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Autore: Miyaki    23/06/2006    5 recensioni
[Partecipante al 21° Concorso]La ragazza sospirò, lanciando un occhiata a Remus Lupin, che tenendo fisso lo sguardo dinanzi a se pareva non aver udito una sola parola. Chiuse gli occhi con la stessa attesa di chi attende il colpo mortale. In attesa che Ginny finisse di parlare, dopo aver acceso l’ennesima sigaretta.
Genere: Triste, Dark, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Addio - non ci sono parole

accanto alla croce sulla tua tomba

e queste eterne candele accese

Angel Fall First - Nightwish

Non sapeva quanto tempo era che stava seduta lì, sull’erba a contemplare quelle piccole lapidi spoglie.

Indossava un paio di jeans larghi e una maglietta pesante verde scuro, i capelli, arruffati come sempre, erano legati in una semplice coda di cavallo, intorno alla vita una felpa larga verde bottiglia, in mano tre rose bianche. Quella mattina si era alzata con un’aspettativa diversa, portava lo zaino sulle spalle. Nella cintura portava la bacchetta, e nella tasca dei jeans la busta di carta. Non l’aveva ancora aperta.

Non ne aveva il coraggio. In un anno, non l’aveva mai avuto. Continuò a guardare le tombe davanti a se, seduta a gambe incrociate, in mezzo a loro.

Come era sempre stato. La mezzosangue seduta fra loro. Ron che troneggiava, nella sua altezza, lei e poi Harry, appena poco più basso del suo migliore amico. E lei si era sentita protetta, coccolata in un mondo che credeva non sarebbe mai crollato. Il calore delle spalle grandi dei suoi migliori amici era qualcosa di irrinunciabile, per una ragazzina sperduta. Ma ora quel calore veniva a mancare. Si strofinò le braccia sopra la maglietta, senza scostarsi dalla terra umida.
L’unica vera vittoria ottenuta in anni di combattimento. Il permesso di seppellirli insieme, a riposare vicini. Com’era sempre stato.

Adagiò le rose sul terreno e allungò la mano, sollevando il bacino tanto bastava per recuperare la busta. Tastò i bordi con i pollici, sospirando.

Rabbrividì, mordendosi il labbro inferiore. Era tempo di ricordare.

***

Ron.

Ron non scherzare, ti prego.

Apri gli occhi.

Il ragazzo dai capelli rossi che prima si ergeva nella sua imponente statura ora era steso a terra, inerte, fra le braccia del suo migliore amico, e si rifiutava di rispondere al suo disperato richiamo, testardamente.

Smettila di scherzare, testone.

Lui e i suoi scherzi. Ma questo era troppo per il suo cuore. Troppo. Questa volta gli avrebbe tenuto il muso fino a quando non fosse strisciato ai suoi piedi supplicandola di perdonarla per averla fatta preoccupare inutilmente. Harry gridò, puntando la bacchetta verso Malfoy Senior, mentre Ron continuava a fingere di essere svenuto. Gridava qualcosa che Hermione non riusciva a capire. A sentire. Troppo intorpidita dal freddo che le aveva stretto la pelle in una morsa infernale.

Prima che potesse rendersi conto di qualcosa dei raggi di luce guizzanti avevano riempito l’aria, e uno, rosso, si dirigeva verso di lei.

Harry la spinse, facendola cadere a terra e rotolare sul cemento ruvido. Ogni rumore rimaneva ovattato, ma capì che doveva reagire. Allungò le mani alla ricerca della sua bacchetta, ma le era scivolata lontano, nella caduta.

Ci fu una risata trionfante da Lucius Malfoy, mentre teneva la bacchetta puntata sulla gola di Harry, tenendolo in pugno.

- Ora seguirai il tuo carissimo amico, Potter – disse piano il mangiamorte, con un sogghigno che per malvagità non aveva nulla da invidiare a quello di Lord Voldemort. Aprì la bocca per pronunciare la maledizione più pericolosa di tutte quando una voce, alle sue spalle, lo precedette.

- Stupeficium!

Lucius Malfoy emise un gemito strozzato, cadde di lato, ed Hermione si voltò di scatto, mentre correva ad afferrare la sua bacchetta, sollevata.

Finalmente Ron, cominciavo ad arrabbiarmi.

Ma Ronald Weasley non si era mosso, ancora fisso nella sua recitazione.

Draco Malfoy guardava il padre, con la mano tremante, addosso i vestiti della milizia del Governo di Voldemort. Mangiamorte. Deglutì tanto rumorosamente che lei poté sentirlo, poi si voltò verso Harry, gridando con voce gracchiante e nervosa – Scappa Potter! – .

Harry, intanto, si era già gettato a riprendere fra le braccia il suo migliore amico, che non reagì alla presa.

- Malfoy…- mormorò Harry, teso.

Malfoy Junior fece un gesto stizzito con la mano – Non farti illusioni! L’ho fatto perché voglio tenermi l’onore di farti fuori Potter e a modo mio, e perché devo ancora batterti a Quidditch. Ora scappa! –

- No! – gridò all’improvviso, stringendo Ron al petto – Vieni anche tu! -

- Sei pazzo, Potter? Sono un mangiamorte! – disse l’altro aggrottando le sopracciglia e indicando il padre – Non posso scappare, ma tu si! Vattene se non vuoi che ti scagli una maledizione! –

- Ma..-

- Vattene! – ringhiò Draco, rafforzando la presa sulla bacchetta.

Harry Potter strinse ancora più forte il suo migliore amico, senza muoversi di un passo, ed Hermione si chiese perché Ron non reagiva. Non gli piaceva essere abbracciato. Lo imbarazzava.

Perché non si scosta?

E perché gli occhi di Harry brillano di dolore?

Nessuno dei tre si accorse della mano di Lucius Malfoy, che si mosse, in un gesto impercettibile.

- Malfoy! – gridò Harry – Vieni con noi! -

Draco fece per rispondere iroso, ma la voce gli morì in gola.

- Avada Kedavra! -

Il getto verde partito dalla bacchetta del mangiamorte colpì in pieno petto il figlio, che cadde a terra, privo di vita.

Harry di scatto puntò la bacchetta alla gola di Lucius, tremante di rabbia.

Le parti si erano invertite.

La sua voce asciutta e gelida si rivolse ad Hermione, che tremante, aveva assistito alla scena, senza riuscire ad assorbire la gravità di ciò che accadeva.

- Vai a chiamare rinforzi, Hermione. Va. -

Hermione trasalì e fece per rispondere, ma venne anticipata.

- Ora. -

Hermione gli girò le spalle controvoglia e prese a correre: non poteva smaterializzarsi da quando era stato imposto un incantesimo che lo impediva a chiunque non possedesse il Marchio Nero. Le scarpe da ginnastica calpestarono il terreno, mentre guardandosi intorno cercava la locazione del resto del gruppo. Quando, nella battaglia, si erano allontanati? D’improvviso incrociò Neville, che correva verso di lei, agitato.

- Dov’è Harry? -

Fece per aprire la bocca, e fu convinta di avergli risposto. Ma dalle sue labbra era uscito solo un verso strozzato. Stava singhiozzando e se ne era accorta solo ora.

- Dove sono Harry? Ron? -

Hermione tremò.

Ron.

Dov’è?

Prese per il polso Neville per indicargli la via dritta che conduceva esattamente la piazza dove Harry teneva in pugno Lucius. Dovevano sbrigarsi. I due corsero, rimanendo ad un certo punto a cento metri dalla scena. Hermione accelerò decisa a raggiungere Harry e Ron, ma d’improvviso le braccia di Neville la strinsero contro il suo petto, trascinandola dietro un secchio dell’immondizia.

L’ultima cosa che vide, prima che la sua visuale venisse celata, era un gruppo di Mangiamorte, in cerchio. Una ventina, se non di più. Tutti puntavano la bacchetta contro qualcuno, inginocchiato a terra.

Harry.

Fece per gridare, ma non ci riuscì. Fece per divincolarsi, ma non poté.

Harry James Potter, il Ragazzo che sopravvisse, il Prescelto, era stato catturato.

Venne processato il giorno stesso. Al tramonto, poche ore dopo che Ron e Draco erano stati uccisi dalla bacchetta di Lucius Malfoy. Fu difficile ottenere una visita prima del processo. Hermione, da quando era dovuta scappare con Neville, aveva smesso di provare qual si voglia sentimento. Gelida ed inespressiva come una statua greca, immobile. Ma quando le fu concesso di vederlo, lei sola, la copertura di marmo bianco crollò. Rivelando una ragazza di ventitre anni, confusa. La sua mente e tanto meno il suo cuore, non avevano ancora registrato che la famiglia Weasley non era raccolta intorno al più piccolo dei maschi perché malato, ma perché morto. Una veglia funebre che non riusciva ad assimilare.

Circondata da soldati mangiamorte venne portata nella sala della visita. Harry le dava le spalle. Quando la porta sbatté lasciandoli soli si voltò, lentamente.

E i suoi occhi nocciola incontrarono i suoi.

Nella sua mente era corsa da lui, l’aveva abbracciato, aveva pianto e gridato, aveva stretto le sue braccia e aveva nascosto il viso nel suo petto muscoloso. Ma nella realtà era rimasta immobile. Un lungo interminabile sguardo.

- Harry…che sta succedendo? Cos’è successo? - mormorò tremante.

Harry Potter si limitò ad allargare le braccia e lei, finalmente, si gettò fra esse. Ma non pianse. Assaporò dolorosamente quel calore, il suo odore, per un tempo che le parve eterno.

- Hermione – mormorò lui, staccandola riluttante dal suo petto – Non devi arrenderti. Non farlo -

Hermione arretrò di un passo, quelle parole, così semplici, l’avevano percossa fino alle viscere, facendola tremare.

Harry frugò fra le tasche e le tese una piccola busta di carta. Lei la prese, indecisa, e lo guardò intensamente.

- E’ molto che ci lavoro – disse, guardandola – è una speranza Hermione. Forse l’ultima. La userai come ultima possibilità. -

- Harry! – disse lei, nervosamente – Tu sei la speranza! –

Harry sorrise malinconicamente e allungò una mano, per accarezzarle i capelli. Nessuno dei due si accorse della porta che si apriva alle spalle della strega. Hermione tentò di gettarsi di nuovo fra le sue braccia, ma venne bloccata dai mangiamorte, che la trascinarono fuori. Neanche per un istante i loro occhi si staccarono, se non quando una pesante porta di metallo vi si frappose.

***

L’avrebbe aperta poco dopo, si disse. Doveva fare ancora un paio di cose prima.

Osservò le due lapidi. Quella di Ron riportava almeno la foto e una dedica della famiglia. Quella di Harry, essendo lui un criminale condannato a morte, riportava solo il nome e la data di morte. Posò la busta chiusa sopra le rose e con un gesto fluido fece scivolare lo zaino di fronte a se, aprì la zip, infilando la mano e cercando qualcosa all’interno. Estrasse un pennarello indelebile verde speranza, e dopo averlo stappato, s’inginocchio sulla lapide di Harry tracciando poche parole in inglese, richiuse il pennarello e dopo essere tornata alla posizione iniziale lo infilò in borsa. Riportò lo zaino sulla schiena e prese ciò che aveva lasciato per terra, infilando la busta nella tasca. Posò una rosa su entrambe le tombe, tenendone una in mano. Inspirò profondamente e fece un piccolo cenno della testa, a mo di saluto. Poi, con grande fatica si girò e s’avviò verso un’altra zona del cimitero.

Mentre camminava la differenza delle sepolture era tanto evidente quanto fastidiosa, come se i morti ricchi avessero più dignità di fronte alla Signora a cui nessuno sfugge. Passò vicino a varie tombe, deglutendo ogni volta che riconosceva un nome. Superò quella di Calì e Padma Patil, vicine a Lavanda Brown. Oltrepassò la tomba della famiglia Abbott e scorse di sfuggita la tomba di Severus Piton. Infine raggiunse l’entrata della cripta. La osservò di lungo e in largo, soffocando la tentazione di andare a cercare Lucius Malfoy e farlo a pezzi. Un padre che aveva già da tempo preparato una suntuosa cripta per il suo unico erede. Un padre che aveva ucciso suo figlio per poi ostentare lacrime quanto false tanto salate.

Quando fece il suo ingresso non si stupì per nulla di non essere sola. In cuor suo lo sapeva che l’avrebbe trovata lì.

Al centro della cripta circolare, coperta da una cupola, si trovava una donna alta, bella, dai capelli color fuoco che le dava le spalle, osservando l’elogio funebre di Draco Malfoy. Senza dire una parola Hermione la superò e andò a posare la terza ed ultima rosa bianca sul sarcofago di marmo pregiato.

Due angeli immobili le guardavano caritatevoli, sorridenti.

Andò a sistemarsi al suo fianco e rimasero a lungo silenziose, senza dire una parola, che non ce ne era bisogno.

- Era un ragazzino viziato, razzista, piagnucolone e antipatico – disse all’improvviso Ginny Weasley, senza staccare gli occhi dal sarcofago.

- Già – mormorò Hermione, accennando un debolissimo sorriso.

- Era troppo pallido, probabilmente non sarebbe vissuto molto lo stesso – continuò, imperterrita.

Hermione annuì, il sorriso era scomparso dalle sue labbra, mentre la voce della sua più cara amica s’incrinava.

- Era il tipico serpeverde -

Hermione annuì ancora.

- E lo sarebbe sempre stato -

E ancora.

Ginny rimase silenziosa per un pò, la voce, poi, le uscì ansiosa – Se avessimo provato a guardare oltre le offese sarebbe cambiato qualcosa? Si sarebbe potuto…-

Hermione la interruppe, osservandola malinconicamente – Cambierebbe le cose, saperlo? –

Ginny scosse il capo e poi tornò zitta, chinando la testa. Hermione sospirò e le accarezzò la spalla, posando la sua fronte contro la sua tempia. Non disse nulla, ma rimase immobile a lungo, poi lasciò la presa e si allontanò da lei.
La ragazza dai capelli color fuoco si asciugò gli occhi.
- Ora che sei qui posso andare da Harry e Ron-
- Ginny…- mormorò Hermione, deglutendo – Non dovevi aspettare…Era tuo fratello e Harry ti..-
Ginny scosse il capo, senza guardarla.
- Harry mi ha amata tanto tempo fa. Ma…- si voltò verso di lei, con un sorriso – Ma sei tu quella che gli è sempre stato vicino. Tu di cui si fidava. Tu che sapevi tutto di lui. E poi voi eravate il magnifico Trio.-
Poi le voltò le spalle ed uscì. Hermione fissò un momento la tomba di Draco Malfoy, prima di uscire dalla cripta lussuosa.
Alzò il capo verso il cielo, dove un sole birichino splendeva gioioso in quella mattinata d’autunno. Si coprì il viso con una mano, poi la riabbassò ed estrasse la busta. Non aveva più nessuna scusa per rimandare. Aprire quel contenuto era come ammettere una sconfitta. La loro ultima possibilità.

Strappò il bordo e la rovesciò, lasciando cadere il leggero contenuto sul palmo della mano.

Sgranò gli occhi e socchiuse le labbra stupite.

- Ma questo…- mormorò stringendo il piccolo oggetto di metallo nel palmo.

Due occhi color speranza.

Harry James Potter

31 / 07 / 1980

04 / 11 / 2002.

Our Last Hope.

  
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