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Autore: Ruri    09/11/2011    2 recensioni
Non c'è poi tanta differenza fra i vicoli malfamati di una città e gli spazi oscuri dell'Inferno: entrambi i luoghi possono ardere di fiamma imperitura. L'unica cosa realmente diversa sono le stelle: nel cielo del Meikai sono solo centootto, che brillano di una luce malefica e crudele. Questa è la storia di uno di loro e delle fiamme che porta con sé.
{Spectre-Centric; Nuovo Personaggio}
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XIII

 

 

La luce delle Stelle Demoniache non si era fatta più potente con il passare delle ore, solo più nitida. Come se lentamente il loro bagliore fosse riuscito ad attraversare una sottile, invisibile, coltre di nubi, per accarezzare con freddezza la terra scabrosa del Regno dei Morti.

Soheil lanciò l’anello in aria e lo riprese al volo, osservando come quella luce non si riflettesse affatto nell’argento lucido. Il fenomeno non lo sorprese più di tanto, ormai si stava abituando all’idea che buona parte delle sue certezze incrollabili fossero in realtà nient’altro che castelli di carte, pronti a rovinare su sé stessi al primo soffio di vento. 

E il vento, nel Mondo dei Morti, era sempre tempesta e mai brezza leggera.

Si era svegliato un paio d’ore prima, scostandosi di dosso la coperta che qualcuno gentilmente gli aveva appoggiato sopra, e per fortuna altrimenti si sarebbe ritrovato completamente intirizzito. La camerata era avvolta nel silenzio e Soheil sgusciò all’esterno osservando ogni cosa con curiosità, persino quelle persone addormentate che nel sonno rivelavano sul volto molteplici espressioni: alcuni erano raggomitolati in posizione fetale, il viso nascosto dalle coperte, troppo timorosi per accettare di trovarsi lì; altri sembravano dormire serenamente di un sonno senza sogni né incubi; un paio, persino, avevano il sorriso sulle labbra.

Come se sogni piacevoli potessero scendere fin nell’Inferno, accompagnati dalle braccia di Morfeo.

Ora, vestito con abiti da allenamento con i quali aveva litigato per qualche minuto prima di capire come diamine s’indossassero e con i capelli ancora umidi sulle spalle, Soheil se ne rimaneva immobile su un sasso, ad ascoltare i lamenti dei dannati.

Il Tribunale era l’unica isola silenziosa in quella terra, situato alle sue porte forse proprio per questo. In ogni altro luogo risuonavano grida e sospiri, gemiti e lamenti, urla lancinanti e pianti convulsi. Dove non arrivava la voce dei dannati arrivava il sibilo feroce del vento o il ruggito delle fiamme.

Non c’era silenzio all’Inferno, anche questo Soheil lo scoprì in fretta. 

Lanciò nuovamente l’anello, per poi rimanere ad osservarlo immoto sul palmo della mano. Una fascetta d’argento, niente di eclatante. Rimasuglio di un furto di parecchi anni prima.

Lo aveva tenuto con sé per via dell’incisione all’interno che l’aveva incuriosito. Javeed gliel’aveva letta e gli era piaciuta, così aveva cominciato ad indossarlo. 

Al Destino.

Ora era l’unica cosa che gli rimanesse dei suoi precedenti anni di vita. Non rimaneva nient’altro di quel Soheil che aveva corso fra le strade di Shush sorridendo strafottente; che beveva analcolici preso in giro dagli amici in locali pieni di fumo aromatico; che solitario si addentrava fra i ruderi di civiltà morte e dimenticate. Soheil piegò le labbra nell’idea di un sorriso.

Anche allora era stato attratto da un mondo di morti. 

Ironia del destino. Gli Dei hanno un gran senso dell’umorismo.

Chiuse il pugno, stringendo l’anello tanto forte da segnarsi il palmo. 

Se n’era andato. Tutto quello che era stato non valeva più che un pugno di cenere. Tutto quello che pensava di sapere era sbagliato.

Tutto quello che aveva fatto durante la sua vita era stato inutile.

Soheil scosse la testa, cancellando tutta quella serie di pensieri poco edificanti che si stavano affastellando nella sua mente. 

Le recriminazioni non sono mai servite a niente.

Si rimise l’anello all’anulare sinistro e si alzò, scendendo dal masso con pochi agili salti. Affondò i pugni nelle tasche, riavvicinandosi agli alloggi con lo sguardo chino sulla terra nera, priva di vita e nutrimento.

Rune aveva parlato di un addestramento e a Soheil l’idea non dispiaceva affatto. Non per l’ambizione di riuscire a controllare le fiamme che gli ardevano in petto, quelle le conosceva, gli appartenevano senza ombra alcuna di dubbio, ma per il semplice desiderio di sforzo fisico. Anche la mente più allenata deve cedere davanti ad un corpo esausto e Soheil voleva proprio questo: stancarsi fino a crollare.

Alzò di nuovo lo sguardo verso le stelle, brillanti nel cielo violetto, e sorrise. 

Un sorriso freddo come la luce nel Mondo dei Morti.

 

Il ragazzo davanti a lui doveva avere circa la sua età, anno più anno meno. Soheil chinò la testa di lato, esaminandolo: lo sconosciuto era più basso di qualche centimetro e decisamente più esile, con la pelle così chiara che Soheil si chiese per un istante se non fosse malato. 

Boccoli rossi e occhi azzurri, troppo estranei perché Soheil fosse in grado di trovarli gradevoli. Per quanto sorridesse innocentemente mentre gli tendeva la mano, Soheil ebbe la netta sensazione di essere davanti ad una cosa molto bella e molto velenosa.

Sorrise di rimando. Gli piaceva.

“Mathias.” si presentò lo sconosciuto, continuando a sorridere. 

Se i serpenti sorridessero probabilmente avrebbero quest’espressione.

Gli strinse la mano, presentandosi a sua volta: “Soheil.”

“Soheilbello.” flautò l’altro, divertito dalla situazione.

“Soheil e basta.” 

Mathias annuì, senza troppa convinzione.

“Soheilbello.” ripeté, senza mai smettere di sorridere. Soheil alzò gli occhi al cielo e lasciò perdere.

Rune, che li aveva osservati in silenzio fino a quel momento, li chiamò entrambi: “Da oggi siete miei allievi e l’allenamento comincia subito.” 

Non disse altro, limitandosi a portare una mano alla frusta che portava alla vita. Soheil fece una smorfia, per quanto quel gesto fosse più d’ammonimento che di reale minaccia la cosa non gli faceva comunque piacere.

Le fruste sono armi particolari. Un’arma, notoriamente, serve per dare all’Uomo che non ha zanne o artigli un modo più efficace per uccidere. Le fruste ed altri strumenti similari non servivano per uccidere, per quanto potessero portare alla morte. Il loro compito principale era infliggere dolore.

Soheil se lo ricordava bene.

Mentre Rune li guidava verso il luogo preposto per l’addestramento, Soheil si prese il tempo necessario per cercare di capire meglio lo strano ragazzo che aveva accanto. 

Qualche frase, più di circostanza che altro. Da dove Mathias provenisse in fondo a Soheil non interessava granché, anche perché non aveva la minima idea di dove fosse questa Danimarca.

Ne del perché ci fosse una sirena da quelle parti.

Rimase circospetto: per qualche motivo l’istinto gli gridava di fare molta attenzione a Mathias, malgrado il suo aspetto innocuo e innocente.

Però, a dispetto dell’istinto e della prudenza, a Soheil quel ragazzo piacque. 

Chissà. Potrei trovarmi bene con lui.


 

 

 

Welcome to Hell

 

 

IMPORTANTE: In questo capitolo appare un personaggio, Mathias di Ivy, che NON mi appartiene. E' di proprietà di Shinji e appare ne Il Canto della Banshee. Lui mi ha gentilmente concesso di farlo comparsare qui e io lo ricambio con tutto il mio amore. Grazie, Shinji! >******<

 

@Meiou Hades: Ecco finalmente qui il nuovo capitolo. Ci metto un sacco ma aggiorno, vedi? XD Sì, Soheil è stanco. Ma per fortuna ora ha uno splendido alleato, sìsì! E ne combineranno di guai quei due (Povero Rune. Povero, povero Rune. )

@Beat: djskfnsdkjnfksdjnfdjsknfdsjkdfs *LA BACIA* Sì. Ha le fiammelle rosse. E Grazie, lo so che ci sei sempre çOç

   
 
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