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Autore: Mary P_Stark    09/11/2011    5 recensioni
PRIMA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Il regno di Enerios è sull'orlo della guerra con il suo nemico storico, Vartas. Solo il suo principe ereditario, Aken di Rajana, e una ragazza-lupo, Eikhe di Nestar, potranno salvare il loro regno dalla distruzione. Ma non solo per difendere le loro terre, i due giovani dovranno lottare. Anche per difendere il loro amore che, tra le gelide lande dei Monti Urlanti, è divampato come fuoco scarlatto. Incuranti della differente estrazione sociale che li separa, dei loro stili di vita così diversi e del segreto misterioso che si cela dietro gli occhi di lupo di Eikhe, i loro cuori si toccheranno nel momento di maggior pericolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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3.

 

 

 

Dal libro delle Reminiscenze

L’addio di Hevos a Hyo

 

 

 

Hyo partorì una bimba dai chiari capelli e gli occhi dorati, retaggio di entrambi i genitori.

Baciando la figlia sulla fronte, il dio-lupo disse orgoglioso: “Porterai con te la mia eredità, mio amore prediletto. Con te vivono le mie speranze e i miei sogni, poiché il mio tempo qui è ormai giunto al termine, e sarai tu a godere le gioie di questo mondo mortale al posto mio.”

Ormai pronta a quanto la aspettava – da mesi, Hevos l’aveva preparata per quella separazione definitiva quanto inevitabile – , Hyo si strinse un momento al dio.

“Questa è davvero l’ultima volta che ci vediamo, vero?”

“Sì, mia amata Hyo, almeno in questa forma. Non mi è più concesso prendere forma umana, ormai,  ma sappi che io sarò in te, e in lei” le sorrise il dio, prima di  riconsegnarle la figlia e aggiungere:“ Non sarete mai sole, e i lupi vi saranno amici e compagni.”

“Non so se sarò capace di fare tutto da sola. E se non fossi in grado di scegliere per il meglio per entrambe?” gli domandò Hyo, stringendo a sé la figlia e guardando spaventata il volto immortale e triste di Hevos.

Cominciando ad avvertire prepotente la stanchezza, il dio si piegò su un ginocchio, sfiorando la candida neve che ricopriva il prato dinanzi la sua casa tra i monti.

Ansante, mormorò alla compagna: “Ciò che porti con te, ti guiderà nella scelta. Hai il dono di poter comprendere a chi concedere il tuo amore, ma presta attenzione, mia adorata! Molti cercheranno di dirti cosa fare, poiché sei donna. Io voglio per te un futuro diverso dalla semplice e cieca obbedienza per cui, anche se i tuoi occhi ti diranno diversamente, basati sempre sul tuo istinto, perché esso ti guiderà nella giusta direzione.”

“Sì, lo farò” annuì alla fine lei, baciando la figlia sui capelli prima di sorridere più fiduciosa a Hevos.

Inginocchiatasi dinanzi a lui, sfiorò le sue labbra ormai fredde con un casto bacio e aggiunse con coraggio: “Insegnerò a nostra figlia quanto l’hai desiderata e amata. Saprà sempre quanto suo padre sia stato buono e amorevole con entrambe noi.”

Carezzandole il viso con il dorso della mano, Hevos allora sorrise.

“I tuoi occhi, che ho voluto per te così simili ai miei, saranno il nostro legame. Da essi, capirò che c’è il tuo sangue nelle figlie e nei figli che verranno dalla tua stirpe… e dalla mia.”

Hyo annuì e sussurrò: “Proteggerò i miei figli e le mie figlie con l’aiuto della forza che mi hai dato, e con il coraggio che il tuo amore ha forgiato in me.”

Annuendo, il giovane dio la lasciò dunque tornare nel mondo degli uomini, ben sapendo di non poter indugiare oltre e, con un sospiro, tornò alla sua casa immortale per non uscirne più in forma umana.

***

Ritta e fiera sulla sella del suo baio, Eikhe era pronta per partire.

Paziente, osservò il gruppo di soldati approssimarsi alle proprie cavalcature per riprendere il viaggio verso Anok Fort.

Levatasi all’arrivo dell’alba, Eikhe aveva caricato le proprie sacche sul cavallo prima di ragguagliare la madre sul percorso che avrebbe intrapreso.

Qualora fosse stato necessario, era preferibile che almeno una donna-lupo conoscesse le sue mosse e, nel caso specifico, chi meglio della madre?

Lanciato uno sguardo al principe, ombroso in viso sin da quando l’aveva visto uscire dalla casa dove aveva riposato quella notte, Eikhe si chiese se disprezzasse la loro presenza.

Forse, semplicemente, trovava assurda l’idea di fidarsi di una donna, per un simile compito.

Con un sorriso ironico dipinto sul viso, fece avvicinare il proprio cavallo al suo e disse: “Buongiorno, principe.”

Sollevando lo sguardo per osservarla, Aken  la scrutò meditabondo per alcuni attimi prima di rendersi conto di un particolare non da poco e che,  sicuramente, avrebbe creato parecchi problemi fra i suoi uomini.

Osservandole la corta gonna di pelle, che indossava sopra alti stivali al ginocchio, il giovane principe esordì torvo: “Buongiorno a te. Sicura di non avere freddo, così abbigliata?”

Scrutando le gambe libere dalla costrizione dei pantaloni, Eikhe scrollò le spalle e disse: “Affatto. Tu, invece, hai freddo?”

“Sono abituato ad altri climi”  scrollò le spalle lui, allacciando saldamente la sella.

“Perché, allora, non mi poni la vera domanda che ti ronzava in testa, principe?” sorrise sorniona la giovane.

Aken si accigliò leggermente a quel commento – che il suo viso fosse divenuto di colpo trasparente? – ma preferì non aprire bocca in merito, chiedendo piuttosto: “Il tuo cavallo non ha morso né briglie. Sei certa di poterlo guidare?”

Scrollando le spalle come a voler liquidare l’argomento abbigliamento, Eikhe rispose succintamente al principe.

“Lui non ha bisogno di nulla. Esegue solo quello che gli dico.”

“Ma davvero?” celiò sprezzante uno dei soldati, alle loro spalle.

Voltandosi a mezzo, Eikhe lo squadrò malamente prima di dire: “L’ho addestrato di mia mano, e non ha bisogno di nient’altro che della mia voce”

Sorridendo vendicativa non appena vide il soldato sghignazzare al suo indirizzo, Eikhe mormorò a bassa voce: “Kalkos, pensaci tu. Un colpo di coda, grazie.”

Il cavallo, nitrendo e scuotendo divertito il muso, mosse la coda colpendo in pieno viso l’impreparato soldato.

Quest’ultimo imprecò contrariato, e si allontanò dall’animale con uno sguardo crucciato.

Sorridendo suo malgrado, Aken fece un cenno col capo a mo’ di ovazione e dichiarò: “Nulla da dire, è addestrato bene.”

“Lo so” rispose lei, aspramente. “E ora, vogliamo partire, o dobbiamo aspettare che il sole tramonti su questo giorno?”

“Do io gli ordini, signorina, se l’avessi dimenticato” precisò il principe, adombrandosi nuovamente prima di salire in sella a Rohan.

“Ma sono io che conosco la pista, non tu, principe” ribatté lei, accigliandosi al pari di Aken.

“Vorrà dire che mi consiglierai, ma nulla più” acconsentì lui a quel punto, dandole un buffetto sulla guancia con aria di superiorità.

Soffiando tra i denti per essere stata trattata come una bambina, Eikhe lo fissò con occhi che mandarono fiamme.

Aken rimase un po’ stupito nel rendersi conto, solo in quel momento, che la ragazza aveva singolari e splendenti occhi d’ambra.

Occhi gialli come quelli di un lupo.

Ripensando all’uomo della locanda e a Kaihle, non ravvide in loro una simile tonalità e, curioso, si chiese da dove potesse essere saltata fuori.

In quel particolare frangente, aveva un che di inquietante e rischiava di rasentare l’assurdo, se si pensava al grande lupo nero che la seguiva come un’ombra.

Gli stessi profondi occhi ambrati scintillavano sul suo muso ricoperto da bel pelo nero.

Con un brivido, Aken si chiese se la ragazza non avesse veramente sangue di lupo nelle vene, come raccontavano tante storie di paese.

Cercando di non farsi prendere da inutile nervosismo, il principe richiamò i suoi uomini perché si sbrigassero dopodiché, scrutata  Eikhe, chiese con voce piana: “Da che parte, ragazza?”

“Di là” accennò lei, muovendo la cavalcatura con un colpetto sul fianco del cavallo.

Affiancatala subito in testa al gruppo, Aken le domandò con sincero interesse: “Sei certa di ricordare la strada?”

“La percorro venti volte l’anno, principe, perciò credo di conoscerla abbastanza bene” celiò Eikhe, sollevando un sopracciglio con ironia.

“Come mai ci vai tante volte?” si informò lui, ora curioso.

“Il ‘sentiero dell’orso’, la via tra i monti che percorreremo per arrivare ad Anok Fort, è il percorso più breve per raggiungere i luoghi in cui vivono i bufali di montagna, che ci servono per fabbricare le coperte e i mantelli per l’inverno” gli spiegò, scrutando distrattamente il riflesso del proprio viso sulla lama del pugnale che aveva tolto dal suo fodero da stivale.

Guardandola accigliato, Aken non poté esimersi dal chiedere: “Sentiero dell’orso? E’ un nome casuale, o c’è un motivo?”

Osservandolo con un certo divertimento, Eikhe mormorò divertita: “Il potente principe delle pianure ha paura di un orso?”

Un basso brontolio si levò dalle fila degli uomini alle loro spalle ma Aken, azzittendoli con un cenno della mano, aggrottò la fronte e replicò con semplicità: “Un orso non dovrebbe turbare il mio pensiero? Se ci stai portando in una trappola, non aspettarti di uscirne viva, ragazzina.”

Aggrottando la fronte, Eikhe non ci pensò su due volte e, puntato il pugnale in direzione del principe, sibilò rabbiosa: “Una donna-lupo non mente mai! Ho ricevuto l’incarico di scortarti, principe, e io eseguo alla lettera gli ordini che mi vengono assegnati! Non sono come voi uomini, che tramate nell’ombra per ottenere ciò che volete, e tradireste persino vostra madre, al fine di giungere allo scopo!”

Colpito dalla sua sfrontatezza, e dal totale disinteresse per le spade che i suoi uomini snudarono per puntarle contro di lei, Aken la fissò in quegli occhi che sprizzavano scintille.

Levando lentamente una mano per chetare i suoi soldati, il principe replicò infuriato: “La tua sfacciataggine  è grande, marmocchia. Ti converrà non irritarmi, se non vuoi che ti sculacci!”

Sperando di spaventarla con il suo sguardo torvo, Aken ricevette una brutta sorpresa quando Eikhe, scoppiando a ridere di gusto, disse per contro: “Devi solo provarci, principe, e ti ritroverai senza mani!”

Alle sue crude parole seguì subito un ringhio sommesso.

Abbassando in fretta lo sguardo, Aken trovò ad attenderlo lo sguardo famelico del lupo della ragazza che, incuneato tra le loro cavalcature, lo stava scrutando in attesa di ricevere l’ordine per attaccare.

Scostando di colpo il suo stallone, il principe ringhiò rabbiosamente: “Attenta a quel che fai, ragazza!”

“Lo faccio sempre” decretò con estrema serietà, prima di schioccare la lingua e fare un cenno del capo al suo lupo.

Immediatamente, Nys partì di corsa scomparendo dinanzi a loro e Aken, confuso da quella mossa improvvisa, chiese sospettoso: “Dove va, ora?”

“In avanscoperta. La neve inibisce il suo olfatto, per cui si deve affidare agli occhi, per esserci d’aiuto” spiegò serafica Eikhe, tornando a guardare davanti a sé e senza più degnarlo di uno sguardo.

Sbuffando, Aken lasciò perdere la loro volubile guida e, ripreso che ebbero il loro cammino, rallentò l’andatura per farsi raggiungere da Farall.

“Se non fosse che ci serve il suo aiuto, la butterei nel primo dirupo disponibile. E’ insopportabile” si lagnò il principe, confidandosi con l’amico di vecchia data.

“E’ una ragazzina e, in quanto tale, è scorbutica e vuole fare la saccente. Però, non è male” commentò Farall, osservandole con un certo apprezzamento le gambe, messe in evidenza dalla corta gonna di pelle.

Storcendo il naso nel rendersi conto che le sue peggiori paure erano appena divenute realtà, Aken ribadì aspramente: “Smettila, maniaco! E’ solo una bambina!”

“Vallo a dire alle curve morbide che ha. Se non fosse per il suo lupo, ci farei un pensierino” ridacchiò piano il soldato, guadagnandosi per diretta conseguenza un’occhiataccia da parte del principe.

“Pensi che vi permetterei di toccarla? E’ la figlia di Kaihle, e la riporterò al suo villaggio senza che nessuno di voi le abbia torto un capello” brontolò Aken.

“E chi vuole torcerle i capelli?” commentò Farall, prima di dichiarare ironico: “Avanti, Aken, perché credi che se ne stiano rintanate nei boschi? E’ per comportarsi in maniera indecorosa, senza che nessuno dica loro niente!”

Storcendo il naso, Aken preferì non rispondere alle asserzioni di Farall.

Volgendo lo sguardo dinanzi a sé, osservò la schiena diritta di Eikhe e il suo portamento fiero mentre, con gesti sicuri, li accompagnava attraverso il bosco.

Chissà se quella ragazza era già scesa a valle per cercarsi un uomo, o se era troppo giovane per farlo?

Doveva avere all’incirca sedici anni, a giudicare dalla statura e dalla conformazione del fisico anche se, a dirla tutta, non poteva esserne sicuro.

Non se ne intendeva molto di giovani donne come lei.

Non poteva negare, comunque, che il lieve ondeggiare della sua treccia biondo-ramata fosse quasi ipnotico.

Soprattutto quando i radi raggi del sole filtravano nel bosco, illuminandola e facendola sembrare d’oro fresco di conio.

Come non poteva negare che il suo portamento in sella fosse elegante e indomito, degno di una guerriera quale lei sembrava essere, nonostante la giovane età.

Il grosso problema, però, era negare a se stesso che le gambe che poteva intravedere grazie al suo abbigliamento succinto, non fossero attraenti e degne di nota.

Quello sì che gli risultava difficile.

Scuotendo il capo di fronte a simili pensieri, Aken si chiese se il viaggio non l’avesse istupidito del tutto.

Adducendo come scusa alle sue divagazioni il fatto che Eikhe avesse un abbigliamento poco consono, portò la sua attenzione al bosco che li circondava.

Torvo, si chiese dove fosse andato a finire il lupo della ragazza.

Come a dar voce ai suoi pensieri, un ululato lontano si levò tra gli alberi ed Eikhe, rizzando le orecchie, si mosse lesta, poggiando i piedi sulla sella.

Lanciato poi uno sguardo veloce ad Aken, esclamò a gran voce: “Seguite il mio cavallo! Io vado avanti!”

“Ehi, aspetta!” esclamò per contro il principe, prima di vederla balzare agilmente dalla sella per afferrare un ramo d’albero e poi sparire alla sua vista, balzando da una pianta all’altra con l’abilità di uno scoiattolo.

Basiti, i suoi uomini fissarono prima lui, poi il cavallo della ragazza e Rias alla fine, fischiando sorpreso, esalò: “Ma come diavolo fa a muoversi così?”

“Non hai visto che peserà sì e no cinquanta chili, coi vestiti addosso?” ghignò aspro Gar, massaggiandosi un baffo con fare pensieroso. “Perché avrà avuto tanta fretta?”

Aggrottando pericolosamente la fronte, Aken decretò lapidario: “Non appena la troveremo, esigerò spiegazioni.”

Kinas, divertito dal cipiglio del principe, asserì: “Aken è furioso.”

“Direi di sì. Non è abituato ad avere a che fare con qualcuno che non gli obbedisce” commentò Lenar, ridacchiando.

“Proseguiamo” ringhiò Aken, al colmo dell’ira.

Avrebbe ricevuto spiegazioni, o l’avrebbe trattata come la marmocchia quale era.

***

Seduta su un masso in compagnia di Nys, Eikhe sorrise nel veder giungere il suo cavallo, subito seguito dalla compagnia di uomini del principe.

Avvicinatasi a Kalkos, lo accarezzò gentilmente, mormorando: “Mio buon amico, bravo. Li hai portati qui sani e salvi.”

Rivolgendo poi uno sguardo distratto ad Aken, aggiunse: “Ora la pista è sgombra.”

“Potrei sapere da cosa?” borbottò Aken, con voce bassa e resa roca dall’ira che covava dentro di lui.

Scrollando le spalle, Eikhe si limitò a dire: “Niente di che.”

Imprecando, il principe smontò di sella con un unico, fluido movimento e, paratosi dinanzi alla ragazza, si chinò verso di lei, sibilando rigido: “Esigo di sapere cosa è successo!”

Puntando i pugni sui fianchi, Eikhe replicò piccata: “Nulla che non potessi risolvere da sola!”

Soffiando rabbiosamente tra i denti, Aken non se lo fece ripetere due volte e, sotto gli occhi sorpresi di tutti, prese la ragazza e se la caricò su una spalla.

Tra le grida indignate di lei e le urla di giubilo degli uomini, si diresse verso un masso con tutta l’intenzione di mettere in pratica le sue minacce.

Quella marmocchia lo aveva davvero stancato!

“Maledizione, lasciami!” strillò lei, inviperita.

“Non ci penso neppure, stupida marmocchia che non sei altro” brontolò lui, prima di avvertire, alle sue spalle, un basso ringhio di avvertimento.

“Attento, principe!” gridò a quel punto Farall, mettendolo sull’avviso.

Imprecando vistosamente, Aken mollò subito la presa lasciando, cadere Eikhe un attimo prima che i denti di Nys si chiudessero sul suo avambraccio.

Osservando poi furioso lupo e padrona, esclamò: “Che diavolo gli prende?!”

Aggrappandosi a Nys perché non attaccasse ulteriormente, Eikhe disse nervosa: “Nys mi protegge da chiunque osi toccarmi, te compreso, principe.”

Sguainando la spada, Kinas  li fissò con sguardo torvo e borbottò: “Penso io al lupo, principe?”

Fissando rabbiosa il soldato, Eikhe estrasse la daga che portava legata dietro la schiena e, voltandosi in direzione dei soldati, disse per contro: “Toccate il mio lupo e, uomini del re o meno, io vi uccido tutti.”

I soldati risero sguaiati, di fronte a quella minaccia ma Aken, che ora poteva scorgere la ragazza di spalle, si accorse di un particolare che, in precedenza non aveva notato.

Torvo, perciò, le chiese: “Hai affrontato un orso, ragazza?”

Rinfoderando la daga quando tornò a scrutare il principe Aken , Eikhe annuì e disse semplicemente: “Era un  giovane orso, ma avrebbe potuto richiamare la madre, se fossimo arrivati tutti insieme coi cavalli, così io e Nys lo abbiamo allontanato.”

Pur aggrottando la fronte di fronte al racconto della ragazza, il principe non disse più nulla.

Annuendo, grata per il silenzio dell’uomo, Eikhe risalì sul suo cavallo e fece cenno a Nys di proseguire, mentre gli uomini la osservavano con il dubbio dipinto negli occhi.

Quando, però, i loro sguardi accusatori caddero sulla sua tunica lacerata, e sui segni inequivocabili di una zampata d’orso, le proteste scemarono fino a scivolare nel silenzio più assoluto.

Fu solo all’imbrunire che Eikhe fermò  la cavalcatura, in prossimità di una sorgiva riparata dal vento.

Aken, che non aveva più detto nulla di ciò che era successo – neppure durante una breve pausa per il pranzo –  la vide scendere da cavallo con il viso tirato da tensione e stanchezza.

Preferendo non aprire bocca per non farla irritare, si limitò a ordinare ai suoi uomini di montare le tende e accendere un fuoco per la notte.

Lanciandole solo brevi occhiate di tanto in tanto per capire se avesse bisogno del loro aiuto, Aken non poté esimersi dal prendere la parola quando la vide prepararsi un giaciglio sotto un albero.

Sorpreso, le chiese: “Non hai una tenda per ripararti dal freddo?”

Un po’ stupita di sentire la sua voce, lei lo fissò a occhi sgranati prima di dire: “Non ne ho bisogno. Sono solita dormire così.”

“E se dovesse nevicare?” replicò Aken, indicando il cielo con un dito.

“Non nevicherà” replicò lei, lanciando uno sguardo alle stelle che stavano comparendo all’orizzonte. “Non c’è vento, e il cielo è sgombro. Dormirò bene.”

“Testarda marmocchia” brontolò lui, volgendole le spalle mentre lei ridacchiava tra sé.

Accomodandosi sulla stuoia di pelle di montone, che aveva steso sotto l’albero come giaciglio, Eikhe volse le spalle agli uomini e sospirò.

Mentre il cavallo le faceva da scudo contro occhiate indiscrete, la ragazza si slacciò la tunica sfilacciata per controllare i danni lasciati dall’orso.

Rivolgendosi a Nys, chiese: “Com’è messa?”

Il lupo osservò la ferita arrossata ma che, fortunatamente, non stava sanguinando e, uggiolando lievemente, leccò la mano a Eikhe, facendola sorridere.

“Ottimo,… basterà un olio ammorbidente, allora” mormorò pensosa, prima di aggrottare la fronte non appena udì Nys ringhiare.

Restando a diversi passi dal cavallo, e tossicchiando per avvertire della sua presenza, Lenar, il più anziano del gruppo, esordì dicendo: “Ti serve aiuto per la ferita, ragazza?”

“Faccio da me” ringhiò caustica lei.

Ammorbidendo i tratti del viso con un sorriso sincero, Lenar tentò di nuovo.

“Ho una figlia della tua età, ragazza, non devi aver timore di me. Desidero solo aiutarti.”

Un po’ sorpresa, Eikhe fece un cenno a Nys di sdraiarsi al suo fianco e l’uomo, annuendo grato per quell’implicito invito, oltrepassò la barriera fornita dall’enorme figura del cavallo.

Inginocchiatosi alle spalle della ragazza, osservò la ferita sulla sua schiena, tastandola gentilmente con una mano.

Con occhio critico, Lenar annuì dopo un momento e disse: “Sei fortunata, non sembra aver fatto infezione, e non dovrebbero rimanere striature a malapena visibili. Hai un balsamo lenitivo?”

“Nella sacca” mormorò Eikhe, continuando a tenere la tunica sui seni, sempre pronta a reagire al minimo accenno di pericolo.

Annuendo, l’uomo cominciò a frugare nella sacca indicata, trovandovi ogni genere di medicinale e di medicazione e, un po’ confuso, chiese: “Tutte queste cose le preparate voi?”

“Quasi tutto. A Marhna, compriamo soltanto l’olio di callan, perché qui la pianta non riesce a crescere”  gli spiegò, sentendo le mani ruvide dell’uomo passare sulla ferita ancora dolente.

Stringendo i denti per il bruciore, si sentì dire: “Hai avuto coraggio, ad affrontare l’orso da sola.”

“Era piccolo, e c’era Nys, con me” si limitò a dire, come se nulla fosse.

Quando ebbe finito, Lenar le prese dalla sacca una tunica pulita e lei, voltandosi a mezzo, sorrise appena e disse: “Grazie della cortesia. Sarebbe stato difficile, farlo da sola.”

“Ringrazia il principe. E’ stato lui a dirmi di venire a prestarti aiuto. Pensava che, con me, saresti stata più a tuo agio” dichiarò l’uomo, sorprendendola.

Nel rivestirsi, Eikhe osservò Lenar allontanarsi per raggiungere i suoi compagni.

Non senza una certa curiosità, la ragazza si appoggiò alla schiena del suo cavallo per guardare la figura imponente del principe, seduto comodamente contro una pianta e intento a bersi del sidro speziato.

Non si sarebbe mai aspettata una simile cortesia, da quella sottospecie di pallone gonfiato.

Alla fin fine, forse si sentiva solo in colpa per averle dato della marmocchia.

Ridendo tra sé, Eikhe si sedette a mangiucchiare un po’ di carne secca prima di sdraiarsi e coprire se stessa e Nys con il suo mantello di pelle d’orso.

Era ben decisa a lasciare il pensiero di quegli uomini di pianura ben lontano dalla sua testa.

Kalkos, per evitarle spifferi durante quella notte fretta e stellata, si mise dietro di lei per scaldarla con il suo corpo e Lenar, osservando la scena da lontano, ridacchiò e disse ai suoi amici: “Lo credo anch’io, che non ha bisogno di una tenda! Quei due terrebbero al caldo una comitiva di persone!”

Aken osservò contrariato  il viso rilassato di Eikhe, poggiato su una delle sue sacche e maledettamente vicino al muso del lupo e, sbuffando, borbottò: “Se a lei sta bene così...”

Farall ghignò beffardo e, dandogli di gomito, mormorò: “Vorresti scaldarla tu, principe?”

Aken gli lanciò un’occhiata ferale e ringhiò: “Taci, Farall, prima che ti faccia ingoiare la mia sporta!”

“Piantala di dire idiozie, Farall. La ragazza ha fegato, e non merita le tue battutacce” rincarò la dose Lenar, lanciando un ceppo nel fuoco, che sfrigolò prepotente, sollevando scintille scarlatte nell’aria ormai gelida della notte.

“La sua ferita?” si informò subito Aken.

“Sta bene. Deve averla colpita solo di striscio” spiegò Lenar. “Mi chiedo solo perché sua madre l’abbia mandata con noi. Non è un po’ piccola?”

“A detta di Kaihle, è la migliore guida che potessimo trovare tra le montagne” dichiarò Aken, scrollando le spalle.

“Sarà, ma l’idea che abbia l’età di mia figlia non mi aiuta” borbottò Lenar, sbuffando.

“Perché? Vorresti rimboccarle le coperte? Il suo lupo ti mozzerebbe una mano, se tu ci provassi!” ridacchiò Rias, ingollando del sidro dalla sua borraccia.

“Razza di idiota…” brontolò Lenar. “… non mi stupisce che Syderna non ti voglia più vedere.”

Aggrottando subito la fronte, Rias mise mano al pugnale e replicò stizzito: “Ripetilo, se hai il coraggio!”

Sollevando una mano, Aken impose il silenzio e, grave, disse a tutti loro: “Smettetela di sbranarvi. Abbiamo una missione da compiere, e questo non comprende il vedervi scannare per opinioni discordanti. Andate a dormire. Farò io il primo turno di guardia.”

Brontolando, Rias rinfoderò il pugnale e se ne andò nella sua tenda mentre Lenar, lanciata un’ultima occhiata a Eikhe, si alzò ed entrò nella propria.

Aken  attese che tutti i suoi uomini si fossero ritirati per la notte, prima di alzarsi per fare un giro d’ispezione per il campo e montare per il suo turno di guardia.

Soffermandosi un momento dinanzi a Eikhe, studiò quel viso di bambina addormentata con occhi pensierosi.

In cuor suo, si chiese come avesse potuto, quel batuffolo di ragazzina, affrontare un orso.

Anche solo un cucciolo, come aveva precisato lei.

Davvero non comprendeva. Era così difficile crederlo.

Eppure, i segni che aveva scorto sotto la tunica erano i graffi di un orso, e non poteva neppure pensare che il suo lupo, per quanto forte, lo avesse scacciato da solo.

No, doveva averlo aiutato lei per forza. Il punto, era che, per lui, era inconcepibile.

Sistemandosi contro una pianta dopo aver abbandonato lo strano trio, la larga spada poggiata sulle gambe accavallate, Aken osservò meditabondo il fuoco.

Fiochi rumori della notte giungevano alle sue orecchie attente, mantenendolo desto.

In lontananza, verso est, una slavina si staccò da una fiancata del monte, scivolando innocua fino a fermarsi alle pendici degli alberi.

Poco distante da loro, nascosti alla vista ma non all’udito, Aken percepì alcuni cervi in cerca di cibo e acqua e, tra essi, riconobbe il richiamo inconfondibile di un maschio.

Chiusi gli occhi per meglio concentrarsi su ciò che lo attorniava, Aken li riaprì sorpreso un attimo dopo quando sentì un fruscio di fogliame nelle vicinanze.

Volgendosi in direzione di Eikhe, scorse la sagoma scura di Nys allontanarsi dopo aver guardato la sua padrona per un lungo istante.

Osservando dubbioso il viso in ombra della ragazza, vide i suoi denti lampeggiare in un sorriso, e il bianco dei suoi occhi brillare in risposta allo sfrigolio del fuoco, prima di svanire di colpo, sotto le palpebre abbassate.

Evidentemente, aveva lasciato andare a caccia il lupo.

In fondo, un po’ di carne fresca non avrebbe nuociuto alla loro dieta; nelle loro sacche avevano solo carne secca e gallette.

Un ben misero sostentamento, visto che non si erano ancora presi la briga di cacciare qualcosa.

A quel pensiero, Aken storse il naso.

Sicuramente, la ragazza glielo avrebbe fatto notare.

Sbuffando, si ripromise di risponderle a tono per non darle l’impressione di non avere il controllo della situazione, cosa che, in realtà, sapeva di non possedere più.

Da quando Eikhe aveva preso in mano le redini della spedizione, lui si era sentito uno stupido, per aver lasciato fare a una ragazzina.

Inoltre, si era lasciato impadronire dal senso di colpa per non aver pensato, in prima persona, alla sicurezza sua e dei suoi uomini.

Avrebbe dovuto immaginare che, su un sentiero con un simile nome, avrebbero potuto trovare degli orsi ad attenderli!

Invece, si era mantenuto saldo nella sua virilità offesa, e non l’aveva seguita per assicurarsi che non avesse bisogno di aiuto, scoprendo poi che era stata ferita per difenderli.

Se il padre fosse venuto a sapere del suo comportamento, lo avrebbe aspramente ripreso.

Prendersela per le cattive maniere di una ragazzina!

Doveva essere davvero arrivato al fondo del barile, per comportarsi così.

Eppure… eppure, sentire la superiorità e la sicurezza nella voce di quello scricciolo di ragazza, lo aveva fatto sentire talmente inadatto al suo compito da infuriarsi con lei.

In un colpo solo, aveva mandato al diavolo tutta l’educazione che il suo precettore aveva faticato tanto per insegnargli.

Eikhe si stava dimostrando così maledettamente diversa da tutte le altre donne che, nel corso degli anni, aveva conosciuto che, alla fine dell’opera, non sapeva come relazionarsi con lei.

L’unica cosa che capiva era che, se avessero voluto giungere ad Anok Fort senza scannarsi, avrebbero dovuto entrambi darsi una calmata.

Ma era così difficile farlo, quando lei rifuggiva tutte le regole che era stato abituato a seguire fin da piccolo.

Servire e proteggere le donne.

Già, come farlo, con quella piccola peste urlante, e il suo lupo dai denti perennemente snudati?

Parlare con proprietà, e senza mai eccedere.

E come, se ogni suo atto lo spingeva a strangolarla, o abbaiarle contro in preda all’ira?

Non toccare mai una donna, neppure sotto la spinta dell’ira.

Al primo giorno, aveva già cercato di sculacciarla. Figurarsi alla fine della campagna, cosa sarebbe potuto succedere!

Passandosi una mano sul viso stanco, Aken tornò con lo sguardo alla loro guida e, con sua somma sorpresa, la ritrovò accucciata contro il cavallo.

Il suo viso appariva imbronciato e le mani erano raccolte a pugno, quasi che la mancanza del lupo le pesasse anche nel sonno.

Chissà che genere di legame c’era tra loro, per spingerla a difenderlo come, poche ore prima, aveva fatto senza alcun timore per la propria vita?

Anche lui era affezionato ai suoi cani da caccia e al suo stallone, ma non era la stessa cosa. Ne era sicuro.

Eikhe poteva comprendere ciò che diceva il suo lupo, e viceversa, il che la metteva su un livello molto superiore al suo.

Chissà cosa le diceva lui, quando erano soli? Come sapeva confortarla con una sola occhiata?

Riscuotendosi da quei pensieri quando udì il lupo tornare, Aken lo vide trascinare un cervo di media stazza, ancorato ai suoi denti affilati.

Alzatosi subito per aiutarlo, si vide ringhiare contro con asprezza.

Comprendendo non fosse il caso di aizzarlo ulteriormente, sollevò le mani in segno di resa e se ne tornò al suo posto, mentre Nys svegliava Eikhe leccandole il viso.

Lei si risvegliò mugugnando qualcosa ma, quando vide il muso del suo lupo, si aprì in un sorriso e lo abbracciò, incurante del fatto che fosse inzuppato di sangue.

Sporcandosi a sua volta, Eikhe rise prima di osservare il cervo morto e dire: “Sei stato bravo, complimenti.”

Nys scodinzolò contento ed Eikhe, preso il coltello, lanciò solo un veloce sguardo ad Aken prima di sedersi a gambe incrociate vicino alla preda.

Con un colpo secco, poi, affondò il coltello alla base del collo dell’animale e spinse.

Attenta, Eikhe lacerò la pelle fino all’inguine e, sotto lo sguardo attonito di Aken, lo aprì con un unico, fluido movimento.

Caparbiamente, cominciò a strattonare la pelliccia per staccarla dal muscolo, ben intenzionata a scuoiarlo.

Sporcandosi ulteriormente di sangue, la ragazza non prestò minimamente attenzione alle occhiate stupite di Aken e, concentrandosi solo sull’animale, mormorò a Nys: “Tienigli ferma la testa.”

Messasi in posizione, cominciò a tirare dopodiché, lacerata anche la pelle sulle zampe, completò il lavoro liberando l’animale dalla sua pelliccia morbida.

Appesala a un ramo basso, Eikhe iniziò a eviscerare il cervo, mettendo provvisoriamente le interiora su una distesa di foglie secche.

Fatto ciò, lo tranciò a pezzi e lo ripulì dal terriccio alla sorgente d’acqua.

Soddisfatta, lasciò che Nys si cibasse dei resti inutilizzabili.

Poggiati infine i pezzi di carne su un panno oleato, che estrasse dalla sua sacca, ve li avvolse con cura.

Per un attimo, osservò la pelle stesa sul ramo prima di scrollare le spalle e dire, rivolta a Nys: “Mi sa che dovremo buttarla… un vero peccato. Mi avrebbe fruttato un bel gruzzolo.”

“Sembri un barbaro, così conciata” celiò Aken dietro di lei, facendola sobbalzare.

Guardandosi, Eikhe notò le macchie di sangue sulla tunica e sulla pelle abbronzata e, liberandosi in una risatina divertita, disse: “Mi laverò alla sorgente… prometti di non guardarmi?”

“Non spio le bambine” brontolò lui, distogliendo lo sguardo.

Lei si limitò a fargli la lingua prima di dirigersi alla sorgente.

Lì, si tolse la tunica ed entrò nell’acqua gelida emettendo uno squittio di sorpresa, e affondando subito dopo nella polla.

Immergendo anche la tunica, la lavò dal sangue, lanciando di tanto in tanto occhiate dubbiose in direzione di Aken.

Quando ebbe terminato, chiamò Nys per consegnargli la tunica da portare dinanzi al fuoco e, uscita che fu dall’acqua, si affrettò ad asciugarsi con un telo prima di indossare il suo cambio d’abito.

Sentendosi nuovamente pulita e in ordine, Eikhe si avvicinò al fuoco per asciugarsi i capelli e Aken, sbirciandole il viso rosso, le chiese: “Non hai avuto freddo?”

“Sono quasi congelata, in effetti, ma detesto sentirmi sporca” ammise con candore, frizionandosi i capelli con forza.

Ora che li aveva sciolti, Aken scoprì che le giungevano fin oltre la vita e che, come pensava, una volta asciutti, erano vaporosi e mossi come spuma marina.

Attirato dalle calde luminosità di quelle ciocche ramate, Aken quasi non si accorse della domanda di Eikhe.

Riscuotendosi dal suo pellegrinaggio mentale sui capelli della ragazza, borbottò: “Puoi ripetere, scusa?”

Scrollando le spalle, lei domandò nuovamente: “Perché hai mandato Lenar, prima?”

“Ho pensato che ti saresti maggiormente fidata di un uomo dell’età di tuo padre, piuttosto che di uno di noi” si limitò a dire, scrollando le spalle.

Annuendo, lei lo sbirciò in viso da sotto le ciglia bionde, e mormorò divertita: “Già, specialmente considerando che, durante tutta la giornata, non avete fatto altro che guardarmi le gambe.”

 Accigliandosi per quel commento, Aken replicò astioso: “E tu vestiti maggiormente, se non vuoi sentirti addosso gli occhi di tutti!”

Lei si limitò a sorridere, sinceramente sorpresa e, socchiudendo gli occhi, dichiarò: “Cosa ci troverete, poi, di così interessante...”

Sinceramente sbalordito, lui replicò: “Si capisce da uscite simili, che sei solo una bambina.”

Piccata, lei borbottò: “Ho diciassette anni, non due mesi, per tua norma e regola, e sono donna da almeno quattro, se vogliamo spaccare il capello in quattro!”

“Oh, ma davvero?” brontolò il principe, sorpreso che non provasse vergogna nel parlare di cose simili.

Neppure sua sorella si sarebbe sbilanciata tanto, con lui.

“Non ho remore a dirtelo. Non credo tu sia così ignorante, in fatto di donne, principe… o, almeno, lo spero per te e per la tua futura sposa” ribatté lei, facendolo infuriare.

“So molte più cose di te, sulle donne!” bofonchiò Aken, rigido come un fuso.

“Non penso proprio, ma ti lascerò crogiolare nelle tue certezze” sorrise ironica lei, prima di vedersi raggiungere da Nys.

Incuneandosi sotto il suo braccio, Nys uggiolò ed Eikhe, abbracciatolo, affondò il viso nel suo bel pelo nero e mormorò: “No, Nys, il principe non mi angustia affatto, stai tranquillo. Niente di quello che dice, può realmente toccarmi.”

Assottigliando le iridi smeraldine, Aken fu tentato di mandarla al diavolo ma, con Nys lì accanto, si trattenne dal farlo.

Dubbioso, però, continuò a guardare i due, chiedendosi ancora una volta se Eikhe, in realtà, non fosse un lupo mancato.

  
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