4.
La mattina seguente, gli
uomini vennero svegliati dal profumo inconfondibile di carne arrostita sul
fuoco.
Aprendo gli occhi per lo
torpore, Aken fissò confuso Lenar, intento ad aiutare Eikhe a preparare alcune razioni
da sistemare nelle sacche per il viaggio.
Alzatosi dal suo giaciglio –
non aveva voluto dormire nella sua tenda per puro cipiglio, e ora aveva le ossa
rotte e i muscoli indolenziti – Aken si passò una mano sul volto assonnato
prima di dirigersi con passi lenti e ciondolanti al torrente.
Dopo un momento di
esitazione, immerse le mani nell’acqua gelida e si pulì il viso, svegliandosi
completamente.
Sull’erba alla sua sinistra,
come Aken poté notare, erano ancora visibili le orme dei piccoli piedi di Eikhe.
Rammentando quando l’aveva
osservata avvicinarsi a quelle acque raggelanti, se la immaginò affondare in
esse, il bel corpo illuminato dalla luna e che…
Spalancando gli occhi quando
si rese conto di dove stessero andando i suoi pensieri, scosse il capo per il
fastidio e, rialzatosi in fretta, si avviò speditamente verso il fuoco.
“Buongiorno a entrambi. Avete
preparato la carne secca?”
“Buongiorno, principe” esordì
Lenar, voltandosi a mezzo per salutarlo. “Ho trovato Eikhe impegnata a
prepararne delle strisce da arrostire, così ho pensato di darle una mano.”
Annuendo, Aken osservò per
un momento la ragazza che, con dita abili, stava estraendo dal terreno degli
involti di foglie d’erba. “E quelli?”
Mostrandone uno ad Aken
nell’alzarsi da terra, Eikhe disse: “Buongiorno, principe. Ho pensato di
preparare anche un po’ di carne, arrostita col calore delle braci. Sarà più
buona da mangiare, per colazione.”
“Buona idea” si limitò a
dire il principe, mentre i suoi uomini uscivano dalle tende.
“Non potendo affumicarla,
l’unico modo per salvarla qualche giorno in più è stato cuocerla…” scrollò le
spalle Eikhe, continuando a mostrare il procedimento al principe. “… ma,
sicuramente, non sarà mai buona come stagionata, visto che non ho potuto usare
delle spezie. Comunque, può andare, per tenerci in forze.”
“Vero” annuì ancora Aken,
non sapendo esattamente cosa dirle.
Non poteva certo farle
capire il proprio disappunto, né bacchettarla per una cosa a cui, invece,
avrebbe dovuto provvedere lui.
Squadrandolo vagamente
dubbiosa per alcuni attimi, chiedendosi il perché della sua reticenza a
parlare, Eikhe preferì non discutere con lui di prima mattina.
Dopo aver sorriso a Lenar, perciò,
affiancò Nys e disse a bassa voce: “Controlla tu, per me.”
Aken, che l’aveva seguita
con lo sguardo nel momento stesso in cui aveva sorriso a Lenar, aggrottò immediatamente
la fronte non appena la vide prendere la via del bosco.
A gran voce, le urlò dietro:
“Ehi, dove stai andando?!”
Voltandosi a mezzo nel
sentirlo parlare, lei lo fissò rabbiosa per un momento prima di infilarsi nella
boscaglia senza degnarlo di una risposta.
Già sul punto di imprecare e
seguirla, Aken sentì Lenar aprire bocca per mormorare a bassa voce: “Principe,
tornerà tra breve.”
“E tu come lo sai?!” ringhiò
Aken, offeso dai silenzi della ragazza.
Non aveva davvero il minimo
rispetto per il ruolo che lui deteneva?!
Sorridendo leggermente,
Lenar disse solo per le orecchie di Aken: “Problemi femminili. Tornerà quando
avrà trovato quello che cerca.”
“Oh” esalò lui, calmandosi
subito e arrossendo leggermente.
Dopotutto, era una donna, e
avrebbe dovuto aspettarsi che cercasse un po’ di intimità ma, ancora una volta,
si era lasciato prendere dalla rabbia, senza ragionare.
Ma perché Eikhe gli faceva
quell’effetto?
Sedendosi accanto al fuoco
mentre Lenar metteva a scaldare il caffè, Aken si perse a chiedersi perché,
quella ragazza, riuscisse a scardinare con tanta facilità i suoi principi.
Vi aveva fatto affidamento
fino a quando non aveva incontrato sulla sua strada quella creatura
imprevedibile.
Che fosse così semplice
metterlo in difficoltà?
Dopotutto, era abituato a
trattare le donne, di qualsiasi classe sociale o età, eppure lei lo mandava in
confusione totale.
Non riteneva di essere una
persona dalla mentalità ristretta ma, forse, la sua reticenza a comprenderla
dipendeva dal fatto che, in realtà, non accettava il suo stile di vita.
Forse.
Raggiunto dai suoi uomini,
Aken sorrise loro nel dare il buongiorno e, quando Kinas ridacchiò nel notare
la mancanza di Eikhe, si chiese cosa sarebbe stato meglio dire ai suoi soldati.
Sicuramente, non la verità,
o sarebbero saltati fuori i commenti più osceni e irrispettosi.
Mentalità ristretta o meno,
le doveva protezione come a un qualsiasi altro membro del suo gruppo.
Alla domanda dei suoi amici,
Aken disse soltanto: “E’ andata a cercare delle erbe qui nei dintorni.”
“Con questa neve? Deve
sapere a naso, dove trovarle!” ridacchiò Finarr, mordicchiando un pezzo di
carne.
Sollevando un sopracciglio
con ironia, Lenar celiò: “Prima di prenderla in giro, dovresti ringraziarla per
la colazione che stai mangiando adesso, ragazzo.”
Finarr lo fissò stupito per
un momento, prima di scrutare il pezzo di carne che stava mangiando e, storcendo
il naso, chiese burbero: “Perché, scusa?”
“Il suo lupo è andato a
caccia, stanotte, e lei lo ha scuoiato e tagliato perché fosse pronto per
stamattina” spiegò loro Aken, chiudendo un momento gli occhi nel bere il suo
caffè. Era davvero ottimo o, forse, lui ne aveva più bisogno di quanto non
immaginasse.
Facendo tanto d’occhi,
Finarr esclamò: “Lo ha scuoiato?!”
“Esatto, come il prossimo
che mi seguirà nel bosco con intenti più che ovvi” dichiarò dietro di loro
Eikhe, rossa in viso per l’ira e tesa come una corda di liuto.
Accanto a sé, seguito da un
Nys a denti snudati, se ne stava Likas che, a mani legate, osservava Eikhe come
se avesse voluto sgozzarla da un momento all’altro.
Guardandoli confuso per
alcuni momenti, Aken si volse subito dopo per contare i suoi uomini.
Dopo aver imprecato
silenziosamente tra sé per non essersi accorto della mancanza del compagno, si
alzò per raggiungerli e chiese: “Cos’è successo?”
Sospingendo contro Aken il
suo soldato, Eikhe sibilò rabbiosa: “Prova a immaginarlo da te, principe.”
Detto ciò, si allontanò a
grandi passi per andare ad appollaiarsi su una roccia sulla sponda opposta del
torrente, il volto adombrato e gli occhi che mandavano scintille.
Imprecando a più riprese, il
principe liberò Likas con gesti furiosi prima di dire, a gran voce e con fiero
cipiglio: “Che diavolo volevi fare, idiota?!”
“Volevo solo rimetterla al
suo posto, principe” sbuffò Likas a testa bassa, massaggiandosi i polsi
doloranti.
“Te l’ho forse ordinato? Non
mi sembra proprio!” ringhiò Aken, dandogli una spinta tale da farlo crollare a
terra. “E’ questo il grado di civiltà dei miei uomini?! Un’altra intemperanza
del genere, e vi rispedisco a Rajana per farvi radiare dall’esercito!”
Il diretto interessato pensò
bene di rimanere in silenzio mentre gli altri suoi compagni, alternando
occhiate a Eikhe e Likas, si chiesero silenziosi cosa fosse realmente successo
nella foresta.
“Ora, continuate a fare
colazione. Tra un’ora si riparte” decretò ombroso Aken, dirigendosi poi verso
il torrente a passi lenti e misurati.
Sul ciglio del torrente, in
posizione di difesa, Nys cominciò a ringhiare al suo indirizzo ma Aken, ignorandolo
completamente, balzò su un paio di massi per oltrepassare il rio.
Era ben deciso a raggiungere
Eikhe, e scusarsi con lei per le intemperanze del suo uomo.
La ragazza, raggomitolata su
se stessa, lo fissò con occhi funesti ma, non appena lo vide sorridere
spiacente, si rilassò impercettibilmente e chiese: “Cosa vuoi, principe?”
“Solo chiederti come stai” mormorò,
osservando Nys, che lo seguiva a un passo di distanza. “Mi morderà, se mi siedo
un attimo?”
Eikhe guardò un momento Nys
e il lupo, come a un muto ordine, si accucciò ai suoi piedi, sempre guardando
il principe con occhi attenti.
Interpretandolo come un
invito, Aken si accomodò su un masso vicino e le domandò gentilmente: “Ti ha
mosso violenza?”
“Ah!” esclamò lei, levando
fiera il capo. “Non ci sarebbe riuscito neppure se mi avesse trovata bendata e
con le mani legate.”
Di fronte al suo
scetticismo, Eikhe precisò: “C’era Nys, con me. E’ stato lui a impedirlo.”
“Ah… quindi, non ti ha
toccata, vero?”
“No” scosse il capo la
ragazza.
“Bene. Sono cose che proprio
non sopporto” annuì Aken, pensieroso.
Guardandola con attenzione,
notò subito il suo volto pallido e le labbra tirate perciò, con fare casuale,
disse: “Mia madre usa spesso queste foglie, quando non sta bene. Me le ha date
qualora mi fossi buscato un raffreddore, qui sulle montagne.”
Sorpresa, Eikhe vide comparire
dinanzi al naso un sacchetto di pelle e, confusa, squadrò Aken.
Con un sorrisino
conciliante, il giovane dichiarò contrito: “Non ho pensato ai problemi che
avresti potuto avere, scusami. Qualora non dovessi sentirti bene per
continuare, non hai che da dirmelo.”
Preso il sacchetto tra le
mani, lei lo aprì, scoprendovi all’interno delle foglie secche di neralla,
un potente antidolorifico e, sorridendo appena, disse: “Non ho bisogno di
rallentare tutti. Ne mangerò una foglia, e starò bene.”
“Come preferisci” assentì
lui, scrollando le spalle e alzandosi.
Bloccandolo a un polso,
Eikhe mormorò: “Principe… grazie.”
Sorpreso da quel momentaneo
cedimento, Aken sorrise più tranquillo
“Di nulla, ragazza. Tra
un’ora partiamo, va bene?”
“Sarò pronta” annuì Eikhe.
In fretta, posò sulla lingua
una foglia secca e, storcendo il naso per il suo sapore acre, la succhiò mentre
Aken, con passo lento, se ne tornava dai suoi uomini.
“Che strano tipo” mormorò,
una volta sola, continuando fissare la schiena imponente del principe.
***
Udendo l’ululato di Nys nel
mezzo della foresta, Eikhe annuì soddisfatta e, rivolgendosi ad Aken, dichiarò:
“La strada è sgombra. Possiamo proseguire.”
Annuendo, Aken spronò il suo
cavallo e, osservando la ragazza che cavalcava al suo fianco, le domandò: “Come
fai a capirlo?”
“Ho imparato da piccola. E’
come imparare a parlare. Allo stesso modo, Nys capisce l’uomo, quando parla”
spiegò Eikhe, seduta tranquillamente sul suo cavallo, tenendo le braccia
incrociate sul petto.
Guardando Kalkos che,
tranquillo, percorreva il sentiero senza aver bisogno della guida di Eikhe,
Aken esalò con un risolino: “Mi fa ancora senso, vedere un cavallo che se ne va
per gli affari suoi.”
Sollevando un sopracciglio
con ironia, Eikhe disse per contro: “Prova a mollare le briglie, principe. Vedrai
che il tuo stallone seguirà ugualmente la pista.”
“Non è la pista, a turbarmi,
ma gli imprevisti. Cosa succederebbe, se il cavallo si imbizzarrisse?” dichiarò
dubbioso, scrutando un momento le enormi conifere che li circondavano.
“Non lo farebbe. Lui sa che
sono sulla sua schiena. Potrà avere paura, ma non mi scaraventerà a terra” spiegò
con calma Eikhe, prima di volgere lo sguardo su un lato della pista, quando
avvertì un frullo d’ali tra i cespugli.
Assottigliando le iridi
dorate, Eikhe prese l’arco alle sue spalle e, incoccata in fretta una freccia,
attese l’attimo adatto per tirare, gli occhi di Aken puntati su di lei.
Quando l’uccello si levò al
loro passaggio, la ragazza lo centrò con sorprendente facilità, facendolo
finire tra i cespugli.
Subito, Lenar si esibì in un
applauso spontaneo, che portò la ragazza a sorridergli divertita.
Balzata poi dal cavallo, lo
andò a recuperare e disse: “Carne fresca per stasera.”
“Sei abile, con l’arco” asserì
Aken, fermando la propria cavalcatura per aspettarla.
Allo stesso modo, i suoi
uomini bloccarono i cavalli e attesero pazienti il ritorno della ragazza.
“Sono abituata a sfamarmi da
sola” gli spiegò con semplicità, legando il pennuto a un anello della sella.
“Tutte noi sappiamo farlo.”
In quel mentre, Nys tornò da
loro con la lingua ciondoloni ed Eikhe, tagliando con un coltello la testa
dell’uccello appena catturato, gliela porse e disse: “Sei stato bravissimo, Nys,
grazie.”
Mentre il lupo azzannava la
carne da piuma fresca di cattura, Aken scrutò curioso l’arma della ragazza e la
faretra da sella piena di frecce.
Prendendone in mano una, la
soppesò attentamente tra le mani prima di dire: “Non sono punte di metallo.”
“No, infatti. Sai cosa
sono?” chiese Eikhe con un sorriso furbo.
“Di primo acchito, direi che
si tratta di qualcosa di simile all’ossidiana, o alla selce” mormorò
pensieroso, portando la punta di freccia verso il sole per ammirarne le sottili
venature bianche sul fondo nero.
“Sono ‘artigli di demone’, per essere precisi” disse Eikhe,
sorprendendolo. “Conosci la loro storia?”
“Non si narra che un
cacciatore fu inseguito dai demoni fino a una valle illuminata da sole, e che
lì i demoni esplosero in mille pezzi di pietra, perché colpiti dalla luce del
giorno?” le chiese Aken, aggrottando leggermente la fronte nel tentativo di
ricordare esattamente la storia.
“Esatto. Si dice che questo
tipo di pietra sia nata così e che, proprio perché di discendenza
soprannaturale, sia così dura e resistente. In realtà, ne esistono filoni
interi, all’interno dei Monti Urlanti, basta saperli trovare. Uno molto
importante è nelle vicinanze della Valle del Silenzio, dove sorge Anok Fort.
Non è un caso, se il re tuo nonno fece costruire il forte proprio lì, a suo
tempo” spiegò Eikhe, sorprendendo tutti.
“Quindi, Anok Fort, è
costruito con questa pietra?” esalò Aken, sempre più curioso.
“Solo il lato rivolto verso
nord-est, quello che punta in direzione di Vartas. La galenda, o ‘artiglio di
demone’, è un tipo di roccia estremamente difficile da lavorare, per cui
costruire un intero forte con quel tipo di materiale sarebbe costato, oltre che
ingenti sforzi, anche un vero e proprio patrimonio in termini di costi.” ammise
Eikhe, tamburellandosi pensosa il mento.
Riprese la freccia quando
Aken gliela porse e, dopo averla sistemata nella faretra, aggiunse: “A noi
torna comodo usarla per lance e frecce. Nella fucina, produciamo solo le nostre
daghe… comprare l’acciaio ci costa molto, e lo usiamo con parsimonia. Per cui,
tutto ciò che viene usato maggiormente, cioè frecce e lance per la caccia,
viene fabbricato con la galenda. Non
che sia facile dare la forma alle punte, ma costa sicuramente meno, per le
finanze del villaggio.”
“Non ho davvero parole”
esalò Aken, fissandola a occhi sgranati.
Eikhe sorrise misteriosa e
disse: “Pensavi davvero che fossimo solo delle donne isolate in un bosco?”
Aken preferì non rispondere.
***
Quella sera, dopo aver
percorso un buon tratto di strada a cavallo senza intoppi di alcun genere,
Eikhe li fece fermare nelle vicinanze di un piccolo tempio rupestre.
Senza dire nulla, vi entrò
con una piccola sacca di pelle in mano, lasciando che al campo provvedessero i
soldati.
Inginocchiatasi di fronte
alla statua del dio-lupo, Eikhe intonò una preghiera per propiziare il loro
viaggio dopodiché, poggiato il suo tributo ai piedi del dio, si levò in piedi e
osservò con sguardo perso i begli affreschi alle pareti.
I passi leggeri di qualcuno
alle sue spalle la portarono a voltarsi di colpo e, un po’ sorpresa, Eikhe vide
il principe avanzare lentamente, intento a osservare i dipinti della cappella.
Fermatosi a un passo da
Eikhe, Aken mormorò: “Sono molto belli… è il vostro dio, questo?”
“Sì, è Hevos, il dio-lupo.
Lo veneriamo al pari della nostra capostipite” asserì, indicando l’immagine di
una graziosa fanciulla dai capelli dorati. “Lei è Hyo, colei che diede inizio
alla nostra stirpe.”
Osservandola attentamente,
Aken notò un particolare non da poco e, chinando lo sguardo su Eikhe prima di
guardare la statua del dio, fu colto da un dubbio .
Grattandosi la guancia con
fare pensoso, le chiese: “Quanto tempo fa è stato fatto questo dipinto?”
Sorridendo misteriosa, lei
dichiarò: “Quasi quattrocento anni fa, perché?”
“Non ho potuto fare a meno
di notare la somiglianza che c’è tra te, Hyo e Hevos” dichiarò Aken,
accigliandosi leggermente.
Eikhe sollevò un
sopracciglio con ironia e domandò: “Cosa c’è? Il potente principe ha paura
della mia discendenza divina?”
“Dico solo che è curioso”
precisò lui, sbuffando.
Perché doveva ironizzare su
tutto?
Addolcendo i tratti del
volto, Eikhe tornò a fissare Hyo e disse: “Forse è realtà, o forse no, ma a me
piace la morale della storia tra Hyo e il dio-lupo.”
“E cioè?” le chiese, curioso.
Guardandolo per un momento, domandandosi
se realmente fosse interessato a conoscere la storia, Eikhe sospirò e cominciò
a narrargli gli eventi che la vecchia Harua le aveva raccontato tanti anni
prima.
Sorpreso dallo sguardo
malinconico che apparve negli occhi dorati della ragazza, Aken cominciò a
chiedersi se non gli stesse nascondendo qualcosa.
Quando ebbe terminato il
racconto, Eikhe gli domandò: “Tu avresti barattato tua figlia per la tua
compagna?”
Sorpreso da quella domanda,
Aken ci pensò su un attimo prima di ammettere: “No, non credo. Se avessi una
figlia, ella rappresenterebbe l’amore tra me e la mia compagna, quindi non
potrei dire di averla persa. E avrei il dovere di crescerla con tutto l’affetto
possibile, ricordandole anche l’amore che provò la madre nel metterla al
mondo.”
Il sorriso che si dipinse
sul volto di Eikhe lo stupì, stregandolo al punto tale da non fargli notare che
la ragazza, sfiorandolo al braccio, aveva di fatto annullato ogni distanza tra
loro.
Con un sussurro a metà tra
il divertito e il sorpreso, lei si appoggiò al suo avambraccio per alzarsi in
punta di piedi e, al suo orecchio, disse: “Il principe Aken, a quanto pare, è
anche una persona romantica e prodiga d’amore.”
A quelle parole, Aken si
scostò da lei come se si fosse scottato ed Eikhe, ridacchiando, domandò: “Ti
offende sentir apprezzare il tuo lato più nascosto?”
“Non è questo. Sono solo
poco abituato a mostrarlo” brontolò lui, fissandola malamente. “E mi stupisce
molto che a te piaccia una storia simile, visto dove e come vivi.”
Indispettendosi subito, lei replicò
con un sibilo: “Non ho mai detto che mi piaccia vivere così!”
Detto ciò, se ne uscì a
grandi passi e Aken, basito di fronte a quella risposta, si chiese se la
ragazza fosse felice di vivere come le avevano insegnato o se, in realtà, non
aspirasse ad altro.
Tornando a guardare la
statua del dio di Eikhe, Aken mormorò dubbioso: “Sai rispondermi tu, dio che le
guidi lungo un cammino così aspro e duro?”
Naturalmente, non ottenne
risposta.
Nell’osservare Hyo e il dio
insieme alla loro figlia, Aken si chiese se, in realtà, lei non aspirasse tanto
ad avere una vita come le altre donne-lupo ma, piuttosto, ad avere un compagno
per la vita come era successo alla loro capostipite.
“Come un lupo” disse tra sé,
chiedendosi se non fosse quello l’insegnamento ultimo che il dio aveva voluto
trasmettere, e non l’odio verso gli uomini.
Scrollando le spalle per
cancellare quei pensieri che non erano da lui, Aken se ne uscì dal piccolo
tempio, lasciando un obolo ai piedi della statua.
Era meglio non indagare
oltre sulla faccenda.
Non era un amante della
teologia e, di certo, non avrebbe iniziato in quel momento a occuparsi di
uomini e dèi.
Guardandosi intorno per
cercare la figura di Eikhe non appena fu fuori dal tempietto, la trovò
appollaiata su un masso, diversi metri più in alto rispetto a loro, in
compagnia di Nys.
Vedendo le loro teste
vicine, si chiese nuovamente se la ragazza non avrebbe preferito essere un
lupo.
Sbuffando, distolse lo
sguardo e se ne tornò al falò insieme ai suoi uomini.
Preso un po’ di sidro per
sé, lasciò che la sua mente si allontanasse dalla figura di Eikhe e da ciò che
essa comportava.
Era preferibile pensare
unicamente alla sua missione, e a quanto dovesse fare per riportare a casa i
suoi uomini sani e salvi.
Da quello che Eikhe gli
aveva detto, entro un giorno avrebbero raggiunto la fine della Valle del
Silenzio, dove il fiume Fenak estendeva il proprio letto in un altopiano
roccioso.
Lì, sarebbe stato possibile
guadarlo senza problemi.
Da quel punto in poi, si
sarebbero spinti nuovamente a nord-ovest per raggiungere Anok Fort e, se tutto
fosse andato bene, lo avrebbero raggiunto in una settimana.
Scoprire cosa fosse
successo, a quel punto, sarebbe stato facile.
Temeva solo il giorno in cui
avesse scoperto la verità perché, anche nelle più rosee previsioni, non doveva
trattarsi di niente di buono.
Sgranocchiando una galletta,
Aken chiese a Lenar: “Likas è in perlustrazione?”
“Sì, Aken…” poi, con un
sorrisino, aggiunse: “… non gli è piaciuto per nulla il trattamento che gli ha
riservato Eikhe, questo è certo. Fossi in te, vedrei di tenerli il più lontano
possibile l’uno dall’altra, se non vuoi ritrovarti con due cadaveri durante il
percorso.”
“Temevo sarebbe successo…”
sospirò Aken, prima di guardare i suoi uomini e dichiarare: “…perciò, vale la
pena di spendere due parole in proposito. Quello che ho detto a Likas, vale
anche per voi. Non voglio che le manchiate di rispetto, è chiaro?”
“Con quel lupo a farle da
guardia, solo uno sciocco poteva pensare di avvicinarla” borbottò Finarr,
mangiando la sua cena a testa bassa. “Ma non mi va giù che se ne vada in giro,
e si atteggi, come un uomo.”
“La sua tribù le ha
insegnato questo” precisò Lenar.
“Piantala di difenderla su
tutto!” sbuffò Rias, fissando il compagno con astio. “Se quella femmina si fosse
comportata in maniera consona, Likas non avrebbe fatto ciò che ha fatto!”
“Non la difendo, visto che
non ne ha bisogno…” precisò Lenar, irritato. “… sto solo dicendo che
l’educazione che le hanno dato è questa, quindi non potete pretendere che si
comporti diversamente.”
“Che c’è, Lenar, te la sei
scopata ben bene, e non ce ne siamo accorti, per decantare tanto quella
troietta?” ridacchiò Farall, fissandolo ironico.
Lenar fece per mettere mano
al pugnale, mentre Aken si alzava con un diavolo per capello.
Tutti, però, Farall
compreso, si azzittirono subito quando, dagli alberi, giunsero le risatine
allegre di diverse donne.
Scivolando a terra dai rami
su cui erano rimaste appollaiate fino a quel momento, apparvero agli occhi
degli uomini interamente coperte da pelli d’orso.
I loro volti, oscurati da
maschere di terracotta, resero le loro voci roche e leggermente ridondanti.
“Ma guarda… degli uomini in
terra sacra.”
Puntando loro contro le
lunghe lance che tenevano in mano, l’unica donna con la maschera tinta di bianco
ringhiò torva: “Cosa ci fate, qui?!”
Accorrendo loro incontro,
Eikhe si affrettò a dire: “Sono con me, saggia Akeva! Non levate le armi contro
di loro, per favore!”
La donna che aveva parlato
per ultima, sollevando la maschera, guardò Eikhe per un momento prima di dire:
“Ah, figlia sacra. Come mai hai condotto qui questi uomini?”
“Dovevo la mia visita al dio
ed ero in zona, così…” scrollò le spalle lei, mordendosi nervosamente un labbro.
“Un uomo si aggira per i
boschi,… fa parte del tuo gruppo anche lui?” chiese un’altra donna, rimanendo a
volto coperto, la lancia sempre levata verso gli uomini di Aken.
“Sì, Saggia Guardiana” mormorò
Eikhe, mantenendosi vigile e attenta, le mani leggermente tremanti.
Osservando uno a uno i
soldati, che erano rimasti seduti sotto la minaccia delle loro armi, Akeva
asserì severa: “Non ho gradito le parole di scherno che sono uscite dalle
bocche di alcuni di loro. Sai che non ammettiamo comportamenti simili, sul
territorio del dio-lupo.”
Tutti fissarono malamente
Rias e Farall ed Eikhe, cercando di correre ai ripari, disse lesta: “Devi
perdonarli, Saggia Akeva, non…non conoscono la prassi e loro…loro…”
Notando le mani tremanti di
Eikhe, Aken si chiese se avesse paura di quelle donne.
Nel suo sguardo, però, lesse
ben altro, di certo non timore.
Anche Akeva, probabilmente, dovette
leggervi un potenziale pericolo perché, assottigliando le iridi perlacee, chiese
preoccupata: “Sono tua responsabilità, figlia sacra?”
“Sì… e io…” tentennò,
reclinando il capo per poi stringersi le braccia al petto, quasi volesse
bloccare se stessa. O qualcosa dentro di lei.
“Abbassate le armi!” esclamò
in fretta Akeva, volgendosi verso le sue compagne per essere certa che l’ordine
venisse immediatamente eseguito.
Sospirando di sollievo non
appena le lance vennero calate, Eikhe si passò una mano sul volto, divenuto
pallido come la luna e, scrutando grata Akeva, mormorò roca: “Grazie, Saggia
Guardiana.”
“Scusami, figlia sacra, non ho
capito subito la situazione per quella che era. Termina pure la tua missione, e
che Hevos ti accompagni” asserì Akeva prima di guardare le sue compagne e dichiarare:
“Andiamocene, qui non c’è bisogno di noi.”
In pochi attimi, come erano
venute, le donne-lupo si dileguarono nella notte e gli uomini, sospirando di
sollievo, dissero quasi all’unisono: “Ma da dove sono sbucate?”
Infuriata, Eikhe si volse
verso di loro con un diavolo per capello e sibilò: “E’ tutto il giorno che ci
sorvegliano, idioti! Se proprio volete dire fesserie, non ditele qui, quando ci
sono le Guardiane ad ascoltarvi! Loro odiano gli uomini… più di qualsiasi altra di noi!”
“Ehi, ma non potevi
dircelo?!” ribatté Rias, sentendosi un po’ sciocco per non essersi reso conto
di niente.
“Pensavo ve ne foste
accorti!” sbottò la ragazza, a denti stretti, le mani ancor più tremanti di
prima. “Sareste morti, se non fossi intervenuta e, per poco, non mi avete
portato allo scontro!”
“Le avresti… attaccate?”
esalò Lenar, sorpreso.
Con occhi colmi di lacrime,
lei crollò in ginocchio e, scoppiando a piangere, annuì sconvolta, non
riuscendo a rispondere di fatto all’uomo.
Lenar, prendendola tra le
braccia, la cullò gentilmente, fissando aspro i suoi compagni.
“Sarete contenti, adesso!”
I soldati ebbero la decenza
di tacere ma Aken, che non aveva perso un solo attimo di quella strana
conversazione, non ebbe il tempo di sentirsi in colpa.
Piuttosto, si chiese cosa avesse
voluto dire la Guardiana, definendola ‘figlia
sacra’.
Cosa ancora più dubbia, però,
cosa avesse voluto dire Eikhe, insistendo sul fatto che lei avrebbe attaccato
le sue stesse compagne, pur di difendere loro.
E ancora, cosa aveva voluto
dire, col fatto che quelle donne odiavano gli uomini più di loro?
Intendeva dire tutte le
donne-lupo e, in quel caso, per quale motivo,… o c’era dell’altro? Qualcosa che
Eikhe stava tenendo loro nascosto?
Cosa nascondeva quella
ragazza che, solo un attimo prima, era parsa pronta a dar battaglia mentre, in
quel momento, piangeva disperata tra le braccia di Lenar?
Davvero non comprendeva, ma
quell’episodio presentava più di una lacuna, ai suoi occhi.
Dopo lo scampato scontro,
comunque, i soldati si infilarono silenziosi nelle loro tende mentre Aken, come
suo solito, si apprestò a fare il primo turno di guardia.
Sedendosi contro un albero, il
principe osservò Eikhe che, in quel momento, dormiva placida accanto a Kalkos e
Nys.
Per un istante, si chiese
come stesse, e se lo scoppio di pianto l’avesse aiutata a calmarsi.
Vederla tremare a quel modo
lo aveva preoccupato perché, nei suoi occhi, non aveva letto paura, ma sete di
sangue.
Per una ragazza esile come
Eikhe, gli aveva dato un po’ i brividi.
Pur essendo più alta di
molte altre donne che aveva conosciuto – superava il metro e settanta – il suo
fisico era asciutto e, all’apparenza, troppo debole per essere definito
pericoloso.
Eppure, aveva combattuto
contro un orso e, poche ore addietro, aveva minacciato un intero gruppo di
donne-lupo ben più robuste di lei.
Che fosse tenuta per legge a
difendere chiunque lei guidasse, fossero essi anche uomini addestrati alla
lotta?
No, non credeva fosse questo,
il problema.
Quindi, cosa poteva voler
dire lo sguardo pieno di livore e furia che aveva scorto in quegli occhi di
lupo?
Quando Aken si sentì
interpellare, quasi non sobbalzò sulla stuoia che aveva steso a terra.
Sorpreso, vide Eikhe avvicinarlo
per poi sedersi al suo fianco, avvolgendosi nel suo pesante mantello d’orso.
“Avevi bisogno di qualcosa,
Eikhe?” le chiese, sorpreso di vederla sveglia.
Scrollando le spalle, la
ragazza mormorò mogia: “Non riuscivo a dormire, così ho pensato di aiutarti a
montare di guardia.”
“Mi spiace per quello che
hanno detto i miei uomini. Dovrei mettere un tappo in bocca a ciascuno di loro
ma, purtroppo, non ne ho qui con me” brontolò lui, accennando un mezzo sorriso
di contrizione.
“Non mi curo di ciò che dicono.
Le parole non uccidono nessuno e, a volte, io stessa faccio battute scadenti su
noi donne…” ironizzò lei, ammiccando. “…ma le Guardiane non la pensano così, e
preferirei stessero attenti a quel che buttano fuori da quelle fogne a cielo
aperto che sono le loro bocche”
“Glielo dirò…” assentì lui,
prima di domandarle: “…ma puoi spiegarmi perché hai detto che le avresti
attaccate? E cosa volevi dire, dicendo che loro odiano più noi uomini che voi
donne-lupo?”
“Siete sotto la mia protezione
perché io sono la vostra guida, e la mia parola è un impegno. Con tutto ciò che
essa comporta” sospirò lei, afflitta. “E, per quel che riguarda la mia
asserzione, significa che loro non sopportano quelle come me. Gli occhi gialli, per intenderci. Ci reputano delle… aberrazioni.
Non posso dirti altro, principe. Può bastare per sanare la tua curiosità?”
“Mi accontenterò” assentì
l’uomo, scrollando le spalle. “Il tuo mantello? Puoi raccontarmi dove l’hai
preso?”
Ringraziandolo mentalmente
per quel cambio di argomento, Eikhe disse: “Lo abbiamo catturato io e Nys, un
anno fa. Io sono tornata a casa con un braccio rotto, e Nys aveva graffi
ovunque, ma la pelle ce l’ho io, ora.”
“Eikhe, ma… quanto era
grosso?” esalò, sorpreso.
“Un po’…” borbottò,
pensierosa. “… ben più alto e grosso di te, comunque.”
“Mi stai dando dell’orso?”
ritorse lui, aggrottando la fronte.
“Forse sì” ammise la ragazza,
sorridendo sotto la coltre di pelliccia.
“Burlarsi del proprio
principe. Non sei molto educata” mugugnò, fingendosi offeso pur non essendolo.
Gli piaceva parlare con Eikhe, senza che vi fosse astio tra loro.
“No, forse non lo sono, ma a
mio padre sto bene così” sospirò infine la giovane, le palpebre ora pesanti per
il sonno.
“Tuo … padre? E Kaihle?”
“Lei? Forse solo il dio-lupo
sa cosa vorrebbe da me…” ridacchiò, prima di aggiungere: “… dimentica quel che
ho detto; è solo una sciocchezza infantile.”
“Come vuoi” mormorò Aken.
Rimasero in silenzio per diverso
tempo finché Aken, sbirciandola in viso, non la vide addormentarsi e crollare a
terra per la stanchezza.
Arrischiandosi a coprirla
per bene con il mantello, il principe scorse sui palmi delle mani di Eikhe i segni lasciati dalle sue
unghie.
Sorpreso, notò il sangue
rappreso dove si era lacerata la carne. Che cosa aveva trattenuto, per ferirsi
a quel modo?
***
La mattina venne ed Eikhe,
dopo aver lanciato uno sguardo al tempio del dio-lupo, riprese il cammino lungo
il sentiero senza dire una parola.
Gli occhi ambrati, vigili e
attenti al minimo cambio di luce, setacciavano ogni centimetro visibile del
bosco.
Dietro di lei, Aken si
chiese se la preoccupazione che aveva letto nei suoi occhi, la sera precedente,
fosse scemata.
Quando, però, la sentì
discutere con Rias, che si stava lagnando circa i disagi del viaggio, sorrise
più tranquillo.
Se non fosse stata
irascibile come suo solito, non avrebbe dato risposte così mordaci al suo
soldato.
Dopo quel momentaneo scoppio
d’ira tra i due, tornò il silenzio nella piccola compagnia guidata da Eikhe.
Più tranquilla, la ragazza
si concesse il lusso di estrarre da una sacca un pezzo di pelle, un ago e del
filo colorato, e iniziò a cucire seduta sulla sella.
“Ah, finalmente una cosa da
donne!” celiò Farall, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Lenar.
Eikhe neppure lo ascoltò e,
con occhio attento, si mise a ricamare la borsetta di pelle che stava
confezionando per la moglie di suo padre.
Il suo onomastico cadeva
nell’anno nuovo ma, per terminare quell’elaborato ricamo, sapeva che avrebbe
impiegato molto tempo.
Impegnata com’era con quella
missione, e con il ritiro delle prede dalle trappole - cui avrebbe dovuto
pensare al suo ritorno -, era meglio sfruttare ogni momento disponibile.
Curioso, Aken spronò il suo
cavallo per affiancarlo a quello della ragazza e, nello sbirciare il suo
elaborato ricamo, mormorò ammirato: “Ci perderai la vista.”
“Non corro questo rischio” dichiarò
lei, senza staccare gli occhi dal suo lavoro.
“Non dovresti guardare la
pista?”
“Kalkos sa quale strada
percorrere. E Nys è le mie orecchie e i miei occhi” gli spiegò pacata Eikhe.
“Ti fidi molto” asserì Aken,
continuando a scrutare il movimento ipnotico della mano di Eikhe. Era davvero
veloce, nel ricamare, oltre che molto brava.
Sollevando un momento lo
sguardo per puntarlo su Aken, lei domandò con semplicità: “Ti fidi dei tuoi
uomini, principe? Daresti in mano loro la tua vita?”
“Beh, sì, certo” ammise lui.
“Al pari tuo, io affiderei
la mia vita a loro due. Siamo cresciuti insieme, e il rapporto che ci lega è
più profondo di quanto tu non possa immaginare, principe. Questo ci porta a
pensare, prima di tutto, al benessere dell’altro prima che al nostro. Ciò fa di
loro i miei compagni, come i tuoi soldati sono i tuoi compagni d’arme” gli
spiegò Eikhe, tornando al suo lavoro di cucito. “In questo, noi due siamo
simili, principe.”
“Credo di sì” ammise Aken,
guardando Nys, intento ad annusare l’aria.
Il grande lupo si volse a
osservarlo per un momento poi, senza motivo apparente, trottò avanti per aprire
la pista, lasciando sola Eikhe insieme a loro.
Era più che evidente che Nys
non la volesse lasciare con loro, poiché non aveva idea di ciò che avrebbero
potuto farle.
In egual maniera, però, sapeva
di doversi spingere in avanscoperta per evitare loro dei guai.
Abbozzando un sorriso, Aken mormorò
spiacente: “Povero lupo; gli verrà un esaurimento nervoso, di questo passo.”
“Eh?” esalò Eikhe, sorpresa.
Guardandola un momento in
quegli enormi occhi dorati, Aken aggiunse: “E’ preoccupato per ciò che potremmo
farti in sua assenza, e non gli piace allontanarsi, anche se sa che deve
farlo.”
Sorridendo compiaciuta, lei
annuì e dichiarò: “Hai spirito di osservazione, principe, i miei complimenti.”
“Imparo molto, osservando” si
limitò a dire lui, scrollando un poco le spalle.
Eikhe emise una breve
risatina, dopodiché tornò a dedicarsi al suo ricamo.
Non avendo altro da dirle,
Aken osservò il bosco che li precedeva sapendo che, con Nys dinanzi a loro, non
correvano pericoli.
Curioso come, in pochi
giorni, fosse arrivato a fidarsi tanto di un lupo, eppure era così.