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Autore: Mary P_Stark    10/11/2011    5 recensioni
PRIMA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Il regno di Enerios è sull'orlo della guerra con il suo nemico storico, Vartas. Solo il suo principe ereditario, Aken di Rajana, e una ragazza-lupo, Eikhe di Nestar, potranno salvare il loro regno dalla distruzione. Ma non solo per difendere le loro terre, i due giovani dovranno lottare. Anche per difendere il loro amore che, tra le gelide lande dei Monti Urlanti, è divampato come fuoco scarlatto. Incuranti della differente estrazione sociale che li separa, dei loro stili di vita così diversi e del segreto misterioso che si cela dietro gli occhi di lupo di Eikhe, i loro cuori si toccheranno nel momento di maggior pericolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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4.

 

 

 

 

 

La mattina seguente, gli uomini vennero svegliati dal profumo inconfondibile di carne arrostita sul fuoco.

Aprendo gli occhi per lo torpore, Aken fissò confuso Lenar, intento ad aiutare Eikhe a preparare alcune razioni da sistemare nelle sacche per il viaggio.

Alzatosi dal suo giaciglio – non aveva voluto dormire nella sua tenda per puro cipiglio, e ora aveva le ossa rotte e i muscoli indolenziti – Aken si passò una mano sul volto assonnato prima di dirigersi con passi lenti e ciondolanti al torrente.

Dopo un momento di esitazione, immerse le mani nell’acqua gelida e si pulì il viso, svegliandosi completamente.

Sull’erba alla sua sinistra, come Aken poté notare, erano ancora visibili le orme dei piccoli piedi di Eikhe.

Rammentando quando l’aveva osservata avvicinarsi a quelle acque raggelanti, se la immaginò affondare in esse, il bel corpo illuminato dalla luna e che…

Spalancando gli occhi quando si rese conto di dove stessero andando i suoi pensieri, scosse il capo per il fastidio e, rialzatosi in fretta, si avviò speditamente verso il fuoco.

“Buongiorno a entrambi. Avete preparato la carne secca?”

“Buongiorno, principe” esordì Lenar, voltandosi a mezzo per salutarlo. “Ho trovato Eikhe impegnata a prepararne delle strisce da arrostire, così ho pensato di darle una mano.”

Annuendo, Aken osservò per un momento la ragazza che, con dita abili, stava estraendo dal terreno degli involti di foglie d’erba. “E quelli?”

Mostrandone uno ad Aken nell’alzarsi da terra, Eikhe disse: “Buongiorno, principe. Ho pensato di preparare anche un po’ di carne, arrostita col calore delle braci. Sarà più buona da mangiare, per colazione.”

“Buona idea” si limitò a dire il principe, mentre i suoi uomini uscivano dalle tende.

“Non potendo affumicarla, l’unico modo per salvarla qualche giorno in più è stato cuocerla…” scrollò le spalle Eikhe, continuando a mostrare il procedimento al principe. “… ma, sicuramente, non sarà mai buona come stagionata, visto che non ho potuto usare delle spezie. Comunque, può andare, per tenerci in forze.”

“Vero” annuì ancora Aken, non sapendo esattamente cosa dirle.

Non poteva certo farle capire il proprio disappunto, né bacchettarla per una cosa a cui, invece, avrebbe dovuto provvedere lui.

Squadrandolo vagamente dubbiosa per alcuni attimi, chiedendosi il perché della sua reticenza a parlare, Eikhe preferì non discutere con lui di prima mattina.

Dopo aver sorriso a Lenar, perciò, affiancò Nys e disse a bassa voce: “Controlla tu, per me.”

Aken, che l’aveva seguita con lo sguardo nel momento stesso in cui aveva sorriso a Lenar, aggrottò immediatamente la fronte non appena la vide prendere la via del bosco.

A gran voce, le urlò dietro: “Ehi, dove stai andando?!”

Voltandosi a mezzo nel sentirlo parlare, lei lo fissò rabbiosa per un momento prima di infilarsi nella boscaglia senza degnarlo di una risposta.

Già sul punto di imprecare e seguirla, Aken sentì Lenar aprire bocca per mormorare a bassa voce: “Principe, tornerà tra breve.”

“E tu come lo sai?!” ringhiò Aken, offeso dai silenzi della ragazza.

Non aveva davvero il minimo rispetto per il ruolo che lui deteneva?!

Sorridendo leggermente, Lenar disse solo per le orecchie di Aken: “Problemi femminili. Tornerà quando avrà trovato quello che cerca.”

“Oh” esalò lui, calmandosi subito e arrossendo leggermente.

Dopotutto, era una donna, e avrebbe dovuto aspettarsi che cercasse un po’ di intimità ma, ancora una volta, si era lasciato prendere dalla rabbia, senza ragionare.

Ma perché Eikhe gli faceva quell’effetto?

Sedendosi accanto al fuoco mentre Lenar metteva a scaldare il caffè, Aken si perse a chiedersi perché, quella ragazza, riuscisse a scardinare con tanta facilità i suoi principi.

Vi aveva fatto affidamento fino a quando non aveva incontrato sulla sua strada quella creatura imprevedibile.

Che fosse così semplice metterlo in difficoltà?

Dopotutto, era abituato a trattare le donne, di qualsiasi classe sociale o età, eppure lei lo mandava in confusione totale.

Non riteneva di essere una persona dalla mentalità ristretta ma, forse, la sua reticenza a comprenderla dipendeva dal fatto che, in realtà, non accettava il suo stile di vita.

Forse.

Raggiunto dai suoi uomini, Aken sorrise loro nel dare il buongiorno e, quando Kinas ridacchiò nel notare la mancanza di Eikhe, si chiese cosa sarebbe stato meglio dire ai suoi soldati.

Sicuramente, non la verità, o sarebbero saltati fuori i commenti più osceni e irrispettosi.

Mentalità ristretta o meno, le doveva protezione come a un qualsiasi altro membro del suo gruppo.

Alla domanda dei suoi amici, Aken disse soltanto: “E’ andata a cercare delle erbe qui nei dintorni.”

“Con questa neve? Deve sapere a naso, dove trovarle!” ridacchiò Finarr, mordicchiando un pezzo di carne.

Sollevando un sopracciglio con ironia, Lenar celiò: “Prima di prenderla in giro, dovresti ringraziarla per la colazione che stai mangiando adesso, ragazzo.”

Finarr lo fissò stupito per un momento, prima di scrutare il pezzo di carne che stava mangiando e, storcendo il naso, chiese burbero: “Perché, scusa?”

“Il suo lupo è andato a caccia, stanotte, e lei lo ha scuoiato e tagliato perché fosse pronto per stamattina” spiegò loro Aken, chiudendo un momento gli occhi nel bere il suo caffè. Era davvero ottimo o, forse, lui ne aveva più bisogno di quanto non immaginasse.

Facendo tanto d’occhi, Finarr esclamò: “Lo ha scuoiato?!”

“Esatto, come il prossimo che mi seguirà nel bosco con intenti più che ovvi” dichiarò dietro di loro Eikhe, rossa in viso per l’ira e tesa come una corda di liuto.

Accanto a sé, seguito da un Nys a denti snudati, se ne stava Likas che, a mani legate, osservava Eikhe come se avesse voluto sgozzarla da un momento all’altro.

Guardandoli confuso per alcuni momenti, Aken si volse subito dopo per contare i suoi uomini.

Dopo aver imprecato silenziosamente tra sé per non essersi accorto della mancanza del compagno, si alzò per raggiungerli e chiese: “Cos’è successo?”

Sospingendo contro Aken il suo soldato, Eikhe sibilò rabbiosa: “Prova a immaginarlo da te, principe.”

Detto ciò, si allontanò a grandi passi per andare ad appollaiarsi su una roccia sulla sponda opposta del torrente, il volto adombrato e gli occhi che mandavano scintille.

Imprecando a più riprese, il principe liberò Likas con gesti furiosi prima di dire, a gran voce e con fiero cipiglio: “Che diavolo volevi fare, idiota?!”

“Volevo solo rimetterla al suo posto, principe” sbuffò Likas a testa bassa, massaggiandosi i polsi doloranti.

“Te l’ho forse ordinato? Non mi sembra proprio!” ringhiò Aken, dandogli una spinta tale da farlo crollare a terra. “E’ questo il grado di civiltà dei miei uomini?! Un’altra intemperanza del genere, e vi rispedisco a Rajana per farvi radiare dall’esercito!”

Il diretto interessato pensò bene di rimanere in silenzio mentre gli altri suoi compagni, alternando occhiate a Eikhe e Likas, si chiesero silenziosi cosa fosse realmente successo nella foresta.

“Ora, continuate a fare colazione. Tra un’ora si riparte” decretò ombroso Aken, dirigendosi poi verso il torrente a passi lenti e misurati.

Sul ciglio del torrente, in posizione di difesa, Nys cominciò a ringhiare al suo indirizzo ma Aken, ignorandolo completamente, balzò su un paio di massi per oltrepassare il rio.

Era ben deciso a raggiungere Eikhe, e scusarsi con lei per le intemperanze del suo uomo.

La ragazza, raggomitolata su se stessa, lo fissò con occhi funesti ma, non appena lo vide sorridere spiacente, si rilassò impercettibilmente e chiese: “Cosa vuoi, principe?”

“Solo chiederti come stai” mormorò, osservando Nys, che lo seguiva a un passo di distanza. “Mi morderà, se mi siedo un attimo?”

Eikhe guardò un momento Nys e il lupo, come a un muto ordine, si accucciò ai suoi piedi, sempre guardando il principe con occhi attenti.

Interpretandolo come un invito, Aken si accomodò su un masso vicino e le domandò gentilmente: “Ti ha mosso violenza?”

“Ah!” esclamò lei, levando fiera il capo. “Non ci sarebbe riuscito neppure se mi avesse trovata bendata e con le mani legate.”

Di fronte al suo scetticismo, Eikhe precisò: “C’era Nys, con me. E’ stato lui a impedirlo.”

“Ah… quindi, non ti ha toccata, vero?”

“No” scosse il capo la ragazza.

“Bene. Sono cose che proprio non sopporto” annuì Aken, pensieroso.

Guardandola con attenzione, notò subito il suo volto pallido e le labbra tirate perciò, con fare casuale, disse: “Mia madre usa spesso queste foglie, quando non sta bene. Me le ha date qualora mi fossi buscato un raffreddore, qui sulle montagne.”

Sorpresa, Eikhe vide comparire dinanzi al naso un sacchetto di pelle e, confusa, squadrò Aken.

Con un sorrisino conciliante, il giovane dichiarò contrito: “Non ho pensato ai problemi che avresti potuto avere, scusami. Qualora non dovessi sentirti bene per continuare, non hai che da dirmelo.”

Preso il sacchetto tra le mani, lei lo aprì, scoprendovi all’interno delle foglie secche di neralla, un potente antidolorifico e, sorridendo appena, disse: “Non ho bisogno di rallentare tutti. Ne mangerò una foglia, e starò bene.”

“Come preferisci” assentì lui, scrollando le spalle e alzandosi.

Bloccandolo a un polso, Eikhe mormorò: “Principe… grazie.”

Sorpreso da quel momentaneo cedimento, Aken sorrise più tranquillo

“Di nulla, ragazza. Tra un’ora partiamo, va bene?”

“Sarò pronta” annuì Eikhe.

In fretta, posò sulla lingua una foglia secca e, storcendo il naso per il suo sapore acre, la succhiò mentre Aken, con passo lento, se ne tornava dai suoi uomini.

“Che strano tipo” mormorò, una volta sola, continuando fissare la schiena imponente del principe.

***

Udendo l’ululato di Nys nel mezzo della foresta, Eikhe annuì soddisfatta e, rivolgendosi ad Aken, dichiarò: “La strada è sgombra. Possiamo proseguire.”

Annuendo, Aken spronò il suo cavallo e, osservando la ragazza che cavalcava al suo fianco, le domandò: “Come fai a capirlo?”

“Ho imparato da piccola. E’ come imparare a parlare. Allo stesso modo, Nys capisce l’uomo, quando parla” spiegò Eikhe, seduta tranquillamente sul suo cavallo, tenendo le braccia incrociate sul petto.

Guardando Kalkos che, tranquillo, percorreva il sentiero senza aver bisogno della guida di Eikhe, Aken esalò con un risolino: “Mi fa ancora senso, vedere un cavallo che se ne va per gli affari suoi.”

Sollevando un sopracciglio con ironia, Eikhe disse per contro: “Prova a mollare le briglie, principe. Vedrai che il tuo stallone seguirà ugualmente la pista.”

“Non è la pista, a turbarmi, ma gli imprevisti. Cosa succederebbe, se il cavallo si imbizzarrisse?” dichiarò dubbioso, scrutando un momento le enormi conifere che li circondavano.

“Non lo farebbe. Lui sa che sono sulla sua schiena. Potrà avere paura, ma non mi scaraventerà a terra” spiegò con calma Eikhe, prima di volgere lo sguardo su un lato della pista, quando avvertì un frullo d’ali tra i cespugli.

Assottigliando le iridi dorate, Eikhe prese l’arco alle sue spalle e, incoccata in fretta una freccia, attese l’attimo adatto per tirare, gli occhi di Aken puntati su di lei.

Quando l’uccello si levò al loro passaggio, la ragazza lo centrò con sorprendente facilità, facendolo finire tra i cespugli.

Subito, Lenar si esibì in un applauso spontaneo, che portò la ragazza a sorridergli divertita.

Balzata poi dal cavallo, lo andò a recuperare e disse: “Carne fresca per stasera.”

“Sei abile, con l’arco” asserì Aken, fermando la propria cavalcatura per aspettarla.

Allo stesso modo, i suoi uomini bloccarono i cavalli e attesero pazienti il ritorno della ragazza.

“Sono abituata a sfamarmi da sola” gli spiegò con semplicità, legando il pennuto a un anello della sella. “Tutte noi sappiamo farlo.”

In quel mentre, Nys tornò da loro con la lingua ciondoloni ed Eikhe, tagliando con un coltello la testa dell’uccello appena catturato, gliela porse e disse: “Sei stato bravissimo, Nys, grazie.”

Mentre il lupo azzannava la carne da piuma fresca di cattura, Aken scrutò curioso l’arma della ragazza e la faretra da sella piena di frecce.

Prendendone in mano una, la soppesò attentamente tra le mani prima di dire: “Non sono punte di metallo.”

“No, infatti. Sai cosa sono?” chiese Eikhe con un sorriso furbo.

“Di primo acchito, direi che si tratta di qualcosa di simile all’ossidiana, o alla selce” mormorò pensieroso, portando la punta di freccia verso il sole per ammirarne le sottili venature bianche sul fondo nero.

“Sono ‘artigli di demone’, per essere precisi” disse Eikhe, sorprendendolo. “Conosci la loro storia?”

“Non si narra che un cacciatore fu inseguito dai demoni fino a una valle illuminata da sole, e che lì i demoni esplosero in mille pezzi di pietra, perché colpiti dalla luce del giorno?” le chiese Aken, aggrottando leggermente la fronte nel tentativo di ricordare esattamente la storia.

“Esatto. Si dice che questo tipo di pietra sia nata così e che, proprio perché di discendenza soprannaturale, sia così dura e resistente. In realtà, ne esistono filoni interi, all’interno dei Monti Urlanti, basta saperli trovare. Uno molto importante è nelle vicinanze della Valle del Silenzio, dove sorge Anok Fort. Non è un caso, se il re tuo nonno fece costruire il forte proprio lì, a suo tempo” spiegò Eikhe, sorprendendo tutti.

“Quindi, Anok Fort, è costruito con questa pietra?” esalò Aken, sempre più curioso.

“Solo il lato rivolto verso nord-est, quello che punta in direzione di Vartas. La galenda, o ‘artiglio di demone’, è un tipo di roccia estremamente difficile da lavorare, per cui costruire un intero forte con quel tipo di materiale sarebbe costato, oltre che ingenti sforzi, anche un vero e proprio patrimonio in termini di costi.” ammise Eikhe, tamburellandosi pensosa il mento.

Riprese la freccia quando Aken gliela porse e, dopo averla sistemata nella faretra, aggiunse: “A noi torna comodo usarla per lance e frecce. Nella fucina, produciamo solo le nostre daghe… comprare l’acciaio ci costa molto, e lo usiamo con parsimonia. Per cui, tutto ciò che viene usato maggiormente, cioè frecce e lance per la caccia, viene fabbricato con la galenda. Non che sia facile dare la forma alle punte, ma costa sicuramente meno, per le finanze del villaggio.”

“Non ho davvero parole” esalò Aken, fissandola a occhi sgranati.

Eikhe sorrise misteriosa e disse: “Pensavi davvero che fossimo solo delle donne isolate in un bosco?”

Aken preferì non rispondere.

***

Quella sera, dopo aver percorso un buon tratto di strada a cavallo senza intoppi di alcun genere, Eikhe li fece fermare nelle vicinanze di un piccolo tempio rupestre.

Senza dire nulla, vi entrò con una piccola sacca di pelle in mano, lasciando che al campo provvedessero i soldati.

Inginocchiatasi di fronte alla statua del dio-lupo, Eikhe intonò una preghiera per propiziare il loro viaggio dopodiché, poggiato il suo tributo ai piedi del dio, si levò in piedi e osservò con sguardo perso i begli affreschi alle pareti.

I passi leggeri di qualcuno alle sue spalle la portarono a voltarsi di colpo e, un po’ sorpresa, Eikhe vide il principe avanzare lentamente, intento a osservare i dipinti della cappella.

Fermatosi a un passo da Eikhe, Aken mormorò: “Sono molto belli… è il vostro dio, questo?”

“Sì, è Hevos, il dio-lupo. Lo veneriamo al pari della nostra capostipite” asserì, indicando l’immagine di una graziosa fanciulla dai capelli dorati. “Lei è Hyo, colei che diede inizio alla nostra stirpe.”

Osservandola attentamente, Aken notò un particolare non da poco e, chinando lo sguardo su Eikhe prima di guardare la statua del dio, fu colto da un dubbio .

Grattandosi la guancia con fare pensoso, le chiese: “Quanto tempo fa è stato fatto questo dipinto?”

Sorridendo misteriosa, lei dichiarò: “Quasi quattrocento anni fa, perché?”

“Non ho potuto fare a meno di notare la somiglianza che c’è tra te, Hyo e Hevos” dichiarò Aken, accigliandosi leggermente.

Eikhe sollevò un sopracciglio con ironia e domandò: “Cosa c’è? Il potente principe ha paura della mia discendenza divina?”

“Dico solo che è curioso” precisò lui, sbuffando.

Perché doveva ironizzare su tutto?

Addolcendo i tratti del volto, Eikhe tornò a fissare Hyo e disse: “Forse è realtà, o forse no, ma a me piace la morale della storia tra Hyo e il dio-lupo.”

“E cioè?” le chiese, curioso.

Guardandolo per un momento, domandandosi se realmente fosse interessato a conoscere la storia, Eikhe sospirò e cominciò a narrargli gli eventi che la vecchia Harua le aveva raccontato tanti anni prima.

Sorpreso dallo sguardo malinconico che apparve negli occhi dorati della ragazza, Aken cominciò a chiedersi se non gli stesse nascondendo qualcosa.

Quando ebbe terminato il racconto, Eikhe gli domandò: “Tu avresti barattato tua figlia per la tua compagna?”

Sorpreso da quella domanda, Aken ci pensò su un attimo prima di ammettere: “No, non credo. Se avessi una figlia, ella rappresenterebbe l’amore tra me e la mia compagna, quindi non potrei dire di averla persa. E avrei il dovere di crescerla con tutto l’affetto possibile, ricordandole anche l’amore che provò la madre nel metterla al mondo.”

Il sorriso che si dipinse sul volto di Eikhe lo stupì, stregandolo al punto tale da non fargli notare che la ragazza, sfiorandolo al braccio, aveva di fatto annullato ogni distanza tra loro.

Con un sussurro a metà tra il divertito e il sorpreso, lei si appoggiò al suo avambraccio per alzarsi in punta di piedi e, al suo orecchio, disse: “Il principe Aken, a quanto pare, è anche una persona romantica e prodiga d’amore.”

A quelle parole, Aken si scostò da lei come se si fosse scottato ed Eikhe, ridacchiando, domandò: “Ti offende sentir apprezzare il tuo lato più nascosto?”

“Non è questo. Sono solo poco abituato a mostrarlo” brontolò lui, fissandola malamente. “E mi stupisce molto che a te piaccia una storia simile, visto dove e come vivi.”

Indispettendosi subito, lei replicò con un sibilo: “Non ho mai detto che mi piaccia vivere così!”

Detto ciò, se ne uscì a grandi passi e Aken, basito di fronte a quella risposta, si chiese se la ragazza fosse felice di vivere come le avevano insegnato o se, in realtà, non aspirasse ad altro.

Tornando a guardare la statua del dio di Eikhe, Aken mormorò dubbioso: “Sai rispondermi tu, dio che le guidi lungo un cammino così aspro e duro?”

Naturalmente, non ottenne risposta.

Nell’osservare Hyo e il dio insieme alla loro figlia, Aken si chiese se, in realtà, lei non aspirasse tanto ad avere una vita come le altre donne-lupo ma, piuttosto, ad avere un compagno per la vita come era successo alla loro capostipite.

“Come un lupo” disse tra sé, chiedendosi se non fosse quello l’insegnamento ultimo che il dio aveva voluto trasmettere, e non l’odio verso gli uomini.

Scrollando le spalle per cancellare quei pensieri che non erano da lui, Aken se ne uscì dal piccolo tempio, lasciando un obolo ai piedi della statua.

Era meglio non indagare oltre sulla faccenda.

Non era un amante della teologia e, di certo, non avrebbe iniziato in quel momento a occuparsi di uomini e dèi.

Guardandosi intorno per cercare la figura di Eikhe non appena fu fuori dal tempietto, la trovò appollaiata su un masso, diversi metri più in alto rispetto a loro, in compagnia di Nys.

Vedendo le loro teste vicine, si chiese nuovamente se la ragazza non avrebbe preferito essere un lupo.

Sbuffando, distolse lo sguardo e se ne tornò al falò insieme ai suoi uomini.

Preso un po’ di sidro per sé, lasciò che la sua mente si allontanasse dalla figura di Eikhe e da ciò che essa comportava.

Era preferibile pensare unicamente alla sua missione, e a quanto dovesse fare per riportare a casa i suoi uomini sani e salvi.

Da quello che Eikhe gli aveva detto, entro un giorno avrebbero raggiunto la fine della Valle del Silenzio, dove il fiume Fenak estendeva il proprio letto in un altopiano roccioso.

Lì, sarebbe stato possibile guadarlo senza problemi.

Da quel punto in poi, si sarebbero spinti nuovamente a nord-ovest per raggiungere Anok Fort e, se tutto fosse andato bene, lo avrebbero raggiunto in una settimana.

Scoprire cosa fosse successo, a quel punto, sarebbe stato facile.

Temeva solo il giorno in cui avesse scoperto la verità perché, anche nelle più rosee previsioni, non doveva trattarsi di niente di buono.

Sgranocchiando una galletta, Aken chiese a Lenar: “Likas è in perlustrazione?”

“Sì, Aken…” poi, con un sorrisino, aggiunse: “… non gli è piaciuto per nulla il trattamento che gli ha riservato Eikhe, questo è certo. Fossi in te, vedrei di tenerli il più lontano possibile l’uno dall’altra, se non vuoi ritrovarti con due cadaveri durante il percorso.”

“Temevo sarebbe successo…” sospirò Aken, prima di guardare i suoi uomini e dichiarare: “…perciò, vale la pena di spendere due parole in proposito. Quello che ho detto a Likas, vale anche per voi. Non voglio che le manchiate di rispetto, è chiaro?”

“Con quel lupo a farle da guardia, solo uno sciocco poteva pensare di avvicinarla” borbottò Finarr, mangiando la sua cena a testa bassa. “Ma non mi va giù che se ne vada in giro, e si atteggi, come un uomo.”

“La sua tribù le ha insegnato questo” precisò Lenar.

“Piantala di difenderla su tutto!” sbuffò Rias, fissando il compagno con astio. “Se quella femmina si fosse comportata in maniera consona, Likas non avrebbe fatto ciò che ha fatto!”

“Non la difendo, visto che non ne ha bisogno…” precisò Lenar, irritato. “… sto solo dicendo che l’educazione che le hanno dato è questa, quindi non potete pretendere che si comporti diversamente.”

“Che c’è, Lenar, te la sei scopata ben bene, e non ce ne siamo accorti, per decantare tanto quella troietta?” ridacchiò Farall, fissandolo ironico.

Lenar fece per mettere mano al pugnale, mentre Aken si alzava con un diavolo per capello.

Tutti, però, Farall compreso, si azzittirono subito quando, dagli alberi, giunsero le risatine allegre di diverse donne.

Scivolando a terra dai rami su cui erano rimaste appollaiate fino a quel momento, apparvero agli occhi degli uomini interamente coperte da pelli d’orso.

I loro volti, oscurati da maschere di terracotta, resero le loro voci roche e leggermente ridondanti.

“Ma guarda… degli uomini in terra sacra.”

Puntando loro contro le lunghe lance che tenevano in mano, l’unica donna con la maschera tinta di bianco ringhiò torva: “Cosa ci fate, qui?!”

Accorrendo loro incontro, Eikhe si affrettò a dire: “Sono con me, saggia Akeva! Non levate le armi contro di loro, per favore!”

La donna che aveva parlato per ultima, sollevando la maschera, guardò Eikhe per un momento prima di dire: “Ah, figlia sacra. Come mai hai condotto qui questi uomini?”

“Dovevo la mia visita al dio ed ero in zona, così…” scrollò le spalle lei, mordendosi nervosamente un labbro.

“Un uomo si aggira per i boschi,… fa parte del tuo gruppo anche lui?” chiese un’altra donna, rimanendo a volto coperto, la lancia sempre levata verso gli uomini di Aken.

“Sì, Saggia Guardiana” mormorò Eikhe, mantenendosi vigile e attenta, le mani leggermente tremanti.

Osservando uno a uno i soldati, che erano rimasti seduti sotto la minaccia delle loro armi, Akeva asserì severa: “Non ho gradito le parole di scherno che sono uscite dalle bocche di alcuni di loro. Sai che non ammettiamo comportamenti simili, sul territorio del dio-lupo.”

Tutti fissarono malamente Rias e Farall ed Eikhe, cercando di correre ai ripari, disse lesta: “Devi perdonarli, Saggia Akeva, non…non conoscono la prassi e loro…loro…”

Notando le mani tremanti di Eikhe, Aken si chiese se avesse paura di quelle donne.

Nel suo sguardo, però, lesse ben altro, di certo non timore.

Anche Akeva, probabilmente, dovette leggervi un potenziale pericolo perché, assottigliando le iridi perlacee, chiese preoccupata: “Sono tua responsabilità, figlia sacra?”

“Sì… e io…” tentennò, reclinando il capo per poi stringersi le braccia al petto, quasi volesse bloccare se stessa. O qualcosa dentro di lei.

“Abbassate le armi!” esclamò in fretta Akeva, volgendosi verso le sue compagne per essere certa che l’ordine venisse immediatamente eseguito.

Sospirando di sollievo non appena le lance vennero calate, Eikhe si passò una mano sul volto, divenuto pallido come la luna e, scrutando grata Akeva, mormorò roca: “Grazie, Saggia Guardiana.”

“Scusami, figlia sacra, non ho capito subito la situazione per quella che era. Termina pure la tua missione, e che Hevos ti accompagni” asserì Akeva prima di guardare le sue compagne e dichiarare: “Andiamocene, qui non c’è bisogno di noi.”

In pochi attimi, come erano venute, le donne-lupo si dileguarono nella notte e gli uomini, sospirando di sollievo, dissero quasi all’unisono: “Ma da dove sono sbucate?”

Infuriata, Eikhe si volse verso di loro con un diavolo per capello e sibilò: “E’ tutto il giorno che ci sorvegliano, idioti! Se proprio volete dire fesserie, non ditele qui, quando ci sono le Guardiane ad ascoltarvi! Loro odiano gli uomini… più di qualsiasi altra di noi!”

“Ehi, ma non potevi dircelo?!” ribatté Rias, sentendosi un po’ sciocco per non essersi reso conto di niente.

“Pensavo ve ne foste accorti!” sbottò la ragazza, a denti stretti, le mani ancor più tremanti di prima. “Sareste morti, se non fossi intervenuta e, per poco, non mi avete portato allo scontro!”

“Le avresti… attaccate?” esalò Lenar, sorpreso.

Con occhi colmi di lacrime, lei crollò in ginocchio e, scoppiando a piangere, annuì sconvolta, non riuscendo a rispondere di fatto all’uomo.

Lenar, prendendola tra le braccia, la cullò gentilmente, fissando aspro i suoi compagni.

“Sarete contenti, adesso!”

I soldati ebbero la decenza di tacere ma Aken, che non aveva perso un solo attimo di quella strana conversazione, non ebbe il tempo di sentirsi in colpa.

Piuttosto, si chiese cosa avesse voluto dire la Guardiana, definendola ‘figlia sacra’.

Cosa ancora più dubbia, però, cosa avesse voluto dire Eikhe, insistendo sul fatto che lei avrebbe attaccato le sue stesse compagne, pur di difendere loro.

E ancora, cosa aveva voluto dire, col fatto che quelle donne odiavano gli uomini più di loro?

Intendeva dire tutte le donne-lupo e, in quel caso, per quale motivo,… o c’era dell’altro? Qualcosa che Eikhe stava tenendo loro nascosto?

Cosa nascondeva quella ragazza che, solo un attimo prima, era parsa pronta a dar battaglia mentre, in quel momento, piangeva disperata tra le braccia di Lenar?

Davvero non comprendeva, ma quell’episodio presentava più di una lacuna, ai suoi occhi.

Dopo lo scampato scontro, comunque, i soldati si infilarono silenziosi nelle loro tende mentre Aken, come suo solito, si apprestò a fare il primo turno di guardia.

Sedendosi contro un albero, il principe osservò Eikhe che, in quel momento, dormiva placida accanto a Kalkos e Nys.

Per un istante, si chiese come stesse, e se lo scoppio di pianto l’avesse aiutata a calmarsi.

Vederla tremare a quel modo lo aveva preoccupato perché, nei suoi occhi, non aveva letto paura, ma sete di sangue.

Per una ragazza esile come Eikhe, gli aveva dato un po’ i brividi.

Pur essendo più alta di molte altre donne che aveva conosciuto – superava il metro e settanta – il suo fisico era asciutto e, all’apparenza, troppo debole per essere definito pericoloso.

Eppure, aveva combattuto contro un orso e, poche ore addietro, aveva minacciato un intero gruppo di donne-lupo ben più robuste di lei.

Che fosse tenuta per legge a difendere chiunque lei guidasse, fossero essi anche uomini addestrati alla lotta?

No, non credeva fosse questo, il problema.

Quindi, cosa poteva voler dire lo sguardo pieno di livore e furia che aveva scorto in quegli occhi di lupo?

Quando Aken si sentì interpellare, quasi non sobbalzò sulla stuoia che aveva steso a terra.

Sorpreso, vide Eikhe avvicinarlo per poi sedersi al suo fianco, avvolgendosi nel suo pesante mantello d’orso.

“Avevi bisogno di qualcosa, Eikhe?” le chiese, sorpreso di vederla sveglia.

Scrollando le spalle, la ragazza mormorò mogia: “Non riuscivo a dormire, così ho pensato di aiutarti a montare di guardia.”

“Mi spiace per quello che hanno detto i miei uomini. Dovrei mettere un tappo in bocca a ciascuno di loro ma, purtroppo, non ne ho qui con me” brontolò lui, accennando un mezzo sorriso di contrizione.

“Non mi curo di ciò che dicono. Le parole non uccidono nessuno e, a volte, io stessa faccio battute scadenti su noi donne…” ironizzò lei, ammiccando. “…ma le Guardiane non la pensano così, e preferirei stessero attenti a quel che buttano fuori da quelle fogne a cielo aperto che sono le loro bocche”

“Glielo dirò…” assentì lui, prima di domandarle: “…ma puoi spiegarmi perché hai detto che le avresti attaccate? E cosa volevi dire, dicendo che loro odiano più noi uomini che voi donne-lupo?”

“Siete sotto la mia protezione perché io sono la vostra guida, e la mia parola è un impegno. Con tutto ciò che essa comporta” sospirò lei, afflitta. “E, per quel che riguarda la mia asserzione, significa che loro non sopportano quelle come me. Gli occhi gialli, per intenderci. Ci reputano delle… aberrazioni. Non posso dirti altro, principe. Può bastare per sanare la tua curiosità?”

“Mi accontenterò” assentì l’uomo, scrollando le spalle. “Il tuo mantello? Puoi raccontarmi dove l’hai preso?”

Ringraziandolo mentalmente per quel cambio di argomento, Eikhe disse: “Lo abbiamo catturato io e Nys, un anno fa. Io sono tornata a casa con un braccio rotto, e Nys aveva graffi ovunque, ma la pelle ce l’ho io, ora.”

“Eikhe, ma… quanto era grosso?” esalò, sorpreso.

“Un po’…” borbottò, pensierosa. “… ben più alto e grosso di te, comunque.”

“Mi stai dando dell’orso?” ritorse lui, aggrottando la fronte.

“Forse sì” ammise la ragazza, sorridendo sotto la coltre di pelliccia.

“Burlarsi del proprio principe. Non sei molto educata” mugugnò, fingendosi offeso pur non essendolo. Gli piaceva parlare con Eikhe, senza che vi fosse astio tra loro.

“No, forse non lo sono, ma a mio padre sto bene così” sospirò infine la giovane, le palpebre ora pesanti per il sonno.

“Tuo … padre? E Kaihle?”

“Lei? Forse solo il dio-lupo sa cosa vorrebbe da me…” ridacchiò, prima di aggiungere: “… dimentica quel che ho detto; è solo una sciocchezza infantile.”

“Come vuoi” mormorò Aken.

Rimasero in silenzio per diverso tempo finché Aken, sbirciandola in viso, non la vide addormentarsi e crollare a terra per la stanchezza.

Arrischiandosi a coprirla per bene con il mantello, il principe scorse sui palmi delle  mani di Eikhe i segni lasciati dalle sue unghie.

Sorpreso, notò il sangue rappreso dove si era lacerata la carne. Che cosa aveva trattenuto, per ferirsi a quel modo?

***

La mattina venne ed Eikhe, dopo aver lanciato uno sguardo al tempio del dio-lupo, riprese il cammino lungo il sentiero senza dire una parola.

Gli occhi ambrati, vigili e attenti al minimo cambio di luce, setacciavano ogni centimetro visibile del bosco.

Dietro di lei, Aken si chiese se la preoccupazione che aveva letto nei suoi occhi, la sera precedente, fosse scemata.

Quando, però, la sentì discutere con Rias, che si stava lagnando circa i disagi del viaggio, sorrise più tranquillo.

Se non fosse stata irascibile come suo solito, non avrebbe dato risposte così mordaci al suo soldato.

Dopo quel momentaneo scoppio d’ira tra i due, tornò il silenzio nella piccola compagnia guidata da Eikhe.

Più tranquilla, la ragazza si concesse il lusso di estrarre da una sacca un pezzo di pelle, un ago e del filo colorato, e iniziò a cucire seduta sulla sella.

“Ah, finalmente una cosa da donne!” celiò Farall, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Lenar.

Eikhe neppure lo ascoltò e, con occhio attento, si mise a ricamare la borsetta di pelle che stava confezionando per la moglie di suo padre.

Il suo onomastico cadeva nell’anno nuovo ma, per terminare quell’elaborato ricamo, sapeva che avrebbe impiegato molto tempo.

Impegnata com’era con quella missione, e con il ritiro delle prede dalle trappole - cui avrebbe dovuto pensare al suo ritorno -, era meglio sfruttare ogni momento disponibile.

Curioso, Aken spronò il suo cavallo per affiancarlo a quello della ragazza e, nello sbirciare il suo elaborato ricamo, mormorò ammirato: “Ci perderai la vista.”

“Non corro questo rischio” dichiarò lei, senza staccare gli occhi dal suo lavoro.

“Non dovresti guardare la pista?”

“Kalkos sa quale strada percorrere. E Nys è le mie orecchie e i miei occhi” gli spiegò pacata Eikhe.

“Ti fidi molto” asserì Aken, continuando a scrutare il movimento ipnotico della mano di Eikhe. Era davvero veloce, nel ricamare, oltre che molto brava.

Sollevando un momento lo sguardo per puntarlo su Aken, lei domandò con semplicità: “Ti fidi dei tuoi uomini, principe? Daresti in mano loro la tua vita?”

“Beh, sì, certo” ammise lui.

“Al pari tuo, io affiderei la mia vita a loro due. Siamo cresciuti insieme, e il rapporto che ci lega è più profondo di quanto tu non possa immaginare, principe. Questo ci porta a pensare, prima di tutto, al benessere dell’altro prima che al nostro. Ciò fa di loro i miei compagni, come i tuoi soldati sono i tuoi compagni d’arme” gli spiegò Eikhe, tornando al suo lavoro di cucito. “In questo, noi due siamo simili, principe.”

“Credo di sì” ammise Aken, guardando Nys, intento ad annusare l’aria.

Il grande lupo si volse a osservarlo per un momento poi, senza motivo apparente, trottò avanti per aprire la pista, lasciando sola Eikhe insieme a loro.

Era più che evidente che Nys non la volesse lasciare con loro, poiché non aveva idea di ciò che avrebbero potuto farle.

In egual maniera, però, sapeva di doversi spingere in avanscoperta per evitare loro dei guai.

Abbozzando un sorriso, Aken mormorò spiacente: “Povero lupo; gli verrà un esaurimento nervoso, di questo passo.”

“Eh?” esalò Eikhe, sorpresa.

Guardandola un momento in quegli enormi occhi dorati, Aken aggiunse: “E’ preoccupato per ciò che potremmo farti in sua assenza, e non gli piace allontanarsi, anche se sa che deve farlo.”

Sorridendo compiaciuta, lei annuì e dichiarò: “Hai spirito di osservazione, principe, i miei complimenti.”

“Imparo molto, osservando” si limitò a dire lui, scrollando un poco le spalle.

Eikhe emise una breve risatina, dopodiché tornò a dedicarsi al suo ricamo.

Non avendo altro da dirle, Aken osservò il bosco che li precedeva sapendo che, con Nys dinanzi a loro, non correvano pericoli.

Curioso come, in pochi giorni, fosse arrivato a fidarsi tanto di un lupo, eppure era così.




  
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