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Autore: eltanin12    10/11/2011    2 recensioni
La notte del 31 ottobre in cui Lily e James Potter vennero uccisi, Harry non fu l'unico sopravvissuto. Nella culla, con lui c'era una bambina.
La sua gemella Jamie Lilian Potter.
Unitevi a loro, al camaleonte Moccì, a un loro nuovo amico, e agli amici che già conoscete, per rivivere l'avventura del loro terzo anno a Hogwarts.
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harry e Jamie Potter'
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Rieccomi qui, con un giorno di anticipo. 
Innanzitutto volevo ringraziare Lupa Malandrina che ha recensito e messo la storia fra le seguite. 
E un grazie anche a :
- Alexia96
-Anne_Potter
-FleurPotter
-Francy Weasley
- kiarettinalove
-laurarom89
- Alcyone_
-erol89
-Red Hornet
- Volpotta
Che hanno messo questa storia nelle seguite, nelle preferite o nelle ricordate.
Grazie anche a chi l'ha soltanto letta e ha speso qualche minuto del suo tempo.
Ok basta coi ringraziamenti. non siamo agli oscar nè a Miss italia.
Buona lettura.
Spero di non deludervi.





Alla mattina, degli schiamazzi provenienti dal giardino, svegliarono i due fratelli.
«Ma che diavolo succede?» mugugnò Jamie, sollevando appena la testa dal cuscino. Harry allungò il braccio verso gli occhiali « Non lo so» disse inforcandoli alla bell’e meglio « E non lo voglio sapere», si rigirò dalla parte opposta.
«Come diavolo è potuto succedere! Thompson mi sentirà alla prossima riunione» sentirono la soave voce dello zio, che si era alzata di qualche ottava.
Con tutta la buona volontà che poteva racimolare alle sette e mezza del mattino, Jamie si trascinò fino alla finestra. Non capiva  cosa avessero da ridire gli zii, già a quell’ora. Aprì e si affacciò «Ehi che succede?» chiese stropicciandosi gli occhi.
«Che succede?» ribatté aspro lo zio «Ah, che succede chiede lei!»brontolò.
«Oh, insomma, non sarà così grave!», si sedette sul davanzale, le cose sarebbero andate per le lunghe.
«Questo non è più il quartiere di una volta, ormai è una periferia. Cosa siamo, in aperta campagna perché circolino bestie e teppisti?» era sbottato lo zio, gesticolando frenetico.
«Vernon, santo cielo, ti rendi conto? Per fortuna il nostro Diddi va in una scuola privata» zia Petunia dava man forte al marito. Jamie, ora seriamente preoccupata per la loro salute mentale, decise di scendere in giardino.
«Allora, cos’è stato a rendere invivibile questo quartiere?» domandò spazientita raggiungendoli di sotto.
«Guarda tu stessa il disastro» esclamò lo zio rientrando in casa«Telefonerò a Thompson. Mi sentirà. Petunia cercami il numero» urlò dall’atrio.
«Vengo caro» si affrettò a raggiungerlo.
Jamie, una volta uscita dallo stato comatoso, vide cosa li aveva fatti infuriare tanto. Le aiuole erano calpestate e mezze distrutte, le siepi rovinate, e un escremento giaceva senza ritegno in mezzo al prato curato, dell’altezza esatta che la rivista Donna Giardinaggio consigliava senza remore.
La visione le provocò una grossa risata. I Dursley, che da sempre amavano l’ordine, si ritrovavano il giardino totalmente rovinato, con anche regalino sorpresa. Poteva ben pensare di chi fosse quel regalino. Tartufo si disse Mi sta sempre più simpatico.
«Potter, sveglia quell’altro sfaticato e pulite il giardino» le ordinò zio Vernon sulla porta. «Petunia hai trovato quel numero?», sparì nell’ombra del corridoio.
Jamie lo seguì all’interno. Ripensandoci ora che doveva ripulire tutto, Tartufo non le stava poi così simpatico.
«Harry, sveglia!», senza troppe cerimonie, tirò via le lenzuola e lo spinse giù dal letto.
«Jamie ma sei matta?»
«Dobbiamo ripulire il giardino. Muoviti» gli rispose uscendo dalla camera.
Passarono la mattina a pulire. Zio Vernon proibì loro di fare colazione, finché il giardino non fosse riportato alla normalità.
I fratelli dovettero estirpare i fiori rovinati dalle aiuole, ripiantarne altri, e tagliare la siepe cercando di sistemarla. Quando si trovarono di fronte al “Regalino”, Harry  sorrise alla sorella «Il cane è amico tuo. Tu togli di mezzo questo affare».
«Chi ti ha detto che è stato lui scusa. Non possiamo esserne certi» lo difese lei.
«Jamie, chi altro vuoi che sia stato?»
Lei non rispose, prese la paletta che zia Petunia aveva lasciato sul portico, e se ne liberò.
Ormai era già ora di pranzo, e zia Petunia si era scordata di preparare anche per loro. Dopo una bella doccia si rifugiarono in camera «Fortuna che sono avanzati i rifornimenti di Hermione» disse Jamie sedendosi per terra, la schiena contro il letto.
«Non abbiamo alternative», Harry sollevò l’asse del pavimento e tirò fuori ciò che era rimasto.
Mangiarono con calma e passarono il pomeriggio nella loro stanza, Jamie rammendava indumenti bucati. I Dursley sprecavano per loro solo i soldi necessari: a Harry venivano passati i vestiti vecchi di Dudley. A volte, li riciclavano perfino a Jamie, nonostante, per lei, certe cose dovessero per forza comprarle. L’unico capo di cui Jamie andava fiera, e faceva invidia al fratello, era una vecchia salopette. Zia Petunia le disse che era appartenuta alla loro madre da bambina, era rimasta in soffitta insieme ad altri vecchi abiti. Per la zia era solo una  salopette, ma per Jamie era come un tesoro, per un periodo si era rifiutata di indossarla, limitandosi a rimirarla appesa nell’armadio.
Ora invece la portava più che poteva, significava avere un pezzetto della madre vicino, e non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Quando diventò troppo corta, imparò a cucire tramite un manuale e vi aggiunse della stoffa. Queste nozioni tornarono poi utili anche per gli altri vestiti, spesso gli abiti smessi del cugino non erano in ottime condizioni.
«Ecco fatto. Ho finito, ora sono tutti rimessi a nuovo» disse, osservando il lavoro svolto «O almeno si fa per dire. Andranno bene, comunque».
«Come sempre. Sei bravissima Jamie», Harry aveva appena finito di lucidare le loro scope.
Lo stomaco di Jamie brontolò « Oh, ma che ore sono? Spero non manchi molto alla cena»
«Sono le sei e mezza. Tra una mezz’oretta ci chiameranno per scendere ad apparecchiare»
«Siamo i loro elfi domestici» commentò la ragazza sardonica.
«Non è una novità, sorellina».
 
Scesero in cucina, come ogni sera ad apparecchiare, poi si sedettero a tavola. Zio Vernon brontolava ancora contro il povero Thompson per il giardino distrutto «Siamo invasi dai vandali. Di questo passo il quartiere diventerà un ghetto» esclamò infuriato, battendo il grosso pugno sul tavolo. Zia Petunia rabbrividì a quell’affermazione «Vernon, non davanti a Diddino», comunque troppo intontito dal televisore per ascoltare il discorso.
«Oh, certo. Scusa Petunia» si pulì i baffoni col tovagliolo prima di continuare «Non diciamo niente a Marge dell’accaduto. Potrebbe preoccuparsi»
Jamie mandò l’acqua di traverso, e ad Harry cadde di mano la forchetta « Z-zia Marge viene qui?»
Le sue visite erano ricordate con orrore dai due fratelli. Fortunatamente non veniva spesso, possedeva un allevamento di bulldog e non amava lasciare le sue bestiole.
Con lei portava soltanto Squarta, il suo affezionatissimo cane. Quella dannatissima bestia era un incubo per i fratelli. Una volta li aveva rincorsi per tutto il giorno, e morso Jamie alla caviglia, perché si era coraggiosamente rifiutata di continuare a scappare.
Quello fu uno dei giorni più felici di Dudley, e uno dei peggiori per loro.
«Arriva domani e resterà con noi una settimana» sibilò zio Vernon, «e visto che siamo in argomento, sarà il caso di chiarire qualche cosetta» puntando un grosso dito minaccioso contro i fratelli seduti di fronte.
Dudley distolse lo sguardo dalla tv e fece un sorrisetto. Vedere il padre che tormentava i cugini era il suo divertimento preferito.
«Prima di tutto» ringhiò Vernon «Tenete a freno la lingua quando parlate con Marge»
«Lo faremo» ribatté Harry aspramente « Se lei lo fa con noi».
«Secondo» disse zio Vernon, fingendo di non aver sentito,«Dal momento che Marge non sa nulla della vostra anormalità, non voglio che succedano cose... cose strane mentre è qui. Comportatevi bene, capito?»
«Certo zio» rispose Jamie in un sorriso accondiscendente «Se lo fa lei» aggiunse poi, notando con piacere la vena sulla tempia ingrossarsi.
«Terzo» riprese lo zio come niente fosse, gli occhietti malvagi ridotti a due fessure « Abbiamo detto a Marge che frequentate il Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Criminali Irrecuperabili.
«Che cosa?» esclamarono in coro i due fratelli.
«E sarà meglio che glielo lasciate credere o saranno guai» replicò zio Vernon.
Harry e Jamie rimasero a fissarlo attoniti e furibondi. Zia Marge ospite per una settimana, il peggior regalo di compleanno che gli avessero mai fatto i Dursley.
Come sempre, quando avevano l’onore di cenare con zii e cugino, i Potter lavarono i piatti e pulirono la cucina. Solitamente sapevano come rendere divertente il lavoro, ideavano filastrocche contro Piton, oppure si lanciavano i piatti come pluffe; a volte Jamie ideava scherzi strampalati contro i Serpeverde, come usare impropriamente delle lozioni magiche per capelli, per tingere di rosa lo scalpo di Malfoy. Giurò che una volta tornati a scuola lo avrebbe messo in atto insieme ai gemelli Weasley se Malfoy l’avesse combinata grossa.
Abbattuti tornarono di sopra, e Jamie si affacciò subito alla finestra.
«Cerchi quel cane?»
«Sì. Nonostante abbia messo sottosopra il giardino è un tipetto simpatico» ammise lei.
«Questo lo avevo capito. Io vado a letto, non voglio pensare ai prossimi giorni», iniziò a cambiarsi, per mettersi in pigiama.
«Harry, se ce ne andassimo prima a Diagon Alley?»
«Che intendi dire?»
«Di andarcene da qui e alloggiare al Paiolo Magico. I soldi li abbiamo» disse, ancora seduta sul davanzale.
«Bell’idea Jamie, e come ci arriviamo a Londra?»
«A questo non avevo pensato... Volando con la scopa?»
Harry la guardò accigliato, «Ok, non è una buona idea» disse Jamie «Però, Harry... zia Marge. È terribile. Peggio non potrebbe andare».
Il fratello le scompigliò affettuosamente i capelli, prima di infilarsi sotto le coperte. Jamie restò ancora un po’ a fissare il buio. Di Tartufo nemmeno l’ombra, così se ne andò a letto, leggermente delusa. Domani sarà una lunga e pesante giornata pensò prima di addormentarsi.
I fratelli, il giorno successivo, si svegliarono di malumore, e scesero a fare colazione.
Zia Petunia preparava la colazione di Dudley, che era di nuovo tutto preso a fissare il televisore; mentre zio Vernon beveva del succo di frutta, leggendo il giornale.
«Ah, ora lo beve il succo» bisbigliò acida al fratello. Harry scosse la testa sorridendo, sua sorella detestava che un suo brillante piano fallisse.
«Bene, Petunia» disse zio Vernon guardando l’orologio « Vado a prendere Marge», posò il giornale e si alzò da tavola.
Jamie addentò famelica una fetta di pane tostato, poi si voltò verso il fratello sorridente.
«Perché mi guardi in quel modo?» chiese quasi terrorizzato
«Finisci la colazione, Harry»
«Perché mi hai guardato così?»
«Taci. Non qui» gli ordinò «Potrebbero sentirci. Questa volta il piano non fallirà» disse sicura bevendo il suo caffèlatte.
Harry la guardò confuso «Abbiamo un piano?»
Lei annuì continuando a bere.
«Bene, spero che non ci metta nei guai. Non troppo almeno»
Jamie sghignazzò piano «Andiamo, ho finito», si alzò e gli lanciò un’occhiata eloquente.
Salirono in camera. « È ora della vendetta fratellino, per troppo tempo siamo stati buoni buoni. Se siamo obbligati a restare qui, lo faremo a modo nostro. E ci divertiremo»
Lui la guardava perplesso « Divertirci... qui?».
«Sì» rispose lei con fare teatrale e un ghigno dipinto sul volto «Li faremo impazzire Harry»
«Cos’hai in mente, e quando ci hai pensato soprattutto ?»
«Oh, tra stanotte e stamattina» rispose distratta e andò verso l’armadio. Tirò fuori un baule, diverso da quelli di scuola. «Useremo l’artiglieria pesante»
«Oh no»
«Oh, sì. Se apre bocca contro di noi»
«E lo farà»
Jamie ghignò «Saremo pronti a riceverla. Ormai siamo grandi, non ci faremo mettere sotto da quell’arpia cicciona»
«E va bene sorellina. Non esageriamo però»
«No, di che ti preoccupi. Li ho tutti messi a punto con i gemelli»
«Esploderà casa allora», un ghigno però si era dipinto anche sul suo volto.
«No, sono solo innocui scherzi babbani»
«Modificati da Fred e George» puntualizzò lui, aprendo il baule.
«Solo un pochino».
 
« Sono arrivati» strillò zia Petunia dalle scale « Rendetevi presentabili, e fate qualcosa per quei capelli»
«A che scopo, tanto adora criticarci» disse Harry con una smorfia, prima di precedere sua sorella e scendere nell’ingresso.
Ben presto si senti scricchiolare la ghiaia mentre l'auto di zio Vernon percorreva il vialetto, poi si udirono il rumore delle portiere che si chiudevano e i passi sul sentiero del giardino.
«Vai alla porta!» sibilò zia Petunia a Harry « E tu vai mettere su l’acqua per il tè. Muoviti.» ordinò, invece a Jamie, con un gesto secco della mano.
La ragazza lanciò uno sguardo d’intesa al fratello e si diresse svelta in cucina.
 Harry aprì la porta, lo stomaco ridotto a un nodo.
Sulla soglia c'era zia Marge. Somigliava molto a zio Vernon: larga, bene in carne e paonazza, aveva perfino i baffi, anche se non cespugliosi come quelli dello zio. In una mano reggeva un'enorme valigia, e infilato sotto l'altro braccio c'era un vecchio bulldog dal pessimo carattere.
«Dov'è il mio Dudders?» ruggì zia Marge. «Dov'è il mio nipotino tesorino?»
Dudley caracollò avanti, i capelli biondi incollati piatti sul testone, il cravattino appena visibile sotto molteplici strati di doppio mento. Zia Marge scagliò la valigia nello stomaco di Harry, mozzandogli il respiro, sollevò da terra Dudley, lo strizzò forte con il braccio libero e gli stampò un grosso bacio sulla guancia.
«Petunia!» esclamò zia Marge passando davanti a Harry come se fosse un appendiabiti. Zia Marge e zia Petunia si baciarono, o meglio, zia Marge urtò il mascellone contro lo zigomo ossuto di zia Petunia.
Zio Vernon entrò, sorrise gioviale e chiuse la porta.
«Tè, Marge?» chiese. «E Squarta che cosa prende?»
«Squarta prende il tè dal mio piattino» disse zia Marge mentre entravano tutti in cucina, lasciando Harry solo nell'ingresso con la valigia. Ma lui non si lamentò; ogni scusa era buona per non dover stare con zia Marge. Così prese a trascinare la valigia di sopra, nella stanza degli ospiti, e ci mise più tempo che poteva.
Quando tornò in cucina, Jamie aveva già servito tutti e quattro i Dursley di tè e torta alla frutta. Ora stava rimettendo in ordine e Harry la raggiunse per darle una mano, le diede un colpetto e senza farsi vedere, le indicò in direzione dei Dursley. Jamie si voltò : Squarta, in un angolo, vicino al tavolo, leccava rumorosamente il piattino. Zia Petunia rabbrividiva quasi impercettibilmente, notando le gocce di tè e bava che macchiavano il pavimento pulito. Zia Petunia odiava gli animali.
Questo divertì Jamie solo un poco, anche perché la zia non avrebbe mai osato dire nulla contro il bulldog, a cui ora era stata data un’altra una fetta di torta.
I due fratelli non avevano intenzione di sedersi a tavola, perciò rimasero nei paraggi del lavandino. Meno interagivano con zia Marge meglio era. Gli scherzi li avrebbero conservati per la scuola, nel caso.
«Chi ti cura gli altri cani, Marge?» chiese zio Vernon.
«Oh, c’è il colonnello Fubster che si occupa di loro» esclamò Marge. «Ora è in pensione, ed è contento di avere qualcosa da fare. Ma non ho proprio potuto lasciare a casa il povero vecchio Squarta. Quando è lontano da me piange». Si voltò poi verso i due Potter « Oh, siete ancora qui» disse sprezzante.
«Sì»  le rispose Harry.
«Non dire sì con quel tono ingrato» ringhiò zia Marge «Vernon e Petunia sono incredibilmente buoni a tenervi. Io non l’avrei fatto. Sareste finiti direttamente all’orfanotrofio se vi avessero lasciato sulla porta di casa mia»
Harry strinse con forza lo strofinaccio che aveva in mano,  Jamie gli toccò il braccio « Oh certo che sì, gli siamo davvero grati» rispose garbata « Di lavorare come domestici e non essere pagati».
« Razza di scansafatiche, come ti permetti. Devi solo ringraziare che diano a te e a quell’altro un posto dove dormire.» tuonò zia Marge « Non siete affatto migliorati dall’ultima volta, vedo. Pensavo che la scuola vi avrebbe ficcato in testa un po’ di buone maniere» Prese una lunga sorsata di tè « Dove hai detto che li mandate, Vernon?»
«A San Bruto» rispose prontamente zio Vernon. «È un istituto di prim'ordine per casi senza speranza»
«Ho capito» disse zia Marge. «Usano la frusta a San Bruto, ragazzo?» abbaiò.
«Ehm...»
Zio Vernon fece sì con la testa dietro la schiena di zia Marge.
«Sì» disse Harry « Sempre. Ma con quelli dentro per omicidio usano le spranghe»
«Di ferro» puntualizzò Jamie.
«Ottimo» disse zia Marge. «Io non la capisco, questa mania di non darle alla gente che se lo merita. È da smidollati, da mollaccioni. Una bella battuta è quello che ci vuole in novanta casi su cento. E voi, vi picchiano spesso?»
«Sì, ci hanno picchiato parecchie volte. La frusta lascia segni evidenti sulla pelle. Così educano meglio quelli... ehm diciamo parzialmente recuperabili» mentì di nuovo Harry « Sai, la pelle che viene strappata via. Sensazioni che non si scodano facilmente»
«Il sangue» lo incalzò la sorella, che ci stava prendendo gusto.
«Quanto sangue abbiamo perso eh»
«Tanto, davvero. Le cicatrici poi...»
Zia Petunia quasi dava di stomaco. Detestava si parlasse di certe cose. Figuriamoci a tavola. Impallidì e continuò a sorseggiare tremante il suo tè. Zio Vernon invece era rosso di rabbia, e stringeva con forza il pugno sul tavolo, cercando di contenersi.
«Continua a non piacermi il vostro tono» proferì zia Marge « Se usate quel tono svagato per parlare delle frustate che prendete, è chiaro che non ve ne danno abbastanza. Petunia, fossi in te scriverei al direttore. Per ribadire che approvi l’uso di maniere forti su quei due sfaticati»
«Oh sì, ne abbiamo tanto bisogno zia» rispose Harry
Zio Vernon, temendo forse che quei due avrebbero potuto spifferare qualcosa, cambiò bruscamente discorso.
 «Hai sentito il telegiornale l’altra mattina, Marge? Di quel prigioniero evaso? Che storia...»
Dopo cena zia Marge fu invitata a fare una doccia ristoratrice.
«Voi due. Sistemate il bagno per Marge» ordinò zio Vernon.
Quando zio Vernon andò in salotto, Jamie aprì il frigo e ne estrasse un dado da brodo.
«Quello non viene dal baule» notò Harry divertito.
«Lo so. Ma l’occasione è troppo ghiotta», la ragazza sorrise e si diresse verso il bagno, di sopra.
«Non avrei mai pensato di poterne vedere gli effetti di persona».
Obbedirono agli ordini, Jamie che aveva dato il dado a Harry, stava cambiando gli asciugamani. Il fratello intanto, svitava il cipollotto della doccia e vi inseriva il cubetto vegetale.
Con tranquillità uscirono dal bagno e Jamie tornò di sotto, per annunciare che era tutto pronto.
I fratelli aspettarono in camera, non ci volle molto che zia Marge uscì dalla doccia:
«Vernon» la sentirono brontolare, attaccati alla porta. «che razza di acqua sputa quell’aggeggio? Mi sento sporca e unta»
«Ti assicuro che stamattina funzionava benissimo. Vado a controllare»
 Aspettarono che il rumore dei passi pesanti di zio Vernon nel corridoio svanisse  e aprirono piano la porta, facendo sbucare le loro teste. Zia Marge era in vestaglia, poco distante dalla loro camera e odorava di verdura. Alla luce della lampada viso e capelli erano visibilmente impiastricciati.
Richiusero la porta e scoppiarono a ridere. La settimana non poteva cominciare meglio.
Ovviamente zio Vernon gli urlò addosso, una volta che Marge fu tornata in doccia. Si beccarono una consueta ramanzina, ma non andò così male. Vennero solo rinchiusi a chiave in camera loro. Senza cena.
Prima di andare a letto, zio Vernon si premurò di gridare, aldilà della porta, che la mattina si sarebbero dovuti alzare alle sei e mezza. Per preparare la colazione a Marge e Squarta.
Zia Marge era abituata ad alzarsi presto, per occuparsi dei suoi cani. Era un abitudine alla quale non voleva rinunciare nemmeno in vacanza. La cosa non avrebbe avuto nessuna importanza, se non avessero dovuto preparargliela loro.
Jamie sbuffò risentita «Quella grassa arpia domani ce la pagherà cara» disse andando al baule, ne tirò fuori un piccolo pacchetto, sembravano biscotti.
«Questi che fanno?»
«Domani lo vedrai» disse con un sorriso maligno.
«Speriamo solo sia lei a mangiarli»
Per poco un libro non lo colpì in piena faccia « Permalosa» disse ghignando.
Il mattino dopo alle sei e trenta i Potter scesero a preparare la colazione a Zia Marge.
«Come si fa ad alzarsi prima dell’alba» biascicò sbadigliando Jamie
«Sei troppo addormentata oppure ti ricordi dei biscotti per la zia?» le chiese il fratello mettendo su l’acqua per il tè.
«Oh, m...alee...li...dati» rispose sbadigliando.
«Eh?»
«Meno male li avevo scordati» scandì. «Li ho lasciati di sopra, cavolo»
«No, li ho presi io» disse Harry indicando il pacchettino appoggiato sul tavolo
«Meno male. Bravo fratellino» disse stropicciandosi gli occhi « Li metto in un piatto»
«Sono tutti diversi» osservò Harry
«Sì. Sono biscotti normali ai quali ho applicato piccoli incantesimi»
«Ah...hanno tutti lo stesso effetto?»
«No, non direi»
«Non è che rischiamo di far intervenire il Ministero vero?»
Jamie non fece in tempo a rispondere. Zia Marge a passi pensanti stava scendendo le scale.
I fratelli si affrettarono ad apparecchiare il suo posto e a versare il tè.
La donna arrivò, senza degnarsi di salutare si sedette a tavola, seguita da Squarta.
«Beh, la colazione dov’è?» ringhiò zia Marge
«Arriva zia» disse svogliata Jamie, posando un piattino per terra accanto al bulldog.
«Ragazzina smettila con quel tono . O vi bastono io se al San Bruto sono troppo morbidi»
Jamie stava per rispondere ma Harry la tirò per un braccio e offrì il piatto di biscotti a Marge.
«Cosa sono?» chiese sospettosa
«Biscotti» rispose Harry con tono servizievole « Li ha fatti zia Petunia per te».
«Ah bene, se li ha fatti Petunia saranno ottimi» disse sorridendo «Appoggiali qui» ordinò poi a Harry.
Lui fece come aveva ordinato. Sempre tenendo Jamie per un braccio la portò ai fornelli dove si fece aiutare a preparare per zii e cugino.
«Sta calma. Tanto sta già pagando no?»
Lei annuì impercettibilmente.
Dopo mezz’ora scese anche zio Vernon.
«Marge» salutò lui
«Ah, Vernon» disse addentando un biscotto «Stavo giusto dicendo che dovresti bastonarli tu stesso quei due»
«Ah, tu credi?» rispose lui, voltandosi verso Jamie che intanto gli stava portando il caffè
«Assolutamente, non è certo colpa tua se i loro genitori erano degli scansafatiche . Devi dargli disciplina, è lo stesso coi miei cani...gna...a opi i aone» zia Marge non era riuscita a finire la frase.
«Marge?» la chiamò spaventato zio Vernon guardando in tralice i due fratelli.
«enon» biascicò la zia.
«Vernon, che succede?» anche zia Petunia era scesa in cucina, e guardava preoccupata Marge che diventava sempre più rossa mentre si sforzava di parlare. Sembrava non riuscisse a muovere la lingua. In effetti era così, i biscotti da secchi erano diventato gommosi come un chewing gum  e si erano appiccicati ovunque nella bocca di zia Marge.
Zio Vernon cercava di farle bere del tè e zia petunia da dietro le dava delle pacche sulla schiena.
«Marge, cerca di sputare quella roba» urlò Vernon.
Harry e Jamie li guardavano senza fare niente «Non è che muore strozzata?» sussurrò Harry alla sorella
«No, tra poco si scioglierà da solo» disse con una scrollata di spalle « Ha preso quello meno divertente»
Difatti pochi minuti dopo zia Marge tranquillizzava un’ agitatissima zia Petunia «Tranquilla Petunia. Deve essere stata colpa della mia salivazione»
Zio Vernon lanciò un’occhiata malevola ai fratelli, la vena sulla tempia che pulsava.
«Marge forse è meglio che porti via questi» le disse  prendendo i biscotti
«No, no Vernon. Lasciali qui. Era solo un po’crudo» disse prendendone un altro.
Evidentemente, pensò Harry, uno non le era bastato. Zia Petunia e zio Vernon erano immobili, come colpiti da un Pietrificus totalus.
Ad un tratto zia Marge divenne tutta rossa e fece delle smorfie come se si stesse trattenendo.
«Vi devo chied-» non finì la frase perché un potente getto d’aria uscito dal suo di dietro la sollevò di alcuni centimetri dalla sedia. Zia Petunia quasi svenne. Zio Vernon era allibito « Marge» strillò. Zia Marge, invece si era ribaltata e stava gambe all’aria, cercando di ricomporsi.
«Vernon, dammi una mano» urlava da sotto il tavolo.
I due fratelli si rotolavano dalle risate, mentre zio Vernon tentava di rimettere in piedi Marge.
«Voi due che cosa le avete dato eh!» urlò zio Vernon andando verso di loro.
«Non è colpa nostra se la zia era intasata per quelle vie» rispose Jamie ricomponendosi a stento
«Non me la date a bere voi due» abbaiò
«Ah ah, zio. Sai potremmo sempre farci sfuggire qualcosa» disse Harry, mettendosi davanti alla sorella.
«Vi spezzo le ossa se ci provate» li minacciò lo zio.
Intanto zia Petunia ripresasi dallo shock tentava di aiutare Marge a ritornare presentabile.
«Ciò non ci impedirebbe di dirle la verità no?» rispose logico.
«E va bene, Potter. Un altro scherzo simile e giuro che vi rinchiudo in camera vostra, fino a che non ritornate in quella vostra scuola. Chiaro?»  sibilò maligno.
Harry annuì, lo sguardo pieno d’odio. Zio Vernon tornò al tavolo, e i fratelli decisero che, almeno per quel giorno, era il caso di cambiare aria.
Sparirono per tutta la giornata, girovagando per la città. Harry dovette sorbirsi le lamentele della sorella. Jamie voleva a tutti i costi scappare lontano dai Dursley.
«Dai Harry, ce ne andiamo via?» ripeté, piagnucolando come una bambina.
Il ragazzo la guardò stranito « Stai facendo i capricci? »
«Io non faccio i capricci» disse, mentre guance si coloravano di rosso.
Harry sbuffò, a volte era davvero infantile. « E allora smettila. Io non posso farci niente»
«Ma sì invece, nemmeno mamma e papà avrebbero sopportato di stare qui. Scommetto che papà avrebbe preso la scopa e sarebbe volato via. Se lo volessi...»
«Non sono papà, Jamie» sbottò d’un tratto. La sorella si bloccò appena dietro di lui, torturandosi tra i denti il labbro inferiore.
«È difficile anche per me. Siamo minorenni e non possiamo scegliere dove stare» continuò il ragazzo.
Jamie teneva gli occhi bassi, nonostante il fratello non la stesse guardando « Scusa. Lo so che non ci puoi fare niente, solo... qui siamo soli, Harry»
«È così da sempre no?» , finalmente si voltò verso di lei.
«No, a Hogwarts non è così.» gli disse andandogli vicino. «Qui non abbiamo nessuno»
Harry non rispose. Guardò la gemella, «Senti, aspettami al parco. Io devo fare una cosa»
Lei lo fissò scandalizzata « Sei così arrabbiato da lasciarmi sola?»
«Jamie, per una volta, fa come ti ho chiesto. Fidati» le disse allontanandosi.
Lei imbronciata salì sul marciapiede. Tenne gli occhi incollati sulla figura del fratello, finché non fu troppo lontano.
Harry camminava in giro per i vicoli del quartiere, «Dove diamine s’è cacciato? E dire che sono cercatore, dovrei essere bravo a trovare...» prese a calci una lattina, colpendo un bidone.
«Guarda in che guaio mi sono cacciato. Devo essere idiota...» disse sedendosi su un marciapiede «Non posso setacciare la città » disse scoraggiato. « Non posso tornare da solo. Quella furia mi ammazzerebbe» si grattò la fronte corrucciato. Non posso fermarmi, le ho detto di fidarsi.
Si rialzò e chiamò Tartufo a gran voce, sentendosi uno stupido. Probabilmente non era nemmeno nei paraggi.
Vagò per una buona mezz’ora setacciando i vicoli, senza rendersene conto era tornato vicino a Privet Drive. Notò una piccola stradina buia, e sentì dei latrati. « Tartufo» provò a chiamare. «Tartufo» tentò di nuovo, urlando più forte.
Dalla stradina provenivano ringhi e guaiti, si portò all’imbocco di questa, cauto. Due cani si stavano scontrando ferocemente: quello dal pelo grigio macchiato stava cercando di azzannare la gola dell’altro cane nero, che gli si pesava sul dorso, cercando di morderlo sul collo. Nel cane nero, Harry riconobbe Tartufo. Voleva aiutarlo, ma non sapeva in che modo. La magia era fuori discussione. Gli cadde l’occhio su un cumolo di rifiuti poco più avanti, afferrò veloce una lattina e la lanciò, colpendo il cane grigio. Ne tirò un’altra e un’altra ancora, tentando di distrarlo.
L’animale s’infuriò mollando la presa sulla zampa del rivale e fiondandosi contro Harry.Tartufo però non glielo permise, e prima che raggiungesse il ragazzo, gli balzò sopra atterrandolo.
Si divincolarono a terra fino a che Tartufo non gli azzannò la gola, scaraventandolo a terra.
Il cane grigio scappò a gambe levate, mentre quello nero si avvicinò al ragazzo.
«Eccoti finalmente. Ti ho cercato come un pazzo, sai?» disse, chinandosi ad accarezzarlo « Le farà piacere vederti» Harry gli sfiorò il fianco. Notò che era spelato, come graffiato. « Hai litigato di brutto eh», Tartufo continuò a fissarlo e, come la prima volta, piegò leggermente la grossa testa di lato. Harry esaminò meglio l’animale, anche la zampa davanti era ferita e sanguinava.
«Accidenti, sei ridotto male». Si domandò se il cane lo avrebbe seguito, e se fosse riuscito a camminare. Si limitò a rialzarsi e diede una leggera pacca sul dorso dell’animale per farlo muovere. Tartufo toccò il suo ginocchio col grosso muso, come per dire di aver capito. Harry, allora si incamminò verso il parco, con il cane che gli trotterellava a fianco. Gli occhi gialli puntati sul ragazzo.
Jamie stava seduta sull’altalena, stavolta però non si divertiva. Per niente.
La faceva oscillare appena e fissava il terreno con aria triste e arrabbiata, Come ha osato lasciarmi da sola. Per andare a fare cosa, poi. Maledisse mentalmente il suo gemello. Se pensava che gliel’avrebbe lasciata passare liscia si sbagliava di grosso.
Le mamme richiamarono i bambini che giocavano. Era quasi ora di cena. La ragazza alzò lo sguardo verso di loro. Nessuno era mai venuto a richiamarli per la cena, né li avevano mai portati al parco. Sorrise vedendoli correre verso le rispettive mamme, e raccontare quanto si erano divertiti.
Calciò la ghiaia, sollevando diversa polvere. Solo quattro anni disse una vocina nella sua testa , solo quattro anni e poi staremo dove ci pare.
«Hei, Jamie» la chiamò una voce familiare. Si voltò e vide Harry. Non era solo, c’era anche Tartufo con lui. Seccata e arrabbiata si girò, dandogli le spalle, concentrandosi sulle sue scarpe.
Il sorriso del ragazzo scomparve quando vide la sua reazione. Oh oh, è arrabbiata nera.
Tartufo invece, non si lasciò scoraggiare, fece zoppicando il giro dell’altalena, per poi poggiare il grosso testone sulle sue gambe. Con un gesto meccanico, Jamie prese a grattargli la testa.
Harry si avvicinò e si sedette sull’altra altalena « Dai Jamie,hai capito perché me ne sono andato no?»
Lei continuò ad ignorarlo.
«Jamie», si alzò dall’altalena e le si parò davanti « Sono andato a cercarlo per te. Hai detto che non avevamo nessuno.»
Finalmente gli occhi di Jamie incontrarono quelli di Harry.
«Così...beh», indicò il cane « Capito no?»
Jamie tornò a fissare Tartufo «È ferito...»
«Si è azzuffato con un altro randagio»
«Dovremmo curarlo...»
«Già, ma non so quanto sia sicuro tornare a casa. Lo zio sembrava parecchio arrabbiato»
«Si, ma o prendiamo lì un paio di bende, oppure le rubiamo in una farmacia. Non abbiamo soldi babbani»
«Ok, per quanto ritenga meno pericoloso rubare in una farmacia che dai Dursley... non è il caso di finire arrestati»
Harry la prese per la manica e fece segno a Tartufo, stizzito per l’interruzione delle coccole, di seguirli.
Quando furono nei pressi di casa Dursley,i fratelli fecero fermare Tartufo poco lontano, prima di sparire nell’ingresso.
«Speriamo non ci becchino» sussurrò Jamie. Harry sbirciò dal corridoio: Zio Vernon era nel salotto con zia Marge e il bulldog Squarta. « Se ci muoviamo non ci noteranno» le disse tirandola di nuovo per la manica. Jamie però, non si fidava di Squarta, che avrebbe potuto tradire la loro presenza, così lasciò cadere una piccola caramella scartata. Odorava di carne.
Harry se ne accorse ma non disse nulla, e la tirò con più forza per la manica,su per le scale. Nel bagno presero ciò che poteva servire: Bende, disinfettante, garze; non ne sapevano molto di veterinaria, ma i due pensarono che i rudimenti generali del pronto soccorso, potevano valere anche per i cani.
Si calarono giù dalla finestra della loro camera, era troppo rischioso passare dalla porta. Tartufo li stava aspettando beatamente sdraiato sul fianco buono, e si tirò su emettendo un grugnito quando li vide ritornare. I ragazzi gli si accoccolarono vicino e Harry iniziò a trafficare con le bende « Per la zampa possiamo fasciarla, ma per il fianco dubito che potremo...»
«Ci limiteremo a pulirlo allora» rispose la sorella svitando il tappo del disinfettante.
Alla vista di quello, il cane emise un guaito di disapprovazione, ma a una carezza di Jamie e qualche parola dolce si calmò e permise loro di mettergli il disinfettante e fasciargli la zampa.
«Ehi rimani nei paraggi, vedremo di farti avere qualcosa da mangiare dopo cena» disse Harry e Tartufo gli diede un buffetto col muso.
I gemelli tornarono in casa,e la scena che vi trovarono fu più penosa, o divertente, di quella post elisir dell’euforia. La caramella non l’aveva mangiata Squarta, ma Dudley.
Dudley sbavava per tutta casa mentre zia Petunia che gli correva  dietro con un secchio.
«Mio dio Petunia, non avrà la rabbia?» urlò zio Vernon.
«Vernon chiamiamo un dottore» gridò zia Marge.
«Ora non c’è differenza tra Dudley e Squarta eh» rise Jamie
«No, entrambi mangiano e sbavano» ammise Harry« Quanto durerà ?»
«Solo pochi minuti» gli sussurrò nell’orecchio.
Non fecero in tempo a rendersi conto, che zio Vernon li aveva afferrati e trascinati vicino al sottoscala. Zia Petunia e Marge stavano scortando Dudley in macchina.
«Cosa gli avete dato?» esclamò furibondo, mettendoli al muro.
«Niente. Non so a cosa ti riferisca» rispose Harry deciso.
Lo zio si avvicinò pericolosamente e aprì l’anta del sottoscala « Voi due la pagherete cara. Non vi basta ciò che avete fatto a Marge. Ora ve lo faccio vedere io! Siamo stati troppo buoni con voi» urlò spingendo con forza Jamie nel sottoscala. Harry cercò di frapporsi fra lo zio e la sorella, ma invano. Zio Vernon era grosso e con violenza riuscì a far entrare i due nel ripostiglio e, prima che potessero reagire, chiuse la porta. « E al nostro ritorno ve le darò di santa ragione, stavolta»
 Solo il battito accelerato dei loro cuori riempì il silenzio, che di lì a poco ci fu in casa. Se ne stavano accucciati, dato che il soffitto era bassissimo e l’uno di fianco all’altro. Per un po’ nessuno dei due parlò.
 « Mi dispiace Harry» disse Jamie torturando con le dita una bretella della salopette
«Per cosa?»
«Per questo. Insomma dovevo migliorare la situazione, invece...»
«Ah già, la situazione non è migliorata» rispose Harry atono.
«No, ed è colpa mia. Se fossimo stati ubbidienti...»
« È probabile che saremmo a preparare la cena»
«S-sì» continuò lei incerta « Ecco appunto, quello che volevo dire, è che le mie idee...a volte, non sono così fantastiche» concluse.
Harry sorrise « Sì, a volte non sono fantastiche», le diede ragione il fratello, «Però sono divertenti» aggiunse dopo qualche secondo. «Insomma, da questa situazione ne usciamo, ma quando ci ricapita di vedere Dudley sbavare come un cane»
«Non sei arrabbiato?»
«Non con te» rispose, giocherellando con un vecchio soldatino.
«Dudley avrà smesso di sbavare a quest’ora», Jamie poggiò la testa sulla spalla del fratello
«Lo porteranno ugualmente all’ospedale».
«Harry pensi che...»
«No. Non si sporcherebbe mai le mani con noi. Non più» la rassicurò il fratello « Invece, ci terrà chiusi qui dentro, per giorni»
«Non posso crederci. Qui dentro possiamo muoverci a malapena» e come prova tentò di spostarsi prima e destra poi in avanti « Visto, non posso muovermi.»
Harry guardò la sorella «Hai sgraffignato qualche altra pozione che possa aiutarci?»
«No, purtroppo» ammise « Come facciamo ad uscire?»
«Forcina?»
«Non è una serratura, ma un chiavistello, non posso forzarlo con una forcina. Con un piede di porco si potrebbe fare, ma non con una forcina»
«Oh, allora dovremmo aspettare il ritorno di Dudley, e tagliarli un piede»
«Non ora che è molto più simile a un cane grasso e bavoso»
«Anche i maiali sbavano»
Risero di gusto, nonostante fossero “ ricoperti di caccabombe fino al collo”.
Dopo un’ora i due ragazzi sentivano formicolare le gambe e gli altri muscoli dal torpore, ma finalmente i Dursley tornarono, forse li avrebbero fatti uscire.
«Oh, Diddino adesso la mamma va prepararti il tuo piatto preferito» trillò zia Petunia dal corridoio.
« Brandy, Marge?» sentirono proporre zio Vernon
«Perche no, mi ci vuole proprio»
Sentirono i loro passi dirigersi verso il salotto. Un forte pugno scosse la porta del sottoscala e li fece trasalire. Videro il faccione del loro cugino, o meglio solo gli occhi, affacciarsi con espressione beffarda alla graticola. Harry portò la mano alla bacchetta e la puntò in mezzo agli occhi di Dudley, che spaventato corse via. In mano aveva un nuovo videogioco, un presumibile regalo di consolazione.
Dudley andò a lamentarsi con suo padre, tralasciando il dettaglio della bacchetta, non poteva parlarne con zia Marge lì.
I due ragazzi avvertirono i passi pesanti dello zio farsi sempre più vicini, e Harry strinse nuovamente la bacchetta nascosta nella felpa.
«Voi due» ringhiò zio Vernon battendo furiosamente contro la porta« Non osate più minacciare Dudley con quelle vostre cose strane. Non ve lo permetto»
«Ah sì, e come ce lo impedisci?» ribatté Harry arrabbiato
«Vi terrò chiusi qui dentro ,finché non dovrete tornare in quella vostra scuola. Solo cinque minuti al giorno per uscire e andare in bagno, sorvegliati. E esclusivamente un pasto al giorno.» disse con un sorrisetto malevolo.
«Questa è follia, è troppo stretto qui non-» Jamie tentò di protestare debolmente.
«Ah, zitti voi razza di ingrati. Bravo Vernon. A pane e acqua vanno tenuti questi delinquenti » proruppe zia Marge,aveva raggiunto zio Vernon. Il bicchiere di brandy ancora in mano. « Se fosse stati affidati a me, una bella bastonata non ve la levava nessuno...»
Harry era fin troppo furioso, il petto si alzava e abbassava freneticamente: Jamie tentava di calmarlo, ma non era facile dato che nemmeno lei era tranquilla.
«Harry, non perdere il controllo» gli sussurrò.
Zia Marge intanto continuava « Sai cosa Vernon, non è certo stata colpa tua o di Petunia. Come dicevo queste cose sono solo colpa dei genitori. Cattivo sangue non mente»
Harry strinse ancora con più energia la bacchetta, l’altra mano stretta in un pugno.
«Basta smettila, non sai niente dei nostri genitori» urlò Jamie, era arrabbiata,e temeva che il fratello facesse qualche stupidaggine con la magia.
«TACI» intimò zio Vernon
«Ah, sempre con quel tono arrogante e irriconoscente» abbaiò zia Marge. « Vedi Vernon? È tutta colpa dei geni, specie della madre. Non voglio dire che nella famiglia di Petu... Ah» zia Marge urlò quando il bicchiere nelle sue mani si frantumò.
«Oh santo cielo» zio Vernon la fissò preoccupato
«Non preoccuparti Vernon, sono io che ho una presa solidissima. È successo anche una sera dal colonnello Fubster...»
«Andiamo a tavola, Marge?» propose zio Vernon invitandola a seguirlo e lanciando un occhiata di puro odio verso il sottoscala.
Harry e Jamie vennero lasciati in pace fino a sera tardi, Zio Vernon li fece uscire a turno per il bagno. Jamie tentò di ribellarsi e liberare Harry, ma lo zio gli assestò uno scapaccione e la strattonò fino al sottoscala per poi buttarcela dentro.
I due Potter passarono così tre giorni ripetitivi e monotoni. Harry e Jamie provarono a scappare più volte, ma i muscoli erano troppo indolenziti e Zio Vernon non cedeva alle loro minacce con la bacchetta. Sapeva che non potevano fare magie fuori da scuola, e non potevano entrare in contatto coi loro amici “anormali”.
Tre giorni terribili, oramai i muscoli erano troppo contratti, e quella di uscire per cinque minuti e muoversi sembrava più una tortura che altro, se non per poter rinfrescarsi con l’acqua del rubinetto. Nel sottoscala l’afa e la mancanza di ossigeno e la polvere non aiutavano la respirazione e spesso erano scossi da attacchi di tosse.
Jamie tentava di tenere buono il fratello e non farlo esplodere:
«Ti espelleranno, Harry. Cerca di essere lucido» lo implorò, le lacrime che si raggruppavano agli angoli degli occhi. «Non potremo più tornare a Hogwarts».
«Tu che c’entri?» le domandò sorpreso « Espellerebbero me, non te»
«Io non tornerei ad Hogwarts per lasciarti da solo»
«Silente non te lo permetterebbe» le fece notare
«Allora ti trasfigurerò in un gatto. No... troppo difficile, in un rospo»
«No, ti prego. Allenati col gatto piuttosto» rispose divertito.
«In ogni caso, andrò dove andrai tu» disse risoluta
«Sì, sono tredici anni che lo fai», Harry la guardò sottecchi.
«Beh, non è che abbia potuto scegliere» rispose stizzita.
Harry sorrise « Non ho detto che non ne sono contento».
Battibeccare con lei e punzecchiarla lo scaricavano e alleggerivano lo stato delle cose.
Il quarto giorno nel pomeriggio, i Dursley uscirono. Zia Marge voleva comprare un regalo a Dudley prima di partire, e zio Vernon e zia Petunia, andarono insieme a loro, lasciando a casa Squarta che ringhiava, appostato davanti al sottoscala.
In casa il tempo era scandito dal ticchettio del orologio a pendolo, dai borbotti per la fame dei due, e dai ringhi di Squarta.
Dopo un’ora sentirono dei rumori, in casa. Pensarono a dei ladri, anche Squarta cominciò ad abbaiare, e corse verso la porta, non videro nulla benché tentassero di sporgersi verso la feritoia.
Sentirono un guaito, poi i passi sulle scale, ma entrambi si guardarono dall’urlare o cose simili.
Loro non avevano nulla di valore.
Non avevano ancora sentito uscire l’intruso, quando la macchina scricchiolò sulla ghiaia, e i Dursley percorsero il vialetto, era buio, e non notarono la terra smossa accanto all’aiuola di primule.
Non dovevano esserci segni d’infrazione perché non ci furono crisi isteriche finché:
«Oh il mio povero Squarta» urlò zia Marge quando il cane scese le scale. Non aveva più un pelo addosso, se non sul muso. Il corpo era stato totalmente raso a zero.
Inutile dire che non appena Marge andò di sopra con la sua bestiolina, zio Vernon si lanciò contro i Potter.
«Vi avevo avvertito razza di mostri. Come avete fatto eh?» sibilò senza urlare per non farsi sentire da Marge.
«Non siamo stati noi» ribatté Harry secco.
«Smettile di mentire. Siete stati voi, con le vostre stramberie»
«Ti abbiamo detto di no. È entrato qualcuno in casa...» spiegò Jamie
«Entrato qualcuno eh? Non imbrogliarmi ragazzina. Non ci manca nulla, non può essere stato un ladro. Come punizione  niente cinque minuti di uscita oggi» sbraitò.
Dopo pochi minuti, passati a maledire lo zio, la voce di zia Petunia perforò i loro timpani.
«Vernon, Vernon»  gridò spaventata, la sua figura cavallina scendeva rapida gli ultimi gradini.
«Cosa c’è?» rispose lui dal salotto, sporgendo il grosso faccione dal giornale.
«C’è dello sporco in bagno e sulle porte, gli armadietti sono tutti sottosopra, gli asciugamani sporchi. Qualcuno è entrato qui» disse con voce acuta.
Zio Vernon era scioccato, e tralasciamo lo sproloquio che ne seguì, con tanto di chiamata alla polizia, che però non intervenne:
«Come non avete intenzione di venire» urlò zio Vernon al telefono
«No signore, non interveniamo per casi di cani depilati» rispose tranquillo l’addetto sull’altra linea.
«E chi mi paga il danno per pavimento e bagno sporchi. Voi?»
«Non lo so signore. Sicuramente non lo Stato»
«Cos-»
«Arrivederci» si congedò il poliziotto, chiudendo la telefonata.
«Arrivederci, un corno» urlò di rimando picchiando forte il telefono nel riporlo.
«Voi due ve ne resterete qui» disse fissando il sottoscala, ben conscio che lo stessero ascoltando.
« Fino al giorno in cui dovrete prendere quello schifosissimo treno» urlò assestando un pugno alla porta.
La notte scese silenziosa, e i due ragazzi erano talmente stanchi, che non si interrogarono nemmeno su chi fosse entrato in casa.
Il chiavistello della porta scattò e quella si scostò leggermente, poi si aprì del tutto.
I due, assopiti, se ne resero conto pochi minuti dopo. Sorpresi uscirono piano, con le bacchette alzate.
La porta d’ingresso era spalancata. I due sempre più stupiti salirono di sopra, facendo attenzione a non svegliare nessuno, e tornarono in camera loro, fortunatamente non era chiusa a chiave.
«Fai i bagagli, ce ne andiamo» ordinò Harry in un sussurro.
La sorella non ebbe nulla da obbiettare e iniziò a prendere le sue cose.
Non ci misero molto, e ordinarono ad Edvige di volare da Ron, con un biglietto. Perché si prendesse cura di lei.
Il difficile era scendere le scale coi bauli senza fare rumore e coi muscoli indolenziti era complicato e doloroso.
Arrivata in fondo, Jamie forzò la porta dell’altro ripostiglio e presero le loro cose di scuola.
«POTTER» un urlo e dei passi che scendevano le scale. Zio Vernon.
«Adesso basta» decise Harry, afferrò la bacchetta pronto a puntarla sullo zio.
Quello si bloccò alla vista della minaccia, ma poi si riprese « Ti espelleranno»
«Non m’importa»
«Non uscirete da qui» così dicendo andò alla porta e la chiuse a chiave
«Non ti azzardare» urlò Harry, di colpo la porta si spalancò, come sbattuta dal vento, e zio Vernon indietreggiò, mentre forti colpi d’aria aprivano le altre finestre. « Non ci impedirai di andare via», un'altra folata spinse indietro lo zio, facendolo atterrare in salotto.
«Harry, andiamo via», Jamie era piuttosto preoccupata. Suo fratello aveva di nuovo fatto una magia.
«Harry» lo chiamò di nuovo prendendogli la mano. Lui parve riscuotersi e insieme uscirono in strada, mentre pian piano la sua magia svaniva.
  
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