Bum. Questo capitolo non ha
senso. Scusate maaa c’ho messo un po’ a scriverlo.
Non tanto perché fosse lungo o perché non avessi idee, ANZI. Ne avevo TROPPE,
una più lollosa dell’altra, perciò c’ho messo eoni
per trovare una versione in cui tagliare meno episodi possibili. Poi vabbè, c’è stata la parte impossibile dell’esplosione
ormonale cheee… due ore? Tre? Quattro? Non so °w° ed
è parecchio cacca HAHAHAH. No seriamente, mi dispiace perché non l’avevo
segnalata all’inizio (neanche l’avevo prevista ‘-‘), ma c’è un po’ di smuttina qua D: Non succede nulla di particolare eh! È
tutto abbastanza implicito, quindi non dovrebbe dare troppo fastidio. SE
PERO’!, volete comunque saltarlo, basta che quando incontriate le parole ‘ormai
avvezze’ saltate un po’ più in giù fino a ‘è un miracolo’.
Ecco.
Non so a che rating metterlo,
comunque D: Giallo o arancione? Consigliatemi voi, io per prudenza fo’
arancione per ora D:
Ah, a un certo punto si accenna al
passato/presente di Kanda. È di uno striminzito pauroso,
e questo perché non avevo voglia di parlarne, quindi accettate questa realtà
.-.
MA POI PERCHE’ DIAVOLO E’ LUNGO
8000 PAROLE, CRISTO. E’ LA LUNGHEZZA DI UNA ONESHOT
SINGOLA, 8000 PAROLE. Va beh, godetevelo çwç
Disclaimer: semplicemente,
no.
.
What Lavi could get Kanda involved in
( S E V E N
)
.
Tenendo la bacchetta puntata davanti a sé, osserva il modo in cui
le ruvide pareti di pietra scura si fanno man mano più strette, mentre la fine
di quell’interminabile tunnel si avvicina sempre di più. Dopo circa cinquanta
metri, raggiunge una solida parete di legno curato che interrompe bruscamente
il passaggio, ma con sicurezza il ragazzo vi posa una mano e la spinge in
avanti: questa si apre, docile, mostrando una piccola stanza bianca, ben
illuminata, e completamente vuota.
Il ragazzo balza giù dall’apertura del tunnel e, sistemandosi alla
meglio l’indomabile frangia di ciuffi bianchi come la neve, bisbiglia un debole
‘nox’. La
luce che si dirada dalla punta della sua bacchetta si affievolisce in un lampo
fino a scomparire.
“Levati, idiota,” grugnisce una sgraziata voce femminile dietro di
lui, e l’interpellato prontamente si allontana per far spazio all’amico.
La minuta ragazza dai capelli rosa cicca esce completamente dal
tunnel, per poi guardarsi intorno con sguardo truce. “E ora?” chiede in tono
scontroso.
L’altro le lancia un’occhiata critica e profondamente contrariata.
“Yuu, persino Fou non si
acciglia così tanto.”
Kanda incrocia prepotentemente le
braccia e gli rivolge uno sguardo che potrebbe rivaleggiare per pericolosità
con l’Anatema che Uccide. “Mi hai fatto trasformare in una ragazza, Lavi. Cosa ti fa pensare che me ne possa fregare qualcosa
della credibilità?”
Lavi fa spallucce, mentre scosta la borsa che gli pende dalla
spalla e adocchia con attenzione il suo corpo, più basso del solito, sorridendo
in profondo apprezzamento. Si palpa un po’ le natiche con entrambe le mani,
giusto per mettere alla prova i suoi ricordi, e – sì, è proprio il fondoschiena
di Allen, conferma con orgoglio. “Io ti avevo offerto Allen, ma tu hai
preferito Fou piuttosto che lui. L’hai voluto tu.”
Kanda sfodera la bacchetta più
velocemente di quanto Lavi si aspettasse. “Sì, l’ho voluto io quando hai
lasciato intuire che c’era il rischio
che mi saltassi addosso solo perché avevo il suo asp—Vaffanculo, Lavi, è così gay e
malato che non riesco neanche a dirlo.”
Il suo amico lo studia con la bacchetta levata, probabilmente
impegnato a scegliere l’incantesimo più consono da scagliargli contro. Lavi è
pressoché terrorizzato ora – vedere Fou al posto di Kanda decisamente non fa lo stesso effetto, ma Fou è altrettanto capace di incutere timore quando vuole –,
perciò opta acutamente per un sorrisetto nervoso e un vago appello all’unica
fonte di salvezza quando si tratta di Kanda – anche
se avere l’aspetto di Allen non costituisce un elemento a suo favore.
“Kanda,” e all’interpellato
probabilmente non sfugge l’accorto uso del suo cognome, “ricordati che… lo stai facendo per Lenalee?”
E Kanda, sorprendentemente, seppur con lentezza esasperante,
abbassa la bacchetta e arretra.
“Tch.”
Lavi
interpreta ottimisticamente quel verso ricorrente come una sorta di momentanea
vittoria e, asciugandosi le immaginarie gocce di sudore che era sicuro di
trovare sulla sua fronte, ne approfitta per allontanarsi, scivolando verso la
porta e aprendola sull’esterno.
Il familiare
corridoio del settimo piano è inondato di luce, e l’arazzo che raffigura i
grandi troll di montagna è sempre lì, immenso e perenne nella sua bruttezza.
Non c’è ancora nessuno, perciò Lavi esce e aspetta che Kanda
lo segua fuori prima di chiudere la porta.
“Perché mi
hai coinvolto in tutto questo,” grugnisce Kanda, e
Lavi è stupito di trovare nella sua voce una sorta di tono lamentoso sul
disperato andante.
“Dai, Yuu,” lo incoraggia Lavi con esuberanza, trattenendo le
risate, “oltre al fatto che rivedrai Lenalee, che
immagino non sia mai un male, hai partecipato con successo all’ennesima
trasgressione delle regole della scuola! Ormai è l’ultimo anno di Allen, e
dopodiché non avremo più scuse per fare di queste cose. Annusa, annusa! Non ti
mancava quest’odore di castello, armature, libri e passaggi segreti?”
Kanda non accenna
ad annusare.
“Comunque
sospetto che io e te deteniamo un record per la quantità di divieti infranti. Per
carità, Allen, Fou e Lenalee
ci seguono a ruota, ma siamo stati noi a trascinarli sulla via del crimine
scolastico, non è fantastico?”
‘Fou’ si appoggia contro la parete e alza lo sguardo verso
il soffitto. Lavi sospetta sia una tecnica per non vedere il suo attuale corpo.
“Rammenti i
bei tempi, in cui eravamo solo io e te?” gli ricorda Lavi, sognante, puntando
lo sguardo nel nulla, e godendosi lo scorrere di quei ricordi lontani sette o
otto anni. “Quando abbiamo messo quei Folletti della Cornovaglia nella stanza
della Fay? O quando abbiamo fatto credere alla Lotto
di avere il Gramo? Haha, per quella mi sono sempre
sentito un po’ in colpa.”
“La maggior
parte delle volte eri solo tu che facevi casino,” precisa Kanda,
con crescente collera.
“E tu che mi
seguivi senza discutere,” sghignazza Lavi. “E poi non è vero, ammettilo che ti
sei divertito anche tu. Non ti sarai dimenticato quella volta in cui ti sei
vendicato di Tyki facendogli esplodere davanti alla
faccia quel bicchiere di whisky? Aah, è stato bellissimo. Tyki
senza sopracciglia. Una cosa mostruosa.”
Lavi nota
con piacere che un angolo della bocca di Kanda è
leggermente piegato all’insù in una metà stentata di sorriso.
“Alla fine
ne abbiamo passate tante insieme, e tutto grazie alla fortuna di essere
capitato nel tuo stesso compartimento sul treno, al primo anno. Avevi un’aria
così minacciosa, allora, che nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a te. Ma io!, stoico e coraggioso, non mi sono
tirato indietro.”
“Che
peccato,” conclude Kanda, con abbondante sarcasmo.
Il rosso gli
sorrido ma non aggiunge altro, conscio del fatto che le cose sono molto
cambiate, dopo sette anni.
Effettivamente,
seppure quelle peripezie siano valse la pena, a detta di Lavi, i primi tempi
della loro amicizia furono più difficili di quanto alla natura accomodante di
Lavi piaccia ricordare: Kanda non proviene da una
famiglia tutta ‘rose e fiori’. Il fatto che i suoi
genitori l’abbiano quasi diseredato quando è stato smistato in Grifondoro è un utile indizio sulla sua reale situazione
familiare.
Ma in tutti
quegli anni, Kanda è cambiato – a Lavi piace pensare
‘cresciuto’. Anche se per molti si tratterebbe di cambiamenti pressoché
impercettibili. La loro amicizia, e quella con Allen, Fou
e soprattutto Lenalee, l’ha trasformato come Lavi non
si sarebbe mai aspettato.
Rimane
indubbio che Kanda abbia ancora la capacità di
socializzazione di un Gigante delle montagne, e che per essere considerato da
lui con un minimo di rispetto, sia necessario abituarsi alla convivenza con un
pericolo di morte costante – forse è per questo, ragiona Lavi tra sé e sé, che,
nonostante gli infiniti battibecchi e le innumerevoli risse, Kanda ha sempre segretamente rispettato Allen: messo alle
strette, questi ha una malata tendenza a sorridere
in faccia alla minaccia e al pericolo mortale, ed è occasionalmente capace di
far scappare il pericolo stesso con la coda tra le gambe.
Certo,
adoperano tecniche diverse: Kanda usa la sua
incontrollata rabbia, Allen usa i suoi finti sorrisi. Ma non è un caso che entrambi
mirino a lavorare come Auror per il Ministero.
Lavi si
gratta il bordo della bocca per nascondere il ghigno che gli sorge spontaneo
all’idea fondata che Allen e Kanda si assomiglino più
di quanto farebbe a loro piacere.
Evita
accuratamente di farlo notare a Kanda.
Perciò Lavi
si perde in altre considerazioni personali e rivisitazioni mentali di ricordi
lontani, mentre assentemente si passa una mano tra i capelli bianchi, sulla
cicatrice, sul collo, sulle maniche della camicia che odora ancora di Allen.
“La vuoi
smettere?” sbotta Kanda a un certo punto,
incomprensibilmente stizzito – se non per il fatto che è Kanda, cosa che giustificherebbe
a vita il suo essere stizzito.
Lavi si
volta, comunque confuso. “Smettere che?”
Kanda pare
oltremodo sconcertato. “Di… palpare la mammoletta, idiota. Sembri un pervertito.”
Lavi
prorompe in un verso di teatrale indignazione. “Ehi! Scommetto che faresti la
stessa cosa se ti fossi trasformato in Lenalee!”
L’occhiata
di Kanda sembra però affermare tutt’altro, quindi Lavi
retrocede e tenta un’altra via. “Allen è il mio ragazzo. Posso farci quello che
voglio con il suo corpo,” afferma con altezzosità.
L’amico
sbuffa e, con sorpresa di Lavi, quel verso assomiglia a un’appena soffocata
risata di scherno. “Certo. Lo riferirò alla mammoletta,
appena lo vedo.”
Lavi
inorridisce all’idea. Lascia automaticamente ricadere le braccia lungo i
fianchi, e al contempo la sua mente registra impietosamente la schiacciante
vittoria segnata da Kanda.
Questa volta
Kanda non si preoccupa di trattenere il suo crudele
ghigno canzonatorio.
“Sei
ridicolo, comunque, con quei pantaloni,” lo informa per contorno.
Il rosso
incrocia le braccia, irritato. “Non è colpa mia se Allen lascia da me solo le
sue camicie. Ho dovuto rimediare con dei miei pantaloni e una cintura. E poi
non sono ridicolo, Allen non è così tanto più piccolo rispetto a me…”
Ed è vero.
Allen è mostruosamente cresciuto durante il sesto anno, e anche se rimane
ancora più basso di lui, e decisamente più magrolino, i suoi pantaloni non paiono
così lunghi e larghi rispetto a come sarebbero parsi due anni prima.
Seppure
Allen diventi soltanto più affascinante ogni anno che passa, Lavi sa che
rimpiangerà il momento in cui non potrà più appoggiare il mento su quella
testolina di morbidi capelli bianchi. Ormai in vena di riesumazioni di ricordi
antichi, la sua mente viaggia con gioia all’indietro nel tempo, rivivendo un
episodio in cui, schiacciato contro il suo petto all’interno di un finto
sgabuzzino e ansimante a causa di una corsa sfrenata, Allen non gli arrivava
neanche alla spalla.
E al
pensiero, si asciuga con l’indice un’invisibile lacrimuccia di malinconia, e,
giustamente, Kanda lo guarda come se fosse pazzo.
Grazie al cielo,
una figura slanciata e quasi felina compare all’estremità della rampa di scale
più vicina e interrompe la loro semi-conversazione. Atterra sul pavimento
solido e statico un attimo prima che, con un rumoroso sfregamento di marmi,
l’intera scala cominci a muoversi. La nuova arrivata si avvicina, e i suoi
occhi color ametista scintillanti e i capelli corvini lisci e lunghi che
sussultano ondeggiando ad ogni suo rapido passo si potrebbero riconoscere a un
miglio di distanza.
Il
cambiamento che avviene nella piccola figura incurvata e caparbia di ‘Fou’ è subitaneo e palpabile.
Lavi si
morde il labbro per non ridere.
“Suppongo
che Kanda non
sia Allen,” dichiara Lenalee raggiante. Cercando
probabilmente di nascondere divertimento suscitato dal vedere Kanda in quello stato, Lenalee zompetta avanti e indietro di fronte alla Stanza delle
Necessità per tre volte, prima di aprire la porta e infilarcisi
dentro trascinando con sé una Fou un po’ impacciata e
a disagio.
“E suppongo
che Allen ti stia aspettando al vostro punto di ritrovo,” cinguetta Lenalee, “Mi ha fatto piacere rivederti, Lavi, ci vediamo
alla partita di Quidditch. Li stracciamo i Corvonero, quest’anno!” E dopo avergli indirizzato un pugnetto trionfante e un ampio sorriso frizzante, sbatte la
porta dietro di sé. Lavi non fa in tempo a vedere in cosa si sia trasformata la
Stanza.
“Alla faccia
dei saluti tra amici!” le urla dietro Lavi, ma dubita che Lenalee
lo possa sentire.
Così si
avvia per le scale con passo affrettato, il sangue che ribollisce nel pregustare
ciò che avverrà di lì a poco, e la testa in un mondo in cui lui è già arrivato
alla sua destinazione.
Durante il
cammino, mentre la sua vista abbraccia amorevolmente ogni familiare particolare
racchiuso nelle mura di quel posto che è destinato a non mutare mai,
dall’armatura ammaccata all’angolo della salita verso il quinto piano alla
brusca svolta che porta all’aula di Divinazione, Lavi prende a vanagloriarsi
con studiata calma del suo piano fantastico. Avvisare Allen tramite il
caminetto della Sala Comune è stata la parte più divertente, dopo l’aver visto Kanda trasformarsi in una donna. Il volto piacevolmente
scioccato di Allen continua a ripresentarglisi alla
memoria, come anche i suoi tentativi davvero poco convincenti di farlo
desistere dall’impresa.
Il secondo
piano è piuttosto affollato in quel momento della giornata, e Lavi comprende
quasi subito il motivo per cui alcuni tra gli studenti che si incamminano sulle
scale gli indirizzano occhiate disorientate e perplesse. Lui si limita a rispondere
con il suo miglior sorriso – o meglio, il miglior sorriso di Allen. Ma alcune persone, dopo averlo
visto, sembrano ancora meno convinte.
Lavi
aggrotta le sopracciglia, sentendosi offeso senza un motivo ben preciso.
Ricambiando distrattamente l’energico saluto da parte di un cavaliere
variopinto in sella a un affaticato pony che ospita uno dei tanti quadri appesi
alle pareti, si chiede se davvero il suo modo di sorridere sia così diverso da
quello di Allen.
Rapidamente,
percorre metà del corridoio, e già esulta mentalmente per il successo del suo
piano perfetto, quando, a un passo dalla porta del bagno dei maschi, una voce
chiama il nome di Allen.
Si blocca di
colpo, un po’ interdetto, con una mano sulla maniglia. Un terzo del suo
cervello non riconosce quel nome come un motivo valido per fermarsi, mentre
l’altro terzo, quello ancora abituato ad andare sempre in giro per il castello
con Allen e a fermarsi in concomitanza con l’altro, gli impone di girarsi
subito. L’ultimo terzo, quello cosciente del suo attuale aspetto, si dimentica
di intervenire.
Lavi lascia
cadere la mano e davanti a lui appare fulmineo Timothy, districatosi abilmente
dalla marea di studenti. Ha un’espressione stupita e calcolatrice sul volto,
come se stesse mentalmente cercando la soluzione a uno degli insoliti
indovinelli dell’entrata della Sala Comune di Corvonero.
“Allen, come
hai fatto?” gli chiede Timothy, guardandolo con circospezione, alla ricerca sul
suo volto di solo Merlino sa cosa.
Perciò Lavi
prova ad immaginare quale sia la risposta più adatta a quella domanda
apparentemente senza significato.
“Ehm,” fa
poi, arrendendosi in pochi secondi, “come ho fatto cosa?”
Timothy lo
squadra con maggior sospetto. “Lo sai cosa,” lo accusa a bassa voce,
scrutandolo con occhi socchiusi. “Sei entrato nel bagno appena un minuto o due
fa. C’è un’uscita che io non conosco o semplicemente ti ho perso di vista?”
Lavi pensa
velocemente, e di nuovo fallisce nel trovare una frase adeguata. “Penso che tu
mi abbia perso di vista, Tim, sono uscito poco fa per controllare una cosa,
ora—”
Quella
risposta sembra convincere Timothy del fatto che stia mentendo. “Fammi
entrare,” lo interrompe.
“No.”
Timothy
esibisce una smorfia di modulata sofferenza e impazienza. “Dai, Allen! Mi avevi
promesso che se ti liberavo il bagno dal fantasma mi avresti detto a cosa ti
serviva!”
“E te lo
dirò, Tim, ma prima devo finire quello che sto facendo!” decreta Lavi con
severità, sperando che sia sufficiente a persuadere il ragazzo a togliersi dai
piedi.
Ma tra il
riflettere e il rispondere deve aver commesso un passo falso, perché Timothy
ora lo fissa con occhi nuovi, e un’espressione di profondo sgomento che in
pochi attimi lascia spazio alla pura delizia.
Lavi si
accorge troppo tardi che il suo tic di stuzzicarsi l’elastico della benda
sull’occhio l’ha colto in un momento inopportuno e le sue dita stanno ora
inconsciamente torturando la pelle delle tempie senza trovare nessun tubicino
nero.
Ma
soprattutto, da quando Timothy è un tale osservatore?
“Oooh,” pigola comunque il ragazzino, sfoggiando un ghigno
fastidiosamente trionfante. “Ma è fantas—Pozione Polisucco?”
“Sì,”
ringhia Lavi, abbassando la voce, “Pozione Polisucco,
ora ti leveresti dalle scatole, Tim?”
Ma Timothy
non accenna ad andarsene. “Aspetta aspetta, aspetta…
io vi ho sgombrato il posto perfetto di ritrovo. Sento di dover ricevere
qualcosa in cambio…”
Una vena
pulsa quasi dolorosamente sulla tempia di Lavi. “Non è l’unico posto a
disposizione, eh. Potremmo anche andare da qualche altra parte.”
Timothy ridacchia,
strafottente all’inverosimile e convinto di avere il coltello dalla parte del
manico, e a Lavi sale nelle vene l’impulso di scorticarlo vivo sul posto.
“Lavi, sappiamo che in questo bagno non ci mette mai piede nessuno perché tutti
sanno che è il laboratorio mio e di Tsukikami… è
senza dubbio il posto perfetto se non vuoi essere scoperto a fare le… cosacce.”
Lavi si
rifiuta di ammettere che è vero, e la sua attenzione è stata in ogni caso
attirata da un’altra parola che lo lascia senza fiato per un istante. “Cosacce? Tim, è un bagno! Non faremmo
niente del genere!”
Tutti i
terzi in cui si è involontariamente sezionato il suo cervello poco prima
concordano sul fatto che stia mentendo spudoratamente. E Timothy pare aver
acquistato da qualche parte il dono dell’onniscienza quel giorno, perché la sua
faccia quasi si spacca in due per la vastità del suo ghigno.
“Va bene,
qualsiasi cosa facciate, mi spetta comunque qualcosa. E poi non voglio niente
di particolare in cambio…” spiega con una voce
subdola che non promette nulla di buono. “…Soltanto
una o due porzioncine di Polisucco.”
Il sorriso
smielato che gli rivolge Timothy fa suonare migliaia di campanelle d’allarme
nella sua testa.
“Non ce
l’ho,” mente di nuovo Lavi.
Timothy
sbuffa sprezzante. “Certo che ce l’hai, come faresti ad andartene via, sennò.”
Lavi fa caso
solo vagamente al tic all’occhio sinistro che gli contrae spasmodicamente la
palpebra, ma l’impressione di avere ora la situazione quasi in pugno riesce a
calmarlo.
“Tim, andrò
via più tardi, per un’altra strada e con un altro metodo, non avrò bisogno di
un’altra dose. Però…” s’interrompe, fingendo di
riflettere per qualche secondo, “se non sbaglio, Kanda
si sentiva più incerto, e dovrebbe averne portata una con sé. Magari potresti
chiedere a lui.”
Il sorriso
di Timothy cade repentino. “Credo che ne farò a meno,” afferma atterrito.
Lavi
sogghigna compiaciuto, anche se l’atteggiamento che Timothy assume mentre
arretra e scompare tra la folla è innegabilmente quello di uno che sta
rimuginando un qualche losco piano alternativo. Mentalmente prende nota di
riferirlo ad Allen.
L’aria
all’interno del bagno è particolarmente umida, ma Lavi non si stupisce di ciò:
il fantasma che infesta perennemente i cubicoli di quella stanza, e che
inspiegabilmente esegue soltanto gli ordini del Preside o di Timothy, passa il
tempo a tuffarsi nei water e allagare il bagno o aiutare Timothy in esperimenti
magici di dubbia moralità.
Ma
fortunatamente quel giorno i pavimenti non sono allagati, anzi, sembrano
persino più lindi del solito, e Lavi si chiede se sia per opera di Allen o
dello spirito domestico di Tsukikami.
Dopo aver
estratto la bacchetta e usato Muffliato sulla porta, in due falcate arriva al centro del
bagno, e ogni pensiero sulla pulizia del pavimento lo abbandona per lasciare
spazio a delle sommesse fusa di goduria che gli inebriano il cervello e gli
invadono il petto alla vista di Allen.
È seduto per
terra, con la schiena appoggiata al muro, la bacchetta che si rigira tra le
mani e, poggiato sulle cosce, un libricino dalla copertina blu e i bordi dorati
che Lavi conosce molto bene. Con la testa alzata e gli occhi grigi puntati su
di lui, Allen lo scruta con un mezzo sorriso beato sulle labbra.
Lavi si
avvicina rapido, buttando la borsa per terra, e inginocchiandosi a solo qualche
centimetro da Allen.
“‘Il Quidditch
attraverso i secoli’? Un classico. Un capitano di una squadra di Quidditch dovrebbe conoscerlo a memoria,” commenta, e si
accorge a malapena di stare quasi bisbigliando.
Allen chiude
il libro con calma e lo posa al suo fianco. “Ed è così, ma ogni tanto mi viene
da rileggerlo. Mi fa sempre venire in mente il tizio che me l’ha regalato. Una
persona un po’ scema, a dirla tutta,” precisa con sufficienza. “Pensa di essere
un genio, invece. Ha un’inclinazione all’infrangere ogni tipo di regola. Ed è
sempre lì a darsi arie! Crede di essere una sorta di…
Veela in versione maschile.”
Il rosso
annuisce, interessato. “E invece, com’è?”
Il ragazzo
sospira, chiudendo gli occhi per qualche secondo, per poi riaprirli. “Beh, devo
ammettere che ha ragione. Ma non glielo direi mai e poi mai in faccia.”
Lavi si
sfiora il mento con le dita, con fare comprensivo. “Sì sì, posso capire…”
Allen non
smette di guardarlo, con un’aria un po’ divertita e al contempo meravigliata.
Sta fermo, lì, come in attesa di qualcosa da parte sua.
“Ciaaao,” dice
quindi Lavi, ormai abituato al tono un po’ trasognato che gli viene naturale
quando contempla Allen da vicino, lo stesso tono che qualche anno prima
l’avrebbe fatto rabbrividire dall’orrore.
“Ciao,” fa
Allen di rimando sorridendogli con una tale faccia da beota che Lavi vorrebbe
prendere una macchina fotografica, scattargli una foto e prenderlo in giro per
il resto della sua vita.
Non avendo
una macchina fotografica a portata di mano, Lavi fa altro.
Gli appoggia
le mani sulle ginocchia, e allungandosi in avanti chiude la distanza tra loro,
e sfiora le labbra di Allen con le sue. È un semplice bacio a stampo ma è
sufficiente a far sì che un brivido elettrico dilaghi fulmineo dalla sua bocca
verso ogni appendice del suo corpo.
Ma non fa in
tempo ad approfondire il bacio, che Allen lo spinge via con forza, facendolo
cadere dolorosamente all’indietro sul sedere.
“Lavi!”
esclama Allen, che sembra esageratamente indignato, e per la testa di Lavi
passa istantaneo l’assurdo e spiacevole pensiero che quello sia in realtà
Timothy che è riuscito a rubare la Pozione a Kanda.
“Allen!”
risponde sardonico, in mancanza di altro da dire.
Suddetto Allen
lo guarda torvo. “Non ho intenzione di baciare me stesso, Lavi.”
Dopo un
attimo di attonito silenzio, Lavi ride, stupendosi sempre di più della sua
idiozia. E in un lampo, l’immagine di Timothy che beve la Pozione Polisucco viene sostituita da due Allen, sdraiati l’uno
sull’altro, che si baciano avvolti da una fervente passione—poi cerca
prontamente di distrarsi pensando a cose più orride come…
suo nonno, perché quell’immagine in realtà non è per niente spiacevole. Si tira su dal pavimento piastrellato e si
riavvicina all’altro.
“Sicuro
sicuro? No perché nella mia mente non suona così male,” dice, non tanto per
tentare seriamente di convincerlo a pomiciare con stesso, quanto perché la libido di Lavi, ora che Allen è
fisicamente davanti a lui, si sta rivelando più irrefrenabile del previsto.
O forse Kanda ha ragione, e lui è diventato un pervertito.
Dire che
Allen è scandalizzato è un eufemismo. La sua intera faccia si tinge rapidamente
di un rosso vivo.
“Ma che caz—Lavi. Ma sei
un pervertito? No. Non pensarci nemmeno, davvero. No.”
Lavi non fa
caso a quella conferma della sua natura, e ammicca, strisciando verso il suo
ragazzo lentamente. Allen, a quel punto, si preoccupa di nascondere il rossore
del suo viso tuffandolo tra le mani.
“Mioddio, Lavi,
non fare mai più quella cosa con la mia faccia!”
Lavi ride di
gusto, ma non insiste, preferendo non rinunciare a un Allen di buon umore.
“Non è che
sono un pervertito, Al,” si giustifica – parlando più a se stesso che all’altro
–, “è che non ci vediamo da… tre mesi!”
Allen alza
un sopracciglio. “Sette giorni,” lo corregge in tono piatto. “Ci siamo visti ad
Hogsmeade durante l’ultima gita.”
Lavi gli
sventola una mano davanti al naso, con fare contrariato. “Ah, lo sai anche tu
che quella non conta. Sono state solo due orette ed eravamo in gruppo con tutti
gli altri! Era un raduno, non un appuntamento! Ma sono io l’unico che
durante questi tre mesi di sofferto apprendistato in giro per l’Inghilterra ha
sentito la tua mancanza?!”
“Beh, di
certo io non ho sentito la mia mancanza,” commenta Allen facendo
spallucce.
Lavi si
vendica attaccando i suoi fianchi con dita impietose. Prevedibilmente, Allen
inizia a contorcersi come un furetto in preda a un attacco di epilessia, e tra
una risata isterica e l’altra, cerca di riprendere fiato e intimargli di
smetterla.
“Lavi, no no no n—hahahaha, NO! Lavi! Smettila! Non ho—hahaha—più aria… muoio…”
E solo
quando Allen è ridotto a una figura ansimante e senza forze, Lavi si allontana
con un ghigno soddisfatto.
Il ragazzo
dai capelli bianchi mugola, affaticato, rimanendo steso per terra a pancia
all’aria. “Ti odio,” afferma con voce spossata.
“Sì, anche
io ti voglio bene, Al.”
Allen volta
la testa verso di lui, e lo scruta per qualche secondo in silenzio. “Dove hai
preso quella camicia?”
“Dal mio
armadio. Ce ne ho un paio tue che tieni di scorta, hai presente?”
L’altro
annuisce in silenzio, mentre respira profondamente e finalmente sembra
riprendersi da quella dura guerra a base di solletico.
“Quindi,
cosa facciamo ora?” domanda Lavi, guardandosi intorno con curiosità, e
chiedendosi cosa racconterebbero i lavandini e i cubicoli del bagno riguardo
agli esperimenti di Timothy, se potessero parlare. Magari c’è un incantesimo,
per scoprirlo.
Allen si
rialza e si siede di fronte a lui, incrociando le gambe. “Aspettiamo.”
Perciò
aspettano. Parlano a lungo, per dieci, venti, trenta minuti, dei M.A.G.O., di Fou e Lenalee, del lavoro di Kanda,
delle novità sui professori, e quella conversazione senza scopo e
apparentemente infinita li riporta agli anni passati, in cui capitava che si
sedessero nel prato o sulle scricchiolanti sedie della biblioteca o sulle
confortevoli poltrone della Sala Comune e parlavano ininterrottamente, di nulla
e di tutto.
“Ma quindi Kanda si è trasformato in Fou per
nulla?” chiede Allen dopo un po’. La sua voce trasuda una sorta di intenso
appagamento alla notizia appena datagli.
“Beh,
abbastanza. La Pozione serviva perché potessimo girare con voi per il castello
indisturbati, ma non ho capito se Lenalee ha
intenzione di uscire dalla Stanza. Immagino che userà il resto più tardi,
questo pomeriggio.”
Alle
ridacchia divertito. Tira fuori dalla tasca dei suoi pantaloni una manciata di
TuttiGusti+1 e ne lancia una color violetta a Lavi, che la prende al volo.
“Come va con l’apprendistato al negozio di bacchette?”
“Bene,
continuo a imparare tantissime cose interessanti. Per inciso, lo sapevi che le
bacchette sono discendenti delle clave dei cavernicoli? E poi questi ultimi tre
mesi li abbiamo passati in montagna a studiare le interrelazioni tra gli uomini
e le Banshee – di cui poi ti devo assolutamente
raccontare questa cosa che è successa tra me e una Banshee,
c’è mancato poco che morissi per infarto. Sai com’è fatto il nonno, è un
costruttore di bacchette ma la sua curiosità spazia in ogni campo, e lui si
sente in dovere di illuminare di conoscenza anche me. …Certo,
è un dittatore, non mi lascia mai un attimo di tregua…”
si lamenta, buttandosi la caramella in bocca e tirando un sospiro di sollievo
quando sente sulla lingua un strano sapore dolce, di fiore. Passabile.
Allen non dev’essere stato così fortunato, perché dopo una smorfia di
dolore sputa velocemente la sua facendo centro nella tazza del water più
vicino. “Immagino… un crudele trattamento che non meriti,
no? Tu, persona altamente responsabile e diligente.”
Lavi sbuffa
sonoramente. “Non fare il sarcastico, Allen, è davvero tremendo! L’altro giorno
mi ero appisolato sul bancone mentre era fuori, e…”
“Appisolato
mentre lavoravi al bancone?”
“Sì, ma non
è questo il punto! Il punto è che mi ha svegliato usando su di me la Pastoia
Total Body! Mi ha lasciato per terra per minimo mezz’ora, Allen! Non puoi
capire, sa essere così perfido…”
Allen non
tenta neanche di nascondere il suo scetticismo misto a divertimento.
“Comunque il
mio piano perfetto sta funzionando, no?” commenta con gioia Lavi, tanto per
cambiare discorso.
“Sì, Lavi,
sta funzionando, ma sai perfettamente che saremmo potuti uscire io e Lenalee a Hogsmeade piuttosto che
voi entrare a Hogwarts,” obietta Allen, lisciandosi
assentemente le pieghe del pantaloni.
“Ma era una
cosa che dovevo provare!” s’impunta Lavi. “Mio nonno si tiene sempre una scorta
di Pozione Polisucco, ed era semplicemente…
irresistibile, Allen. Ho tentato di trattenermi, ma non ce l’ho fatta.”
Il ragazzo
sembra poco convinto, ma non dice nulla, anzi, gli indirizza un sorriso di
malcelata soddisfazione – perché Allen è sempre stato un po’ un ipocrita.
“Allen,
tanto lo so che lo dici solo perché non vuoi sentirti in colpa se ci scoprissero,”
lo punzecchia Lavi con tono artificiosamente vanitoso, “la verità è che morivi
dalla voglia che venissi qui per te.”
“Sssì, va bene,”
ribatte Allen in tono di scherno, alzando gli occhi al cielo – ma il modo in
cui sprofonda il mento tra le ginocchia e evita di guardarlo è sufficientemente
rivelatorio.
“Speravo di
poter terminare la faccenda dell’Animagus entro
oggi,” continua Lavi, facendo finta di non notarlo, “ma ho ancora dei
problemini, quindi ho optato per una via più facile. Per di più, Kanda non sarebbe in grado di venire, nel primo caso.”
L’altro pare
improvvisamente sulle spine. “Non vedo l’ora di vedere come sarai da Animagus,” chioccia Allen estasiato, stringendo le dita
attorno agli stinchi.
Lavi
annuisce con fierezza. “Ti piacerà tantissimo, vedrai.”
“Continuo a
pensare che una lepre o un coniglio fossero più adatti a te,” commenta Allen,
ridendo sotto i baffi, “e sono sicuro che anche Kanda
è d’accordo.”
Lavi alza lo
sguardo per ribattere che lui ha la stoffa per essere molto più di un semplice,
soffice coniglio, ma all’improvviso Allen sgrana gli occhi e s’irrigidisce,
fissando con curiosità la sua fronte.
Gli effetti
della Pozione stanno finalmente svanendo.
Si guarda
affascinato le mani, mentre, molto meno dolorosamente rispetto alla prima
trasformazione, le sue nocche sputano fuori dita più lunghe, la pigmentazione
della sua pelle si scurisce, la camicia comincia a farsi fastidiosamente
stretta, e la vista del suo occhio destro peggiora ogni secondo di più.
Allen lo
osserva in silenzio, ammirando la magia insolita dei capelli che rientrano nel
cranio e si tingono di un rosso infuocato, gli zigomi che si distanziano tra di
loro, gli occhi che si assottigliano e un’iride che viene invasa da screziature
verdi smeraldo più o meno intense.
Lavi si
affretta a togliersi la camicia che da lì a poco lo soffocherebbe, e si sfila
la cintura allacciata ora ad un buco troppo stretto dai pantaloni che invece
calzano sempre più a pennello. Mentre si spoglia, Lavi si chiede se Allen ha
capito che quella scusa per denudarsi fa parte del generale piano di seduzione
della giornata – tre mesi passati con suo nonno tra le montagne a studiare Banshee e altre creature magiche, una più pericolosa
dell’altra, l’hanno temprato e irrobustito un po’, e spera che Allen noti, ed
apprezzi, la differenza.
(Irrobustimento
che è destinato a svanire velocemente data la sua nota pigrizia al negozio del
vecchio – Lavi giurerebbe che c’è un qualche incantesimo segreto che permea il
bancone da lavoro e che ha un effetto soporifero su chi ci lavora. In ogni
caso, preferisce non pensarci.)
E a quanto
pare Allen la nota, perché i suoi occhi dalle pupille dilatate si spalancano
lievemente per la sorpresa e percorrono tutto il suo petto, famelici, mentre la
sua lingua dardeggia occasionalmente fuori a bagnare il labbro inferiore. Lavi
trattiene il sorrisetto tronfio che gli sale alla bocca. Non gli dispiace
vedere, infatti, come Allen lo stia praticamente mangiando con gli occhi e sia
in trepidante attesa, inginocchiato per terra di fronte a lui, con
l’atteggiamento di un leone che è pronto a balzare addosso alla sua preda.
Non gli
dispiace per nulla.
Perciò
l’assalto frontale che subisce una volta terminata la trasformazione e
riacquistato appieno il suo aitante aspetto originale, non lo stupisce.
Allen
attacca le sue labbra voracemente, e gli sale in grembo con una velocità
spiazzante che rincuora un po’ Lavi – ricevere la conferma di non essere stato
l’unico a soffrire come un cane per un’astinenza di più di tre mesi fa sempre
piacere, d’altronde.
Lavi
precipita con la schiena per terra, a contatto con il pavimento freddo, e Allen
ne approfitta per bloccarlo lì, sedendosi sul suo bacino, con i palmi stesi sul
suo petto, e le gambe premute contro i suoi fianchi. I denti del più giovane
gli mordono dolcemente il labbro inferiore, mentre le mani cominciano ad
esplorare senza sosta la sua pelle nuda sottostante, sfiorando e accarezzando
ogni suo centimetro che incontrano. Il cuore di Lavi batte all’impazzata, e
pulsa il sangue nel suo corpo così rumorosamente che Lavi si sorprende nel non
sentire Allen chiedere ‘il tuo cuore ha comprato un grancassa?’
Ormai
avvezze dopo mesi di pratico allenamento, le sue dita sbottonano la camicia di
Allen con una maestria automatica che compiace molto Lavi. E una volta aperta
la camicia, le sue mani si fiondano dentro, a contatto con la pelle sempre più
accaldata di Allen, e passano, esperte, a stuzzicare e stimolare le sue zone
più sensibili.
Allen si
lascia sfuggire un gemito di piacere di cui le orecchie di Lavi godono
infinitamente, ancor di più dopo la convivenza con delle Banshee,
tra tutte le creature immaginabili. Ma il ragazzo, imperterrito, continua a
scendere con la sua bocca, lasciando una scia di pelle umida e sensibile dalle
sue labbra ansimanti al suo collo. A un certo punto, Lavi chiude gli occhi e si
gode la sensazione dei denti e della lingua di Allen che torturano di piacere
quel lembo di pelle nell’incavo della spalla e poi si allontanano, lasciandosi
dietro una chiazzetta arrossata che Lavi di solito
ama sfoggiare in pubblico – e Allen lo sa.
Dopo
quell’attimo, le mani di Lavi riprendono a muoversi, incapaci di stare immobili
su quel corpo così familiare quanto eccitante. Mentre si lascia spogliare
completamente della camicia, Allen s’interrompe e rimane a fissarlo con uno
sguardo intenso e indecifrabile, con le labbra rosse e umide, le iridi
brillanti che occhieggiano da sotto le palpebre socchiuse, e i bianchi capelli
disordinati che ricadono scompostamente lungo i lati del viso.
Lavi gli
toglie la camicia alla cieca e la butta da qualche parte, troppo intento a
ricambiare quello sguardo, con il cuore che scoppia di gioia e, innegabilmente,
i pantaloni sempre più scomodi.
È allora, quando
vede le pupille di Allen saettare quasi impercettibilmente da un occhio
all’altro, che la sua mente riemerge a fatica dal mare di piacere e gli ricorda
di aver ripreso le sue sembianze senza aver indossato la sua fedele benda nera.
Perciò,
prima che Allen torni a baciarlo, Lavi lo ferma.
In realtà
non sa come spiegarsi, sa solo che forse dovrebbe dire qualcosa.
Lavi
deglutisce, tentando di nascondere l’improvviso disagio, e allunga una mano a
casaccio da una parte, in cerca della sua borsa.
“Aspetta che
metto la benda,” spiega titubante a un Allen perplesso, sorridendo imbarazzato.
Lo sa, lo sa che Allen l’ha già vista, e che
non ha mai commentato, non ha mai mostrato disgusto…
ma è anche vero che Allen è gentile, e sa fingere,
e a lui non costa niente metterci una benda sopra per fargli piacere, davvero—
Quanto può
essere bello, in fondo, darci dentro con uno sfregiato da una cicatrice
giallastra e orrenda su una palpebra che nasconde solo in parte la maledizione di
un occhio di un bianco latteo e una pupilla vacua e cieca?
Allen ha il
respiro corto e il battito accelerato e lo sta guardando con una certa
impazienza e irritazione.
“Lascia
perdere,” risponde seccamente, come se Lavi l’avesse personalmente offeso, e quindi
prende tra le mani il suo viso con inaspettata gentilezza, e procede a
ricoprire di baci leggeri la sua fronte, i suoi zigomi, le sue palpebre, quella
sua orrenda cicatrice che evita sempre di guardare più del minimo
indispensabile.
Lavi
s’innamora di Allen daccapo, per l’ennesima volta in quei due anni – e se non
gli dispiacesse interrompere il loro bacio, lo informerebbe subito della cosa.
Con un
movimento fluido fa rotolare Allen di lato in modo da stendersi sopra di lui, e
l’altro subito avvinghia i polpacci attorno ai suoi fianchi, e le braccia
attorno al suo collo. Lo trascina più giù con lui, in un bacio impetuoso che
gli toglie il fiato.
Non è che
stiano facendo molto, ma di certo a Lavi basta perché l’eccitazione salga
rapidamente a livelli considerabili. Allen, i suoi baci, i suoi capelli – oddio, quanto gli sono mancati quei
capelli, realizza, mentre passa le dita tra le ciocche candide come la neve –,
il suo corpo, Allen, le sue labbra, Allen, i suoi occhi, Allen, Allen, Allen. Oh, i suoni che Allen emette.
Darebbe qualsiasi cosa per sentirli in ogni momento.
Mentre i
suoi sensi esplodono di piacere ad ogni tocco e ad ogni suono, e si perdono in
una sorta di… Allen-vortice
che sembra essere l’unico componente dell’intero l’universo in quel momento, la
sua mente tenta di ricordargli qualcosa, di buttargli davanti agli occhi un
pensiero relativamente importante di cui dovrebbe informare Allen, ma ogni
volta che gli pare di essere sul punto di raggiungerlo, il suo ragazzo gli
accarezza un certo punto, o ne stuzzica un altro con la lingua, sensualmente, e
ogni volta l’integrità della sua parte razionale si frantuma come una sfera di
cristallo schiantata al suolo.
Lavi gli
passa languidamente la lingua nell’incavo del collo, e Allen chiude gli occhi e
apre la bocca per lasciar uscire un ansito particolarmente rumoroso, che
spedisce un brivido di eccitazione dritto al suo inguine. Allora, Lavi inizia
una partita di botta e risposta fisica con Allen – perché le parole sarebbero
troppo difficili da articolare in quel momento, e perché non sarebbe la prima
volta che lo fanno.
Perché per
quanto possa sembrare irreale in quel preciso istante, tra un bacio e l’altro,
la cruda realtà è che sono sul pavimento di un bagno pressoché inutilizzato
della scuola, e se Allen continua a fare quei suoni e a mordicchiare la pelle
del suo collo in quel modo le cose sono destinate a degenerare, ed urge una
silenziosa consulenza.
La sua mano
scende alla cintura dei pantaloni di Allen, e gioca con la fibbia di cuoio per
qualche secondo. Per Lavi, questo è un chiaro modo di chiedere ‘cosa vuoi
fare?’ perché, appunto, la situazione non è delle più favorevoli, e sono sul
pavimento di un bagno, su cui chissà quanti esperimenti magici orrendi ha fatto
Timothy.
E il fatto
che continuare a pensarci così apertamente però non affetti minimamente la sua
libido e che, anzi, preoccupazioni di tal genere gli paiano oscenamente
irrilevanti, significa che il punto di degenerazione è particolarmente vicino.
Si costringe a chiudere gli occhi per non dover guardare la pelle pallida del
petto di Allen, i suoi capelli bianchi che fanno risaltare il suo viso
arrossato, le sue pupille velate dal desiderio—chiudere gli occhi si rivela
poco utile, Lavi deduce quando scopre che ogni particolare è indelebilmente
marcato a fuoco sul retro delle sue palpebre.
Allen
risponde alla sua domanda strofinando violentemente i loro bacini insieme.
Il gemito
strozzato che gli fuoriesce dalla gola gli fa cadere la fronte sulle piastrelle
fresche accanto alla testa di Allen, e quest’ultimo procede come se niente
fosse nel leccargli e baciargli la pelle sensibile lungo la clavicola. Lavi si
sente abbastanza sicuro nell’interpretare le azioni di Allen come un implicito
‘che si fotta, il pavimento del bagno’.
In ogni caso,
procede, portando la mano alla base della schiena dell’altro, e infilando la
punta delle dita oltre l’orlo dei pantaloni: ‘quanto vuoi andare a fondo?’.
Allen geme debolmente e annuisce vigorosamente, inarcando la schiena quando le
sue dita seguono sinuosamente la sua spina dorsale.
Di solito
non finisce lì, quando si tratta di ‘occasioni particolari’ come quella, perché
Allen è una persona infida che inconsciamente si diverte a lanciare segnali
forvianti. Se si deve lamentare, lo fa sempre quando ormai è troppo tardi –
grazie al cielo, la maggior parte delle volte si lamenta alla fine del tutto.
Ma la libido
di Lavi è ormai partita per la tangente; perciò, al primo via libera il rosso
slaccia abilmente la cintura dei pantaloni di Allen con un gemito eccitato.
È un
miracolo che Tsukikami compaia quando Lavi ha solo
metà palmo infilato poco cerimoniosamente nei boxer di Allen. Quel vago
‘pensiero relativamente importante’ ora fluttua davanti a loro, lattiginoso e
evanescente, con un sorriso mellifluo che adorna il suo viso inappropriatamente
candido e affabile.
“Mi turba
interrompervi, ma penso non sia molto igienico, ragazzi.”
La voce
divertita del fantasma fa trasalire Allen così violentemente che questi si
aggrappa a Lavi con gambe e braccia come farebbe un gatto tramortito dallo
spavento. Contemporaneamente, una mano di Lavi schizza via dai pantaloni
dell’altro alla velocità di un Lepricano, e rimane lì
penzoloni nell’aria, apparentemente sperduta e senza scopo, mentre l’altra
scatta a coprire il suo occhio destro.
“Beh,
comunque sospettavamo fosse qualcosa del genere,” commenta Tsukikami.
“Timothy mi ha detto di avvisarvi che il pavimento sembra così pulito perché vi
abbiamo testato una nuova sostanza impermeabile per un progetto futuro. Solo
che non conosciamo ancora eventuali effetti collaterali. Timothy era
preoccupato che tutta quella pelle a diretto contatto con il suolo potesse
causare qualche… eh, irritazione.”
È una
fortuna che Tsukikami sia già morto, perché se le
occhiate potessero uccidere, quella che Allen gli lancia in quel momento
sarebbe di certo letale. Questi spinge via Lavi da sé con lo stesso riguardo
che si offrirebbe a un sacco di frattaglie di Schiopodi
Sparacoda, e scatta seduto, allacciandosi velocemente
i pantaloni e afferrando la sua camicia poco distante.
Dall’altra
parte, tra un ansito e l’altro anche Lavi si tira su, con maggior svogliatezza,
passandosi una mano sulla faccia e tentando di non dar voce a quel gemito
bloccato a metà gola e a quel continuo pensiero che ora invade la sua mente, il
cui succo è abbreviabile a un conciso e sofferto ‘che palle’. Al contrario di Allen, il rosso decide che riallacciare i
pantaloni e mettersi qualcosa addosso, oltre che a essere spossante, non
attenuerebbe di molto l’assurdità della situazione. Perciò alza gli occhi al
soffitto poco interessante e opta per un semplice non guardare né Allen, né il cavallo dei suoi pantaloni, per
evitare di cadere in una spirale di frustrazione tanto psicologica quanto
fisica.
Cerca di
concentrarsi sulle Banshee e i Giganti di montagna.
“Perché
Timothy non me l’ha detto ieri quando gli ho chiesto di lasciare sgombro il
bagno?” chiede Allen con voce inviperita. Lavi nota con la coda dell’occhio il
modo in cui le sue mani si tastano preoccupate la pelle della schiena, e scopre
con sorpresa che una delle sue sta involontariamente facendo la stessa cosa.
Tsukikami ha il coraggio di mostrarsi costernato. “Perché ovviamente non
immaginavamo che poteste adoperare questa stanza per una cosa del genere! Non
ci hai detto nulla!”
Allen gli
sorride con dolcezza, ma l’aura omicida che lo circonda non fa altro che
intensificarsi fino a diventare quasi visibile. “Ottimo. Riferisci a Timothy
che lo distruggerò, e che è sull’orlo di un’espulsione dalla squadra.”
Tsukikami svanisce già nelle tubature il più silenziosamente possibile.
Lavi e Allen
si scambiano un’occhiata esasperata, ancora vagamente ansimanti per lo
spavento, per la rabbia e per altro, e Lavi lascia cadere pesantemente la mano
dalla sua faccia.
“Mi sono
dimenticato di dirti che… Timothy mi ha beccato fuori
dal bagno, sì. E sembrava avere qualcosa in mente,” Lavi informa inutilmente
l’altro con voce piatta.
Allen geme
per la frustrazione – Lavi non sa se per colpa sua o di Timothy, ma non indaga.
“La prossima
volta la prendiamo noi la Stanza delle Necessità,” ringhia Allen, ancora
fumante.
E allora
Lavi viene colpito dalla divertente realtà dei fatti di quel giorno; cioè che
si è infiltrato nella sua ex-scuola dicendo a suo nonno che andava a comprare
dell’inchiostro dall’altra parte della strada, ha preso le sembianze di Allen e
ha convinto Kanda a prendere inutilmente l’aspetto di
Fou per personale soddisfazione, ha pomiciato con
Allen sul pavimento probabilmente infetto di un bagno in disuso del castello
dove un bimbetto e il suo fantasma di fiducia conducono esperimenti che
trasbordano nell’illegalità e che nel momento più serio di quella piacevole
attività è stato interrotto da suddetto fantasma, che di certo andrà a riferire
tutto al suo padrone nella speranza che sia utile materiale da ricatto –
difficilmente.
E da qualche
parte nel mezzo di quelle considerazioni, Lavi inizia a ridere.
Allen lo
fissa poreoccupato, probabilmente chiedendosi se
quello è un effetto collaterale della sostanza del pavimento, eppure dopo
qualche secondo lo segue a ruota nella sua risata di crescente intensità. Alla
fine si ritrovano praticamente rotolanti sul pavimento in preda a immotivate
convulsioni da risa – fino a che non si ricordano della sostanza impermeabile e
si ritirano su di scatto.
“Beh, direi
che Tsukikami ha un po’ rotto l’atmosfera,” constata
con ovvietà Allen, mentre si asciuga una lacrima all’angolo di un occhio.
Lavi
annuisce. Si appoggia sui palmi delle mani e fa cadere indietro la testa,
contemplando vacuamente il soffitto. “Potremmo sempre riprendere da dove
avevamo lasciato,” suggerisce con finta disinvoltura.
Allen
ridacchia, anche se c’è dell’evidente esasperazione nella sua voce. “Per essere
interrotti un’altra volta da un fantasma ai comandi del Diavolo incarnato? Ho
come la sensazione che potrebbe ricomparire da un momento all’altro.”
Lavi
concorda, anche se con una certa mestizia, e tira fuori dalla sua borsa
un’altra porzione di Pozione Polisucco.
“Non servirà
a molto trasformarti di nuovo in me,” commenta Allen con perplessità.
“Infatti
questo,” spiega Lavi scuotendo la fialetta che tiene delicatamente tra le dita,
“non sei tu, ma Lenalee.”
Ovviamente
risulta faticoso fare in modo che Allen ascolti le sue richieste disperate di
vendetta verso Kanda, il quale, a sua detta, non gli
avrebbe permesso di trasformarsi in Lenalee, come
avevano progettato perché potessero andare liberamente in giro per il castello;
e questo perché Allen è sempre pronto a giudicarlo negativamente e a pensare
che Lavi sia solo un pervertito che mira a sperimentare per un po’ tutto quel ben di Dio che è Lenalee—ma
no, Lavi mira sempre e soltanto all’esperimento per amore della scienza magica.
Anche se
Allen si rifiuta di crederci, alla fine, di fronte all’evidente difficoltà che
porrebbe il girare per tutto il giorno con un Mantello dell’Invisibilità
addosso, questi acconsente a fargli bere la Pozione, e Lavi estrae con
eccitazione i vestiti consoni alla ragazza cinese dalla sua borsa.
“Se Kanda lo scopre, mi uccide,” dichiara Allen asciuttamente. “E poi uccide te.”
Ma a
prescindere da ciò, Lavi passa una giornata fantastica, esplorando daccapo
l’amato castello, casa della sua adolescenza, in compagnia di Allen. Parlano,
ridono, per di più mangiano – ovviamente; si sta pur sempre parlando di Allen.
Solo all’ora
di cena, lui e Lavi convengono a malincuore sul fatto che sia il caso di
separarsi, e la comparsa di una figura bassa e dai capelli rosa appostata
davanti alla porta della capanna di Crowley conferma
che la giornata volge al termine.
Così, dopo
un tentato omicidio, ben previsto da Allen, da parte di una Fou
adirata – rimasto ‘tentato’ solo grazie alla misericordiosa impossibilità di Kanda di picchiare e distruggere qualcosa che ha l’aspetto
di Lenalee – Lavi e Kanda
salutano Crowley e aspettano che gli effetti della
Pozione si dissolvano su entrambi. Quando il loro ex-professore di Cura delle
Creature Magiche accenna loro a una nuova specie di piante da lui stesso
allevate e curate nell’orto di zucche dietro casa, i due trovano opportuno
cominciare ad allontanarsi: il più moderatamente possibile e gentilmente
possibile, nel giro di trenta secondi scappano dalla rustica capanna con
addosso il Mantello di Allen, diretti al Platano Picchiatore.
“Come
facciamo col Mantello?” chiede Kanda nel silenzio del
crepuscolo, ringhiando ogni volta che Lavi incespica accidentalmente nei suoi
piedi.
“Non hai
ascoltato?” dice Lavi sbuffando. “Lo prenderà Crowley
tra un po’ e lo darà lui ad Allen.”
“Tch.”
Il Platano
Picchiatore rimane sempre uguale a prescindere da quanti anni passino, pensa
Lavi mentre fa levitare un sasso e lascia che questo cada su uno degli
intricati nodi di radici del grande albero. I rami del grande albero
s’immobilizzano, e Lavi e Kanda sfruttano il poco
tempo a disposizione per avvicinarsi all’ingresso del passaggio segreto e
calarcisi dentro.
Nel momento
in cui Lavi ha già una gamba nel buco e lascia cadere per terra il mantello ora
inutile, una scimmia compare sul campo erboso ai margini della Foresta.
La mente di
Lavi non realizza subito la particolarità del vedere una scimmietta dal pelo
dorato nel clima freddo scozzese, perciò continua a infilarsi nel passaggio
segreto senza preoccuparsene. Ma quando incrocia ancora una volta lo sguardo
innaturalmente sveglio di quell’animaletto, il sangue gli si gela nelle ossa.
“Oops,” sussurra, mentre scompare il più in fretta possibile
nel buio dello stretto tunnel per sfuggire agli occhi castani della
professoressa Nine e al suo sorriso appuntito e
minaccioso.
.
E fu così
che Lavi e Kanda riuscirono a intrufolarsi ad Hogwarts con successo – o quasi.
A detta di
Allen, la professoressa Nine continuò per il resto
dell’anno a osservarlo con aria imperscrutabile durante le sue lezioni e a
mostrargli qualche occasionale sorrisetto appena accennato con gli angoli delle
labbra, che aveva la capacità di impaurire Allen più di molte altre cose –
perché, seriamente, la Nine che sorride?
Anche se
temeva di conoscere la motivazione dietro quegli inquietanti sorrisi, Allen non
ne fu mai certo, poiché Lavi si dimenticò
di dirgli che era stato beccato in pieno non soltanto da Timothy.
Data la
sensazione poco piacevole causata dall’ingerire la Pozione Polisucco
e date le minacce di suo nonno che ovviamente si accorse del furto, Lavi non
riutilizzò più quel metodo. Ma quello non rappresentò più di tanto un problema,
perché poco tempo Lavi divenne a tutti gli effetti un Animagus.
E in fondo
era molto più pratico e rapido entrare a Hogwarts
nella forma di un agile ed elegante—
.
.
.
.
.
Lo so, la fine fa stracagare, ma non so
perché non ne potevo più di sto capitolo LOL, dovevo scriverlo da troppo tempo
:I Perdonatemi OTL. Non credo mi piaccia molto come sia venuto. Ci devo pensà :I Ho la sensazione che siano capitoli sempre più… strani LOL no non so perché P_P
Mi sa che nell’ultima parte ci sono un botto di errori, li rileggo domani, ok
=w= ?
Di nuovo, SCUSSSATEEE per la lentezza dell’aggiornamento, appunto.
Io non dovrei neanche essere qua, ma a studiare çWç Aaah, che strazio, voler fare cento cose e DOVERne fare altre mille çWç
(melodramma mode off). Tutta quell’esplosione di ormoni non prevista, è che..
sembrava adatta °A° Anche se non adatta alle mie capacità di descrivere scene pseudoyaoi che vadano più in là di un bacetto a stampo
HAHAHAHHA se qualcuno ha un manuale su come scrivere yaoi
con efficacia me lo passi per favore (eppure ne ho lette così tante… bah *affoga nell’imbarazzo*). Quindi mi dispiace se non ve la siete gustata
per quello çOç Comunque questo è l’unico di tal
genere, gli altri ritornano ad essere del solito livello soft.
E lo so, la parte su Lavi e il suo occhio sono un po’ insensati
magari se si pensa che stanno insieme da due anni, però ci stava, e ciccialculo èçè