina, perché lo aveva battuto togliendogli tutto…
Voleva la vendetta, voleva ucciderlo, ma c’era qualcosa che dentro di lui
premeva più forte della sua voglia di riscatto…
Irina era davanti a tutti loro, se ne stava andando senza avergli
dato il tempo di chiederle perché…
“Ho imparato che bisogna avere delle priorità nella
vita, Went.
Tu non sei la mia”.
Schiacciò ancora
più a fondo il pedale dell’acceleratore, ma la Ferrari gli rimase incollata, fianco a fianco… Era modificata, ora era chiaro.
Gli gettò un’altra
occhiata, mentre il guard-rail gli sfrecciava di lato come una linea
indistinta… Il motore della Bugatti gridò inferocito quando il suo piede calò
implacabile fino a fine corsa sul pedale, ma lo spinse avanti, sempre più
forte…
Vide il muso della
Ferrari perdere terreno, i fari della R8 davanti a loro farsi più vicini…
Poi qualcosa andò
storto, e il posteriore della Bugatti ebbe uno strappo di lato… Un clangore
metallico invase l’aria, mentre la Veyron andava a
sbattere contro il guard-rail, impazzita…
William strinse il
volante con tutte le sue forze, controsterzò e sentì la Ferrari inchiodare per
non venirgli addosso…
Un grosso tir gli
si parò davanti all’improvviso, così in fretta da non riuscire a evitarlo.
Sentì il paraurti andare in pezzi, il vetro posteriore creparsi, poi riuscì a
riprendere il controllo…
Il clacson del tir
suonò impazzito, poi il rimorchio iniziò a sbandare a destra e sinistra, fuori
controllo. La 599 si spostò, finendo fuori dalla sua vista…
William sterzò
bruscamente, le ruote della Bugatti che scivolavano sull’asfalto, poi ripresero
aderenza e si infilò nella prima uscita disponibile, fuori
dalla vista di Went.
Imboccò la rampa e
sparì il più velocemente possibile.
<< Cazzo!
>>.
Xander sbattè violentemente il pugno sul volante della Ferrari,
fermo in mezzo all’autostrada con un tir ribaltato davanti a lui. L’olio del motore
si era sparso sulla carreggiata, e ora brillava nero e scuro come il suo umore.
Almeno Dimitri era andato avanti.
Scese, si accertò
che il conducente fosse ancora vivo e chiamò un’ambulanza. Un attimo dopo, la
sua telefonata fu diretta a McDonall.
<< L’ho perso
di nuovo >> ringhiò, sapendo che in fondo aveva un minimo di colpa,
<< Chiamate i russi e ditegli di far alzare l’elicottero >>.
La cosa iniziava a
diventare snervante, e per quando il suo orgoglio gli dicesse che doveva essere
una cosa esclusivamente fra lui e Challagher, non
poteva permettersi l’errore di peccare di superbia: se aveva a disposizione
qualcuno che gli desse una mano a rintracciare di nuovo lo Scorpione, doveva
usarlo ora.
<< Un paio di
minuti e l’elicottero sarà in volo >> disse McDonall, calmo. << Mando anche le
volanti. Goryalef? >>.
<< E’ avanti…
Gli ho dato la possibilità di catturare Vladimir Buinov
>>.
La sua voce non
indugiò, anche se sapeva benissimo di aver appena mentito. Non gli aveva dato
la possibilità di “catturarlo”, gli aveva dato la possibilità di ucciderlo…
Ci fu un momento di
silenzio, come se McDonall non si aspettasse una
risposta del genere.
<< E’ sicuro
di quello che fa? >> domandò solo il Vicepresidente.
<< Sarà anche
un pilota clandestino, ma credo che in questo momento ci siano poche altre
persone di cui ci si può fidare come di lui. Mi prendo
tutte le responsabilità >>.
<< E io mi fido di lei, agente Went.
Immagino che il suo istinto non si sia sbagliato, come sempre >>.
Xander risalì in auto,
stringendo il telefono. Non era l’unico a sperarlo.
Ma qualcosa gli
diceva che Dimitri aveva bisogno di una seconda possibilità nella vita, e lui
era l’unico che poteva dargliela.
Dimitri vide la
scena dallo specchietto retrovisore, il tir che si ribaltava come un modellino
e spargeva olio ovunque, mentre Challagher filava via
riuscendo a infilarsi in una rampa d’uscita…
Non importava. Era
certo che Went stesse bene, aveva visto la Ferrari
rallentare appena in tempo per non essere colpita in pieno, quindi poteva
proseguire. Fermarsi gli avrebbe solo fatto perdere nuovamente terreno su
Vladimir, e ora che sapeva di averlo vicino non poteva mollare.
Spinse il piede
sull’acceleratore, il motore che andava sempre più su di giri…
“Sei mio, Vladimir. Ho
parecchie cose da vendicare”.
Ore 15.00
–Autostrada, chilometro 987
Irina sentiva il
piede formicolare, così mosse un po’ la gamba sinistra, nella speranza che la circolazione
tornasse a funzionare. Il piede destro continuava a premere sull’acceleratore,
ma lo faceva in modo più leggero…
Aveva sonno, lo
sentiva. Nonostante il caffè, nonostante la tensione, il suo corpo iniziava a
ribellarsi. Le palpebre erano così pesanti che non sapeva se sarebbe riuscita
ad andare avanti ancora per molto…
Forse aveva bisogno
di un’altra pausa. Doveva fermarsi di nuovo, mettere benzina e sperare che il
sonno passasse, almeno per un altro po’.
Entrò
nell’autogrill, parcheggiò in un angolo tranquillo e spense il motore. Gettò
un’occhiata al navigatore attaccato al cruscotto, lo schermo illuminato e le cifre ben visibili nell’angolino a destra.
Mancavano 1.600
chilometri. Troppi.
Irina ebbe un momento
di sconforto. Non poteva reggere ancora…
Appoggiò la fronte
sul volante, respirando a fondo. Aveva ancora tredici ore per raggiungere Cherepova, anche se aveva rispettato la tabella di marcia
fino a quel momento… E troppa, troppa strada da percorrere.
Era stanca, decisamente stanca. Come poteva sperare di reggere un
viaggio di altre tredici ore in quelle condizioni? Avrebbe dovuto essere
attenta, correre a centottanta in autostrada richiedeva concentrazione e
lucidità…
Per un attimo le
venne la tentazione di prendere il telefono, chiamare la Lince e dirle che non
sarebbe mai arrivata in ventiquattro ore, ma rimase immobile, le braccia
conserte sul volante e la testa abbassata.
Non poteva mollare.
Che figura avrebbe fatto? Aveva smosso mari e monti per essere lì, aveva messo
in crisi il suo rapporto con Xander, aveva affrontato
di petto tutte le sue paure, e ora, a un passo dalla fine, decideva di
lasciare?
Però il suo corpo
gridava, gridava per la fatica, per la tensione che fino ad
allora aveva accumulato… Era da quando era partita per Mosca che viveva
in costante pressione, e ora aveva raggiunto l’ultima soglia, aveva finito
anche le energie di riserva.
Si lasciò andare
sul sedile, fissando il soffitto dell’auto. Si sentiva sfinita, ma aveva
comunque il cervello che lavorava: in fondo, aveva rispettato la sua tabella di
marcia, e doveva solo mantenere la stessa andatura
ancora per tredici ore…
Sospirò.
No, non avrebbe
mollato. O almeno, non così, non in quel modo. Doveva almeno provare ad arrivare
alla fine, a terminare quello che aveva cominciato…
Aveva bisogno di
una pausa, una pausa vera che le avrebbe permesso di
riprendere un po’ di energie. Quanto tempo poteva prendersi?
Alla fine decise,
con qualcosa addosso molto simile alla rabbia.
Un’ora. Un’ora di pausa completa, per ricaricare le pile e poi ripartire,
sperando di recuperare in fretta la strada persa. Era un rischio,
Vladimir e William potevano raggiungerla, ma non sarebbe riuscita ad andare
avanti per molto, in quello stato.
Afferrò il
telefono, impostò il timer su un’ora e lo guardò scorrere all’indietro per
qualche secondo… Poi abbassò il sedile, chiuse l’auto dall’interno e finalmente
abbassò le palpebre.
Il cellulare trillò
così forte da farla sobbalzare. Irina lo prese, spense la suoneria e guardò il
timer azzerato, chiedendosi se davvero aveva dormito per un’ora o per una notte
intera.
Si guardò intorno,
per un momento spaesata, poi ricordò che il tempo a
sua disposizione era terminato. Uscì dall’auto, passò nel bagno dell’autogrill
per sciacquarsi la faccia e bevve un caffè rapidissimo.
Solo quando si fu
seduta di nuovo al volante, sentì di essere un po’ meno stanca. Un’ora di sonno
era bastata a farle riprendere un po’ di energie, almeno per qualche ora.
Soddisfatta, mise
in moto la Punto e ripartì.
Forse era stato
solo un semplice momento di sconforto; la stanchezza le aveva fatto vedere più
nero di quanto in realtà non ci fosse stato…
Fece scivolare il
piede sull’acceleratore, guadagnando velocità… Poteva ancora farcela, non tutto
era perduto. Doveva solo arrivare a Cherepova…
Dimitri vide
davanti a lui la Impreza
nera, e sentì l’adrenalina iniziare a scorrere sempre più forte nelle sue vene…
La vedeva, oramai l’aveva raggiunta… Vladimir era suo.
L’avrebbe fermato a
qualsiasi costo, anche di perdere la possibilità di ridurre la sua pena in
carcere. Con il russo morto, poteva rimanere chiuso in cella per il resto dei
suoi giorni. La sua anima si sarebbe finalmente calmata, smettendo di
chiedergli vendetta per tutto quello che era accaduto, per tutto il sangue che
era stato versato…
Nella sua testa,
dolorosi e vividi come non mai, tornarono i ricordi di quella notte, quella
maledettissima notte in cui aveva trovato sua sorella Lora morta… Quella notte in cui gli era stato strappato
quel pezzo di cuore che non avrebbe mai riavuto indietro.
C’era stata solo
un’occasione in cui aveva avuto paura, in tutta la sua vita, ed era stato quel
giorno. Il terrore più puro gli aveva invaso il cuore, quando aveva messo piede
in quella stanza buia dove avrebbe dovuto incontrare Buinov,
perché i suoi sensi l’avevano già messo in guardia… Ricordava ogni secondo,
ogni passo che aveva fatto, ogni suoi che aveva sentito mentre apriva la porta,
sperando che ciò che aveva temuto fosse stato soltanto
un orribile incubo…
Poi l’aveva vista,
in un lago di sangue sul pavimento, un coltello piantato nella sua gola bianca…
E il silenzio, il silenzio più puro, il silenzio più
spaventoso.
Ricordava di non
aver fatto nulla, di non esseri mosso, di non aver
emesso nessun suono. Ricordava di essere rimasto immobile, gli occhi su quel
corpo minuto accasciato sul pavimento… E lì era morta una parte
di lui.
Lei, la sua bella,
bellissima, dolcissima sorellina era stata ammazzata come una bestia, solo
perché portava il cognome sbagliato, solo perché lui doveva diventare la Lince…
Solo lei era stata
in grado di mostrargli il bello di ciò che li aveva sempre circondati. Solo lei
era stata in grado di andare oltre i suoi silenzi, di capire cosa passasse per
la sua testa. Solo lei, sua sorella gemella, aveva diviso con lui tutto…
Dimitri tornò alla
realtà, e scoprì di aver afferrato il volante così forte da farsi sbiancare le nocche.
Faceva troppo male ricordare.
Vladimir gli aveva
tolto davvero troppo: Lora era sempre stata l’unica a
conoscerlo davvero, l’unica a cui permetteva sempre
tutto… Era l’unica ad aver ottenuto sempre il suo rispetto.
L’unica, fino a che
non era arrivata Irina.
E Buinov aveva tentato di portargli via anche lei. O almeno,
gli aveva fatto temere di aver commesso un errore, di aver sbagliato a lasciare
che Fenice si avvicinasse così tanto a lui…
Perché lo sapeva
benissimo che per tornare a vivere, doveva uccidere Vladimir Buinov. Che solo in quel modo avrebbe lasciato andare il
ricordo di sua sorella e sarebbe tornato a vedere un domani. Solo il quel modo
avrebbe chiuso quella porta che era rimasta aperta da quando Lora era morta, quella porta che nascondeva una stanza buia
ma piena di dolore.
Superò un tir, e
come se avesse aggiunto una spinta supplementare alla
sua R8, si ritrovò a poche centinaia di metri dalla Impreza
nera…
Poi la vide:
spiccava bianca in mezzo alla carreggiata, fianco a fianco
della Subaru…
E non era una
Punto. Non era l’auto di Fenice.
Era una Lamborghini
Gallardo bianca.
Nina Krarakova.
“Puttana”.
Nina non era lì per
lui. Doveva aver stretto qualche accordo con Buinov,
e sicuramente come lui era sulle tracce di Irina. Sicuramente come Vladimir
voleva incontrare la Lince. Aveva sempre mentito, non era
mai stata né una Sentinella né una Referente. Era solo una ragazza stupida e
troppo arrivista per accettare l’affronto di essere stata messa da parte da una
come Irina.
Dimitri fece una
smorfia. Non poteva occuparsi anche di lei.
Vide la Gallardo accelerare, lasciandosi dietro la
Impreza… Vladimir accettava la sua sfida. Lo
stava aspettando.
Era giusto così. Nina
doveva vedersela con Irina. Ognuno aveva i propri conti in sospeso da saldare.
E lui questa volta
non si sarebbe fatto scappare l’occasione.
Qualcosa di bianco
brillò nello specchietto retrovisore della Punto, e Irina non potè fare a meno di guardare. Avanzava rapido, chiunque
fosse, e sembrava decisamente intenzionato a
raggiungerla.
Lasciò andare
leggermente l’acceleratore: voleva scoprire chi fosse. Non ricordava nessuno
con un’auto bianca, e fino a quel momento i piloti sconosciuti che aveva incontrato si erano rivelati suoi alleati, molto
probabilmente mandati dalla Lince…
Proseguì dritta,
gli occhi che si spostavano ritmicamente dalla strada alle sue spalle, poi
finalmente riuscì a distinguere i contorni dell’auto…
Una Gallardo bianca.
Ci mise un attimo,
poi collegò. La bella faccia di Nina Krarakova
campeggiava oltre il vetro della Lamborghini sempre più vicina, i suoi occhi
azzurro ghiaccio che esprimevano tutta la sua
soddisfazione nell’averla raggiunta.
Per un istante
Irina rimase senza parole. Che diavolo ci faceva lì? Cosa
centrava lei in tutta quella storia?
Poi sentì montarle addosso una rabbia enorme, come forse non aveva mai provato
fino ad allora. Prima le portava via Xander, poi cercava di umiliarla di fronte a tutti, e
adesso le metteva pure i bastoni tra le ruote?
Poteva anche
guidare una Gallardo, poteva
anche essere la ragazza più bella di tutta la Russia, poteva anche essere la
figlia del Primo Ministro russo, poteva anche essere una pilota più brava di
lei, ma non poteva permettersi di intralciarle la strada. Non in quel momento.
Doveva portare a termine la sua missione, non aveva tempo da perdere con lei.
E poi, aveva
davvero sopportato troppo da quella russa dalla faccia d’angelo. Era stata
sfidata troppe volte per non aver voglia di prendersi una rivincita.
Per la prima volta
nella sua vita, sentì davvero il desiderio di dare una lezione a qualcuno. Per
la prima volta, si sentì Fenice davvero fino in fondo. Si sentì una vera pilota
clandestina.
Strinse il volante,
le nocche bianche e gli occhi ridotti a fessure.
“Devi fare ancora molta
strada, carina, prima di poter pensare di fermarmi. Ora ti insegno
io cosa significa fare un torto a Fenice”.
Spazio Autrice
Mi
inginocchio
e chiedo scusa a tutti voi lettori, ma purtroppo, lo ammetto, ho avuto la
“famosa” crisi dello scrittore, quella del foglio bianco. La scrittura di
questo capitolo è stata difficile, nonostante la storia fosse chiara nella mia
mente. Doveva capitarmi prima o poi, infatti è
successo. Mi dispiace davvero, ma non riuscivo proprio a mettere per iscritto
quello che avevo per la testa. Spero che per il prossimo capitolo riesca ad
andare avanti con più facilità.
Vi ringrazio in
anticipo per le recensioni che vorrete lasciarmi, nonostante il mio scarso
impegno.
Scusate ancora.
Lhea
PS: ringrazio Myrhiam per avermi fatto notare l’errore nella numerazione
dei capitoli. Ho corretto, spero di aver fatto giusto… Per comodità ero andata
avanti con la numerazione “made in Lhea”, ma in effetti è meglio
adottare la numerazione corretta. Sarebbe un errore imperdonabile, per una vera
scrittrice. (Anzi, sto pensando: che figura che mi
sono fatta!). Correggerò subito anche i precedenti.