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Autore: Blackvirgo    11/10/2011    2 recensioni
Dicono che il dovere sia l'inizio e la fine della vita di un Celestiale, che ogni Celestiale nasca per compierlo e che muoia solo dopo averlo portato a termine. E dicono anche che un Celestiale che non assolva il proprio dovere sia destinato a un tremendo castigo.
Una raccolta di side story/one shot autoconclusive incentrate sui personaggi di un mio racconto in fieri da anni.
@ capitolo 1: Pace:Zomurn sorrise alla scena, senza sarcasmo, senza ironia. “Forti sono i legami che uniscono i Celestiali,” mormorò con una nota di tristezza nella voce melodiosa.
seconda classificata al primo round (tatto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 2: Ricordi:Hai ragione, Neera, pensò. il ragazzino che tu hai conosciuto è davvero in grado di stupirmi.
prima classificata al secondo round (vista) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 3: Baci:“Quel bacio era la somma di tutto quello che avevano passato durante gli anni assieme, dal momento in cui si erano conosciuti, fino a quel preciso istante.”
prima classificata al terzo round (gusto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 4: Una storia... e molti modi per raccontarla:“A Kimi toccò sorridere, perché sapeva quanto fosse pericoloso raccontare quella storia davanti a Zomurn: sarebbe bastata un’intonazione sbagliata o un accento ambiguo e il temerario menestrello avrebbe rischiato di non poter raccontare più nulla nei suoi giorni a venire.”
prima classificata parimerito al quarto round (udito) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
@ capitolo 5: La spada: “Respirare era annusare. Annusare era conoscere. Conoscere era capire.
prima classificata al quinto round (olfatto) del concorso "Cinque Sensi" indetto da kiara_chan sul forum di EFP
N.B.: cronologicamente parlando Ricordi viene prima di Pace, ma per esigenze del concorso e per il tentativo di renderle autonome ho pubblicato le storie in questo ordine. Spero che siano comunque piacevoli da leggere!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Valzigor si alzò all’alba, uscì e andò nella sua piccola fucina. Inspirò profondamente l’aria fresca, annusando gli odori del bosco, dell’erba e dell’aria stessa. Poi si mise all’opera: prese il carbone, accese il fuoco nella fucina e iniziò a preparare i vari materiali da fondere assieme.
Mentre il calore compiva la sua azione sull’acciaio, lui si sedette a gambe incrociate e lasciò che i suoi muscoli si rilasciassero, che la sua mente prendesse consapevolezza del suo corpo e viceversa. Si concentrava sul battito del cuore per perdersi in esso e poi nel respiro, per rimanere in contatto con la terra. Perché esiste un senso, il più antico fra tutti – gli avevano insegnato – che ci mantiene legati al mondo attraverso il respiro stesso: l’olfatto.
Respirare era annusare. Annusare era conoscere. Conoscere era capire.
Gli era stato insegnato che meditare era l’esercizio propedeutico a qualunque altra azione, che prima di qualunque compito la mente doveva trovare la sua perfetta armonia con il corpo. Il cuore con il respiro. La comprensione con la conoscenza.
Costruire gli piaceva, era un modo per mettere un po’ di se stessi in un attrezzo che un’altra persona avrebbe poi usato. Ma forgiare un’arma significava capire come un’altra persona vedesse la vita e come volesse affrontarla. Perché in fondo la vita era piena di battaglie: un’arma indicava solo come sostenerne alcune, ma era abbastanza per intuire come chi la brandiva si ponesse di fronte a tutto il resto.
Valzigor ancora ricordava la meditazione, gli esercizi che avevano preceduto la forgiatura della propria arma. Nella sua terra d’origine ogni ragazzo si sottoponeva per anni a un duro allenamento che gli avrebbe permesso di diventare guerriero, ma non avrebbe mai potuto aspirare a quel titolo senza forgiare la propria arma. Così ognuno doveva lavorare nella fucina del Mastro fino a quando non avesse imparato le tecniche alla perfezione. Quando l’allievo veniva ritenuto pronto allora dove scegliere cosa forgiare. Poi veniva rinchiuso in una cella con tutto l’occorrente e cibo e acqua sufficienti per una settimana. Non tutti riuscivano a sopravvivere.
Valzigor aveva superato brillantemente quella prova, mentre non era mai arrivato a eccellere nel puro combattimento. Semplicemente perché combattere solo per combattere non gli era mai piaciuto.
Un’arma deve rispecchiare chi la brandisce, diceva il vecchio Mastro Armaiolo. Valzigor lasciò vagare la sua mente su Selior… Gli aveva chiesto una spada, e col carattere tagliente che si ritrovava la spada era sicuramente la soluzione migliore. Ma c’era dell’altro: Selior era una persona schietta e impetuosa che ancora doveva trovare la propria la strada, che ancora doveva liberare la sua vera indole dalle costrizioni imposte precedentemente. Valzigor non aveva avuto modo di osservarlo attentamente nel combattimento, ma sembrava che lottasse come qualcuno gli aveva insegnato, non come lui aveva imparato. Per questo un’arma comune non sarebbe andata bene:  non lo avrebbe costretto a far quel salto di qualità che trasformava un soldato in un guerriero.
Inoltre Selior usava lo scudo e aveva bisogno di qualcosa che potesse essere impugnata a una sola mano. “Che spreco di forza,” pensò Valzigor, aprendo gli occhi.
Selior sapeva di sangue, la prima volta che lo aveva visto. Puzzava di sporco, di sudore e di paura, come l’animale braccato che era diventato.
Conoscenza, il primo passo.
La comprensione era arrivata dopo.
Il giorno prima  lo aveva scovato appollaiato sulla cima di una collina poco lontana dalla loro casa – sua e di Shahan – una posizione che permetteva di dominare un paesaggio meraviglioso fatto di prati e boschi a perdita d’occhio.
A Valzigor piaceva respirare tutto quel verde, gli piaceva la sensazione di pulito che gli lasciava.
Selior non lo aveva sentito arrivare, ma ne aveva percepito immediatamente la presenza.
“è successo qualcosa?” aveva chiesto.
“Nulla di particolare,” rispose Valzigor guardando l’amico dall’alto, reggendo due bastoni.
Selior lo guardò con aria interrogativa.
Valzigor ricambiò con uno sguardo contrito: “È che non riesco a decidermi che arma forgiare per te.”
Selior si mise a ridere: “Vuoi sfidarmi?”
“No,” rispose Valzigor, pensieroso. “Voglio conoscerti”.
“Basta una spada, una spada qualunque…” rispose Selior, senza capire i dubbi dell’altro.
“Mai sottovalutare l’arma, il forgiatore o il combattente,” rispose Valzigor. “Qual è la tua arma preferita?”
“Ho sempre usato una spada,” rispose Selior.
“Scudo?”
“Ovviamente,” rispose Selior, accettando il bastone che l’altro gli porgeva. “Continuo a non capire dove tu voglia arrivare…”
“Impugna il bastone!”
Selior lo afferrò saldamente a due mani, come fosse una spadone. Nonostante l’ingombro evidente dell’arma impropria riusciva a mantenere una certa agilità.
“Ora prova solo con una mano!”
“È troppo lungo e sbilanciato…” iniziò a protestare Selior, ma le parole gli morirono sulle labbra quando vide Valzigor bloccare l’estremità del bastone contro il proprio corpo con una mezza piroetta e romperlo con un colpo secco col taglio della mano a circa due spanne dalla cima.
“Ancora troppo lungo?”
Selior lo guardò ancora sbalordito, incapace di comprendere da dove venisse tanta velocità e potenza a mani nude.
“Così va meglio.”
“Ottimo!” Lo interruppe Valzigor sorridendo. “Esercitazione finita!”
 
Aveva deciso cosa forgiare. Una spada di lato. Una spada che poteva essere impugnata a una sola mano, solo con l’esercizio, solo dopo averla ben soppesata e compresa. Troppo pesante per la maggioranza delle persone, Valzigor era sicuro che non lo sarebbe stata per Selior: la struttura muscolosa di questo ultimo lasciava a intendere gli anni di addestramento nell’esercito. Una spada di lato. Non sarebbe stato in grado di usarla sin da subito con una sola mano, ma forse questo sarebbe servito per spronarlo oltre quelli che sembrava essere il suo grande limite: la poca conoscenza di se stesso.
Quando il caldo gli invase le narici, seppe che era giunto il momento. Per Valzigor annusare il ferro che si scioglieva era un po’ come per un cuoco assaggiare una pietanza: era il controllo che la cottura fosse al punto giusto,
Prese il metallo informe e incandescente e cominciò a martellarlo per dargli grezzamente la forma. Ripiegò varie volte il metallo su stesso per amplificare la sua durezza e la sua flessibilità. Lo plasmò, lo temprò e lo rinvenne nel fuoco e nell’acqua più e più volte. E ogni volta il fumo portava un odore diverso: ogni volta che il metallo si scaldava lasciava nell’aria le impurità, ogni volta che il metallo si raffreddava regalava uno sbuffo del suo carattere.
Infine affilò la spada e la immerse per un attimo in bagno d’acido per esaltare le venature dell’acciaio.
Lunga fu anche la lavorazione dell’elsa: semplice ma funzionale, foderata da un lungo nastro di seta rossa che riprendeva le decorazioni del fodero di legno.
Era notte quando completò il lavoro.
Soddisfatto della propria creazione l’avvolse in un panno scuro e se andò a dormire.
Il giorno dopo porse l’arma a Selior. Questi la guardò, meravigliato dalla perfezione della linea, dall’eleganza degli intarsi e dal bilanciamento della lama. La prese in mano e si rese conto solo allora di come fosse più lunga e pesante di una comune spada. Tentò di impugnarla a due mani, ma era scomodo: era stato lasciato spazio per questa scelta, ma la forma dell’impugnatura suggeriva di essere usata a una sola mano. Valzigor studiò attentamente i movimenti e le perplessità di Selior e, più che mai, si convinse di aver fatto la scelta giusta.
“Non è una spada normale. La chiamano spada bastarda o spada a una mano e mezza. Non è comune in queste terre. Come hai già capito può essere impugnata a una mano o a due mani.” disse allora, sorridendo. “A te la scelta”.
“è splendida. Grazie”. Fu la risposta di Selior, realmente convinto di quello che stava dicendo ma non ancora a proprio agio con la lama che aveva in mano. “Ma non riesco… Non ho mai usato niente di simile!”
“Pazienza” mormorò Valzigor, toccandosi il naso. “Dovete solo conoscervi. Fidati di me: abbi pazienza.”

***
Nota dell'autrice:
...e con questa abbiamo finito gli spin off della storia principale. Di tutte e cinque le storie questa è quella che mi soddisfa di meno, ma ho comunque preferito pubblicarla come è stata scritta per il concorso correggendo solo i refusi che mi sono saltati agli occhi.
Prossimamente su questi schermi con la long-fic da cui questi spin off hanno preso origine: rimettere le mani su questi personaggi e sulle loro storie mi ha fatto venire voglia di riprendere a scrivere seriamente di loro. Grazie in particolare a Cabol per i complimenti e l'incoraggiamento!
Un abbraccio a tutti quelli che passano di qua!
   
 
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