3.
Dal libro delle Reminiscenze
L’addio di Hevos a Hyo
Hyo partorì una
bimba dai chiari capelli e gli occhi dorati, retaggio di entrambi i genitori.
Baciando la
figlia sulla fronte, il dio-lupo disse orgoglioso: “Porterai con te la mia
eredità, mio amore prediletto. Con te vivono le mie speranze e i miei sogni,
poiché il mio tempo qui è ormai giunto al termine, e sarai tu a godere le gioie
di questo mondo mortale al posto mio.”
Ormai pronta a
quanto la aspettava – da mesi, Hevos l’aveva preparata per quella separazione
definitiva quanto inevitabile – , Hyo si strinse un momento al dio.
“Questa è davvero
l’ultima volta che ci vediamo, vero?”
“Sì, mia amata
Hyo, almeno in questa forma. Non mi è più concesso prendere forma umana, ormai,
ma sappi che io sarò in te, e in lei” le
sorrise il dio, prima di riconsegnarle
la figlia e aggiungere:“ Non sarete mai sole, e i lupi vi saranno amici e
compagni.”
“Non so se sarò
capace di fare tutto da sola. E se non fossi in grado di scegliere per il
meglio per entrambe?” gli domandò Hyo, stringendo a sé la figlia e guardando
spaventata il volto immortale e triste di Hevos.
Cominciando ad avvertire
prepotente la stanchezza, il dio si piegò su un ginocchio, sfiorando la candida
neve che ricopriva il prato dinanzi la sua casa tra i monti.
Ansante, mormorò
alla compagna: “Ciò che porti con te, ti guiderà nella scelta. Hai il dono di
poter comprendere a chi concedere il tuo amore, ma presta attenzione, mia
adorata! Molti cercheranno di dirti cosa fare, poiché sei donna. Io voglio per
te un futuro diverso dalla semplice e cieca obbedienza per cui, anche se i tuoi
occhi ti diranno diversamente, basati sempre sul tuo istinto, perché esso ti
guiderà nella giusta direzione.”
“Sì, lo farò”
annuì alla fine lei, baciando la figlia sui capelli prima di sorridere più
fiduciosa a Hevos.
Inginocchiatasi
dinanzi a lui, sfiorò le sue labbra ormai fredde con un casto bacio e aggiunse
con coraggio: “Insegnerò a nostra figlia quanto l’hai desiderata e amata. Saprà
sempre quanto suo padre sia stato buono e amorevole con entrambe noi.”
Carezzandole il
viso con il dorso della mano, Hevos allora sorrise.
“I tuoi occhi,
che ho voluto per te così simili ai miei, saranno il nostro legame. Da essi,
capirò che c’è il tuo sangue nelle figlie e nei figli che verranno dalla tua
stirpe… e dalla mia.”
Hyo annuì e sussurrò:
“Proteggerò i miei figli e le mie figlie con l’aiuto della forza che mi hai
dato, e con il coraggio che il tuo amore ha forgiato in me.”
Annuendo, il
giovane dio la lasciò dunque tornare nel mondo degli uomini, ben sapendo di non
poter indugiare oltre e, con un sospiro, tornò alla sua casa immortale per non
uscirne più in forma umana.
***
Ritta e fiera sulla sella
del suo baio, Eikhe era pronta per partire.
Paziente, osservò il gruppo
di soldati approssimarsi alle proprie cavalcature per riprendere il viaggio
verso Anok Fort.
Levatasi all’arrivo
dell’alba, Eikhe aveva caricato le proprie sacche sul cavallo prima di
ragguagliare la madre sul percorso che avrebbe intrapreso.
Qualora fosse stato necessario,
era preferibile che almeno una donna-lupo conoscesse le sue mosse e, nel caso
specifico, chi meglio della madre?
Lanciato uno sguardo al
principe, ombroso in viso sin da quando l’aveva visto uscire dalla casa dove
aveva riposato quella notte, Eikhe si chiese se disprezzasse la loro presenza.
Forse, semplicemente, trovava
assurda l’idea di fidarsi di una donna, per un simile compito.
Con un sorriso ironico
dipinto sul viso, fece avvicinare il proprio cavallo al suo e disse:
“Buongiorno, principe.”
Sollevando lo sguardo per
osservarla, Aken la scrutò meditabondo
per alcuni attimi prima di rendersi conto di un particolare non da poco e che, sicuramente, avrebbe creato parecchi problemi
fra i suoi uomini.
Osservandole la corta gonna
di pelle, che indossava sopra alti stivali al ginocchio, il giovane principe esordì
torvo: “Buongiorno a te. Sicura di non avere freddo, così abbigliata?”
Scrutando le gambe libere
dalla costrizione dei pantaloni, Eikhe scrollò le spalle e disse: “Affatto. Tu,
invece, hai freddo?”
“Sono abituato ad altri
climi” scrollò le spalle lui,
allacciando saldamente la sella.
“Perché, allora, non mi poni
la vera domanda che ti ronzava in testa, principe?” sorrise sorniona la
giovane.
Aken si accigliò leggermente
a quel commento – che il suo viso fosse divenuto di colpo trasparente? – ma
preferì non aprire bocca in merito, chiedendo piuttosto: “Il tuo cavallo non ha
morso né briglie. Sei certa di poterlo guidare?”
Scrollando le spalle come a
voler liquidare l’argomento abbigliamento, Eikhe rispose succintamente al
principe.
“Lui non ha bisogno di nulla.
Esegue solo quello che gli dico.”
“Ma davvero?” celiò
sprezzante uno dei soldati, alle loro spalle.
Voltandosi a mezzo, Eikhe lo
squadrò malamente prima di dire: “L’ho addestrato di mia mano, e non ha bisogno
di nient’altro che della mia voce”
Sorridendo vendicativa non
appena vide il soldato sghignazzare al suo indirizzo, Eikhe mormorò a bassa
voce: “Kalkos, pensaci tu. Un colpo di coda, grazie.”
Il cavallo, nitrendo e
scuotendo divertito il muso, mosse la coda colpendo in pieno viso l’impreparato
soldato.
Quest’ultimo imprecò
contrariato, e si allontanò dall’animale con uno sguardo crucciato.
Sorridendo suo malgrado,
Aken fece un cenno col capo a mo’ di ovazione e dichiarò: “Nulla da dire, è
addestrato bene.”
“Lo so” rispose lei, aspramente.
“E ora, vogliamo partire, o dobbiamo aspettare che il sole tramonti su questo
giorno?”
“Do io gli ordini,
signorina, se l’avessi dimenticato” precisò il principe, adombrandosi
nuovamente prima di salire in sella a Rohan.
“Ma sono io che conosco la
pista, non tu, principe” ribatté lei, accigliandosi al pari di Aken.
“Vorrà dire che mi
consiglierai, ma nulla più” acconsentì lui a quel punto, dandole un buffetto
sulla guancia con aria di superiorità.
Soffiando tra i denti per
essere stata trattata come una bambina, Eikhe lo fissò con occhi che mandarono
fiamme.
Aken rimase un po’ stupito
nel rendersi conto, solo in quel momento, che la ragazza aveva singolari e
splendenti occhi d’ambra.
Occhi gialli come quelli di
un lupo.
Ripensando all’uomo della
locanda e a Kaihle, non ravvide in loro una simile tonalità e, curioso, si
chiese da dove potesse essere saltata fuori.
In quel particolare
frangente, aveva un che di inquietante e rischiava di rasentare l’assurdo, se
si pensava al grande lupo nero che la seguiva come un’ombra.
Gli stessi profondi occhi
ambrati scintillavano sul suo muso ricoperto da bel pelo nero.
Con un brivido, Aken si
chiese se la ragazza non avesse veramente sangue di lupo nelle vene, come
raccontavano tante storie di paese.
Cercando di non farsi
prendere da inutile nervosismo, il principe richiamò i suoi uomini perché si
sbrigassero dopodiché, scrutata Eikhe,
chiese con voce piana: “Da che parte, ragazza?”
“Di là” accennò lei,
muovendo la cavalcatura con un colpetto sul fianco del cavallo.
Affiancatala subito in testa
al gruppo, Aken le domandò con sincero interesse: “Sei certa di ricordare la
strada?”
“La percorro venti volte
l’anno, principe, perciò credo di conoscerla abbastanza bene” celiò Eikhe,
sollevando un sopracciglio con ironia.
“Come mai ci vai tante
volte?” si informò lui, ora curioso.
“Il ‘sentiero dell’orso’, la via tra i monti che percorreremo per
arrivare ad Anok Fort, è il percorso più breve per raggiungere i luoghi in cui vivono
i bufali di montagna, che ci servono per fabbricare le coperte e i mantelli per
l’inverno” gli spiegò, scrutando distrattamente il riflesso del proprio viso
sulla lama del pugnale che aveva tolto dal suo fodero da stivale.
Guardandola accigliato, Aken
non poté esimersi dal chiedere: “Sentiero dell’orso? E’ un nome casuale, o c’è
un motivo?”
Osservandolo con un certo
divertimento, Eikhe mormorò divertita: “Il potente principe delle pianure ha
paura di un orso?”
Un basso brontolio si levò
dalle fila degli uomini alle loro spalle ma Aken, azzittendoli con un cenno
della mano, aggrottò la fronte e replicò con semplicità: “Un orso non dovrebbe
turbare il mio pensiero? Se ci stai portando in una trappola, non aspettarti di
uscirne viva, ragazzina.”
Aggrottando la fronte, Eikhe
non ci pensò su due volte e, puntato il pugnale in direzione del principe, sibilò
rabbiosa: “Una donna-lupo non mente mai! Ho ricevuto l’incarico di scortarti,
principe, e io eseguo alla lettera gli ordini che mi vengono assegnati! Non
sono come voi uomini, che tramate nell’ombra per ottenere ciò che volete, e
tradireste persino vostra madre, al fine di giungere allo scopo!”
Colpito dalla sua
sfrontatezza, e dal totale disinteresse per le spade che i suoi uomini snudarono
per puntarle contro di lei, Aken la fissò in quegli occhi che sprizzavano
scintille.
Levando lentamente una mano
per chetare i suoi soldati, il principe replicò infuriato: “La tua
sfacciataggine è grande, marmocchia. Ti
converrà non irritarmi, se non vuoi che ti sculacci!”
Sperando di spaventarla con
il suo sguardo torvo, Aken ricevette una brutta sorpresa quando Eikhe,
scoppiando a ridere di gusto, disse per contro: “Devi solo provarci, principe,
e ti ritroverai senza mani!”
Alle sue crude parole seguì
subito un ringhio sommesso.
Abbassando in fretta lo
sguardo, Aken trovò ad attenderlo lo sguardo famelico del lupo della ragazza
che, incuneato tra le loro cavalcature, lo stava scrutando in attesa di
ricevere l’ordine per attaccare.
Scostando di colpo il suo
stallone, il principe ringhiò rabbiosamente: “Attenta a quel che fai, ragazza!”
“Lo faccio sempre” decretò
con estrema serietà, prima di schioccare la lingua e fare un cenno del capo al
suo lupo.
Immediatamente, Nys partì di
corsa scomparendo dinanzi a loro e Aken, confuso da quella mossa improvvisa,
chiese sospettoso: “Dove va, ora?”
“In avanscoperta. La neve
inibisce il suo olfatto, per cui si deve affidare agli occhi, per esserci
d’aiuto” spiegò serafica Eikhe, tornando a guardare davanti a sé e senza più
degnarlo di uno sguardo.
Sbuffando, Aken lasciò
perdere la loro volubile guida e, ripreso che ebbero il loro cammino, rallentò
l’andatura per farsi raggiungere da Farall.
“Se non fosse che ci serve
il suo aiuto, la butterei nel primo dirupo disponibile. E’ insopportabile” si
lagnò il principe, confidandosi con l’amico di vecchia data.
“E’ una ragazzina e, in
quanto tale, è scorbutica e vuole fare la saccente. Però, non è male” commentò
Farall, osservandole con un certo apprezzamento le gambe, messe in evidenza
dalla corta gonna di pelle.
Storcendo il naso nel
rendersi conto che le sue peggiori paure erano appena divenute realtà, Aken ribadì
aspramente: “Smettila, maniaco! E’ solo una bambina!”
“Vallo a dire alle curve
morbide che ha. Se non fosse per il suo lupo, ci farei un pensierino” ridacchiò
piano il soldato, guadagnandosi per diretta conseguenza un’occhiataccia da
parte del principe.
“Pensi che vi permetterei di
toccarla? E’ la figlia di Kaihle, e la riporterò al suo villaggio senza che
nessuno di voi le abbia torto un capello” brontolò Aken.
“E chi vuole torcerle i
capelli?” commentò Farall, prima di dichiarare ironico: “Avanti, Aken, perché
credi che se ne stiano rintanate nei boschi? E’ per comportarsi in maniera
indecorosa, senza che nessuno dica loro niente!”
Storcendo il naso, Aken
preferì non rispondere alle asserzioni di Farall.
Volgendo lo sguardo dinanzi
a sé, osservò la schiena diritta di Eikhe e il suo portamento fiero mentre, con
gesti sicuri, li accompagnava attraverso il bosco.
Chissà se quella ragazza era
già scesa a valle per cercarsi un uomo, o se era troppo giovane per farlo?
Doveva avere all’incirca
sedici anni, a giudicare dalla statura e dalla conformazione del fisico anche
se, a dirla tutta, non poteva esserne sicuro.
Non se ne intendeva molto di
giovani donne come lei.
Non poteva negare, comunque,
che il lieve ondeggiare della sua treccia biondo-ramata fosse quasi ipnotico.
Soprattutto quando i radi
raggi del sole filtravano nel bosco, illuminandola e facendola sembrare d’oro
fresco di conio.
Come non poteva negare che
il suo portamento in sella fosse elegante e indomito, degno di una guerriera
quale lei sembrava essere, nonostante la giovane età.
Il grosso problema, però,
era negare a se stesso che le gambe che poteva intravedere grazie al suo
abbigliamento succinto, non fossero attraenti e degne di nota.
Quello sì che gli risultava
difficile.
Scuotendo il capo di fronte
a simili pensieri, Aken si chiese se il viaggio non l’avesse istupidito del
tutto.
Adducendo come scusa alle
sue divagazioni il fatto che Eikhe avesse un abbigliamento poco consono, portò
la sua attenzione al bosco che li circondava.
Torvo, si chiese dove fosse
andato a finire il lupo della ragazza.
Come a dar voce ai suoi
pensieri, un ululato lontano si levò tra gli alberi ed Eikhe, rizzando le
orecchie, si mosse lesta, poggiando i piedi sulla sella.
Lanciato poi uno sguardo
veloce ad Aken, esclamò a gran voce: “Seguite il mio cavallo! Io vado avanti!”
“Ehi, aspetta!” esclamò per
contro il principe, prima di vederla balzare agilmente dalla sella per
afferrare un ramo d’albero e poi sparire alla sua vista, balzando da una pianta
all’altra con l’abilità di uno scoiattolo.
Basiti, i suoi uomini
fissarono prima lui, poi il cavallo della ragazza e Rias alla fine, fischiando
sorpreso, esalò: “Ma come diavolo fa a muoversi così?”
“Non hai visto che peserà sì
e no cinquanta chili, coi vestiti addosso?” ghignò aspro Gar, massaggiandosi un
baffo con fare pensieroso. “Perché avrà avuto tanta fretta?”
Aggrottando pericolosamente
la fronte, Aken decretò lapidario: “Non appena la troveremo, esigerò
spiegazioni.”
Kinas, divertito dal
cipiglio del principe, asserì: “Aken è furioso.”
“Direi di sì. Non è abituato
ad avere a che fare con qualcuno che non gli obbedisce” commentò Lenar,
ridacchiando.
“Proseguiamo” ringhiò Aken,
al colmo dell’ira.
Avrebbe ricevuto
spiegazioni, o l’avrebbe trattata come la marmocchia quale era.
***
Seduta su un masso in
compagnia di Nys, Eikhe sorrise nel veder giungere il suo cavallo, subito
seguito dalla compagnia di uomini del principe.
Avvicinatasi a Kalkos, lo
accarezzò gentilmente, mormorando: “Mio buon amico, bravo. Li hai portati qui
sani e salvi.”
Rivolgendo poi uno sguardo
distratto ad Aken, aggiunse: “Ora la pista è sgombra.”
“Potrei sapere da cosa?” borbottò
Aken, con voce bassa e resa roca dall’ira che covava dentro di lui.
Scrollando le spalle, Eikhe si
limitò a dire: “Niente di che.”
Imprecando, il principe smontò
di sella con un unico, fluido movimento e, paratosi dinanzi alla ragazza, si
chinò verso di lei, sibilando rigido: “Esigo di sapere cosa è successo!”
Puntando i pugni sui
fianchi, Eikhe replicò piccata: “Nulla che non potessi risolvere da sola!”
Soffiando rabbiosamente tra
i denti, Aken non se lo fece ripetere due volte e, sotto gli occhi sorpresi di
tutti, prese la ragazza e se la caricò su una spalla.
Tra le grida indignate di
lei e le urla di giubilo degli uomini, si diresse verso un masso con tutta
l’intenzione di mettere in pratica le sue minacce.
Quella marmocchia lo aveva
davvero stancato!
“Maledizione, lasciami!”
strillò lei, inviperita.
“Non ci penso neppure,
stupida marmocchia che non sei altro” brontolò lui, prima di avvertire, alle
sue spalle, un basso ringhio di avvertimento.
“Attento, principe!” gridò a
quel punto Farall, mettendolo sull’avviso.
Imprecando vistosamente,
Aken mollò subito la presa lasciando, cadere Eikhe un attimo prima che i denti
di Nys si chiudessero sul suo avambraccio.
Osservando poi furioso lupo
e padrona, esclamò: “Che diavolo gli prende?!”
Aggrappandosi a Nys perché
non attaccasse ulteriormente, Eikhe disse nervosa: “Nys mi protegge da chiunque
osi toccarmi, te compreso, principe.”
Sguainando la spada, Kinas li fissò con sguardo torvo e borbottò: “Penso
io al lupo, principe?”
Fissando rabbiosa il
soldato, Eikhe estrasse la daga che portava legata dietro la schiena e, voltandosi
in direzione dei soldati, disse per contro: “Toccate il mio lupo e, uomini del
re o meno, io vi uccido tutti.”
I soldati risero sguaiati,
di fronte a quella minaccia ma Aken, che ora poteva scorgere la ragazza di
spalle, si accorse di un particolare che, in precedenza non aveva notato.
Torvo, perciò, le chiese:
“Hai affrontato un orso, ragazza?”
Rinfoderando la daga quando
tornò a scrutare il principe Aken , Eikhe annuì e disse semplicemente: “Era
un giovane orso, ma avrebbe potuto
richiamare la madre, se fossimo arrivati tutti insieme coi cavalli, così io e
Nys lo abbiamo allontanato.”
Pur aggrottando la fronte di
fronte al racconto della ragazza, il principe non disse più nulla.
Annuendo, grata per il silenzio
dell’uomo, Eikhe risalì sul suo cavallo e fece cenno a Nys di proseguire,
mentre gli uomini la osservavano con il dubbio dipinto negli occhi.
Quando, però, i loro sguardi
accusatori caddero sulla sua tunica lacerata, e sui segni inequivocabili di una
zampata d’orso, le proteste scemarono fino a scivolare nel silenzio più
assoluto.
Fu solo all’imbrunire che
Eikhe fermò la cavalcatura, in
prossimità di una sorgiva riparata dal vento.
Aken, che non aveva più
detto nulla di ciò che era successo – neppure durante una breve pausa per il
pranzo – la vide scendere da cavallo con
il viso tirato da tensione e stanchezza.
Preferendo non aprire bocca
per non farla irritare, si limitò a ordinare ai suoi uomini di montare le tende
e accendere un fuoco per la notte.
Lanciandole solo brevi
occhiate di tanto in tanto per capire se avesse bisogno del loro aiuto, Aken non
poté esimersi dal prendere la parola quando la vide prepararsi un giaciglio
sotto un albero.
Sorpreso, le chiese: “Non
hai una tenda per ripararti dal freddo?”
Un po’ stupita di sentire la
sua voce, lei lo fissò a occhi sgranati prima di dire: “Non ne ho bisogno. Sono
solita dormire così.”
“E se dovesse nevicare?”
replicò Aken, indicando il cielo con un dito.
“Non nevicherà” replicò lei,
lanciando uno sguardo alle stelle che stavano comparendo all’orizzonte. “Non
c’è vento, e il cielo è sgombro. Dormirò bene.”
“Testarda marmocchia”
brontolò lui, volgendole le spalle mentre lei ridacchiava tra sé.
Accomodandosi sulla stuoia
di pelle di montone, che aveva steso sotto l’albero come giaciglio, Eikhe volse
le spalle agli uomini e sospirò.
Mentre il cavallo le faceva
da scudo contro occhiate indiscrete, la ragazza si slacciò la tunica
sfilacciata per controllare i danni lasciati dall’orso.
Rivolgendosi a Nys, chiese:
“Com’è messa?”
Il lupo osservò la ferita
arrossata ma che, fortunatamente, non stava sanguinando e, uggiolando
lievemente, leccò la mano a Eikhe, facendola sorridere.
“Ottimo,… basterà un olio
ammorbidente, allora” mormorò pensosa, prima di aggrottare la fronte non appena
udì Nys ringhiare.
Restando a diversi passi dal
cavallo, e tossicchiando per avvertire della sua presenza, Lenar, il più
anziano del gruppo, esordì dicendo: “Ti serve aiuto per la ferita, ragazza?”
“Faccio da me” ringhiò
caustica lei.
Ammorbidendo i tratti del
viso con un sorriso sincero, Lenar tentò di nuovo.
“Ho una figlia della tua
età, ragazza, non devi aver timore di me. Desidero solo aiutarti.”
Un po’ sorpresa, Eikhe fece
un cenno a Nys di sdraiarsi al suo fianco e l’uomo, annuendo grato per
quell’implicito invito, oltrepassò la barriera fornita dall’enorme figura del
cavallo.
Inginocchiatosi alle spalle
della ragazza, osservò la ferita sulla sua schiena, tastandola gentilmente con
una mano.
Con occhio critico, Lenar
annuì dopo un momento e disse: “Sei fortunata, non sembra aver fatto infezione,
e non dovrebbero rimanere striature a malapena visibili. Hai un balsamo
lenitivo?”
“Nella sacca” mormorò Eikhe,
continuando a tenere la tunica sui seni, sempre pronta a reagire al minimo
accenno di pericolo.
Annuendo, l’uomo cominciò a
frugare nella sacca indicata, trovandovi ogni genere di medicinale e di
medicazione e, un po’ confuso, chiese: “Tutte queste cose le preparate voi?”
“Quasi tutto. A Marhna,
compriamo soltanto l’olio di callan, perché qui la pianta non riesce a
crescere” gli spiegò, sentendo le mani
ruvide dell’uomo passare sulla ferita ancora dolente.
Stringendo i denti per il
bruciore, si sentì dire: “Hai avuto coraggio, ad affrontare l’orso da sola.”
“Era piccolo, e c’era Nys,
con me” si limitò a dire, come se nulla fosse.
Quando ebbe finito, Lenar le
prese dalla sacca una tunica pulita e lei, voltandosi a mezzo, sorrise appena e
disse: “Grazie della cortesia. Sarebbe stato difficile, farlo da sola.”
“Ringrazia il principe. E’
stato lui a dirmi di venire a prestarti aiuto. Pensava che, con me, saresti
stata più a tuo agio” dichiarò l’uomo, sorprendendola.
Nel rivestirsi, Eikhe
osservò Lenar allontanarsi per raggiungere i suoi compagni.
Non senza una certa
curiosità, la ragazza si appoggiò alla schiena del suo cavallo per guardare la
figura imponente del principe, seduto comodamente contro una pianta e intento a
bersi del sidro speziato.
Non si sarebbe mai aspettata
una simile cortesia, da quella sottospecie di pallone gonfiato.
Alla fin fine, forse si
sentiva solo in colpa per averle dato della marmocchia.
Ridendo tra sé, Eikhe si
sedette a mangiucchiare un po’ di carne secca prima di sdraiarsi e coprire se
stessa e Nys con il suo mantello di pelle d’orso.
Era ben decisa a lasciare il
pensiero di quegli uomini di pianura ben lontano dalla sua testa.
Kalkos, per evitarle
spifferi durante quella notte fretta e stellata, si mise dietro di lei per
scaldarla con il suo corpo e Lenar, osservando la scena da lontano, ridacchiò e
disse ai suoi amici: “Lo credo anch’io, che non ha bisogno di una tenda! Quei
due terrebbero al caldo una comitiva di persone!”
Aken osservò contrariato il viso rilassato di Eikhe, poggiato su una
delle sue sacche e maledettamente vicino al muso del lupo e, sbuffando, borbottò:
“Se a lei sta bene così...”
Farall ghignò beffardo e,
dandogli di gomito, mormorò: “Vorresti scaldarla tu, principe?”
Aken gli lanciò un’occhiata
ferale e ringhiò: “Taci, Farall, prima che ti faccia ingoiare la mia sporta!”
“Piantala di dire idiozie,
Farall. La ragazza ha fegato, e non merita le tue battutacce” rincarò la dose
Lenar, lanciando un ceppo nel fuoco, che sfrigolò prepotente, sollevando
scintille scarlatte nell’aria ormai gelida della notte.
“La sua ferita?” si informò
subito Aken.
“Sta bene. Deve averla
colpita solo di striscio” spiegò Lenar. “Mi chiedo solo perché sua madre
l’abbia mandata con noi. Non è un po’ piccola?”
“A detta di Kaihle, è la
migliore guida che potessimo trovare tra le montagne” dichiarò Aken, scrollando
le spalle.
“Sarà, ma l’idea che abbia
l’età di mia figlia non mi aiuta” borbottò Lenar, sbuffando.
“Perché? Vorresti
rimboccarle le coperte? Il suo lupo ti mozzerebbe una mano, se tu ci provassi!”
ridacchiò Rias, ingollando del sidro dalla sua borraccia.
“Razza di idiota…” brontolò
Lenar. “… non mi stupisce che Syderna non ti voglia più vedere.”
Aggrottando subito la
fronte, Rias mise mano al pugnale e replicò stizzito: “Ripetilo, se hai il
coraggio!”
Sollevando una mano, Aken
impose il silenzio e, grave, disse a tutti loro: “Smettetela di sbranarvi. Abbiamo
una missione da compiere, e questo non comprende il vedervi scannare per
opinioni discordanti. Andate a dormire. Farò io il primo turno di guardia.”
Brontolando, Rias rinfoderò
il pugnale e se ne andò nella sua tenda mentre Lenar, lanciata un’ultima
occhiata a Eikhe, si alzò ed entrò nella propria.
Aken attese che tutti i suoi uomini si fossero
ritirati per la notte, prima di alzarsi per fare un giro d’ispezione per il
campo e montare per il suo turno di guardia.
Soffermandosi un momento
dinanzi a Eikhe, studiò quel viso di bambina addormentata con occhi pensierosi.
In cuor suo, si chiese come
avesse potuto, quel batuffolo di ragazzina, affrontare un orso.
Anche solo un cucciolo, come
aveva precisato lei.
Davvero non comprendeva. Era
così difficile crederlo.
Eppure, i segni che aveva
scorto sotto la tunica erano i graffi di un orso, e non poteva neppure pensare
che il suo lupo, per quanto forte, lo avesse scacciato da solo.
No, doveva averlo aiutato
lei per forza. Il punto, era che, per lui, era inconcepibile.
Sistemandosi contro una
pianta dopo aver abbandonato lo strano trio, la larga spada poggiata sulle
gambe accavallate, Aken osservò meditabondo il fuoco.
Fiochi rumori della notte
giungevano alle sue orecchie attente, mantenendolo desto.
In lontananza, verso est,
una slavina si staccò da una fiancata del monte, scivolando innocua fino a
fermarsi alle pendici degli alberi.
Poco distante da loro,
nascosti alla vista ma non all’udito, Aken percepì alcuni cervi in cerca di
cibo e acqua e, tra essi, riconobbe il richiamo inconfondibile di un maschio.
Chiusi gli occhi per meglio
concentrarsi su ciò che lo attorniava, Aken li riaprì sorpreso un attimo dopo
quando sentì un fruscio di fogliame nelle vicinanze.
Volgendosi in direzione di
Eikhe, scorse la sagoma scura di Nys allontanarsi dopo aver guardato la sua
padrona per un lungo istante.
Osservando dubbioso il viso
in ombra della ragazza, vide i suoi denti lampeggiare in un sorriso, e il
bianco dei suoi occhi brillare in risposta allo sfrigolio del fuoco, prima di
svanire di colpo, sotto le palpebre abbassate.
Evidentemente, aveva
lasciato andare a caccia il lupo.
In fondo, un po’ di carne
fresca non avrebbe nuociuto alla loro dieta; nelle loro sacche avevano solo
carne secca e gallette.
Un ben misero sostentamento,
visto che non si erano ancora presi la briga di cacciare qualcosa.
A quel pensiero, Aken storse
il naso.
Sicuramente, la ragazza
glielo avrebbe fatto notare.
Sbuffando, si ripromise di
risponderle a tono per non darle l’impressione di non avere il controllo della
situazione, cosa che, in realtà, sapeva di non possedere più.
Da quando Eikhe aveva preso
in mano le redini della spedizione, lui si era sentito uno stupido, per aver
lasciato fare a una ragazzina.
Inoltre, si era lasciato
impadronire dal senso di colpa per non aver pensato, in prima persona, alla
sicurezza sua e dei suoi uomini.
Avrebbe dovuto immaginare
che, su un sentiero con un simile nome, avrebbero potuto trovare degli orsi ad
attenderli!
Invece, si era mantenuto
saldo nella sua virilità offesa, e non l’aveva seguita per assicurarsi che non
avesse bisogno di aiuto, scoprendo poi che era stata ferita per difenderli.
Se il padre fosse venuto a
sapere del suo comportamento, lo avrebbe aspramente ripreso.
Prendersela per le cattive
maniere di una ragazzina!
Doveva essere davvero
arrivato al fondo del barile, per comportarsi così.
Eppure… eppure, sentire la
superiorità e la sicurezza nella voce di quello scricciolo di ragazza, lo aveva
fatto sentire talmente inadatto al suo compito da infuriarsi con lei.
In un colpo solo, aveva mandato
al diavolo tutta l’educazione che il suo precettore aveva faticato tanto per
insegnargli.
Eikhe si stava dimostrando
così maledettamente diversa da tutte le altre donne che, nel corso degli anni,
aveva conosciuto che, alla fine dell’opera, non sapeva come relazionarsi con
lei.
L’unica cosa che capiva era
che, se avessero voluto giungere ad Anok Fort senza scannarsi, avrebbero dovuto
entrambi darsi una calmata.
Ma era così difficile farlo,
quando lei rifuggiva tutte le regole che era stato abituato a seguire fin da
piccolo.
Servire e proteggere le
donne.
Già, come farlo, con quella
piccola peste urlante, e il suo lupo dai denti perennemente snudati?
Parlare con proprietà, e
senza mai eccedere.
E come, se ogni suo atto lo
spingeva a strangolarla, o abbaiarle contro in preda all’ira?
Non toccare mai una donna,
neppure sotto la spinta dell’ira.
Al primo giorno, aveva già
cercato di sculacciarla. Figurarsi alla fine della campagna, cosa sarebbe
potuto succedere!
Passandosi una mano sul viso
stanco, Aken tornò con lo sguardo alla loro guida e, con sua somma sorpresa, la
ritrovò accucciata contro il cavallo.
Il suo viso appariva imbronciato
e le mani erano raccolte a pugno, quasi che la mancanza del lupo le pesasse
anche nel sonno.
Chissà che genere di legame
c’era tra loro, per spingerla a difenderlo come, poche ore prima, aveva fatto
senza alcun timore per la propria vita?
Anche lui era affezionato ai
suoi cani da caccia e al suo stallone, ma non era la stessa cosa. Ne era
sicuro.
Eikhe poteva comprendere ciò
che diceva il suo lupo, e viceversa, il che la metteva su un livello molto
superiore al suo.
Chissà cosa le diceva lui,
quando erano soli? Come sapeva confortarla con una sola occhiata?
Riscuotendosi da quei
pensieri quando udì il lupo tornare, Aken lo vide trascinare un cervo di media
stazza, ancorato ai suoi denti affilati.
Alzatosi subito per
aiutarlo, si vide ringhiare contro con asprezza.
Comprendendo non fosse il
caso di aizzarlo ulteriormente, sollevò le mani in segno di resa e se ne tornò
al suo posto, mentre Nys svegliava Eikhe leccandole il viso.
Lei si risvegliò mugugnando
qualcosa ma, quando vide il muso del suo lupo, si aprì in un sorriso e lo
abbracciò, incurante del fatto che fosse inzuppato di sangue.
Sporcandosi a sua volta, Eikhe
rise prima di osservare il cervo morto e dire: “Sei stato bravo, complimenti.”
Nys scodinzolò contento ed
Eikhe, preso il coltello, lanciò solo un veloce sguardo ad Aken prima di
sedersi a gambe incrociate vicino alla preda.
Con un colpo secco, poi, affondò
il coltello alla base del collo dell’animale e spinse.
Attenta, Eikhe lacerò la
pelle fino all’inguine e, sotto lo sguardo attonito di Aken, lo aprì con un
unico, fluido movimento.
Caparbiamente, cominciò a strattonare
la pelliccia per staccarla dal muscolo, ben intenzionata a scuoiarlo.
Sporcandosi ulteriormente di
sangue, la ragazza non prestò minimamente attenzione alle occhiate stupite di
Aken e, concentrandosi solo sull’animale, mormorò a Nys: “Tienigli ferma la
testa.”
Messasi in posizione,
cominciò a tirare dopodiché, lacerata anche la pelle sulle zampe, completò il
lavoro liberando l’animale dalla sua pelliccia morbida.
Appesala a un ramo basso,
Eikhe iniziò a eviscerare il cervo, mettendo provvisoriamente le interiora su
una distesa di foglie secche.
Fatto ciò, lo tranciò a
pezzi e lo ripulì dal terriccio alla sorgente d’acqua.
Soddisfatta, lasciò che Nys
si cibasse dei resti inutilizzabili.
Poggiati infine i pezzi di
carne su un panno oleato, che estrasse dalla sua sacca, ve li avvolse con cura.
Per un attimo, osservò la
pelle stesa sul ramo prima di scrollare le spalle e dire, rivolta a Nys: “Mi sa
che dovremo buttarla… un vero peccato. Mi avrebbe fruttato un bel gruzzolo.”
“Sembri un barbaro, così
conciata” celiò Aken dietro di lei, facendola sobbalzare.
Guardandosi, Eikhe notò le
macchie di sangue sulla tunica e sulla pelle abbronzata e, liberandosi in una
risatina divertita, disse: “Mi laverò alla sorgente… prometti di non
guardarmi?”
“Non spio le bambine”
brontolò lui, distogliendo lo sguardo.
Lei si limitò a fargli la
lingua prima di dirigersi alla sorgente.
Lì, si tolse la tunica ed
entrò nell’acqua gelida emettendo uno squittio di sorpresa, e affondando subito
dopo nella polla.
Immergendo anche la tunica,
la lavò dal sangue, lanciando di tanto in tanto occhiate dubbiose in direzione
di Aken.
Quando ebbe terminato,
chiamò Nys per consegnargli la tunica da portare dinanzi al fuoco e, uscita che
fu dall’acqua, si affrettò ad asciugarsi con un telo prima di indossare il suo
cambio d’abito.
Sentendosi nuovamente pulita
e in ordine, Eikhe si avvicinò al fuoco per asciugarsi i capelli e Aken,
sbirciandole il viso rosso, le chiese: “Non hai avuto freddo?”
“Sono quasi congelata, in effetti,
ma detesto sentirmi sporca” ammise con candore, frizionandosi i capelli con forza.
Ora che li aveva sciolti,
Aken scoprì che le giungevano fin oltre la vita e che, come pensava, una volta
asciutti, erano vaporosi e mossi come spuma marina.
Attirato dalle calde
luminosità di quelle ciocche ramate, Aken quasi non si accorse della domanda di
Eikhe.
Riscuotendosi dal suo
pellegrinaggio mentale sui capelli della ragazza, borbottò: “Puoi ripetere,
scusa?”
Scrollando le spalle, lei domandò
nuovamente: “Perché hai mandato Lenar, prima?”
“Ho pensato che ti saresti
maggiormente fidata di un uomo dell’età di tuo padre, piuttosto che di uno di
noi” si limitò a dire, scrollando le spalle.
Annuendo, lei lo sbirciò in
viso da sotto le ciglia bionde, e mormorò divertita: “Già, specialmente
considerando che, durante tutta la giornata, non avete fatto altro che
guardarmi le gambe.”
Accigliandosi per quel commento, Aken replicò
astioso: “E tu vestiti maggiormente, se non vuoi sentirti addosso gli occhi di
tutti!”
Lei si limitò a sorridere,
sinceramente sorpresa e, socchiudendo gli occhi, dichiarò: “Cosa ci troverete,
poi, di così interessante...”
Sinceramente sbalordito, lui
replicò: “Si capisce da uscite simili, che sei solo una bambina.”
Piccata, lei borbottò: “Ho diciassette
anni, non due mesi, per tua norma e regola, e sono donna da almeno quattro, se
vogliamo spaccare il capello in quattro!”
“Oh, ma davvero?” brontolò
il principe, sorpreso che non provasse vergogna nel parlare di cose simili.
Neppure sua sorella si
sarebbe sbilanciata tanto, con lui.
“Non ho remore a dirtelo.
Non credo tu sia così ignorante, in fatto di donne, principe… o, almeno, lo
spero per te e per la tua futura sposa” ribatté lei, facendolo infuriare.
“So molte più cose di te,
sulle donne!” bofonchiò Aken, rigido come un fuso.
“Non penso proprio, ma ti
lascerò crogiolare nelle tue certezze” sorrise ironica lei, prima di vedersi
raggiungere da Nys.
Incuneandosi sotto il suo
braccio, Nys uggiolò ed Eikhe, abbracciatolo, affondò il viso nel suo bel pelo
nero e mormorò: “No, Nys, il principe non mi angustia affatto, stai tranquillo.
Niente di quello che dice, può realmente toccarmi.”
Assottigliando le iridi
smeraldine, Aken fu tentato di mandarla al diavolo ma, con Nys lì accanto, si
trattenne dal farlo.
Dubbioso, però, continuò a
guardare i due, chiedendosi ancora una volta se Eikhe, in realtà, non fosse un
lupo mancato.