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Autore: Dei_Outsider    07/11/2011    0 recensioni
Credeva ancora alle mezogne. Credeva ai sorrisi falsi, credeva alle parole pungenti di chi lo aveva rinchiuso in un monastero.
Credeva di essere un mostro.
Credeva in Dio.
Finchè all'improvviso vide i suoi occhi.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Pain, Zetsu
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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[Passo Secondo. Peccato.]



Yahiko Pain.
Ecco qual’era il nome a capostipite di tanta sublime confusione mentale; il seme, che era sbocciato nel chaos calmo del suo animo abbandonato alla paura, illuminandolo di luce tiepida.

Ma tutto ha per convenzione un suo inizio, e anche nello stato di incoscienza in cui si trovava, riusciva a rimembrare che non era certo in grazia al solo suo nome che aveva cominciato a sudare brividi freddi.

Stava in piedi, Zetsu, impegnato a leggere l’ennesima liturgia, mentre un affaccendato imagine manager - così si era definito, lo strambo uomo imbevuto di brillantina con la camicia lillà piena di imbarazzanti strass- strillava ordini a destra e a manca, coprendo di complimenti – o sviolinate- una ragazza dai lunghi capelli biondi e tanto mascara da poter abbellire l'intera popolazione dello Zimbaue.
Dalla sua espressione contratta poteva dedurre che era nel pieno di una crisi di nervi.
Zetsu sin ora aveva sempre pensato che le ragazze fossero creature posate, indifferenti alla volgarità del mondo moderno, e contraddistinte da immancabile sangue freddo e incrollabile finezza.
Dopo aver conosciuto la promessa sposa, tale Ino Yamanaka, poté tranquillamente cestinare tutti i suoi elogi , cliccando svogliatamente sull’opzione “ Cestino” della propria mente con il tasto destro del mouse.
Rossa di una rabbia crescente, strillava ad intermittenza frasi sconclusionate, dannandosi per l’assenza dei fiori bianco perla e degli striscioni giallo vaniglia ai piedi dell’altare.

Ah giusto, e del promesso sposo, mancato fino a quel momento a tutte le testarde prove del santo matrimonio “ Da prima pagina” come lo definiva la sposa.
Ignorando tali quisquilie, e tentando disperatamente di concentrare la propria energia mentale sull’impolverata parola di Dio che teneva tra le mani, Zetsu prese a camminare avanti ed indietro, estraniandosi da quel plastico disordine mondano.
Improvvisamente udì il fragore del portone principale della navata che sbatteva indiscretamente contro al solido muro vicino, propagando il disturbo acustico per l’intera lunghezza della Chiesa, e chissà, forse dell’intero Monastero.

Per poco non gli venne un infarto.

Boccheggiando portò rapida la mano al cuore, stringendolo forte in un inutile morsa ferrea, sperando di non farsi prendere dal panico proprio durante delle così importanti prove. Lanciando diversi scongiuri verso l’alto crocifisso che sostava indifferente sopra alla sua testa, si voltò di scatto verso l’ammasso di volgari materialisti, sentendo una forte rabbia penetrargli le ossa.
“ Come si permettono di vaneggiare in questa maniera nella casa del Signore?!” Ringhiò l’altro se stesso sbattendo con forza il tomo biblico sull’Altare, in barba alla delicatezza dello scritto sul buon Gesù.

Prendendo il controllo sulla fragilità di una mente volubile, l’ira di Se stesso si riversò negli occhi dorati, coprendoli riverenzialmente con folti veli di agitazione.
“ Chiedo scusa Padre, avete perfettamente ragione.” Una voce greve, caratterizzata da una profondità disarmante salì con vigore dalla massa di brusìì, raggiungendo assieme ad un brivido le orecchie del prete instabile.
Accompagnato da una svolazzante giacca scura e dal rumore secco degli anfibi bagnati dalla pioggia esterna, fece il suo inchino davanti all’altare , un imprecisione dei battiti cardiaci.
Maestoso di catartica bellezza, un angelo dalla folta chioma infuocata si parò di fronte al suo sguardo incredulo, sedando l’ira della bestia nascosta tra le pieghe del Cuore.
Silenzio.
Tutte le voci, i dubbi delle grida folli che continuamente la schizofrenia gli riversava tentando di occupare e fare sua definitivamente una coscienza indecisa, si ammutolirono all’istante, ammaliate e schiacciate dalla brillante campana di vetro che si era posata sulle loro ali nere.
Per istanti infiniti si smarrì, disperdendo lungo la strada la compostezza, confondendo il limite labile che separa la fantasia dall’illusione, incatenato irrimediabilmente dalle spire dei suoi occhi ametista.
“ Lasciate che mi presenti, Padre.” Sfiorato dalla consapevolezza dell’essere rimasto per circa tre minuti buoni con la bocca semiaperta senza proferire verbo alcuno, Zetsu ritornò drasticamente sulla terra, sentendo un brusio di vergogna inondargli inusualmente la coscienza.
In parole povere, si sentì un perfetto idiota.
:“ Ohoh… A quanto pare anche i Santi perdono la testa …”
“ C-Come ti permetti? Io sono devoto solo al Signore, non dimenticartelo..”

Ripulendosi nervosamente la lunga tunica nera da un inesistente cumulo di polvere, tentò di riportare alla normalità una divagazione che stava spingendo i suoi impulsi corporei e la stabilità della sua mente ben troppo oltre.
“ Il mio nome è Yahiko Pain, Padre. In teoria sarei lo sposo…” Smorzando la frase, ed evitando accuratamente di farsi inutili problematiche riguardanti l’uso insolito del condizionale, il ragazzo dagli elettrici capelli solari si spostò lentamente verso Zetsu, concentrando un’attenzione particolare sul suo volto, ricoperto da strani simboli allegorici.
Sollevando appena in tempo lo sguardo, Zetsu sobbalzò nella pressione gia instabile, ritrovandosi a pochi centimetri dalla probabile fonte del suo prossimo attacco cardiaco.
Rivolto all’osservazione accurata verso i copiosi tatuaggi sulla parte sinistra del proprio corpo, aveva bruciato drasticamente la loro lontananza, inondandolo con un delicato ed espansivo odore di pioggia, unita in eterno con l’aroma dell’erba fresca.
Avvertì con precisione l’istante in cui tutto il suo self control, accumulato con anni ed anni di rinomata devozione all’Altissimo, andava bellamente a puttane. Dove la ragione si rompe, distrutta da un inaspettato e utopistico contrattacco della follia.
“Che, che cosa mi sta accadendo, giusto cielo…"
E tutto ciò, precisamente quando una forte mano umida sfiorò con reverenza i neri tatuaggi che sfoggiava con deferenza sulla guancia destra, ultimo baluardo salvifico, creato apposta per sigillare quella prepotente doppia personalità dentro di se.
Colto di sorpresa, ingoiò un sussurro- o un gemito- che involontariamente la sua gola lanciò come definitivo segno di perdizione. Perdizione di quel tocco effimero, dotato di una forza considerevole, seppur limitata nelle costrizioni di un fine istante.
La cosa fu talmente rapida che non gli lasciò nemmeno il tempo materiale per ribellarsi, per insistere sull’inadeguatezza di un simile contatto, provocandogli una silenziosa seppur debole riluttanza.
Insomma, diciamocelo pure, la disperazione dell’appendersi addosso i cartelloni con su scritto “ Touch Me” ancora non c’era, quindi mani a posto.
Eppure era così dannatamente piacevole sentire quelle mani, quelle dita grandi e curate passare attraverso i solchi di una pelle martoriata, coperta dai tatuaggi, e priva di costanti dimostrazioni di affetto.
Da tempo incalcolabile nessuno toccava il suo viso.
Eccetto da parte delle zanzare. Quelle non mancavano mai di ricordargli il loro platonico amore per la sua pelle chiara.
Sentì improvvisamente una forte palpitazione costringergli la serenità del cuore, spingendolo lentamente verso una sempre crescente perdita del controllo sulle proprie azioni. Relegati nello spazio invisibile di una manciata di attimi, gli sguardi si incrociarono, si incatenarono, si tartassarono, rendendosi schiavi di una frenesia comune, velata da un indifferenza del volto.
Improvvisamente, tutto il suo mondo si fece Nero.

Nero di una svogliatezza sulle difficoltà, Nero, come l’inchiostro denso che bagna le sacre parole del Signore, studiate e ripetute amnemonicamente nonostante una segreta e lunga serie di dubbi al riguardo, avvolse una vista già annebbiata, riportandola all’origine dell’assenza di luce.
Danzando tra le ombre, perse di vista il mondo circostante, sazio di quella magia sconvolgente che aveva totalmente ridonato vigore ad una pianura bruciata, seppur nell’inconscio.

Allora, proviamo a fare mente locale. Non so nulla di lui. Non ho la più pallida idea di chi sia, da dove venga e di cosa faccia nella vita. Non ho mai condiviso nulla con lui, non ho mai scambiato più di quattro fottute parole, eppure.
Eppure perché il cuore batte così tanto forte? Che strana sensazione è mai questa, Dio? Illuminami.
"...Potresti provare a lasciarmi libero."
  
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