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Autore: Rupertinasora2    26/10/2011    2 recensioni
[Sequel de "Il progetto segreto del Ministro della Magia"]
Hogwarts. I giorni della grande battaglia sono finiti ormai da anni, e tra le mura dell'accademia magica più famosa passeggiano i figli dei più grandi maghi che presero parte alla battaglia.
Dopo che Hermione ha scoperto il doppio gioco di Belial, e che Draco è morto per vendicare la sorte di Scorpius, la vita ad Hogwarts pare essere tornata alla normalità... solo per essere di nuovo stravolta.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dark, secret destiny '
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2.
Difficile dirsi addio




 
Piove. E' uno stillicidio
senza tonfi
di motorette o strilli di bambini.
[..]





Quel giorno imperversava una tempesta, che batteva sui muri di Hogwarts. Era una tempesta così forte che, per coloro che stavano in Sala Grande, pareva che stesse cadendo il soffitto sulle teste.
Sebbene fosse prima mattina, quando Scorpius alzò lo sguardo in cerca di quella luce settembrina, debole ma piena di speranza, non riuscì a rallegrarsi.
Stare già tutto il giorno nei sotterranei per lui era uno strazio, e quel cielo nero e scuro lo faceva persino andare più in depressione. Spostò lo sguardo dal soffitto, in cerca di qualcosa che potesse essere luce per lui, e finalmente la vide. Una massa di capelli rossi che guardava in giro, spaesata, in cerca dei suoi fratelli e cugini. Rose Weasley. Era una delle creature più belle che Scorpius avesse mai visto, ma che non poteva avvicinare. Questo suo limite era capace di prendergli nel cuore, e farlo smettere di battere. Una fitta al fianco lo costrinse a distogliere lo sguardo e inspirare con forza.
Vide che accanto a lui, Michelle McCartney lo stava osservando attentamente. Scorpius fece finta di niente e tornò a mangiare il suo pudding con meno voglia di quanta ne avesse prima.
- Ti vedo pensieroso, Scorpius. E’ successo qualcosa?- gli sussurrò lei nell’orecchio.
- No, tutto a posto- cercò di chiudere il discorso lì. Michelle non obiettò.
Scorpius amava quella ragazza, come amica ovviamente, perché riusciva a percepire ogni minimo cambiamento nel suo umore. C’era quasi stato feeling a prima vista tra loro, e sarebbe stata la ragazza perfetta. Era alta, magra, con il viso un po’ ovale, i tratti leggermente orientali, con un paio di occhi che erano un misto tra il verde e il castano, e lunghi capelli castani. Li pettinava sempre lisci, ma Scorpius adorava quando li tirava su, e lasciava cadere quelle ciocche, buttate lì ma studiate, sul viso. Era bellissima, ma la cosa che più l’addolorava era che per lei non provava niente.
Dire che non provava niente era proprio dire quello che Scorpius provava. Quando gli si avvicinava con quel corpo snello e flessuoso, quelle curve perfette sul suo corpo, non piccole né esuberanti, Scorpius non provava niente. Spesso la sua mascolinità era messa in dubbio da qualche amico più stretto, ma a Scorpius non toccavano le loro provocazioni. Non avrebbero mai capito quello che provava dentro, ogni volta.
Non doveva provare forti sensazioni. Non poteva permetterselo. E il perché sarebbe rimasto per sempre dentro di lui, nascosto nel suo dolore. Quel dolore nacque all’età di sette anni, e si è prolungato ancora nel tempo, senza accennare a smettere.
Sentiva ancora lo sguardo addosso di Michelle, così si soffermò a guardarla, alzando teatralmente un sopracciglio.
- La smetti di guardarmi? Così rischi di consumarmi- la prese in giro.
Michelle fece a sua volta una smorfia di disgusto. – Figurati, non ci tengo a farti credere che ti consumerei volentieri- rispose a sua volta.
Era il loro modo di essere amici, quello. Era uno scambio di battute, ma dietro quelle battute Scorpius sapeva che Michelle aveva intuito qualcosa, ma aveva la giusta sensibilità per non dire nulla.
- E comunque, quello che sta consumando qualcuno sei tu, Scorp-. Vedendo lo sguardo interrogativo di Scorpius, Michelle riprese. – Ho visto chi stavi osservando prima, e posso dirti che puoi avere di meglio-
Scorpius vide la ragazza sporgersi verso di lui, con la camicetta volutamente sbottonata quel tanto in più da fargli notare il merletto della biancheria intima.
Normalmente, a quella vista avrebbe dovuto sentire delle scosse al basso ventre, e tutto poi sarebbe lasciato al caso. Lui non provava niente, anche se era sicuro che qualcosa si era rigonfiato nei suoi pantaloni. Scosse la testa e ghignò divertito. In fondo, anche se non riusciva a sentirsi attratto dalla ragazza, non voleva dire che non avrebbe potuto prenderla in giro.
- Andiamo, McC, non mettere in mostra le tue forme, perché è come guardare un maschio-
Non seppe se quelle parole erano state troppo forti, ma Michelle si ritirò subito e lo guardò di sbieco, tornando al suo pudding.
- Credo sia meglio andare- disse piano. Aveva paura di un qualche scatto della Serpeverde.
- E vattene- rispose lei, chiaramente offesa.
Scorpius sospirò. Portò una gamba dall’altro lato della panca e si avvicinò a Michelle, posandole una mano sulla schiena e le sussurrò all’orecchio. – Vorrei che mi raggiungessi al più presto- Aveva usato una voce sensuale, di quelle che sapeva che le piacevano, ma non avrebbe capito mai le sensazioni che riusciva a regalarle quel modo di parlarle, di toccarla.
Michelle non rispose, così Scorpius si alzò e si diresse verso i sotterranei. Quello era il secondo anno che andavano a Hogsmeade, e ogni volta era la volta buona per farsi due chiacchiere tra amici e passeggiare all’aperto, anche se, con quella pioggia che batteva violenta, la loro gita era chiaramente in bilico.
Mentre camminava e usciva dalla sala grande, Scorpius stava ripensando a Michelle. Forse aveva un po’ esagerato. Nessun ragazzo riusciva ad esserle impassibile, e non capiva perché si fosse incaponita a cercare di sedurlo.
 
***
 
La pioggia li colse all’improvviso.
James e la sua squadra si ritirarono negli spogliatoi, zuppi fin dentro le ossa, sebbene avessero impiegato pochi minuti per finire l’allenamento.
C’era già odore di pelle bagnata, un chiacchiericcio eccitato. Avevano finito l’allenamento, ora potevano tranquillamente andare a riposare.
- Ehi, Malfoy! Allora, la tua promessa?- chiese un ragazzo, avvicinandosi a Bella a torso nudo, intento ad asciugare i capelli con un asciugamano.
James si voltò a guardare, curioso di sapere come sarebbe finita.
Bella alzò lo sguardo verso il ragazzo, disgustata quasi dal fatto che il ragazzo gliel’avesse ricordato. Eppure, come diceva sempre James, un patto era un patto. Doveva trovare un modo per evitare di fare la doccia davanti a tutti. Un’idea le attraversò la mente, e ghignò fiduciosa di sé.
- La mia promessa? Io avevo detto che dovevate fare del vostro meglio. Se il capitano dice che è stato così, allora mi atterrò ai fatti-
Bella voltò lo sguardo dritto negli occhi di James, trasmettendogli quasi una sfida, arrivati a quel punto. Quasi si aspettava la risposta del ragazzo. Era sicura di quello che avesse voluto vedere James, e fargli vedere per l’ennesima volta che lei non era una tipa che si tirava indietro. Isabella Serinda Malfoy non si dava mai per vinta, e manteneva tutte le promesse che faceva.
Tutti, seguendo l’esempio di Bella, si voltarono a guardare James. Il capitano, intanto, si era spogliato quasi del tutto. Aspettava che l’unica ragazza usufruisse dei camerini per cambiarsi, per poi potersi togliere anche il pantalone, talmente zuppo che era attaccato ormai alla pelle. Osservava attentamente Bella, facendo scivolare il suo sguardo lungo il suo corpo snello ed elegante, sulla sua maglietta bagnata che aderiva ai suoi seni sodi, disegnandoli e facendoli apparire forse più grandi di quello che erano per davvero. Le gocce di pioggia che cadevano dai capelli legati sul collo e sul viso andavano tuffandosi in posti che non aveva ancora esplorato, su quella pelle del colore della luna.
Seguì la ragazza mentre si alzava e portava il peso tutto su una gamba,  poggiava le mani sui fianchi snelli e provocanti.
Era sicuro di quello che avrebbe detto. Proprio in quel momento sentì la porta degli spogliatoi aprirsi.
- James…- disse una voce che conosceva sin troppo bene.
Il sorriso malizioso che era nato sul viso di James scomparve in un batter d’occhio, mentre si voltava a guardare la figura che si stagliava vicino alla porta. Angel Jane Portbell. Gli bastò uno sguardo per capire che non era affatto sicura di come sei giocatori su sette avessero reagito alla presenza di una donna (il settimo giocatore era proprio la donna), ed era venuta lì per controllare lui.
Angel aveva una bellezza diversa da Bella, più mediterranea. Era più bassa di Bella di qualche centimetro, aveva i capelli e gli occhi castani, la sua pelle non era bianca, ma tendeva a una tonalità tra il rosa e l’ambra. Le sue curve erano decisamente più prosperose e i suoi modi non erano di certo raffinati come quelli della Malfoy. E poi, dopotutto, Angel era una ragazza con tanto bisogno di coccole e cure, dal momento che aveva rinnegato tutti i suoi credo e i suoi legami pur di stare con lui. Quasi si sentiva male, come se la stesse sfruttando. Eppure, James sapeva che una volta l’aveva amata con tutto se stesso. In quei giorni, però, non capiva cosa gli stesse accadendo. C’era qualcosa che lo bloccava quando era in presenza della Corvonero.
- Angel, come mai qui?- chiese.
La ragazza si strinse a lui, e meccanicamente James la strinse a sé. In quell’abbraccio, James percepì qualcosa in più del semplice bisogno di stringersi a lui.
- Una ragazza deve avere un motivo per voler vedere il suo fidanzato?- chiese, guardandolo con quegli occhi grandi che aveva. Il suo viso era tondo, con un nasino grazioso all’insù, le labbra carnose, e due occhi che parevano riempirle tutto il viso. Era stupenda. James sorrise di rimando.
- Certo che no. Sei scorretta, però-
- Perché mai?-. Angel piegò la testa di lato, e quando faceva così, appariva tremendamente fragile.
- Hai risposto alla mia domanda con un’altra domanda- le fece notare lui.
Angel si limitò a sorridere e a scrollarsi di dosso la questione allo stesso modo con cui si strinse nelle spalle.
Quel momento pareva così intimo che tutti gli altri ragazzi si diedero da fare e, uno alla volta, andarono via. Rimasero nello spogliatoio solo James, Angel e Bella. Il ragazzo che aveva parlato prima con Bella, Mark Winchester, andò via per ultimo. James vide con la coda dell’occhio che lanciava a Bella uno sguardo molto virile, e la cosa lo fece andare quasi fuori dalle staffe.
Sentì l’abbraccio sempre più forte di Angel, e le rivolse un sorriso. Prima che potesse dire qualcosa, si voltò verso Bella e le rivolse la parola. Era raro che le due ragazze parlassero, ma James non aveva mai capito perché Angel fosse così gelosa della sua nuova compagna di squadra.
- Io e James abbiamo da parlare, puoi andartene?- la voce con cui pronunciò la frase era dolce, James sapeva che stava sorridendo, ma a quanto pare l’espressione del viso lasciava trasparire qualcosa che diede fastidio a Bella.
La Grifondoro alzò le mani, come in segno di resa, e la schernì con un sorrisetto beffardo.
- Ehi, non ti scaldare. Non ho proprio voglia, né intenzione, di starmene qui a godere del vostro amoreggiamento-. Iniziò a recuperare la voglia. – Anche se l’unica a doversene andare qui sei tu, dato che non fai parte della squadra-
Angel fece finta di non aver per nulla udito ciò che la ragazza le aveva detto, ignorandola grandemente. James incrociò lo sguardo di Angel, e la ragazza vi leggeva del rimprovero, ma non parve darci peso.
- E’ tutta l’estate che non stiamo un po’ da soli, Jamie. – gli sussurrò, come per dirgli che non doveva scusarsi perché aveva chiesto alla Grifondoro di andare via.
Prima di lasciare lo spogliatoio, Bella richiamò la loro attenzione con un colpo di tosse.
- Capitano, non dimenticare che dobbiamo andare a Hogsmeade tutti insieme…- gli ricordò Bella, con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Era la sua piccola rivincita. Bella non avrebbe lasciato James per nulla al mondo con Angel prima di averle dato un’altra zeppata.  Prima che James potesse dire qualcosa, Bella andò via.
- Come?- Angel lo guardò, facendo un passo indietro.
Era nei guai. Avrebbe dovuto arrostire Isabella quando ne ebbe l’occasione, perché ora sarebbe stato un problema arrestare l’uragano Angel.
- Niente. Piuttosto, dicevamo?-
Con un sorrisetto divertito, avvicinò di nuovo a sé la ragazza. In quel momento aveva molto bisogno di sentire la vicinanza di Angel, di stringerla a sé, di avvertire la loro pelle sfiorare l’una contro l’altra.  Avvicinò le labbra a quelle della corvonero, pronto a baciarla con passione.
Angel gli posò una mano sulle labbra.
- James! Sii serio per una volta, riesci ad esserlo?-
Dall’espressione di Angel, capì che non aveva gradito il suo modo di alzare gli occhi, cosa che faceva quando si trovava in una situazione di imbarazzo come quella. Era inutile nascondere i fatti, era stato colto in flagrante. Sospirò e andò a sedersi su una delle panchine, di fronte agli armadietti.
- Sì, ci riesco. La squadra mi ha fatto promettere che saremmo andati tutti insieme a Hogsmeade per comprare tutti insieme il nuovo occorrente per il Quidditch di quest’anno: guanti, mazze, e cose così- dovette ammettere, ma non disse che era stata Bella a strappare la promessa a tutta la squadra.
Lo sguardo che gli fece Angel non lasciò dubbi: stavano per litigare.
A dispetto di ciò che si era aspettato James, Angel sospirò, lasciando cadere le braccia contro il corpo, quasi inerti.
Tra di loro c’era ormai un burrone. Ad ogni sguardo si separavano sempre di più. La loro unione era la paura di confrontarsi con un mondo che nel frattempo era cambiato. James afferrò Angel per le braccia e l’attrasse a sé.
Non poteva lasciarla con quello sguardo ferito, non poteva allontanarsi da lei. Non ancora, non più. Voleva sapersi ancora al sicuro come quando i loro corpi si sfioravano, come quando si stringevano come se non esistesse nulla. E la paura di perdersi ora era tangibile tra di loro.
Tentò di allontanare quella paura baciandola con forza sulle labbra. La strinse a sé, così come fece lei a sua volta. Il piccolo corpo di Angel, che quasi scompariva nei suoi abbracci, si aggrappò al suo. James capì che la ragazza era scossa da un brivido. Capì in breve che quel brivido era un singhiozzo ingoiato a metà.
- Non piangere, Angel. Non ti lascerò mai…- le sussurrò alle orecchie, tenendo a freno le lacrime che gli bruciavano dietro le palpebre.
 
***
 
Dei ragazzi stavano facendo già un gran baccano quando James Hammer aprì gli occhi e si guardò attorno.
- Insomma!- sbottò, assonnato. Guardò con gli occhi ancora chiusi l’orologio. Vedendo l’ora saltò su come se l’avessero colpito con una fattura salterina. – Cazzo! E’ tardi! Il professore mi ucciderà!-
Un ragazzo smise di ridere per la battuta di uno e guardò Hammer come se avesse detto qualcosa di davvero stupido.
- Ma di’, sei scemo o cosa? Oggi non c’è lezione. Andiamo a Hogsmeade- l’avvertì.
James si bloccò all’istante, con il pigiama mezzo tolto nella furia di doversi preparare. Sbattè le palpebre come instupidito.
- Prego?-
Il suo interlocutore alzò gli occhi al cielo.
- Per Merlino, Hammer! Non puoi fare sul serio. Giuro, non ho mai capito come tu faccia a volere di andare a lezione.
- Dato che me l’hai chiesto, Portbell, ti faccio presente che se non studiamo non possiamo essere buoni maghi-
Murtagh Portbell ghignò. Era appena tornato dalla sua stanza privata (privilegio di chi era prefetto), ed era andato dai propri compagni a svegliarli per organizzare qualche bella bravata e attacco a qualche ragazzina del terzo anno facilmente impressionabile.
- Io sono già un buon mago. E, mio malgrado, anche tu lo sei Hammer-
Dicendo questo, Murtagh lanciò un jeans a James. – Alzati e vestiti, bello mio. Sai, ho notato come guardavi quella Monaghan, di Serpeverde. E’ per questo che non vedi l’ora di andare a lezione con i Serpeverde, eh?- Lo prese in giro chiaramente.
James avrebbe tanto voluto dargli un pugno in pieno viso per togliergli quell’espressione compiaciuta e superiore che aveva sul viso. Sospirò per calmarsi. Sebbene i primi anni lui e Murtagh avessero litigato spesso, e altrettanto spesso erano arrivati a indirizzarsi subdoli incantesimi, si era ripromesso che questo sarebbe stato l’anno in cui avrebbe smesso di picchiare tutti. Eppure la furia della rabbia ribolliva sotto la sua pelle.
- Forse sei più intelligente di quanto non sembri, Portbell- lo punzecchiò.
Vide che una vena sulla fronte di Murtagh aveva preso a pulsare pericolosamente. Decise di sorridere alzando le mani. – Sto scherzando- dichiarò.
Murtagh parve perdere tutti gli interessi verso di lui e tornò a ridacchiare con altri ragazzi in modo molto mascolino, come i commenti verso le altre ragazze.
James iniziò a vestirsi. Controllò intorno, ma non vide lettere di risposta da parte di Mason. Dato che quel giorno avrebbe potuto allontanarsi da Hogwarts, allora era deciso a saperne di più persino riguardo a Mason. Guardò fuori, e la pioggia che cadeva incessante sui prati di Hogwarts e il vento che piegava le fronde dei secolari alberi lo convinsero ancora di più che aveva avuto una bella pensata a restare a scuola.
Avrebbe ancora fatto delle ricerche sul Master, e su Mason.
Si chiedeva come mai quel nome lo attirasse così tanto. Il suo istinto pareva dirgli che Mason aveva la chiave, che Mason era la chiave delle risposte a tutte le sue domande.
Un gorgoglio proveniente dalla sua pancia gli ricordò che doveva mangiare. Salutò gli altri, che ancora si stavano preparando per una giornata alla pioggia, e uscì dalla torre dei Corvonero.
Un pensiero andò anche a Crystin. L’ultima volta era andata via lasciandosi dietro quella scia di mistero che l’attirava più di ogni altra cosa.
Prima di rifugiarsi in biblioteca, come faceva ormai da quando era tornato a Hogwarts, e pure prima di andare a fare colazione, James Hammer si disse che un giro per i sotterranei era d’obbligo. In fondo, non poteva lasciare che Crystin  andasse a Hogsmeade senza neanche un suo saluto.


~ Rupi
Spazio riservato all'autrice: Sapete, oggi qui piove davvero molto. C'è chi dice che la pioggia è triste, che sarebbe meglio che fosse sempre una bella giornata, con il sole che ti riscalda nelle ossa. Sebbene le mie ossa anelino il sole tutti i giorni (sembra che sono una vecchietta XD), il mio animo, mai più come oggi, guarda la pioggia con il sorriso sulle labbra. Insomma, è bella l'atmosfera che sa creare la pioggia. Talvolta crea situazioni romantiche, altre invece confonde e copre tutti i rumori, lasciandoti a fare i conti con il tuo stesso animo. Che male c'è? Talvolta la solitudine è una benedizione. Se solo ce ne rendessimo conto...
  
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