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Autore: Luna_R    22/06/2006    1 recensioni
Sono le sette e trenta di mattina, il suono di una sveglia, irrompe nel silenzio di un appartamento assopito.
Una ragazza si sveglia, poggia rumorosamente la sua mano sulla sveglia, e maledicendo il giorno già alle porte, si dirige in bagno.
E intanto non sa, che non sarà, un giorno come tutti gli altri..
*********
-“E tu, chi sei?!”-
-“Nel mio paese, colui che salva una vita ad un uomo, fa sua quella vita. Ecco, ora la mia vita ti appartiene.”-
Non so chi fosse, non so perché evadeva sempre dalle mie domande, ma provai un tale senso di protezione nei suoi confronti, che non potei far altro che portarlo via con me.
“Ricordati di me”, solo una storia d’amore, dimenticata o nascosta, nei meandri della mente invecchiata o distratta.
Ma pur sempre una storia d’amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

 

 

 

Bene bene!

Un nuovo lettore nella mia fiction!

Che piacere, Lukos averti fra i miei lettori!

Spero di non deludere le tue aspettative, intanto ti ringrazio per aver lasciato un commento.

kiss

 

 

 

aawaa NUVOLE E LENZUOLA aawaa

 

Chap n.6

 

 

Esco dal parco piuttosto preoccupata per Victor; lasciarlo solo, abbandonato a se stesso, mi fa sentire tremendamente in colpa.

Forse c’è riuscito davvero, forse ha avuto ragione anche su questo; sto cominciando a fare mia la sua vita, la sua storia, e questa mia preoccupazione è il chiaro sintomo dell’attaccamento inspiegabile, che continuo ad avere nei suoi confronti.

Ma adesso forse, un motivo c’è.

Lui è così simile a me, il suo passato è corso veloce su una linea molto uguale alla mia.

Ed io lo so cos’è quello sguardo sempre triste e vago che lo caratterizza ed io so perché è così difficile fidarsi del prossimo; sguardo di un bambino che ha visto i suoi genitori strappati dalla sua vita, sguardo speranzoso di rivederli ancora una volta, sguardo di un uomo che ha perso l’amore, diffidenza verso il prossimo per timore di essere abbandonato nuovamente.

Ma lui si è fidato di me, ed io certo non posso abbandonarlo.

 

Fra un pensiero e l’altro, mi ritrovo sotto casa, senza accorgermene.

Esito a salire, provo un innato senso di paura e vergogna; sono scappata, come faccio sempre da una vita, con lui.

Anche stavolta non ho avuto il coraggio di restare, affrontarlo e con Simone anche le mie paure.

Le parole di Victor balenano nella mia mente, quasi d’improvviso; prenditelo l’amore che vuoi, mi ha detto.

E così farò, salirò su, gli dirò di restare con me, e che tutto passerà.

Simone capirà, si infondo lui mi ama e per questo capirà.

 

Salgo le scale del palazzo di fretta, piena di speranza, di fiducia.

E d’amore, sì d’amore. Perché infondo io Simone lo amo ancora tanto.

Apro la porta piano, non voglio svegliarlo qualora dormisse, anche se nel cuore prego sia sveglio.

Voglio toccarlo, parlargli, guardarlo. Io lo voglio.

 

-“Sibilla, sei tu?!”-. E’ steso sul divano, semi appisolato, con una vecchia coperta a coprirgli le gambe e il telecomando abbandonato lungo un fianco –“Oddio mi hai fatto preoccupare!”-. Si alza venendomi incontro. Mi abbraccia. Resto immobile, tesa.

Mi sciolgo solo quando le sue mani contornano il mio viso, e leggo nei suoi occhi la paura per me.

Allora sospiro, buttandogli le braccia al collo, saltandogli addosso con impeto violento; lo bacio sul collo con avidità e passione, fra una lacrima dolce-amara che cola sulla mia guancia e il respiro che si fa sempre più affannoso e desideroso, come il folle pensiero di volerlo dentro me, tutta la notte.

Lui ricambia i baci, posso sentire la stessa passione sbattermi addosso, mi prende il viso fra le mani, cerca di rubare la magia dai miei occhi, ma non riesce a fare altro che farsi trasportare dalla passione.

E mi ama, mi domina, mi prende, per tutta la notte. Come volevo, come ha voluto.

 

-“Sei fantastica…”-. Mi dice, quando stremati e abbattuti dall’amore, ci lasciamo andare.

-“Vedi cosa ti perdi, quando sei lì a dare calci a un pallone?!”-. Rido, tirando le lenzuola fin sopra al naso.

-“Ah, brutta bimba cattiva…”-. Si gira e in mezzo secondo mi è sopra di nuovo –“cosa sono queste sconcerie?!”-. Non mi da il tempo di rispondere, coprendo le mie labbra con le sue. Morbide, sensuali, languide. Poi continua a parlare.

-“Mi dispiace, tanto. Non volevo trattarti male.”-.

-“Non pensarci, quel che è stato è stato..”-.

-“Ma lui, dov’è?!”-.

-“Chi, Victor?!”-. Mi guarda, cela un sorriso malizioso scuotendo un po’ il capo –“diciamo che voleva lasciarci in intimità. Chissà cosa intendeva…”-. Lo guardo maliziosa a mia volta, sorridendo.

-“Già, chissà…”-.

Coglie la provocazione, facendomi sua nuovamente e ripetutamente.

La notte vola così, fra le coperte bianche scomposte e i nostri corpi aggrovigliati in un abbraccio intenso e coinvolgente.

****

 

-“Oh, scusa ti ho svegliato…”-.

Apro gli occhi, fuori è già mattino.

Il sole sbatte contro le tapparelle semi abbassate, la stanza è inondata da una calda luce dorata, nonostante quella palla gigante sia coperta da nuvole e Simone, lui così pigro e dormiglione, già è in piedi.

 

-“Già sveglio?!”-. Mi alzo, afferrando l’orologio sul comodino.

-“C’è del caffè in cucina, pronto e in tazza.”-. Non risponde alla mia domanda, biascica qualcosa di molto vago. Allora mi soffermo ad osservarlo; sembra vada di corsa, la camicia è bianca sbottonata e una cravatta appoggiata al collo resta in attesa d’essere annodata.

Alzo le spalle, dirigendomi verso il mio caffè.

E’ alzandomi che noto quella valigia; ripiegata sul divano, con i vestiti perfettamente piegati, tipico del suo ordine maniacale verso la perfezione.

Non mi rendo subito conto della situazione, passo avanti ma non appena realizzato, mi fermo.

Una valigia, quella valigia. La valigia dei viaggi, delle partenze, delle… delle fughe.

Sì, sì, sì. Come ho fatto a non pensarci, Simone non si fa mai spostare per i viaggi di lavoro, Simone è troppo pigro per partecipare a delle conferenze.

Simone sta scappando.

Il cuore batta all’impazzata, credo d’essere diventata paonazza in volto in un secondo.

 

-“Cos’ è quella?!”-. Corro verso la nostra stanza, lo trovo ancora lì che traffica nel suo comodino; lo tiro per un braccio, attirando la sua attenzione.

-“E’ una valigia.”-. Furbo, maledettamente furbo.

-“Simone per piacere non cominciare! Dove stai andando?!”-.

-“Senti Sibilla, mi dispiace forse dovevo dirtelo prima ma non abbiamo avuto modo di parlare e… e….”-.

-“Cosa stai blaterando?! Dove stai andando Simone?!”-.

-“Allora, non è semplice io… io me ne sto andando. Vado da mia madre sì, starò via per un po’, a casa sua.”-.

-“Perchè?!”-. La voce mi muore in gola. Sto per piangere, lo sento.

-“Per riflettere, per prendermi una pausa da tutto ciò. Ho bisogno d’aria, ho bisogno di stare solo.”-.

 

Le sue parole sono pallottole roventi che bruciano la mia pelle.

E mi trapassano.

Se ne sta andando, se ne sta andando. Il mio cervello non è capace di pulsare altro.

 

-“Ma come, dopo stanotte?! Io credevo…”-.

-“..che si sarebbe sistemato tutto?! Dio Sibilla come puoi essere così… così… ingenua?! Tu credi davvero che basti una notte d’amore per risolvere tutto?! Io sono ancora infuriato con te, ci sono ancora troppe cose che non riesco a capire e che non mi vanno giù!”-.

-“Ed è scappando che le risolverai queste tue cose?!”-. Mando giù il mio boccone di lacrime, non posso piangere, non posso permettere al mio assassino altre lacrime.

La sua calma e razionalità mi fa venire il volta stomaco, giro e rigiro su me stessa, non riuscendo a capire se la mia freddezza sia altrettanto vomitevole.

Come se me lo aspettassi, come se questo momento dovesse essere già scritto nel mio cuore.

-“Vuoi parlare di fughe proprio tu?! Sibilla la verità è che nessuno dei due ha più nulla da dirsi. Scappare è più semplice.”-.

-“Tu hai fatto l’amore con me stanotte. Non ha significato nulla per te?!”-.

-“E’ per questo che me ne vado; voglio risolvere i miei problemi personali per ritornare pulito e nuovo da te, verso questa passione e amore che ancora c’è, e che ho sentito ieri notte.”-.

-“Non mi troverai Simone. Tu non mi troverai.”-.

-“E’ il rischio che devo correre. Adesso scusa, devo andare il taxi mi aspetta.”-.

 

Si allontana da me, come la fine dell’estate per uno studente che deve ritornare a scuola.

Sono vuota, inerme, spenta.

Continuo a fissare il vuoto, e nemmeno il tonfo della porta desta dentro me qualcosa.

Nulla, niente.

Riesco solo ad alzare il telefono, parlare con Lucia prendendomi quelle famose ferie arretrate ed abbandonarmi fra le lenzuola, che profumano ancora della sua pelle.

No, non posso piangere.

 

Riesco a chiudere gli occhi per un po’, sogno forse.

Ho visto l’ombra di un uomo, che mi tocca una guancia sorridendomi.

Vorrei fosse Simone, cerco di trovare in quegli occhi i suoi, ma quest’uomo non si scopre.

Sorride ancora.

E quel sorriso è familiare… .

Mi alzo all’improvviso; ho sentito un fastidio allo stomaco, come un crampo che percorre le viscere, tumultuandoti tutta.

Un fastidio maledetto, poi guardo l’orologio, sono le undici passate.

Mi porto una mano alla bocca… .

 

-“Victor!”-. Esclamo, prima di lanciarmi sull’armadio per vestirmi.

 

 

  
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